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"L'immagine" del dolore. Analisi semiotica delle immagini dell'attacco al World Trade Center e dell'alluvione nel messinese del 2009

Approcciarsi al mezzo fotografico secondo una prospettiva che privilegi il dolore come tematica attorno alla quale discutere e confrontare idee, storie e teorie potrebbe sembrare inusuale. Solitamente la “fotografia” – intesa come espressione pratica di una realtà vissuta – viene affiancata a momenti positivi della vita di ognuno di noi; si potrebbe dire che “macchina fotografica e prima comunione si tengono ancora per mano”. Nessuno si sognerebbe – oggi – di dire: “ti faccio vedere le foto dei miei parenti morti”, eppure quella di fotografare i morti – la morte – è una pratica che nel passato, come nel presente, sembra avere avuto un suo statuto sociale ed un peso rilevante. Sarà ovvio dire che questo tipo di rappresentazioni ha subìto dei cambiamenti, e pure notevoli, nel corso della storia, ma non per questo si è smesso di rappresentare la morte, i morti ed il dolore nelle immagini. L’idea che mi ha spinto a voler affrontare questa tematica, quasi macabra, deriva da alcune domande che spesso mi sono posto: “ci stiamo abituando all’immagine del dolore? Si potrebbe parlare di assuefazione da immagini che rappresentano la sofferenza tanto da esserne ormai indifferenti? Come può essere letta l’immagine di una tragedia? È sempre bene mostrare il dolore senza alcun tipo di mediazione “morale”? Il mio lavoro sarà teso ad evidenziare i diversi aspetti che hanno caratterizzato il rapporto dolore/immagine; si tratterà di analizzare il suo sviluppo nel tempo attraverso degli esempi che finiranno per mettere in dubbio le definizioni che stanno alla base del mezzo fotografico, ossia il concetto di indice e di immagine come testimonianza indiscutibile. Spingerò il mio lavoro nell’analisi delle possibili motivazioni di una “assuefazione da fotografie” che rappresentano il dolore. Tenterò inoltre un approccio di analisi delle immagini prodotte in occasione di due tragedie, una globalmente intesa, l’11 Settembre 2001, l’altra più “locale”, l’alluvione nel messinese del 2009. Gli strumenti a mia disposizione sono stati svariati, come svariatamente è stato trattato l’argomento di analisi dell’immagine ed il relativo approccio ad essa, per questo ho cercato di far collimare le diverse correnti di pensiero in un’unica più personale e più vicina al discorso da me trattato, al fine di evidenziare i motivi che si celano dietro all’immagine del dolore.

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6 Capitolo I “Immortalare” la morte Per meglio organizzare il lavoro ho scelto di soffermare la mia attenzione esclusivamente sulle immagini fotografiche che ben si distinguono dalle altre forme di rappresentazione quali video o pittura. 3 Questa scelta è stata dettata anche dalla necessità di restringere il campo d’azione altrimenti troppo vasto che avrebbe portato a divagazioni eccessive. Il termine “immagine”, paradossalmente ha insito in sé il significato di morte: l’etimologia della parola imago, in latino, designa, fra le altre cose, la maschera mortuaria portata durante i funerali nell’antica Roma. 4 Ma non ho intenzione di iniziare a parlare di antichità romana né tantomeno di maschere mortuarie. Per questo sarà necessario fare un salto in avanti nel meno remoto 1839, quando Daguerre si apprestò a perfezionare – se non stravolgere e rendere propria 5 – la tecnica di impressione della luce su lastre di rame. A partire da questo momento si ebbe uno sviluppo sistematico del mezzo fotografico e con esso le modalità di rappresentare la morte – e il dolore – subirono dei cambiamenti. Se fino ad allora l’unico modo per perpetuare l’immagine di qualcuno – ricco – era farsi fare un ritratto, adesso era possibile farsi fotografare. Ci fu una vera e propria riorganizzazione del mercato in tal senso: gli studi fotografici modificarono il loro assetto interiore, organizzando zone in cui predisporre “set” appositi per 3 M. Joly, Introduzione all’analisi dell’immagine, Lindau, Torino, 1999. Secondo il senso comune, l’utilizzo contemporaneo del termine “immagine” rimanda, per la maggior parte delle volte ed in modo erroneo, al concetto di immagine mediatica, quale sinonimo di televisione. 4 Imago può essere anche l’anima o lo spettro del defunto. 5 http://www.storiadellafotografia.it/2009/10/23/niepce-e-daguerre/. Le vicende dietro la nascita della fotografia trovano le loro radici agli inizi dell’800 con una serie di esperimenti portati avanti da Joseph Nicéphore Niépce, che, nel Dicembre del 1829, stilò un contratto decennale con Daguerre per una collaborazione di studi sulla fotografia, senza però riuscire nell’intento a causa della sua morte. Daguerre si prese tutto il merito dell’invenzione visto che perfezionò le idee di Niépce tanto da renderle proprie. Utilizzò per l’impressione una lastra di rame con applicato un sottile strato di argento, il quale esposto a dei vapori di iodio reagiva formando ioduro d'argento. L'esposizione aveva luogo nella camera oscura dove la luce rendeva lo ioduro d'argento nuovamente argento in proporzione alla luce ricevuta. L'immagine non risultava visibile fin tanto che veniva esposta ai vapori di mercurio; infine un bagno in una soluzione di sale comune fissava l'immagine.

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Brandino
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Messina
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: DAMS
  Relatore: Francesco Parisi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 92

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