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La sceneggiatura: modelli e dispositivi del congegno filmico

La sceneggiatura come un congegno, un meccanismo, un insieme di automatismi (pochi a dire il vero) che, però, non sempre funzionano. C’è qualcosa che avvicina molto lo script ad un prototipo industriale, ad una struttura funzionale a qualcosa di diverso, destinata quindi ad evolversi per poter acquisire una forma definitiva e trovare in tal modo una piena realizzazione.
Se è vero che le sceneggiature non sono scritte per essere lette, ma per essere realizzate, è altrettanto vero che per arrivare alla loro realizzazione è necessario passare attraverso la lettura. Il problema o la fortuna, a seconda dei punti di vista (per i produttori è sicuramente un problema) è il fatto che questo congegno, questo meccanismo, non è perfetto né del tutto affidabile. In molti si sono confrontati con il fascino di questa macchina imperfetta, elaborando sistemi complessi o semplici accorgimenti volti in ogni caso a contenere il rischio di mal funzionamento del suddetto prototipo. Alcuni risultati sono stati raggiunti, ma abbiamo buone ragioni per credere che non si riuscirà mai ad individuare la formula per una sceneggiatura che implichi un successo garantito, in altre parole una sceneggiatura perfetta. Dalle parti di Hollywood “perfetta” vuol dire “vendibile”.
Allo stesso modo, elaborare una teoria della sceneggiatura è un’idea francese, nel senso di “frivola”, ma ci riferiamo anche alla scuola francese di sceneggiatura: un unico modello di riferimento non solo è impossibile, ma con ogni probabilità anche non auspicabile. Il rischio sempre presente è infatti quello di trovarsi un giorno al cospetto di film tutti uguali, a plot fatti di varianti, ad una permanente sensazione di déjà vu che sicuramente, almeno in parte, abbiamo già imparato a conoscere.
Nel primo capitolo, La sceneggiatura e lo sceneggiatore, si è condotto un viaggio attraverso le tappe più significative che hanno avuto il merito di segnare l’evoluzione della scrittura cinematografica, prestando particolare attenzione alle novità introdotte in Italia e nel mondo dal Neorealismo.
Il percorso prosegue con un’analisi dell’oggetto in questione, lo script, e con uno sguardo dietro le quinte del merito o, come direbbe Age, dietro la luce accecante del faro, per delineare il profilo della figura professionale dello sceneggiatore, tra paradossi e compromessi del mestiere.
Si è inoltre concesso ampio spazio alla questione dell’adattamento, fondamentale da un punto di vista storico e centrale per chiunque si avvicini alla scrittura cinematografica. In particolare viene proposto il metodo di trasposizione ideato da Vincenzo Cerami e viene analizzato il caso di Romanzo Criminale, dal libro, al film, alla serie televisiva.
Nel secondo capitolo, Modelli, dispositivi e strutture, vengono approfonditi i meccanismi della scrittura cinematografica attraverso i contributi degli esponenti più rappresentativi delle principali scuole di sceneggiatura. L’analisi procede ad un livello tematico e strutturale, con particolare attenzione al modello classico della struttura in tre atti e alle varianti che permettono di superarlo, considerano le reciproche implicazioni di tutte quelle che sono le scelte di impostazione dello script e della storia.

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7 INTRODUZIONE La sceneggiatura come un congegno, un meccanismo, un insieme di automatismi (pochi a dire il vero) che, però, non sempre funzionano. C’è qualcosa che avvicina molto lo script ad un prototipo industriale, ad una struttura funzionale a qualcosa di diverso, destinata quindi ad evolversi per poter acquisire una forma definitiva e trovare in tal modo una piena realizzazione. Se è vero che le sceneggiature non sono scritte per essere lette, ma per essere realizzate, è altrettanto vero che per arrivare alla loro realizzazione è necessario passare attraverso la lettura. Il problema o la fortuna, a seconda dei punti di vista (per i produttori è sicuramente un problema) è il fatto che questo congegno, questo meccanismo, non è perfetto né del tutto affidabile. In molti si sono confrontati con il fascino di questa macchina imperfetta, elaborando sistemi complessi o semplici accorgimenti volti in ogni caso a contenere il rischio di mal funzionamento del suddetto prototipo. Alcuni risultati sono stati raggiunti, ma abbiamo buone ragioni per credere che non si riuscirà mai ad individuare la formula per una sceneggiatura che implichi un successo garantito, in altre parole una sceneggiatura perfetta. Dalle parti di Hollywood “perfetta” vuol dire “vendibile”. Allo stesso modo, elaborare una teoria della sceneggiatura è un’idea francese, nel senso di “frivola”, ma ci riferiamo anche alla scuola francese di sceneggiatura: un unico modello di riferimento non solo è impossibile, ma con ogni probabilità anche non auspicabile. Il rischio sempre presente è infatti quello di trovarsi un giorno al cospetto di film tutti uguali, a plot fatti

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Informazioni tesi

  Autore: Davide Potente
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze dello spettacolo e della produzione multimediale
  Relatore: Pietro Favari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 99

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