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Da un’esperienza francese la proposta di una nuova strategia diagnostica per la Trombocitopenia indotta da Eparina (HIT)

Durante la mia esperienza presso l'università della Bretagna Occidentale nel laboratorio di ematologia del Centro Ospedaliero Universitario (CHU) alla Cavale Blanche di Brest la mia attenzione si è concentrata sulle metodiche di screening e diagnosi che si utilizzano in laboratorio in caso di una sospetta trombocitopenia indotta da eparina (HIT).
Il mio scopo è cercare di comprendere se questa strategia diagnostica sia operativamente valida.
In particolare, data la complessità ed i costi che una diagnosi di HIT può richiedere, mi prefiggo di andare ad approfondire se tale percorso diagnostico sia, effettivamente, il più efficace ed efficiente che un laboratorio di analisi può seguire.
Voglio costruire, partendo dai pregi e dai difetti del protocollo francese, ed approfittando della letteratura scientifica più recente, un’ipotesi di algoritmo diagnostico per la HIT che sia di facile attivazione in una struttura laboratoristica.
Non è mia intenzione soffermarmi sulle problematiche specifiche nella diagnostica di questa sindrome esclusivamente dal punto di vista del medico di laboratorio.
Piuttosto è mia intenzione rivalutarle alla luce di possibili processi di spending review, per proporre eventuali e fattibili risparmi per la spesa sanitaria.
Oggi, sfortunatamente, molto d’attualità e sostanzialmente inevitabili.

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1 INTRODUZIONE La trombocitopenia indotta da eparina (HIT) è una sindrome tromboembolica dovuta alla somministrazione di eparina. E’ mediata da autoanticorpi che possono determinare: l'attivazione di molteplici tipi di cellule ematiche, principalmente piastrine ed una generazione inappropriata della trombina con il possibile sviluppo di complicanze tromboemboliche. [1] Descritta per la prima volta nel 1957 da Weismann a Tobin su una paziente di 62 anni in cui si era sviluppata una embolia dell’ arteria femorale mentre era in terapia con eparina per una trombosi agli arti inferiori. [2] Furono in seguito i Dr. Silver, Rhodes, e Dixon che nel 1973 svelarono il paradosso di una sindrome che aveva come caratteristiche principali: trombocitemia, trombosi ed una patogenesi autoimmune causata dall’eparina un farmaco anticoagulante, l’eparina, sia che fosse somministrata nella sua forma non frazionata (UFH) che a basso peso molecolare (LMWH) [3]. Studi successivi dimostreranno la produzione di autoanticorpi principalmente in seguito al contatto con una proteina, il Platelet Factor 4(PF4). [4][5] La pericolosità della sindrome è dovuta all’alta frequenza (circa 30-50% dei pazienti) di complicazioni trombotiche arteriose e/o venose ed all’ alto tasso di mortalità, che può essere stimato fra il 10% ed 30%. [6] [7] Esiste un altro tipo di trombocitemia da eparina ad eziologia non immunomediata (precedente chiamata HIT di tipo I) per distinguerla dalla forma a patogenesi autoimmune con generazione di autoanticorpi anti PF4/eparina (detta HIT di tipo II), ma oramai questa dicitura è desueta ed i clinici utilizzano il termine HIT esclusivamente per la forma immunomediata. [4] [8]

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Informazioni tesi

  Autore: Maurizio Tala
  Tipo: Tesi di Specializzazione/Perfezionamento
Specializzazione in Patologia Clinica
Anno: 2013
Docente/Relatore: Francesco Marongiu
Istituito da: Università degli Studi di Cagliari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 48

FAQ

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Parole chiave

trombosi
piastrine
eparina
hit
autoanticorpi
trombocitopenia
ufh
fondaparinux
lmwh
aggregometria

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