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L'organizzazione per processi dal settore privato alla Pubblica Amministrazione

Alla teoria sull’organizzazione funzionale di Taylor, ne sono susseguite moltissime, ma tutte, anche se molto elaborate, tendevano sempre a considerare l’azienda come sistema a sé stante: erano statiche.
Non erano in grado di adattarsi, infatti, ai continui mutamenti del mercato.
Per la prima volta, negli anni ’60, alla teorie organizzative si accostò l’automazione industriale.
Questa permise alle aziende di accrescere la loro produttività, ma, ben presto, questa non sarebbe stata più sufficiente per garantire la competitività.
I dirigenti della Toyota, in Giappone, furono i primi a rendersene conto e cercarono di ottenere un vantaggio competitivo sulle concorrenti.
Questo fu raggiunto, solo grazie alla cultura giapponese, alla completa dedizione dei lavoratori agli obiettivi dell’azienda.
Riuscirono persino ad eliminare i difetti dalla loro produzione, perché un prodotto difettoso era un disonore sia per l’azienda che per l’operaio che lo aveva assemblato in fabbrica e questo orientò l’azienda sempre più alla customer satisfaction.
Questo sistema produttivo, però, era proprio del Giappone e non poteva essere esportato anche negli altri Paesi industrializzati.
C’era bisogno di un maggior coinvolgimento del lavoratore, le informazioni dovevano fluire in maniera migliore all’interno del complesso organizzativo.
Col passare degli anni e con la rapida successione delle “ere tecnologiche”, quest’obiettivo venne raggiunto.
Negli anni ’80, l’era dell’automazione industriale era finita ed i sistemi informatici, già presenti nelle aziende, assunsero il ruolo di sistemi informativi.
In questo modo, fu possibile far circolare meglio le informazioni all’interno ed all’esterno dell’azienda e grazie all’evoluzione dell’hardware e dei pacchetti software, i sistemi informativi divennero anche un valido supporto decisionale per il management.
I sistemi organizzativi delle aziende, vennero travolti dall’I.T., ma a discapito di quanto si pensasse, non contribuirono ad incrementare le vendite.
Man mano che si utilizzavano sistemi informativi sempre più complessi, le organizzazioni constatarono che non bastava più il solo apporto dell’I.T. per renderle efficaci ed efficienti.
L’azienda doveva essere, infatti, “ripensata”, in maniera più radicale e tale cambiamento non poteva essere comprato, così come si faceva con la tecnologia, ma doveva emergere dall’interno dell’organizzazione stessa e doveva focalizzarsi sui processi di business.
Hammer diede a tutto questo il nome di reengineering; da allora molte aziende leader lo utilizzano, adottando a seconda delle necessità un approccio diverso.
In questo lavoro mostrerò come il reengineering fece piazza pulita dei vecchi modi di organizzare il lavoro e di trattare le informazioni.
Per giungere a questo cambiamento, però, occorre analizzare sia i suoi principi, che le sue possibili configurazioni.
Il fine è dimostrare come focalizzando l’attenzione sui processi di business sia possibile migliorare le performance aziendali.
Molti casi aziendali sono la prova che l’organizzazione per processi sia la chiave per il successo per un’impresa moderna.
Dopo aver riscontrato quindi diversi casi di successo nel settore privato, di recente, si è provato ad applicare questa nuova filosofia gestionale anche al settore che negli ultimi anni si è mostrato meno performante: la pubblica amministrazione.
L’organizzazione per processi, consente, infatti, di focalizzare la propria attenzione sulla customer satisfaction e migliora i processi all’interno della stessa.
La customer satisfaction dovrebbe essere l’obiettivo primario della pubblica amministrazione, perché ne legittima l’esistenza, ma, purtroppo, non è in grado di raggiungerlo.
Molte sarebbero le ragioni di quest’insuccesso, ma quelle che incidono maggiormente sono due.
La prima è l’eccessiva burocrazia, che causa ridondanza di documenti, personale in esubero ed il malfunzionamento delle procedure....

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I Premessa Alla teoria sull’organizzazione funzionale di Taylor, ne sono susseguite moltissime, ma tutte, anche se molto elaborate, tendevano sempre a considerare l’azienda come sistema a sé stante: erano statiche. Non erano in grado di adattarsi, infatti, ai continui mutamenti del mercato. Per la prima volta, negli anni ’60, alla teorie organizzative si accostò l’automazione industriale. Questa permise alle aziende di accrescere la loro produttività, ma, ben presto, questa non sarebbe stata più sufficiente per garantire la competitività. I dirigenti della Toyota, in Giappone, furono i primi a rendersene conto e cercarono di ottenere un vantaggio competitivo sulle concorrenti. Questo fu raggiunto, solo grazie alla cultura giapponese, alla completa dedizione dei lavoratori agli obiettivi dell’azienda. Riuscirono persino ad eliminare i difetti dalla loro produzione, perché un prodotto difettoso era un disonore sia per l’azienda che per l’operaio che lo aveva assemblato in fabbrica e questo orientò l’azienda sempre più alla customer satisfaction. Questo sistema produttivo, però, era proprio del Giappone e non poteva essere esportato anche negli altri Paesi industrializzati. C’era bisogno di un maggior coinvolgimento del lavoratore, le informazioni dovevano fluire in maniera migliore all’interno del complesso organizzativo. Col passare degli anni e con la rapida successione delle “ere tecnologiche”, quest’obiettivo venne raggiunto.

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Informazioni tesi

  Autore: Carlo Perich
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1999-00
  Università: Università degli Studi della Tuscia
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia e Commercio
  Relatore: Tommaso Federici
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 384

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Parole chiave

bpr
business process reengineering
organizzazione aziendale
organizzazione funzionale di taylor
pubblica amministrazione
reengineering
sportello unico

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