Essere ''badanti'' in Alta Valmarecchia. La migrazione femminile tra speranze, opportunità e vulnerabilità sociale
Informazioni tesi
Autore: | Giorgia Molari |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze Politiche |
Relatore: | Federico Chicchi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 111 |
Il presente lavoro di tesi si propone indagare il fenomeno delle donne straniere che svolgono un particolare lavoro di cura, quello delle “badanti”, nel contesto territoriale dell’Alta Valmarecchia, in provincia di Rimini.
Si tratta di un fenomeno relativamente nuovo, che è emerso in Italia per far fronte all’aumento di soggetti anziani soli e bisognosi di assistenza ed all’insufficienza del nostro sistema di Welfare (pubblico e privato) nell’offrire risposte soddisfacenti ed efficaci ai bisogni di cura e di assistenza. La donna migrante che si dedica al lavoro di assistenza dell’anziano è portatrice di una doppia fragilità, quella dell’essere “donna” e soggetto migrante allo stesso tempo: tale doppia vulnerabilità viene studiata, alla luce dei contributi teorici di Robert Castel e di Amartya Sen, come condizione dinamica caratterizzata da un deficit di possibilità per accedere ad una piena autorealizzazione ed integrazione sociale.
La prima parte della tesi affronta un’analisi teorica dei fenomeni di esclusione sociale, désaffiliation e vulnerabilità e della crescente femminilizzazione del lavoro. Si affronta inoltre l’analisi del fenomeno del progressivo invecchiamento della popolazione in Italia e l’emergenza del bisogno di cura ed un excursus sul fenomeno dell’immigrazione, specialmente femminile, in Italia. Infine, vengono esposti i risultati di una ricerca qualitativa di sfondo condotta su un insieme di riferimento empirico di 20 donne che svolgono il lavoro di badante in Alta Valmarecchia, volta ad indagare le dimensioni di vulnerabilità economica, relazionale, culturale, spaziale ed istituzionale.
Metodologia seguita: analisi della letteratura esistente (libri e siti web); preparazione e somministrazione di interviste semi-strutturate, con analisi dei contenuti ed interpretazione dei risultati.
Principali risultati raggiunti: le donne straniere che svolgono il lavoro di badante, pur non essendo “oggettivamente” povere e non vivendo una situazione di esclusione economica, tuttavia non sono integrate a pieno titolo nel contesto sociale in cui si trovano a vivere e lavorare per un deficit di risorse culturali e relazionali da convertire efficacemente in funzionamenti. Emerge una forte divaricazione tra cittadinanza economica, intesa come accettazione nel sistema produttivo, e cittadinanza sociale, ossia la partecipazione al sistema dei diritti sociali: la cittadinanza economica acquisita stenta a tradursi in cittadinanza sociale. L’ipotesi di partenza di una doppia forma di vulnerabilità legata all’essere donna e migrante allo stesso tempo viene rafforzata dall’elaborazione delle interviste. Il forte peso del pregiudizio e dello stereotipo culturale e di genere va ad alimentare i fenomeni della segregazione occupazionale e la specializzazione etnica: nella società del rischio e dell’incertezza, le badanti appaiono predestinate a svolgere ruoli socialmente subordinati, in condizioni di qualità del lavoro peggiori rispetto a quelle dei residenti autoctoni, con processi di mobilità lavorativa e quindi sociale quasi assenti.
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