_________________________________________________________ Introduzione
Introduzione
La psicologia ha iniziato lo studio sistematico del fenomeno del bullismo
durante gli anni ’80 del secolo scorso. Il primo tentativo di inquadramento è
stato condotto dal norvegese Olweus; a questo ricercatore dobbiamo la prima
definizione e la costruzione di un questionario, tutt’ora in uso, anche se
sottoposto a diverse rivisitazioni, per la valutazione del fenomeno stesso. Il
lavoro di Olweus è nato da un’analisi degli aspetti comportamentali del bullismo.
Esso consiste in una serie di prepotenze volontarie e reiterate da un soggetto a
discapito di un altro, con lo scopo di infliggere a questo una sofferenza.
Successivamente altri autori prendono in considerazione anche l’aspetto
relazionale sottostante al bullismo: le prepotenze si basano su uno squilibrio di
potere tra i protagonisti, che viene sottolineato e amplificato. Gli studiosi
cercano di analizzare le dinamiche insite nel fenomeno e si vengono a
delineare i ruoli fissi che di volta in volta ricorrono, le modalità attraverso cui un
individuo può nuocere agli altri o essere scelto come vittima e le possibili
interpretazioni di tale coinvolgimento.
Il bullismo può essere pensato come un’espressione maladattiva
dell’aggressività. In letteratura è stato evidenziato come l’aggressività di per sé
non sia né buona né cattiva, ma sia semplicemente una potenzialità innata che
può evolversi in maniera differente a seconda delle situazioni ambientali e
socio-culturali. L’aggressività avrebbe la funzione adattiva di spingere il
soggetto ad agire attivamente sulla realtà per conseguire un proprio
avanzamento. Essa, d’altro canto, può virare verso il polo della distruttività,
quando l’Altro diverso da noi viene visto come mero elemento strumentale per il
raggiungimento di un proprio scopo. Il bullismo è una manifestazione
comportamentale di come l’aggressività perda la sua funzione adattiva
spostando lo sviluppo della persona verso esiti psicopatologici.
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_________________________________________________________ Introduzione
Il lavoro che ho intrapreso mira, in particolare, a indagare le ipotesi su
una possibile differenza di genere nel fenomeno del bullismo. Inizialmente, i
risultati delle ricerche evidenziavano un minor coinvolgimento della popolazione
giovanile femminile. Questo dato era spiegato ipotizzando che i modelli relativi
all’identità di genere vigenti nella società imponevano alle ragazzine una spinta
maggiore verso l’assunzione di comportamenti prosociali, rispetto ai coetanei
maschi. I primi ricercatori erano stati fuorviati dall’associazione tra
prevaricazione e agito fisico diretto. I risultati trovati sembravano confermare ciò
che lo stereotipo sociale affermava circa il genere femminile, ovvero le ragazze
erano meno aggressive dei coetanei maschi, pertanto avevano meno probabiltà
di essere coinvolte nel bullismo. D’altro canto, lo stesso stereotipo aveva
influenzato gli psicologi, i quali avevano indagato la sola forma fisica
dell’aggressività, maggiormente diffusa tra il maschi, ritenuti appunto più
aggressivi. E’ stato l’ampliamento delle riflessioni circa l’aggressività a portare
nuovi spunti nella ricerca. Feshbach (1969) ha ipotizzato l’esistenza di una sua
forma relazionale indiretta, che si esplica nel tentativo di manipolare o
distruggere i legami sociali. Se l’aggressività poteva assumere differenti forme,
era ancora valida l’ipotesi di un sesso più aggressivo dell’altro?Questa
domanda ha guidato la revisione degli studi sul bullismo. Prendendo in
considerazione questa modalità indiretta di infliggere sofferenza e di condurre
relazioni basate sullo squilibrio di potere, si è riscontrato che anche tra le
ragazze il fenomeno del bullismo era drammaticamente presente. Guardare al
solo marcatore dell’aggressività fisica per indagare il coinvolgimento dei
soggetti in atti di prepotenza, aveva fatto sottostimare la gravità del fenomeno
nella popolazione giovanile femminile. Gli studiosi si sono mossi per strutturare
metodologie adeguate, in grado di rilevare la presenza e la frequenza delle
prevaricazioni tra ragazze. Si sono cercate le possibili ipotesi esplicative della
maggiore diffusione di questa tipologia di bullismo, facendo ricorso a fattori
biologici, quali ad esempio differenze nella capacità di sintetizzazione della
serotonina e metabolismo ormonale, fattori cognitivi, come il diverso sviluppo
delle capacità verbali, e fattori socio-culturali, come la maggiore pressione
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_________________________________________________________ Introduzione
all’inibizione della componente fisica dell’aggressività da parte delle figure di
riferimento per le ragazze.
