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Ottemperanza alle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo e processo penale

In materia di diritti fondamentali dell’uomo la compiuta integrazione fra ordinamento nazionale e sistema giuridico internazionale rappresenta la nuova frontiera della giustizia penale italiana.
Ciò a cui si aspira oggi è, per l’appunto, un ordinamento giuridico fortemente integrato e biunivoco, ove gli organi statali nazionali si confrontino con quelli sovranazionali, comunitari e convenzionali (in particolare), contribuendo in tal modo alla salvaguardia nonché allo sviluppo delle garanzie e dei diritti fondamentali dell’uomo.
Nel presente lavoro si è analizzato un particolare aspetto del predetto percorso di integrazione intrapreso dagli interpreti italiani del diritto, identificabile nella problematica concernente l’ottemperanza alle decisioni definitive della Corte di Strasburgo che accertino la violazione dei diritti dell’uomo da parte delle autorità statali in un procedimento penale, conclusosi con una sentenza o un decreto irrevocabile di condanna.
Dapprima, adottando principalmente un punto di vista sovranazionale, si sono messe in luce le principali caratteristiche della più imponente organizzazione internazionale regionale del mondo, il Consiglio d’Europa, nonché del più noto e rilevante dei trattati adottati in seno ad essa: la Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, ponendo l’accento, in particolare, sul meccanismo di protezione dei diritti umani ivi operante.
Successivamente, l’angolo di osservazione si è spostato sull’ordinamento nazionale, focalizzando l’attenzione sulle iniziative normative introdotte dal legislatore allo scopo di adempiere alle richieste provenienti dagli organi della Convenzione di Roma, nonché sui diversi tentativi interpretativi messi in atto dalle autorità giurisdizionali – di merito e di legittimità – al fine di garantire primariamente, in assenza di un istituto processuale ad hoc, il ristoro del pregiudizio subito dall’individuo le cui garanzie convenzionali sono state violate.
In assenza di un intervento legislativo, tali espedienti dei giudici interni di effettuare un bilanciamento fra valori di rango costituzionale, quali la certezza del diritto espressa nel giudicato ed il rispetto dei diritti umani così come discendente dagli obblighi internazionali, si sono rivelati – a giudizio di chi scrive – in contrasto con il principio di legalità processuale e, quindi, di tassatività dei casi e dei mezzi di impugnazione.
Ad un primo soddisfacente approdo, seppur dal carattere temporaneo, si è giunti nell’aprile del 2011, quando la Corte costituzionale, con la sentenza n. 113, ha dichiarato incostituzionale l’art. 630 c.p.p. nella parte in cui non consente la revisione del processo quando sia necessaria per conformarsi, ex art. 46, par. 1 CEDU, ad una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Il giudice interno può finalmente riportare allo status quo ante la violazione il ricorrente vittorioso a Strasburgo. Il procedimento di riapertura, però, non rimarrà senza difficoltà, in quanto la mancanza di una regolamentazione normativa dell’istituto potrebbe comportare tanto un atteggiamento di self restraint da parte delle corti nazionali – data la materia oggetto d’interpretazione, dominata dal principio di legalità – con il conseguente rischio di non raggiungere la restitutio in integrum dell’individuo leso, quanto l’evenienza opposta, in cui i giudici interni disapplicano le norme codicistiche perché non compatibili con la ratio della “revisione europea”, andando anche oltre quanto basterebbe per ottemperare alla pronuncia della Corte EDU.
Una siffatta regolamentazione deve assolutamente discendere da un intervento sistematico ed organico del Parlamento; in proposito, nell’ultimo decennio sono stati presentati numerosi progetti di legge, rivelatisi però tutti fallimentari.
Senza alcun dubbio tale decisione costituzionale rappresenta un notevole passo in avanti dell’ordinamento italiano in direzione di un pieno rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo nonché, in un ottica di più ampio respiro, verso quella auspicata integrazione fra ordinamento nazionale e sovranazionale. Ciononostante, l’intervento del legislatore in tale àmbito resta pur sempre necessario ed urgente, in quanto in tema di tutela di garanzie e di diritti fondamentali nulla può essere lasciato al caso.

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9 Premessa. In materia di diritti fondamentali dell’uomo la compiuta integrazione fra ordinamento nazionale e sistema giuridico internazionale rappresenta la nuova frontiera della giustizia penale italiana. Ciò a cui si aspira oggi è, per l’appunto, un ordinamento giuridico fortemente integrato e biunivoco, ove gli organi statali nazionali si confrontino con quelli sovranazionali, comunitari e convenzionali (in particolare), contribuendo in tal modo alla salvaguardia nonché allo sviluppo delle garanzie e dei diritti fondamentali dell’uomo. Nel presente lavoro si è analizzato un particolare aspetto del predetto percorso di integrazione intrapreso dagli interpreti italiani del diritto, identificabile nella problematica concernente l’ottemperanza alle decisioni definitive della Corte di Strasburgo che accertino la violazione dei diritti dell’uomo da parte delle autorità statali in un procedimento penale, conclusosi con una sentenza o un decreto irrevocabile di condanna. Dapprima, adottando principalmente un punto di vista sovranazionale, si sono messe in luce le principali caratteristiche della più imponente organizzazione internazionale regionale del mondo, il Consiglio d’Europa, nonché del più noto e rilevante dei trattati adottati in seno ad essa: la Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, ponendo l’accento, in particolare, sul meccanismo di protezione dei diritti umani ivi operante. Successivamente, l’angolo di osservazione si è spostato sull’ordinamento nazionale, focalizzando l’attenzione sulle iniziative normative introdotte dal legislatore allo scopo di adempiere alle richieste provenienti dagli organi della Convenzione di Roma, nonché sui diversi tentativi interpretativi messi in atto dalle autorità giurisdizionali – di merito e di legittimità – al fine di garantire primariamente, in assenza di un istituto processuale ad hoc, il ristoro del pregiudizio subito dall’individuo le cui garanzie convenzionali sono state violate. In assenza di un intervento legislativo, tali espedienti dei giudici interni di effettuare un bilanciamento fra valori di rango costituzionale, quali la certezza del diritto espressa nel giudicato ed il rispetto dei diritti umani così come discendente dagli

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Informazioni tesi

  Autore: Marco Olivini
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Pavia
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Livia Giuliani
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 311

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Parole chiave

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cedu
consiglio d'europa
corte europea dei diritti dell'uomo
corte edu
scoppola
625 bis c.p.p.
dorigo
revisione processo penale
esecuzione sentenze corte europea
riesame procedimento penale
restituzione nel termine per impugnare le sentenze
ineseguibilità della sentenza irrevocabile
ricorso straordinario per cassazione
drassich
intangibilità giudicato penale
sentenza costituzionale 7 aprile 2011, n. 113
revisione europea
630 c.p.p.
670 c.p.p.
sentenza costituzionale 30 aprile 2008, n. 129
bracci
somogyi
riqualificazione giuridica del fatto

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