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Il finanziamento illecito ai partiti politici

Il finanziamento illecito ai partiti politici entra nell’ordinamento giuridico italiano solo nel 1974, sebbene, come spesso accade per i privilegi della casta, con intento di sostanziale inefficacia e di formale (o simbolica) efficacia. Infatti, la legge n. 195/74 sul «Contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici», figlia di un indiscusso clima emergenziale, è stata unanimemente indicata come il miglior esempio di “legislazione simbolica”, quella legislazione, come precisa Paliero, sostanzialmente innocua sotto il profilo della criminalizzazione, secondaria, tale da non creare “vittime della politica criminale”.
La classe politica, in definitiva, non poté farne a meno: la pressione mass-mediatica fu tanto forte ed insistente, che bisognava pur dare un segnale di rassicurante presa di posizione contro quel clima diffuso di corruzione, tanto scandalosa da far “rumoreggiare” tutto il Paese. È di quell’anno, infatti, lo scandalo noto come “scandalo dei petroli”.
Il finanziamento partitico è stato il simbolo, il marchio, per certi versi, il cavallo di battaglia di una giurisprudenza supplente di una assente, riottosa, dolosamente ignava classe politica, in quel fenomeno latamente “socio-culturale” conosciuto come “Tangentopoli”, sebbene il nostro Paese sia da sempre stato attraversato da “scandali”, che, forse, hanno avuto in meno rispetto al primo, solo l’eco pubblica, o il “non-privilegio” di avere accelerato il passaggio dalla c.d. “Prima Repubblica” alla c.d. “Seconda Repubblica” (passaggio che, in realtà, a voce della nostra Costituzione, non c’è ancora stato … ).
Le inchieste giudiziarie sugli ulteriori scandali finanziari, quali il crac Parmalat e “Bancopoli” (che l’Italia abbia la malsana dedizione per il gioco dei richiami è, anche da ciò, del tutto evidente), hanno riesumato ancora una volta il reato di finanziamento illecito al mondo politico, in un percorso corruttivo e di inquinata trasparenza che, pare, abbia interessato un movimento di denaro di gran lunga superiore a quello circolato a “Tangentopoli”.
E proprio lì, a “Tangentopoli”, in quella sede giudiziaria e mediatica, il reato di finanziamento illecito ai partiti politici ha conosciuto una “seconda giovinezza” operativa ed applicativa, per lo più intrecciandosi con i reati contro la P.A. e con i reati societari. […]. Le problematiche di interrelazione, pertanto, tra tutte queste fattispecie penali saranno attenzionate nell’ultimo capitolo…
Tuttavia, in premessa, va rilevato poco entusiasticamente che l’argomento de quo, se da un lato è stato oggetto sparso di vari articoli su diverse riviste di settore, dall’altro lato è stato oggetto di due sole monografie: l’una del 1990 (G. Spagnolo, I reati di illegale finanziamento dei partiti politici, Padova, Cedam), l’altra del 1998 (F. Forzati, Il finanziamento illecito ai partiti politici. Tecniche di tutela ed esigenze di riforma, Napoli, Jovene Editore). […].
Non una abundantia di fonti, seguita da sporadiche pronunce giurisprudenziali, pressoché confermative delle linee e delle tendenze già consolidate sull’argomento. Il finanziamento illecito ai partiti politici non è più oggetto di studio. Non è più al centro di clamori e scalpori. È annebbiato da un tenue oblio che s’avanza quieto. O forse è già stato detto tutto. […].
E ciò non è segno (negativo) di povertà “intellettuale”: è al contrario un unanime punto di arrivo. La legge sul finanziamento illecito ai partiti politici, infatti, è nata già con il morbo dell’insufficienza radicato nel suo seno; è nata moribonda perché fu questa la reale volontà redazionale del legislatore dell’epoca…

