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L'internazionalizzazione del Made in Italy. Un'indagine sulla presenza italiana nel mercato brasiliano.

Come si internazionalizza l’economia italiana in un contesto di continue sfide poste dalla globalizzazione? Che cosa significa Made in Italy? Quali sono i mercati più interessanti per le PMI? Perché tra i paesi emergenti il Brasile può essere considerato il più attrattivo? Il percorso di ricerca si propone di rispondere a questa serie domande per comprendere quali siano le dinamiche di internazionalizzazione delle imprese italiane in risposta alla crisi economica dell’Euro-zona. L’interesse verso questa tematica parte da una presa di coscienza della forza del Made in Italy in Brasile, scaturita da un’esperienza durata più di un anno accademico presso l’Università Statale di Rio de Janeiro, sviluppata poi in Italia attraverso lo studio di numerosi documenti e manuali sul processo di internazionalizzazione e infine completata con interviste in loco alle figure professionali coinvolte. Il primo capitolo approfondisce il fenomeno della globalizzazione e la conseguente dilatazione nello spazio della Global Value Chain, che a sua volta ha portato il meritato riconoscimento delle eccellenze italiane all’estero. La nostra realtà del distretto industriale, con alti e bassi, ha così iniziato a concorrere alla corsa per l’abbattimento dei costi, ricercando di internazionalizzare: alcune fasi dell’approvvigionamento, la domanda finale in nuovi mercati di sbocco oppure la produzione con piattaforme produttive geo-strategiche. Nel secondo capitolo si segue il filo conduttore della domanda estera “emergente” come motore della crescita, studiando sotto forma di analisi SWOT tutte le opportunità prospettate in Brasile. Nel terzo capitolo conclusivo, attraverso l’ideazione di una matrice di sintesi, che considera il settore di appartenenza e la classe dimensionale delle imprese intervistate, si raccolgono le varie testimonianze di imprenditori e manager. L’indagine condotta ha infine portato alla luce che per affrontare questa fase recessiva dell’economia, caratterizzata dal calo dei consumi domestici e dall’austerità macroeconomica, è necessario un confronto con la domanda estera per proseguire verso la proiezione internazionale dell’industria manifatturiera, in altre parole il volano per la crescita futura dell’Italia. Il focus sul mercato brasiliano rende evidenti le possibilità da rincorrere dalle nostre imprese convertibili in ottime occasioni di business. I casi aziendali presenti in questo lavoro vogliono così dimostrare che la creatività imprenditoriale e l’unicità del prodotto italiano, combinate con un’adeguata competenza sul sistema paese, costituiscono i punti di forza per una strategia di internazionalizzazione di successo in Brasile.

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! '! INTRODUZIONE L’internazionalizzazione parte dalla scoperta delle opportunità oltre confine, dalla tenacia di veder espandere le proprie attività, ma anche dall’incessante bisogno di dare prospettive future alla vita aziendale. Le imprese che perseguono l’imperativo “dobbiamo crescere”, pronte al grande passo internazionale, hanno bisogno di perseguire, se non anticipare, le tendenze dei nuovi mercati globali. Tra i principali candidati di questa sfida ritroviamo anche il nostro paese, che purtroppo presenta una situazione critica, affetta dal ben noto insieme di problemi del debito pubblico, della stagnazione della domanda interna e della concentrazione della spesa pubblica. La produzione manifatturiera ha subito un preoccupante rallentamento, secondo i dati SACE i volumi sono scesi del 25% rispetto al 2008 1 e con difficoltà si riesce a mantenere la settima 2 posizione nel nuovo ordine mondiale, caratterizzato dal progressivo avanzo dei BRICs. Si cerca così di comprendere come cogliere le opportunità della globalizzazione piuttosto che subirne i duri contraccolpi, pertanto ricade nella responsabilità degli imprenditori italiani riattivare questo grande motore dell’economia del paese. In fondo, il nostro sistema dimostra ancora una buona capacità di tenuta internazionale, perché siamo in grado di soddisfare la crescente richiesta della domanda estera, in risposta al crollo del PIL e del consumo domestico. È dunque legittimo porsi il quesito: che cosa possiamo concretamente offrire? Made in Italy. La letteratura economica l’ha ampiamente studiato per approfondire le caratteristiche che lo rendono tanto unico al mondo, ne è nata una sintesi definita dalle quattro A: Automazione-meccanica, Arredo-casa, Abbigliamento-accessori e Agroalimentari. Senza dubbio si sottende a qualcosa di più della semplice classificazione settoriale. È un concept che va oltre il marchio d’origine e si propone come la storia del Belpaese, è il simbolo della creatività italiana radicata nel territorio, dove si sono sedimentate capacità e conoscenze dell’arte di saper fare. L’incontro tra ingegno e manualità ha messo insieme poliedriche competenze delineando la nostra cultura industriale. In questo modo sono nati i distretti, definiti tradizionalmente da Giacomo Beccatini e riproposti da Stefano Micelli e Giancarlo Corò nel libro I nuovi distretti produttivi (2006), come !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 1 Dati SACE nel Rapporto quando l’Export diventa necessario, 2013. 2 Dati del Centro di Studi di Confindustria nel documento Scenari Industriali del 2013, dove si ritrova la classifica del nuovo mondo industriale per quota percentuale sulla produzione manifatturiera mondiale. L’Italia è preceduta da: Cina, Stati Uniti, Giappone, Germania, Corea del Sud e India; l’argomento è stato approfondito nel secondo paragrafo il Made in Italy accetta la sfida della globalizzazione del primo capitolo.

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Informazioni tesi

  Autore: Silvia Agostini
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi Ca' Foscari di Venezia
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia Aziendale
  Relatore: Stefano Micelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 139

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