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Le dinamiche motivazionali nell'orientamento scolastico-professionale

Intorno alla metà del primo secolo dopo Cristo, Seneca iniziava così il suo dialogo sulla vita felice rivolto al fratello Gallione:
«Bisogna anzitutto domandarsi cosa sia quel che noi desideriamo: e quindi cercar tutto intorno con lo sguardo la strada per cui possiamo arrivare nel modo più celere a quella meta … finché vaghiamo in qua e in là seguendo, non una guida, ma solo direzioni differenti, la nostra vita si consumerà fra rigiri, e sarà una vita breve, anche se ci sforziamo giorno e notte per acquistar la saggezza. Si stabilisca dunque dove e per dove andiamo, non senza il concorso di un esperto che abbia già bene esplorato la regione verso al quale procediamo, giacché qui la condizione non è la stessa degli altri viaggi, nei quali una qualche strada ben riconoscibile e le domande fatte agli abitanti del paese impediscono di sbagliare; qui invece le vie più trite e frequentate sono quelle che maggiormente ingannano» . In queste parole di duemila anni fa è già in sintesi il complesso problema dell’orientamento dei giovani di oggi (e non solo!).
Anche Dante, nel canto VIII del Paradiso, pone il problema con sapienza ed incisività, quando dice:
«Sempre natura, se fortuna trova/ Discorde a sé, come ogni altra semente/ Fuor di sua ragion fa mala pruova,/ E se ‘l mondo laggiù ponesse mente/ Al fondamento che natura pone,/ Seguendo lui avria buona la gente./ Ma voi torcete alla religione/ Tal che fu nato a cingersi la spada/ E fate re di tal ch’è da sermone:/ Onde la traccia vostra è fuor di strada».
Mi si permetta di avvalermi di una esperienza testimoniata dal Viglietti , che intitolò Perché ci sono anch’io?. Di fronte all’enumerazione delle meraviglie dell’universo (descritte in un libro del Ravalico Natura e Creatore, SEI, Torino, 1965) in cui si spiegava che dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, nulla si muove e si sviluppa a caso, ma tutto converge alla realizzazione e all’armonia della vita nel suo sviluppo, ad un certo punto, un alunno gli chiese il motivo della propria permanenza in questo mondo. Viglietti raccontò la favoletta del lamento della molla dell’orologio: «nessuno mi guarda né pensa a me; guardano solo le lancette. Però se io mi allento, lancette e ingranaggi si fermano e non servono più a niente. Cosa è più importante allora?». In definitiva: tutti i pezzi erano importanti e contribuivano al buon funzionamento dell’orologio ma, affinché l’orologio funzionasse, era necessario mantenere in tensione la molla, cioè la volontà, senza la quale tutto diventava inutile. Quindi, ognuno ha una sua funzione per sé e per la vita di tutti, grande o piccola che sia, e solo esercitandola bene, cioè in armonia con le proprie aspirazioni e caratteristiche personali e sociali, ognuno potrà contribuire utilmente allo sviluppo e benessere, proprio e altrui. Ecco perché orientarsi vuol dire imparare a fare delle scelte professionali che contribuiscano a dare un senso alla nostra vita e a quella degli altri. La tematica affrontata è inerente la motivazione attraverso una digressione delle principali variabili psicologiche che concorrono alla stessa e il cui ruolo risulta pregnante in un processo come quello di orientamento. Oggi “l’orientamento” delle più accreditate teorie di orientamento è indirizzato verso l’educazione alla scelta, finalizzata a promuovere l’acquisizione di capacità indispensabili per sviluppare flessibilità cognitiva e comportamentale necessaria per rendere l’individuo in grado di assumere decisioni ed effettuare scelte in un contesto sociale, economico e culturale caratterizzato dal cambiamento, da cui, per altro, dipende la propria autorealizzazione (e, perché no) anche autovalorizzazione. Infatti, il clima socio culturale, nel quale i giovani sono chiamati a vivere oggi, rappresenta una realtà in cui i concetti di flessibilità, di cambiamento, di mobilità, di reversibilità delle scelte indirizzano il processo di sviluppo dell’identità personale e sociale: «la richiesta che proviene dal mondo degli adulti è quella di essere disponibili a modificarsi, a ridefinire le proprie competenze e le proprie appartenenze, a spostarsi, da un lavoro all’altro, da un luogo all’altro» . Secondo una prospettiva d’analisi storica, infatti un contesto sociale strutturato e preordinato, come quello delle comunità tradizionali, conferisce ai giovani obiettivi e percorsi definiti, lasciando poco spazio a quella che è l’esplorazione del proprio progetto professionale e della propria identità all’interno del contesto stesso. In un’epoca di overdose di informazione, la richiesta di informazione solitamente nasconde un’altra domanda: capire quale potrebbe essere l’informazione giusta.

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Introduzione Intorno alla metà del primo secolo dopo Cristo, Seneca iniziava così il suo dialogo sulla vita felice rivolto al fratello Gallione: <<Bisogna anzitutto domandarsi cosa sia quel che noi desideriamo: e quindi cercar tutto intorno con lo sguardo la strada per cui possiamo arrivare nel modo più celere a quella meta … finché vaghiamo in qua e in là seguendo, non una guida, ma solo direzioni differenti, la nostra vita si consumerà fra rigiri, e sarà una vita breve, anche se ci sforziamo giorno e notte per acquistar la saggezza. Si stabilisca dunque dove e per dove andiamo, non senza il concorso di un esperto che abbia già bene esplorato la regione verso al quale procediamo, giacché qui la condizione non è la stessa degli altri viaggi, nei quali una qualche strada ben riconoscibile e le domande fatte agli abitanti del paese impediscono di sbagliare; qui invece le vie più trite e frequentate sono quelle che maggiormente ingannano>> 1 . In queste parole di duemila anni fa è già in sintesi il complesso problema dell’orientamento dei giovani di oggi (e non solo!). Anche Dante, nel canto VIII del Paradiso, pone il problema con sapienza ed incisività, quando dice: <<Sempre natura, se fortuna trova/ Discorde a sé, come ogni altra semente/ Fuor di sua ragion fa mala pruova,/ E se ‘l mondo laggiù ponesse mente/ Al fondamento che natura pone,/ Seguendo lui avria buona la gente./ Ma voi torcete alla religione/ Tal che fu nato a cingersi la spada/ E fate re di tal ch’è da sermone:/ Onde la traccia vostra è fuor di strada>>. Mi si permetta di avvalermi di una esperienza testimoniata dal Viglietti 2 , che intitolò Perché ci sono anch’io?. Di fronte all’enumerazione delle meraviglie dell’universo (descritte in un libro del Ravalico Natura e Creatore, SEI, Torino, 1965) in cui si spiegava che dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, nulla si muove e si sviluppa a caso, ma tutto converge alla realizzazione e all’armonia della vita nel suo 1 Del Re, R. (a cura di). Della vita felice. In Operette di Lucio Anneo Seneca. Bologna, Zanichelli, 1971. Vol. III, p. 225. 2 nella prefazione del volume della collana fondazione IARD 1

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Informazioni tesi

  Autore: Carmen Ragusa
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Salvatore Castorina
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 134

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