Sia i maschi sia le femmine, pur con modalità espressive differenti, sono
esposti al rischio di sviluppare un disturbo della condotta, che mina lo sviluppo
sano della persona e spesso può sfociare in età adulta in un disturbo
antisociale. Bulli e bulle possono ricorrere a forme differenti di aggressività, ma
ciò che li accumuna è la scarsa capacità di socializzazione e la tendenza a
costruire relazioni interpersonali disfunzionali. Un dato che non si può
trascurare è l’aumento delle ragazze che agiscono aggressività fisica diretta.
Sono stati analizzati i fattori biologici, psicologici e sociali che potrebbero render
conto di questo cambiamento, di questa omologazione tra maschi e femmine.
Dopo aver analizzato le caratteristiche della manifestazione del
fenomeno e le differenze di genere in esso, sono stati indagati i fattori di rischio,
i fattori protettivi e sono stati proposti diversi modelli esplicativi. I modelli,
proprio perché generali, ci aiutano nella comprensione sia del bullismo
maschile, sia di quello femminile e servono a tracciare le linee guida per poter
prevenire il fenomeno stesso. Numerose ricerche hanno messo in luce la
gravità degli esiti disadattivi del coinvolgimento nel bullismo, sia per quanto
riguarda bulli e bulle che vittime. La conoscenza approfondita del fenomeno è
ciò che ci deve guidare poi nella strutturazione degli interventi sia sui singoli
soggetti coinvolti, sia più in generale sulla popolazione giovanile, per garantirne
uno sviluppo sano.
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______________________________________________________________ Capitolo 1
I
Il fenomeno del Bullismo
1.1 Una definizione di bullismo
Il primo tentativo di descrivere e inquadrare il fenomeno è stato condotto
dal norvegese Olweus. In Norvegia, a metà anni ‘80, l’opinione pubblica era
rimasta sconvolta dal suicidio di due bambini, che non erano stati in grado di
sopportare oltre le offese inferte loro dai compagni. Che cosa succedeva tra
bambini e adolescenti in grado di provocare un dolore così pervasivo e
distruttivo? Olweus ha affermato che “uno studente è oggetto di azioni di
bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto,
ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte
di uno o più compagni.” (Olweus, 1986, 1991).
Il termine italiano “bullismo“ è la traduzione dell’inglese “bullying“,
vocabolo che significa letteralmente usare prepotenze contro qualcuno. La
prima definizione del fenomeno metteva in evidenza l’aspetto comportamentale:
il bullismo era un atto di aggressione, consapevole e volontario, perpetrato in
maniera persistente e organizzata da uno o più individui nei confronti di uno o
più persone. Successivamente la definizione viene ampliata, spostando
l’attenzione sulla dimensione relazionale: il bullismo è un abuso di potere,
premeditato e opportunistico, diretto contro uno o più individui incapaci di
difendersi a causa di una differenza di status sociale o di potere (Sullivan,
2000).
E’ opportuno innanzitutto elencare alcune caratteristiche, utili come linee
guida per distinguere un vero e proprio atto di bullismo da altre azioni
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______________________________________________________________ Capitolo 1
aggressive, come i cosidetti giochi “rough and tumble”, i quali non mirano a
infliggere sofferenza:
intenzionalità : gli atti aggressivi sono scelti e portati a termine per
provocare un danno alla vittima;
reiterazione : le prevaricazioni sono ripetute dai medesimi soggetti, per
settimane, mesi e talvolta addirittura anni;
sistematicità : il bullismo non è composto da atti aggressivi impulsivi,
dovuti a stati emotivi estemporanei e non controllati, ma da azioni frutto
di pianificazione cognitiva. Il bullo sceglie con precisione la vittima più
debole, in modo da ridurre il rischio di ritorsioni; sceglie il luogo dove
agire per sfuggire al controllo dell’adulto e valuta con attenzione quale
comportamento attuare così da massimizzare il danno alla vittima;
squilibrio di potere : la relazione tra chi compie atti di bullismo e chi li
subisce è asimmetrica sia dal punto di vista fisico che relazionale.
