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Identità tautologica dell'arte

L’opera d’arte, la sua costruzione e la sua fruizione si sono evoluti nel tempo. A dimostrarlo ne è la storia stessa, riportata anche dai più comuni manuali.
Meno evidente, però, è stata la fondamentale volta concettuale che l’arte ha imboccato, a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, e che ancora oggi segue una sua propria evoluzione. Uno spostamento che ha portato l’arte sulla strada dell’indagine analitica, rendendola autonoma sia da un punto di vista estetico che da un punto di vista formale. Ciò a cui si assiste, in epoca moderna, è quindi il sottile disgregarsi dei canoni della tradizione figurativa e plastica, una lenta erosione che ha i suoi mentori riconosciuti in Renè Magritte e Marcel Duchamp. Una veloce implosione che, in poco più di cinquant’anni, ha portato il fare arte ad una radicale implosione su sé stessa, mentre Pavel Florenskij, tra il 1923 ed il 1924, inizia la sua personale indagine analitica alla ricerca di un limite estetico entro cui definire l’arte, dove la purezza è data dalla sua stessa ragione di essere arte.
E’ in questo solco che fa la sua comparsa la tautologia, come concetto estetico, come proposizione artistica ben definita, come atteggiamento concettuale precipuo, come nuovo modo di costruire l’arte. In particolare, la tautologia diventa cifra stilistica e vera e propria poetica di due artisti che, seguendo modalità diverse, seguono entrambi la corrente concettuale: Joseph Kosuth e Luciano Fabro. Tautologia diventa, così, un mezzo per leggere il reale ed il contemporaneo, i suoi spazi ed il suo tempo, la sua lingua e la sua sintassi e, non da ultimo, la relazione che lo spettatore, fruitore dell’opera istituisce con l’opera stessa. Due riflessioni, due produzioni e due atteggiamenti mentali paralleli ma sostanzialmente diversi, a partire dai materiali utilizzati; eppure, proprio partendo dalle opere di questi due artisti, può essere individuata una linea di declinazione nel presente che, ancora oggi, segue una propria evoluzione, a partire dalle opere di Claudio Parmiggiani, Giulio Paolini, Thomas Struth, Alighiero Boetti, Gerard Richeter, Anish Kapoor, e molti altri.
Il nuovo millennio, però, vede anche un’evoluzione storica fondamentale, legata ai mutati metodi di fruizione resi possibili dall’introduzione, nell’arte, dei media e delle innovazioni tecnologiche. L’arte nell’era digitale, nell’era del World Wide Web, si evolve abbandonando in molti casi l’interpretazione tautologica delle origini e sviluppa, invece, quella che Nicolas Bourriaud definisce estetica relazionale. Fulcro dell’indagine analitica di stampo concettuale è, allora, il rapporto tra arte e realtà, tra spazio della fruizione e fruizione stessa, ma soprattutto tra fruitori e fruitori all’interno di un opera d’arte che ha ormai infranto i canoni stessi dell’esporre stesso. L’attività del Palais de Tokyo, a Parigi, diventa emblema di questo rinnovato spirito artistico, di una nuova concezione di spazio come luogo in cui la creatività artistica scaturisca dalla stessa interazione che si instaura tra l’opera ed il pubblico, e tra il pubblico e gli artisti. Si comprende, così, anche la tendenza di molti artisti contemporanei come Rirkrit Tiravanija, Patrick Tuttofuoco , Mattew Barney, Martin Creed e Matteo Rubbi ad usare il corpo, i suoi limiti e le sue forze, come strumento creativo, veicolo per la produzione artistica stessa.
La tautologia, la riflessione relazionale sull’arte, il rapporto tra allenamento mentale ed allenamento fisico, sono tutte declinazioni di un medesimo atteggiamento di indagine analitica dell’arte stessa e, in particolare, del suo rapporto con il reale. Un reale che oggi entra a far parte dell’opera, né è pretesto, paradigma e principio generatore. Un reale che, nella globalizzazione culturale ed artistica ha trovato comunque le sue particolari cifre stilistiche e le sue peculiarità espressive.
Le vie del concettuale hanno preso oggi derivazioni differenti da quelle delle origini, ma non per questo meno autentiche: alla base vive ancora la medesima ricerca analitica sul reale che parte dalle stesse strutture che lo caratterizzano, come il linguaggio, il corpo, la fisicità. A queste si è poi aggiunto in fattore imprescindibile, quello della relazione, talmente decisivo da informare la stessa riflessione estetica e determinata dalle modalità con cui oggi il sapere si diffonde, le persone si conoscono e si interfacciano con la stessa realtà.

