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Forme dell'incarnato nel cinema della postmodernità

Con il termine «incarnato» vogliamo riferirci al colore e al colorito, all’espressione che il corpo può assumere all’interno di un film, sia in presenza di un referente reale, sia in sua assenza. Va sin da subito chiarito che lo spunto per questo taglio di analisi del cinema post- moderno ci è venuto leggendo il saggio di Didi- Hubermann dal titolo La pittura incarnata, nel quale vengono analizzate le tipologie dell’incarnato riferite alle arti figurative. Su tale impronta metodologica dunque, imposteremo la nostra analisi inerente al cinema post- moderno. Talvolta, ci discosteremo dalle tesi hubermiane, ma vedremo come, spesso, l’incarnato del corpo è utilizzato al fine di veicolare significati e attivare simbologie. Sappiamo come il corpo possa essere considerato (o studiato) sotto diverse prospettive. Quest’ultimo può identificare una cultura, può esprimere uno stato d’animo, può simboleggiare qualcosa. Da sempre, infatti, il corpo è stato oggetto di discussione o di rappresentazione, non solo nel campo del cinema. Si pensi alla pittura, in cui è spesso al centro di molte raffigurazioni: la rappresentazione della pelle e dell’incarnato è stata sempre oggetto di studio, al fine di mostrare non un semplice disegno, ma vera e propria vita. Così anche il cinema. Nel nostro percorso di analisi ipotizzeremo varie forme dell’incarnato in relazione a una costante attenzione del cinema digitale al corpo e alla pelle. Oggi più che mai, con l’era digitale, abbiamo una continua tensione tra rappresentazione e riproduzione mimetica della realtà. Gli attori possono essere esclusivamente digitali e le scenografie dei grandi teli verdi, ma se in una prima fase tendevano a destare meraviglia nello spettatore, ora vengono usati per rafforzare l’effetto di realtà.
Difatti, la resa e il colorito di una rappresentazione cinematografica, possono confondere a tal punto lo spettatore da sembrare reali. In questo studio analizzeremo in quattro capitoli altrettante forme di incarnato, rintracciandole in film che vanno dagli anni ‘70 a oggi. Ciò che ci proponiamo di dimostrare è, quindi, che il cinema post-moderno, specialmente dopo l’avvento delle tecnologie digitali, ha talvolta optato per una tendenza realistica della rappresentazione, cercando di nascondere l’inganno illusionistico dovuto alle immagini di sintesi; altre volte ha inteso costruire mondi e corpi verosimili ma, nell’uno e nell’altro caso, tendenzialmente ha prestato molta attenzione alla pelle, al colorito, all’incarnato.

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2 Introduzione La ricerca foto-realistica dell’industria degli effetti speciali, la cui massima ambizione e obiettivo tecnicamente e tecnologicamente più avanzato, è sempre stato la perfetta riproduzione sintetica del volto e del complessivo corpo umano, al punto da renderli indistinguibili rispetto a quelli reali. 1 Con il termine «incarnato» vogliamo riferirci al colore e al colorito, all’espressione che il corpo può assumere all’interno di un film, sia in presenza di un referente reale, sia in sua assenza. Va sin da subito chiarito che lo spunto per questo taglio di analisi del cinema post- moderno ci è venuto leggendo il saggio di Didi- Hubermann dal titolo La pittura incarnata, nel quale vengono analizzate le tipologie dell’incarnato riferite alle arti figurative. 2 Su tale impronta metodologica dunque, imposteremo la nostra analisi inerente al cinema post- moderno. Talvolta, ci discosteremo dalle tesi hubermiane, ma vedremo come, spesso, l’incarnato del corpo è utilizzato al fine di veicolare significati e attivare simbologie. Sappiamo come il corpo possa essere considerato (o studiato) sotto diverse prospettive. Quest’ultimo può identificare una cultura, può esprimere uno stato d’animo, può simboleggiare qualcosa. Da sempre, infatti, il corpo è stato oggetto di discussione o di rappresentazione, non solo nel campo del cinema. Si pensi alla pittura, in cui è spesso al centro di molte raffigurazioni: la rappresentazione della pelle e dell’incarnato è stata sempre oggetto di studio, al fine di mostrare non un semplice disegno, ma vera e propria vita. Così anche il cinema. Nel nostro percorso di analisi ipotizzeremo varie forme dell’incarnato in relazione a una costante attenzione del cinema digitale al corpo e alla pelle. A tal proposito, il sociologo Roland Barthes, afferma: “Che corpo? Ne abbiamo parecchi. Ho un corpo digestivo, un corpo nauseabondo, un corpo col mal di testa, e così via: sensuale, muscolare, umorale e soprattutto emotivo: che è commosso, agitato, o appesantito, o esaltato, o spaventato, senza che vi appaia nulla”. 3 Oggi più che mai, con l’era digitale, abbiamo una continua tensione tra rappresentazione e riproduzione mimetica della realtà. Gli attori possono essere esclusivamente digitali e le scenografie dei grandi teli verdi, ma se in una prima fase 1 G. Latini, Forme digitali, Meltemi editore srl, Roma 2007. 2 G. Didi-Hubermann, La pittura incarnata. Saggio sull’immagine vivente, trad. it. S. Guindani Il Saggiatore Milano 2008 (1985). 3 G. Canova, L’alieno e il pipistrello. La crisi della forma nel cinema contemporaneo, Studi Bompiani, Milano 2009.

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Informazioni tesi

  Autore: Francesca Palazzo
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Palermo
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze dello spettacolo multimediale
  Relatore: Rino Schembri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 123

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