Spesso il bullo oltre ad essere l’individuo più forte è anche colui che
gode di uno status sociale migliore: ha più amici che possono servire sia
da complici che da testimoni a suo favore, mentre la vittima è per lo più
isolata e perciò facilmente attaccabile;
fissità dei ruoli : il bullismo è un fenomeno dinamico tra uno o più
aggressori e una o più vittime, ma che prevede ruoli fissi, cristallizzati,
ovvero il bullo è sempre la stessa persona, la vittima anche. Questo
irrigidimento è la parte più preoccupante del fenomeno, perché coinvolge
soggetti in età evolutiva, che non riescono più a costruire un’identità
articolata proprio perché costretti in una categoria rigida e statica;
presenza di complici e spettatori: il bullismo è generalmente un
fenomeno di gruppo. L’individuo aggressivo si avvale spesso di complici,
che possono essere sia semplici testimoni a proprio favore nel momento
in cui l’adulto dovesse accorgersi dell’accaduto, sia gli esecutori materiali
dell’aggressione decisa dal bullo, sia spettatori passivi che non
denunciano ciò a cui hanno assistito per paura;
deumanizzazione della vittima: il bullo crea una distanza psicologica tra
sé, il suo gruppo e la vittima; sono sottolineati gli elementi di differenza
con la vittima, in modo che appaia meno intelligente, meno simpatica,
meno competente, meno “umana” e meritevole dell’aggressione, se non
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______________________________________________________________ Capitolo 1
addirittura provocatoria, così da annullare qualsiasi senso di
responsabilità e colpa nel bullo, nei complici e negli spettatori;
incapacità di difendersi della vittima: la vittima non compie nessun atto di
difesa né diretto, cioè non risponde all’aggressione, né indiretto, cioè non
cerca l’aiuto di un adulto. Si convince che l’unica soluzione è subire
passivamente.
Il bullismo può essere visto come una forma di aggressività maladattiva e
offensiva, dal momento che prevede sempre la volontà di danneggiare una
vittima. I comportamenti aggressivi possono essere visti in un continuum di
gravità, dalla difficoltà di autocontrollo, al bullismo, fino ad azioni violente
rientranti nella sfera della criminalità. Essere coinvolti in episodi di bullismo non
solo sarebbe un sintomo di disagio nell’hic et nunc, ma anche un fattore di
rischio di disadattamento sociale a lungo termine, sia nelle vittime che nei bulli.
( Ferdinand e Verhulst, 1995 e Bond, 2001). Dal momento che al bullismo è
connessa una sofferenza, talvolta così grave da sfociare in disturbi
psicopatologici, la ricerca ha cercato di rispondere a diverse domande: quali
sono le caratteristiche degli aggressori? E quelle di chi subisce prevaricazioni?
Che dinamiche relazionali si instaurano? Che tipo di strategie di coping e
gestione del conflitto sono adoperate dai protagonisti? Come intervenire e
prevenire soprattutto? Siamo di fronte ad un fenomeno complesso e
necessariamente la possibile interpretazione passa per un approccio
multidimensionale. Sono stati indagati i fattori di rischio neurobiologici, quelli
ambientali e relazionali, allargando lo spettro fino a quelli sociali; inoltre si sono
cercati fattori protettivi per impostare le strategie di intervento possibili.
Analizzeremo di seguito le caratteristiche descrittive del fenomeno.
1.2 Le tipologie di bullismo
Il bullismo è un fenomeno eterogeneo, tanto che sarebbe corretto parlare
di bullismi al plurare. Esistono quattro macro categorie:
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______________________________________________________________ Capitolo 1
1.2.1.Bullismo fisico: è la forma maggiormente visibile e studiata nel
corso del tempo. E’ prevalente tra i maschi e spesso si manifesta già
nelle fasce d’età più basse (scuola primaria) . I “segni” lasciati dal
bullismo fisico e diretto possono essere facilmente scoperti da insegnanti
e genitori, quindi l’intervento può essere più tempestivo, limitando i danni
sulla vittima. Inoltre, la vittima può mettere in atto qualche tipo di difesa,
ad esempio tentativi di fuga o lo stare nelle vicinanze degli adulti nei
momenti di ridotta supervisione, come la ricreazione. Il bullismo fisico
può essere suddiviso in sottocategorie:
a) atti aggressivi fisici e diretti: per esempio calci, pugni, spinte; azioni
fisiche di diversi livelli di intensità, che lasciano ferite più o meno
profonde sulla vittima.
