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Naturalizzazione della coscienza e del sé in Daniel Dennett e nei coniugi Churchland

Alla crisi del paradigma funzionalista classico e della sua equazione mente/cervello = software/hardware, ha dato un contributo decisivo il recente svilupparsi dell'indagine neurologica in concomitanza alla scoperta di tecniche in grado di studiare l'attività cerebrale senza alterarla e in maniera non invasiva, gettando nuova luce sul funzionamento effettivo del cervello quando è impiegato nelle sue attività cognitive, in quanto tali ricerche dimostrano innanzitutto la centralità della struttura del cervello per rendere conto del suo funzionamento e, soprattutto, che tale struttura e indubbiamente parallela, in grado di svolgere un enorme numero di operazioni simultaneamente. Quest’ultimo punto rende insostenibile la metafora proposta dal funzionalismo classico poiché i computer a differenza dei cervelli operano in maniera seriale, eseguendo solamente un’operazione alla volta.
Ma chi spera di trovare delle risposte alla domanda su dove si trovi l'”io” non può che restare deluso: le ricerche neurologiche non rilevano nessun luogo dove l'informazione viene elaborata, non c'è nessun "io" unitario quanto piuttosto una "società della mente" (per usare un'espressione di Marvin Minsky) dove questo "io" non è altro che illusione cognitiva, prodotta dalle innumerevoli ma concertate attività cerebrali.
In questo quadro sembrerebbero emergere delle derive immorali e scandalose dalla concezione materialistica della mente. Schiacciato da un desolante determinismo il libero arbitrio sembra dissolversi e con esso qualsiasi possibilità di dare un fondamento alla morale.
Questa breve introduzione illustra le "litigiosae questiones" che gli autori trattati nelle pagine seguenti, Daniel Dennett e i coniugi Churchland, devono affrontare per poter realizzare una teoria della mente in grado di rendere conto sia della visione scientifica del mondo e sia delle ricadute sul piano pratico e morale di questa.
Esporrò le loro idee a riguardo, in che modo questi autori procedono nella naturalizzazione della coscienza e dell’Io e le loro critiche reciproche chiedendomi infine se effettivamente spiegano la coscienza umana e questioni annesse e connesse o se le loro tesi sono solamente "cambiali filosofiche" pagabili solo quando, e solo se, la neuroscienza avrà scoperto tutto quello che c'è da scoprire su questo fenomeno. Mi chiederò inoltre se, qualora ciò dovesse verificarsi, rappresenterebbe veramente una rivoluzione nella nostra auto-comprensione.

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4 Introduzione. Coscienza: l’ultimo mistero? Durante il susseguirsi dei secoli l'uomo, con il suo ingegno e la sua curiosità, è riuscito a scoprire molti dei misteri celati da Madre Natura. Con il lume della sua ragione ha dissolto i veli d'ignoranza e superstizione che coprivano le vere strutture del mondo e di sé stesso. In questo modo fenomeni apparentemente guidati da entità trascendenti l'umana comprensione si sono rilevati invece comprensibili e sottoposti, come ogni cosa in questo mondo, a leggi indagabili dalle scienze naturali. Calamità naturali, come uragani e terremoti, smisero di essere la concretizzazione dell'ira di deità terrifiche e processi biologici del corpo umano smisero di essere considerati intrinsecamente misteriosi o miracolosi, come la digestione o la riproduzione. Per uno strano paradosso l'unico campo dove sembrano non valere le leggi della fisica e che trascende la comprensione da parte del pensiero umano sembra essere il pensiero umano stesso. Il nostro senso comune, la psicologia ingenua con la quale ogni giorno descriviamo la nostra vita mentale, spieghiamo il nostro comportamento, interpretiamo quello altrui,si compone di entità quali credenze, timori, desideri, pensieri, ecc. distinti in modo manicheo dagli enti fisici del mondo esterno dove si possono trovare sedie, alberi, vulcani, ecc. I secondi sottostano alle leggi della fisica, ma non i primi: un pensiero non ha né massa né estensione, non può essere analizzato al microscopio né altrimenti. La caratteristica principale che distingue i termini fisici da quelli del mentale è l’intenzionalità, intesa non nel senso comune cioè come il caratterizzante dell’ “agire di proposito” ma in senso tecnico- filosofico ovvero la proprietà degli

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Informazioni tesi

  Autore: Anatole Zonta
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Trieste
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Marina Sbisà
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 114

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Parole chiave

psicologia
morale
filosofia
cervello
mente
identità
funzionalismo
neuroscienza
dennet
churchland

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