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UN PUNTO DI PARTENZA L’opera d’arte, la sua costruzione e la sua fruizione si sono evoluti nel tempo. A dimostrarlo ne è la storia stessa, riportata anche dai più comuni manuali di storia dell’arte. Meno evidente, però, è stata la fondamentale volta concettuale che l’arte ha imboccato, a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, e che ancora oggi segue una sua propria evoluzione. Uno spostamento che ha portato l’arte sulla strada dell’indagine analitica, rendendola autonoma sia da un punto di vista estetico che da un punto di vista formale. Ciò a cui si assiste, in epoca moderna, è quindi il sottile disgregarsi dei canoni della tradizione figurativa e plastica, una lenta erosione che ha i suoi mentori riconosciuti in Renè Magritte e Marcel Duchamp. Una veloce implosione che, in poco più di cinquant’anni, ha portato il fare arte ad una radicale implosione su sé stessa, mentre Pavel Florenskij, tra il 1923 ed il 1924, inizia la sua personale indagine analitica alla ricerca di un limite estetico entro cui definire l’arte, dove la purezza è data dalla sua stessa ragione di essere arte. E’ in questo solco che fa la sua comparsa la tautologia, come concetto estetico, come proposizione artistica ben definita, come atteggiamento concettuale precipuo, come nuovo modo di costruire l’arte. In particolare, la tautologia diventa cifra stilistica e vera e propria poetica di due artisti che, seguendo modalità diverse, seguono entrambi la corrente concettuale: Joseph Kosuth e Luciano Fabro. Tautologia diventa, così, un mezzo per leggere il reale ed il contemporaneo, i suoi spazi ed il suo tempo, la sua lingua e la sua sintassi e, non da ultimo, la relazione che lo spettatore, fruitore dell’opera istituisce con l’opera stessa. Due riflessioni, due produzioni e due atteggiamenti mentali paralleli ma sostanzialmente diversi, a partire dai materiali utilizzati; eppure, proprio partendo dalle opere di questi due artisti, può essere individuata una linea di declinazione nel presente che, ancora oggi, segue una propria evoluzione, a partire dalle opere di Claudio Parmiggiani, Giulio Paolini, Thomas Struth, Alighiero Boetti, Gerard Richeter, Anish Kapoor, e molti altri. Il nuovo millennio, però, vede anche un’evoluzione storica fondamentale, legata ai mutati metodi di fruizione resi possibili dall’introduzione, nell’arte, dei media e delle innovazioni tecnologiche. L’arte nell’era digitale, nell’era del World Wide Wed, si evolve abbandonando in molti casi l’interpretazione tautologica delle origini e sviluppa, invece, 3

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Informazioni tesi

  Autore: Leonardo Chiappini
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Accademia di belle arti di Brera
  Facoltà: Design e Arti
  Corso: COBASLID, CL. A021 Discipline Pittoriche
  Relatore: Marco Dallari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 100

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Parole chiave

alighiero boetti
anish kapoor
arte concettuale giuseppe penone
arte contemporanea
arte relazionale
diego velàzquez
gabriel orozco
giulio paolini
jan van eyck
jhon cage
joseph kosuth
luciano fabro
lucio fontana
martin creed
matteo rubbi
matthew barney
maurizio cattelan
michelangelo pistoletto
nicolas bourriaud
patrick tuttofuoco
pavel florenskij
rirkrit tiravanija
tautologia
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