b) danneggiamento della proprietà altrui: per esempio rompere lo zaino,
bruciare libri.
c) furto o sottrazione di oggetti: per esempio il bullo e il suo gruppo
bloccano la vittima e le sottraggono il denaro per la merenda o
l’ultimo modello di cellulare.
1.2.2.Bullismo verbale: si tratta di tutte le forme di insulto e derisione,
che colpiscono l’autostima della vittima. Gli obiettivi sono umiliare la
persona, spesso colpendola negli aspetti più intimi come ad esempio la
sfera sessuale, e isolarla creandole attorno un ambiente ostile, che la
lascia anche più esposta alle forme di aggressione fisica. Rispetto al
bullismo fisico, la differenza di diffusione tra maschi e femmine è meno
netta. L’età di insorgenza del suo utilizzo è più tarda rispetto alla
precedente categoria, proprio perché richiede l’uso di strumenti linguistici
più evoluti. Come quello fisico, si può suddividere in sottocategorie:
a) manifesto: il bullo e il suo gruppo rendono la vittima oggetto di
scherno e di umiliazione verbale. Per lo più il contenuto dei commenti
riguarda:
- aspetti personali della vittima (ad esempio caratteristiche fisiche,
abbigliamento);
- aspetti relativi alla famiglia della vittima (ad esempio commenti sul
divorzio dei genitori).
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______________________________________________________________ Capitolo 1
b) nascosto: sono tutte le maldicenze diffuse sulla vittima e sulla sua
famiglia in sua assenza.
1.2.3.Bullismo relazionale: consiste nel produrre un isolamento sociale
della vittima, colpisce la costruzione dei rapporti amicali. Questa forma di
bullismo agisce in maniera profonda sull’immagine che l’individuo ha di
sé come persona “socialmente” competente, sulla sua autostima.
L’inserimento in un gruppo di coetanei è una tappa fondamentale dello
sviluppo, in qualsiasi fascia d’età e nell’adolescenza ancora di più: ecco
perché subire questo tipo di aggressione può avere conseguenze a
lungo termine di disadattamento sociale molto importanti. L’abbandono
scolastico, la delinquenza giovanile e disturbi psicologici sono alcune
delle conseguenze a lungo termine frequentemente associate a difficoltà
di relazione con i coetanei (Coie e Dodge, 1990 ). E’ difficile individuare
questa tipologia di bullismo, proprio perché lascia meno segni manifesti
sulle persone; gli stessi psicologi hanno inziato a parlarne solo dopo la
metà degli anni 90 (Crick e Grotpeter, 1995 ). I dati delle ricerche lo
dicono più diffuso tra le ragazze, ma analizzeremo meglio più avanti il
fenomeno. Anche questa tipologia si suddivide in sotto categorie:
a) sociale: pur senza agire apertamente, i bulli lasciano in disparte la
vittima;
b) manipolativo: il bullo interviene attivamente sui rapporti amicali della
vittima, rompendoli e manipolandoli. La vittima, oltre a rimanere
isolata, perde il supporto emotivo delle sue amicizie più intime.
1.2.4.Cyberbullismo: atti di prevaricazione e prepotenza perpetrati
attraverso l’uso delle nuove tecnologie (sms, mms, e-mail, chat, blog,
social network…). Le forme più pervasive di attacco elettronico includono
la diffusione di dicerie sulla vittima, svalutazioni e intimidazioni simili a
quelle del bullismo verbale classico (Patchin, Hinduja, 2007). Altri
attacchi, invece, tipici del cyberspazio sono: la diffusione di filmati o
immagini non autorizzate della vittima e l’intasare la casella di posta
elettronica del soggetto molestato fino a renderla inutilizzabile (bombing).
