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Ostia da Augusto a Traiano: società e forme della vita urbana

La costruzione del porto imperiale di Ostia “[…] rappresenta uno dei passaggi fondamentali e anzi, per tutto il periodo imperiale, fu la chiave di volta del sistema romano .” Roma, colmando una sua grave lacuna, come la mancanza di un porto affidabile, ha adesso uno strumento adeguato ad essere centro del mondo non solo sul piano del controllo politico, ma anche per la gestione economica dell’impero; al tempo stesso demanda in parte ad Ostia la fondamentale gestione degli approvvigionamenti, che, come già detto nella precedente analisi, garantivano a Roma la tranquillità politica e sociale, innescando, nel già avviato processo della cosiddetta “rivoluzione augustea”, una serie di grandi trasformazioni politiche e sociali.
Infatti “i primi secoli dell’era volgare segnano per la città di Ostia e per il suo porto l’inizio di un grande sviluppo economico e demografico. La definitiva soluzione al problema dell’interramento, con la conclusione dei lavori indetti da
Traiano nel 98 d.C. e conclusi nel 117 d.C. , rappresenta la premessa decisiva a quanto detto. Qui ci interessa sottolineare come la costruzione del porto di Claudio e Traiano abbia avuto conseguenze enormi sulla vicenda storica, urbanistica e sociale di Ostia. Nonostante “la crescita di Porto avrebbe potuto condurre all’esaurimento del ruolo di Ostia e alla sua decadenza […] si verificò il contrario. Nel II secolo Roma era all’apice del suo sviluppo, la popolazione continuava ad aumentare ed aumentavano di pari passo le importazioni, sia di alimentari che di ogni altra merce: per farvi fronte era necessario sfruttare al massimo tutte le infrastrutture esistenti, a costo di tenere in piedi due città portuali gemelle. Tutto sembra indicare che la scelta operata fu quella di mantenere e potenziare gli apparati amministrativi e di controllo già esistenti ad Ostia, e di estendere la competenza al complesso portuale claudio-traianeo. A Porto non venne data autonomia amministrativa : non fu riconosciuta come una vera e propria città, ma come un insieme di magazzini, impianti e abitazioni dipendenti dalle magistrature ostiensi e dai funzionari imperiali.”
Ostia dovette dunque dare urgente risposta a molteplici nuove esigenze come il potenziamento dei magazzini, la costruzione di un gran numero di nuovi alloggi e l’adeguamento, come abbiamo già visto in precedenza, delle strutture amministrative e di servizio. “[…]È naturale quindi che anche dal punto di vista urbanistico cominciassero in questo periodo a presentarsi i problemi tipici dell’espandersi della città.”
Il vero motore di questa rapida trasformazione dell’antica colonia portuale di Roma furono quelle nuove forze sociali che proprio in questo periodo della storia romana si cominciano ad affermare in particolar modo grazie al ruolo del commercio e al rapido espandersi di una “nuova economia” molto diversa da quella senatoria ancora legata a doppio filo al capitale fondiario. In questa fase Ostia diviene il luogo di affermazione di una nuova classe industriale e commerciale che trae la sua forza proprio dalla costruzione del porto imperiale e che riesce a gestire in buona parte l’intera economia dell’Urbe.

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3 CAPITOLO I 1.1 Cenni storici : il porto di Claudio All’inizio dell’età imperiale, Roma, anche se giunta ormai all’apice della sua potenza non disponeva ancora di un porto di commercio che fosse abbastanza ampio, sicuro e di facile accesso; infatti, la foce del Tevere che, dalla fondazione della colonia marittima di Ostia fino all’inizio del I secolo d.C., fungeva da porto, non era affatto adeguata a ricevere le grosse navi da carico 1 , provenienti dai lontani paesi fornitori di grano e il luogo presentava tutti quegli inconvenienti che facevano del porto di Ostia un avamposto inadeguato alle 1 “Le dimensioni delle navi da trasporto (naves onerariae) erano estremamente diversificate. I pochi dati di cui disponiamo dalle sparse notizie delle fonti letterarie e dalle indagini di archeologia subacquea sui relitti delle navi naufragate, che però solo raramente sono conservate in modo abbastanza completo da consentire di trarne ipotesi di tonnellaggio. Le imbarcazioni che praticavano il piccolo cabotaggio, cioè la navigazione costiera, e che rappresentavano la categoria più diffusa, avevano dimensioni che – stando ad alcuni relitti meglio noti – si possono calcolare in circa 20 metri di lunghezza e 5-7 metri di larghezza, potevano trasportare carichi di circa 1000 anfore e raggiungevano una portata utile di circa 50 tonnellate. Ben altre erano le dimensioni delle grandi navi che affrontavano le rotte in mare aperto ( ad esempio la rotta Alessandria-Ostia, che utilizzava lo stretto di Messina, o quella Cartagine-Ostia, che poteva prevedere uno scalo a Cagliari). Alcuni relitti di navi di questo tipo hanno una lunghezza che si aggira intorno ai 40 metri, una larghezza intorno ai 10. È stato calcolato che la loro portata utile oscillasse tra le 300 e le 400 tonnellate: e sappiamo che esistevano norme giuridiche per la concessione di particolari facilitazioni ai proprietari di navi di tonnellaggio superiore ai 50.000 modii (330 tonnellate), qualora accettassero di metterle a disposizione dell’annona. Vi erano poi casi eccezionali nei quali questo standard medio era superato anche largamente. Luciano di Samosata (la nave, 5), sofista e scrittore vissuto nel II secolo d.C., descrive una nave, l’Iside, la cui portata utile raggiungeva le 1200 tonnellate: doveva costituire l’ammiraglia della flotta granaria che annualmente raggiungeva i porti di Roma partendo da Alessandria. Cfr. Carlo Pavolini, “La vita quotidiana ad Ostia”, Laterza, Bari, 1986 pag. 90 ss.

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Informazioni tesi

  Autore: Livio Barbagallo
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Lettere
  Corso: Lettere
  Relatore: Alfredina Storchi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 125

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