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Shokuba no hana. Donne e legislazione nel Giappone contemporaneo

Scopo di questo lavoro è delineare, attraverso un approccio legale-costituzionale, la condizione femminile in Giappone, a partire dalla Costituzione del 1947, passando per il nuovo Codice Civile e la successiva legislazione sul diritto di famiglia, sulle pari opportunità lavorative e sulle garanzie legali che riguardano esplicitamente la donna.
A più di cinquant’anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, oltre ai cambiamenti materiali, anche i valori, i costumi e i modi di vita si sono gradualmente modificati, in un lento ma inarrestabile processo che ha profondamente mutato le condizioni sociali e politiche del Giappone.
Dal punto di vista femminile, la storia del dopoguerra può essere interpretata nei termini di un passaggio da un pressoché totale assoggettamento all’uomo alla conquista della propria indipendenza e dignità.
Il primo capitolo analizza la condizione legale e il ruolo della donna precedenti la guerra del Pacifico. Durante il periodo Tokugawa, dal 1603 al 1868, in una totale chiusura del paese verso il mondo occidentale, la società feudale era governata dalla classe guerriera, e la condizione
femminile nella rigida gerarchia sociale era praticamente irrilevante. Nel 1868, con la restaurazione Meiji, fu restituita la sovranità all’Imperatore e fu creato un sistema di governo centralizzato e, dopo vent’anni, il Giappone adottò una Costituzione scritta sul modello occidentale, in particolare su quello prussiano che meglio si confaceva alla realtà del paese. Con la nuova Costituzione si ribadiva il principio di sacralità e inviolabilità dell’Imperatore e, per volontà imperiale, si elargivano ai sudditi una serie di diritti: libertà di domicilio, diritto di essere giudicato secondo la legge, inviolabilità del domicilio, libertà di possesso, di fede religiosa, di parola, di associazione — anche se, nella maggior parte, l’applicazione di tali diritti civili era garantita “nei limiti riconosciuti dalla legge.” Nella Costituzione Meiji non vi era inoltre nessun riferimento specifico alla donna, la quale rimase confinata alla sua posizione subordinata. Fu solo durante l’occupazione americana, dopo il sistematico smantellamento materiale e ideologico del Giappone in seguito alla sconfitta della Guerra del Pacifico nel 1945, che si aprì effettivamente la strada verso la democratizzazione del paese. E si aprì anche la strada a quei cambiamenti che trasformarono l’universo femminile. Fra le riforme introdotte durante il periodo di occupazione militare, la nuova Costituzione, varata nel 1947, riconosceva esplicitamente l’uguaglianza dei sessi e sanciva che “tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge; non esiste alcuna discriminazione nei rapporti politici, economici o sociali fondata sulla razza, la fede, il sesso, la condizione sociale o l’origine familiare. […].” (art. 14, Costituzione Giapponese, 1947).
Parte del secondo capitolo affronta, in tale contesto storico, le origini della riforma costituzionale del 1947 che ha portato — grazie anche al prezioso contributo di figure come Beate Sirota — all’introduzione delle prime garanzie legali per la donna.
L’art. 24 della Costituzione, stabilendo che le leggi riguardanti il matrimonio e la famiglia dovessero essere emanate “nel rispetto della dignità individuale e nell’essenziale uguaglianza dei sessi,” portò all’inevitabile revisione dei Libri IV e V del Codice Civile inerenti, rispettivamente, alla famiglia e alla successione. Il cambiamento più importante riguardava l’abolizione almeno per legge—delI’istituto dello ie, il sistema della famiglia allargata, nel quale il capofamiglia, solitamente l’uomo più anziano, esercitava pieni poteri gestendo e “proteggendo” tutti i suoi membri. Di conseguenza mutò anche il ruolo della donna nella famiglia. Nel nuovo Codice Civile, in vigore ancora oggi, venne garantita alla donna, almeno sulla carta, la parità di diritti con l’uomo nella vita familiare. La moglie è libera di gestire i propri beni e di disporne secondo il proprio volere; marito e moglie decidono di comune accordo dove vivere; in caso di divorzio la donna non è più soggetta al libero arbitrio del marito (che la poteva allontanare senza alcun ostacolo legale); entrambi hanno diritto a ereditare un terzo dei beni alla morte di una delle parti; la patria potestà viene esercitata da entrambi i genitori.
Il nuovo Codice non ebbe effetti positivi immediati sullo status femminile. Gli ultimi tre capitoli analizzano infatti l’effettiva condizione femminile nella società contemporanea al di là della facciata ufficiale, mettendo a confronto i piani legislativo e sociale, delineando le tappe della trasformazione e le tendenze odierne; in particolare, considerano la figura della donna in famiglia e nella società, più precisamente nel mondo del lavoro; infine, alcune fondamentali disposizioni di legge che hanno permesso alla donna giapponese notevoli progressi, quali la legislazione sulla nazionalità, l’aborto e il divorzio.

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7 Scopo di questo lavoro è delineare, attraverso un approc- cio legale-costituzionale, la condizione femminile in Giap- pone, a partire dalla Costituzione del 1947, passando per il nuovo Codice Civile e la successiva legislazione sul diritto di famiglia, sulle pari opportunità lavorative e sulle garanzie legali che riguardano esplicitamente la donna. A più di cinquant’anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, oltre ai cambiamenti materiali, anche i valori, i costumi e i modi di vita si sono gradualmente modificati, in un lento ma inarrestabile processo che ha profonda- mente mutato le condizioni sociali e politiche del Giappo- ne. Dal punto di vista femminile, la storia del dopoguerra può essere interpretata nei termini di un passaggio da un pressoché totale assoggettamento all’uomo alla con- quista della propria indipendenza e dignità. Il primo capitolo analizza la condizione legale e il ruolo della donna precedenti la guerra del Pacifico. Durante il periodo Tokugawa, dal 1603 al 1868, in una totale chiu- sura del paese verso il mondo occidentale, la società feudale era governata dalla classe guerriera, e la condi- zione femminile nella rigida gerarchia sociale era prati- camente irrilevante. Nel 1868, con la restaurazione Meiji, fu restituita la sovranità all’Imperatore e fu creato un sistema di governo centralizzato e, dopo vent’anni, il Giappone adottò una Costituzione scritta sul modello occidentale, in particolare su quello prussiano che meglio si confaceva alla realtà del paese. Con la nuova Costituzione si ribadiva il principio di sacralità e inviola- bilità dell’Imperatore e, per volontà imperiale, si elargi- vano ai sudditi una serie di diritti: libertà di domicilio, diritto di essere giudicato secondo la legge, inviolabilità del domicilio, libertà di possesso, di fede religiosa, di parola, di associazione — anche se, nella maggior parte, l’applicazione di tali diritti civili era garantita “nei limiti riconosciuti dalla legge.” Nella Costituzione Meiji non vi era inoltre nessun riferimento specifico alla donna, la quale rimase confinata alla sua posizione subordinata. Fu solo durante l’occupazione americana, dopo il sistematico smantellamento materiale e ideologico del Giappone in seguito alla sconfitta della Guerra del Pacifi- co nel 1945, che si aprì effettivamente la strada verso la democratizzazione del paese. E si aprì anche la strada a quei cambiamenti che trasformarono l’universo fem- minile. Fra le riforme introdotte durante il periodo di Introduzione

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Informazioni tesi

  Autore: Livia Cattaneo
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1999-00
  Università: Università degli Studi Ca' Foscari di Venezia
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere Moderne
  Corso: Lingue e Civiltà Orientali
  Relatore: Franco Gatti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 102

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