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2 1. – Premessa Emozionale. È l’aggettivo radicato ed utilizzato, per definire in maniera puntuale l’origine della legge n. 195/74 sul «Contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici». Una spinta emozionale; fu questa irritata spinta emozionale, proveniente da una già troppo ignara ed acquiescente opinione pubblica, alla base di quella legge. Il clima di indignazione fra la popolazione, acuito da una trama sempre più fitta ed estesa di scandali e corruttele, spinse irrimediabilmente il Parlamento a varare quel provvedimento, figlio indiscusso di un clima emergenziale, creatura di un’opinabile opportunità politica di dare agli italiani appena appena l’idea che qualcosa si stesse muovendo, che la politica e i suoi partiti non fossero animali malati, così come invece emergeva, ineluttabilmente. Questa legge nacque per il semplice motivo che la classe politica non poté farne a meno; la pressione mass-mediatica fu tanto forte ed insistente, che bisognò pur dare un segnale di rassicurante presa di posizione contro quel clima diffuso di corruzione, tanto scandalosa da far “rumoreggiare” tutto il Paese. Ebbene si trattò semplicemente di un segnale rassicurante, assunto con la precisa e voluta convinzione di rendere quello strumento (salutato come l’indefettibile ed improcrastinabile mezzo risolutore di quei mali) inadatto al fine per cui si pretendeva farlo nascere. La legge 2 maggio 1974 n. 195 unanimemente è stata definita come il miglior esempio di “legislazione simbolica”, quella stessa che Paliero definisce come «tipo di legislazione penale prodotta a scopo meramente placativo, per dare “messaggi rassicuranti” sull’effettività della tutela, nella consapevolezza della sua ineffettività. […]. Si tratta di legislazione sostanzialmente innocua sotto il profilo della criminalizzazione, secondaria: non si creano cioè “vittime della politica criminale”» 1 . E se si volesse dubitare della bontà delle parole di Paliero, basta ricordare qui le parole dell’on. Perantuono, nella seduta del 24/07/1981 alla Camera, in sede di discussione della legge n. 659/81, recante modifiche alla legge n. 195/74: «Ma insomma, veramente si può dire che, in virtù delle norme previste dal progetto di legge n. 451, combinate con quelle di cui alla legge n. 195 del 74, la trasparenza è garantita ed il controllo è possibile? Il collega Gitti dice di sì, ma temo che si tratti solo di un fatto strumentale, di una strategia di recupero della credibilità come egli dice. Queste strategie di recupero della credibilità hanno un evidente carattere di strumentalità» 2 . Nell’arco di questa tesi si tenterà di fornire un quadro esauriente della normativa di riferimento sul finanziamento illegale ai partiti politici, a partire dai suoi esordi (nel 1974) nel nostro ordinamento. È altrettanto inevitabile, trattando di partiti politici, dovere, talune volte, abbandonare il campo squisitamente giuridico, per posare i timidi passi su quello sociologico e politico, tanto più che sovvengono a questa petizione di principio le calzanti parole di un illustre studioso: «Un discorso sui partiti politici rischia necessariamente e, si direbbe, per la natura stessa dell’oggetto, di essere incompleto e frammentario, con la conseguenza di lasciare, almeno parzialmente, insoddisfatto sia chi lo scrive, sia chi lo legge o lo ascolta. Molteplici sono, infatti, i profili e le problematiche che in esso si intersecano e si confondono, implicando, perciò, distinte competenze e discipline: dal sociologo, al politologo, al giurista» 3 . Tali premesse non possono estromettersi da un discorso sui partiti, che voglia, altresì, affrontarne un aspetto peculiare, quale quello del loro finanziamento. Alla luce di ciò, quindi, si tratteggerà con mano avviata a minore incertezza, l’excursus storico che ha visto come protagonisti i partiti politici, segnatamente in quel passaggio dal «partito dei notabili» al «partito di apparato», via via che la partecipazione politica si estendesse a strati sempre più ampi di popolazione; non dimentichi dell’acceso dibattito che si scatenò in seno all’Assemblea 1 PALIERO C. E., Consenso sociale e diritto penale, in “Riv. it. dir. proc. pen.”, 1992, p. 891. 2 Cfr. Atti parlamentari, Camera dei deputati, VIII legislatura, Discussione, seduta del 27 luglio 1981, p. 31792. 3 D’ORAZIO G., Il finanziamento pubblico dei partiti (alcuni interrogativi), in “Diritto e società”, 1974, 2, pp. 407 ss.

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Informazioni tesi

  Autore: Antonino Cicero
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Palermo
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Antonio Pagliaro
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 165

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