Anche il cyberbullying ha come caratteristiche peculiari l’intezionalità, la
ripetitività e l’asimmetria di potere, tipiche del bullismo tradizionale. Nel
bullismo on-line il potere del bullo, l’asimmetria della relazione, consiste
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______________________________________________________________ Capitolo 1
nella maggiore abilità e competenza nell’ utilizzo delle tecnologie rispetto
alla vittima (Hinduja, Patchin, 2005 e Ybarra, Mitchell, 2004). Secondo
una ricerca di Ybarra e Mitchell (2004), ricoprire un ruolo, sia esso bullo
o vittima, in episodi di bullismo classico sembra essere un fattore di
rischio per il coinvolgimento nel cyberbullying. Il 56% dei soggetti che
sono aggressori e vittime on-line riporta di essere anche vittima del
bullismo tradizionale. Per alcuni ragazzi, già soggetti a vittimizzazione da
parte dei compagni, internet rappresenta un’estensione di quanto già
subiscono a scuola. Per altri, invece, la tecnologia permette di ribaltare le
posizioni, di esercitare una dominanza sugli altri attraverso
comportamenti aggressivi cibernetici, come in una sorta di
compensazione per le offese subite. Una particolarità di questa forma di
bullismo è che il bullo può restare anonimo e per la vittima la mancata
conoscenza dell’aggressore comporta una sofferenza ancora maggiore.
In uno studio inglese di Slonje e Smith (2008), ben il 33% delle vittime
non riuscivano ad identificare l’identità del molestatore. I bulli elettronici
possono permettersi di investire meno energie rispetto ad un contesto di
aggressione reale, sono meno esposti al controllo degli adulti e per
questo risulta enfatizzato lo scollamento tra il gesto compiuto e il suo
significato, permettendo di allontanare la responsabilità ancora più
facilmente. Dal punto di vista della vittima, il cyberbullying può essere
ancora più doloroso e intrusivo del bullismo tradizionale, proprio perché
si insinua anche tra le pareti domestiche, fino ad allora rifugio sicuro.
Un’altra caratteristica che ingrandisce la sofferenza della vittima è
l’ampiezza dei potenziali spettatori dell’aggressione: più persone vedono
la diceria o l’immagine molesta, più sostentori può avere il bullo e
maggiore sono l’umiliazione e la vergogna provate dal soggetto
prevaricato. Nelle ricerche fino ad ora condotte non sono stare
riscontrate chiare differenze di genere nel fenomeno. Internet sembra
essere l’ambiente ideale dove pettegolezzi e aggressioni relazionali
possono avere luogo, in maniera anonima e perciò il cyberbullismo può
ricordare le forme di aggressione relazionale prettamente femminili. Da
una ricerca di Patchin e Hinduja (2008) su un campione di 1378 ragazzi
fino ai 18 anni di età, è emerso che il 32% dei ragazzi e il 36% delle
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______________________________________________________________ Capitolo 1
ragazze era stato vittima di bulli elettronici, mentre il 18% dei ragazzi e il
16% delle ragazze ammetteva di aver compiuto aggressioni elettroniche.
Il fenomeno è largamente esteso nella popolazione giovanile e rimane
frequentemente sommerso, anche perché la vittima tende a non
denunciarlo proprio a causa di quei forti sentimenti di vergogna e
impotenza che genera. E’ importante aumentare la consapevolezza tra
gli adulti che svolgono un ruolo educativo e di supervisione, cosicchè si
possa intervenire tempestivamente. Essere vittima di cyberbullismo è
un’esperienza molto stressante nella vita di un ragazzo e può portarlo
ad adottare stategie di coping disfunzionali (Patchin, Hinduja , 2007).
Nella seguente tabella sono riassunte le tipologie di bullismo:
Tabella 1. Le tipologie del bullismo
Tipologia
bullismo
Sottocategorie Esempi
Bullismo fisico
Atti fisici diretti
Danneggiamento
proprietà
Furto o sottrazione
oggetti
Calci , pugni,spinte…
Rompere zaini,giochi..
Furto denaro,cellulare..
Bullismo verbale
Manifesto
Nascosto
Marco è un puffo
Diffondere la diceria che Marco puzza
Bullismo
Relazionale
Sociale
Manipolativo
“non puoi giocare con noi”, togliere il saluto
“Sara è gentile e simpatica, ma non presta mai le
sue cose, non sa essere generosa, che amica è
? non credi?”
Cyberbullismo
Invio di e-mail e sms molesti
Diffusione su social-network di dicerie o immagini
poco rispettose della dignità della persona
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