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La brand equity ed il suo peso sul mercato. Case study: Alfa Romeo Automobiles

Il brand ormai è qualcosa che vive, che rifugge da definizioni statiche, anche se nel corso della trattazione ne presenterò diverse. Negli ultimi 40 anni circa abbiamo assistito ad una corsa all’investimento per la fortificazione dei brand, ma mai come ora è stata data tutta quest’importanza al marchio, alla sua immagine, al suo valore e a tutte le altre sue dimensioni.
Il Consumismo si sta spingendo al suo limite massimo ed è affiancato dal bisogno di sensazioni ed emozioni; tutto si sta traducendo in un’assuefazione alle caratteristiche base del prodotto (che ormai si danno per scontate, e di conseguenza non si considerano come discriminante per la scelta di un prodotto rispetto ad un altro) che porta alla ricerca di qualcosa di più nell’acquisto. Si ricercano, appunto, sensazioni, emozioni, esperienze, appartenenza, relazioni...in una sola parola: un brand!
Per questi ed altri motivi la gestione del Marketing aziendale, di cui il Brand Management è parte integrante ed inscindibile, sta diventando sempre più difficoltosa e complicata, in ragione anche della moltiplicazione delle attività che sono svolte in azienda per cercare di far fronte alla sempre maggiore turbolenza dei mercati. Product development, product design, advertising, market research, marketing analysis, consumer research, sales promotion, public relation; queste sono solo alcune delle attività che il marketing deve programmare, attuare, gestire e controllare.
Il cosiddetto branding può essere visto come un collante per tutte queste diverse azioni di marketing, ed il brand come un “semplificatore”, ovvero un driver che incanala e direziona gli sforzi aziendali verso un obiettivo unitario e condiviso, cioè la costruzione di un’immagine aziendale e di prodotto solida, evocativa e coinvolgente. Il branding è sempre più importante anche perché si è capovolto il processo d’acquisto in favore del cliente, il che si sta imponendo a discapito delle vendite, sia come processo, sia come attività aziendale. Molti prodotti, se non quasi tutti, non sono più “venduti”, ma “acquistati”. Il cliente ha un sempre maggior potere, che gli deriva dai cambiamenti delle dinamiche base del mercato. In più, saturazione dei mercati e concorrenza sempre più agguerrita nell’accaparrarsi i clienti danno il loro contributo a questo processo di “potenziamento” del ruolo del cliente nel processo d’acquisto. Le imprese che vogliono costruirsi una reputazione basata sul valore del brand, devono offrire quello che il cliente cerca, quando lo cerca, tutte le volte che lo cerca. Chi ci riesce meglio, vende di più e ad un prezzo maggiore. E’ semplice, almeno a dirsi. Ma se ci pensiamo bene, alla fin fine il brand in sé non è altro che un simbolo piuttosto che un disegno, o una scritta. Ciò che conta davvero non è il simbolo in sé, ma quello che evoca nella nostra mente quando lo vediamo in TV, o su uno scaffale, o tra le mani di un nostro amico. Ciò che conta è quello che sta dietro al brand: cosa vuol dire per noi possedere quel determinato prodotto (anche se non ci serve); cosa vogliamo comunicare agli altri attraverso l’uso di quel determinato prodotto; quali soddisfazioni, o emozioni, o sensazioni ci sa dare. Se dietro allo stemma che ritrae un cavallino rampante su sfondo giallo non ci fosse quello che c’è (in pratica un mito, l’automobile supersportiva per eccellenza) possedere una Ferrari non significherebbe assolutamente nulla nella mente degli uomini di tutto il mondo.
Il mio intento, per mezzo di quest’elaborato scritto, è spiegare cos’è il brand in letteratura e cosa intendiamo per brand. In seguito cercherò di illustrare i concetti di brand equity e brand positioning, come si arriva a quantificarli, e a cosa attengono. L’obiettivo che mi sono posto nel corso dell’elaborazione di questa tesi sul brand è quello di darle organicità, seguendo un filo logico nell’affrontarne i vari argomenti. Questa mia ricerca di coerenza e sistematicità è stata aiutata dall’enorme bibliografia a mia disposizione. Dopo una prima parte, un po’ più nozionistica, mi soffermerò sulle implicazioni emozionali del brand, su cosa evoca e su cosa significa. Qui mi soffermerò molto su esempi che vengono dal settore automotive, che è il mercato di riferimento dell’azienda da me considerata come case study (Alfa Romeo Automobiles).Infine illustrerò il mio studio del brand Alfa Romeo, basato sull’elaborazione di dati ottenuti attraverso la somministrazione di due questionari

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2 1. Introduzione  “Your  brand  had  better  be  delivering  something  special,  or  it’s  not  going  to  get  the  business”.   E’ una frase quasi banale che, però, racchiude l’essenza di ciò che un’impresa deve essere  capace  di  fare  se  vuole  far  sì  che  il  proprio  brand  sia,  per  lei,  un  valore  aggiunto  sul  mercato.  Questa  citazione  è  di  un  anziano  signore  americano,  poco  conosciuto  in  Italia:  il  suo  nome è Warren Buffet, ed è soprannominato “l’Oracolo di Omaha”. Questo signore, alla  ragguardevole età di 77 anni si è tolto  lo sfizio di essere nominato  l’uomo più ricco del  mondo da Forbes, superando Bill Gates in quanto a patrimonio (62 miliardi di $, contro i  60 del boss di Microsoft).   Quindi credo gli si possa dar conto.  Il brand ormai è qualcosa che vive, che rifugge da definizioni statiche, anche se nel corso  della  trattazione ne presenterò diverse. Negli ultimi 40 anni circa abbiamo assistito ad  una corsa all’investimento per la fortificazione dei brand, anche se i primi esempi (seppur  inconsapevoli) di creazione di un’immagine di brand risalgono a quasi 150 anni fa (ricordo  ad esempio “Ivory” di P&G,  il sapone puro al 99,44% che “galleggiava” già nel  lontano  1879) (v. Figura 1, pagina seguente).  Ma mai come ora è stata data  tutta quest’importanza al marchio, alla sua  immagine, al  suo valore e a tutte le altre sue dimensioni.  Vediamo orde di ragazzini griffati dalla testa ai piedi e schiere di quarantenni  in carriera  col Cayenne, leggiamo di ricerche di mercato secondo le quali il 46% delle donne di Tokyo  rinuncerebbe alla maternità pur di avere, ogni anno, l’ultima borsa di Louis Vuitton. 

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Informazioni tesi

  Autore: Fulvio Archidiacono
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze economico-aziendali
  Relatore: Giorgio Gandellini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 158

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