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Leandro Arpinati. Un gerarca fascista fra calcio e politica

Questo elaborato ha come oggetto di trattazione una figura atipica all’interno del Fascismo italiano: Leandro Arpinati, colui che fu padrone assoluto di Bologna per un decennio ed importantissimo collaboratore di Mussolini. Egli, nato nella provincia emiliana alla fine dell’Ottocento, in un territorio fertile di varie ideologie, è riuscito, grazie alla sua tenacia e spregiudicatezza, a costruirsi un ‘iter’ politico personale di tutto rispetto, conquistando la Romagna e poi l’Italia, nel periodo più turbolento della sua storia: in quegli anni emerse trionfale la figura di Benito Mussolini, sagace protagonista della politica italiana del primo ventennio del Novecento, diventato poi padrone assoluto del paese grazie alla sua più riuscita creazione, il Partito Nazionale Fascista (PNF), ed ai suoi ambiziosi collaboratori. Arpinati sostenne la causa del suo amico fin dagli inizi, quando si formarono le prime squadre di ‘arditi’ e squadristi a Milano e a Bologna; il suo contributo fu fondamentale per la vertiginosa ed irresistibile ascesa del Fascismo in Italia, con la seguente instaurazione del regime totalitario con a capo il Duce. Egli ha cambiato inavvertitamente la storia del nostro Paese. Perché allora la sua figura si ritrova nel dimenticatoio, mentre vengono conservate le memorie di altri gerarchi (vedi Dino Grandi, Italo Balbo, ecc.) che furono relegati in secondo piano dalla sua presenza imponente? Col tempo, i dubbi covati negli anni contro il percorso politico di Mussolini, uniti al suo codice etico personale, si scontrarono con un regime ormai burocratizzato e tentacolare: ogni tentativo di conservazione della propria idea ed identità fu inutile e, attaccato dai suoi vecchi nemici e dai nuovi ambiziosi colleghi, cadde in disgrazia negli anni Trenta perché reo di non aver mai chinato la testa di fronte agli ordini del Duce. Venne mandato al confino, segregato nella sua tenuta di Malacappa e perseguitato come oppositore del Fascismo, mentre ogni suo ricordo o gesto compiuto con la ‘camicia nera’ venne cancellato dagli annali; ironia della sorte volle che i suoi funerali si celebrassero il giorno stesso della fucilazione di Mussolini e di Starace, suo più acerrimo rivale.
Questa è la motivazione principale per la quale questo elaborato è stato creato: esporre le vicende e le controversie di un gerarca bolognese ingiustamente cancellato dalla storia o trattato in maniera sommaria.

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3 Introduzione Questo elaborato ha come oggetto di trattazione una figura atipica all’interno del Fascismo italiano: Leandro Arpinati, colui che fu padrone assoluto di Bologna per un decennio ed importantissimo collaboratore di Mussolini. Egli, nato nella provincia emiliana alla fine dell’Ottocento, in un territorio fertile di varie ideologie, è riuscito, grazie alla sua tenacia e spregiudicatezza, a costruirsi un ‘iter’ politico personale di tutto rispetto, conquistando la Romagna e poi l’Italia, nel periodo più turbolento della sua storia: in quegli anni emerse trionfale la figura di Benito Mussolini, sagace protagonista della politica italiana del primo ventennio del Novecento, diventato poi padrone assoluto del paese grazie alla sua più riuscita creazione, il Partito Nazionale Fascista (PNF), ed ai suoi ambiziosi collaboratori. Arpinati sostenne la causa del suo amico fin dagli inizi, quando si formarono le prime squadre di ‘arditi’ e squadristi a Milano e a Bologna; il suo contributo fu fondamentale per la vertiginosa ed irresistibile ascesa del Fascismo in Italia, con la seguente instaurazione del regime totalitario con a capo il Duce. Egli ha cambiato inavvertitamente la storia del nostro Paese. Perché allora la sua figura si ritrova nel dimenticatoio, mentre vengono conservate le memorie di altri gerarchi (vedi Dino Grandi, Italo Balbo, ecc.) che furono relegati in secondo piano dalla sua presenza imponente? Col tempo, i dubbi covati negli anni contro il percorso politico di Mussolini, uniti al suo codice etico personale, si scontrarono con un regime ormai burocratizzato e tentacolare: ogni tentativo di conservazione della propria idea ed identità fu inutile e, attaccato dai suoi vecchi nemici e dai nuovi ambiziosi colleghi, cadde in disgrazia negli anni Trenta perché reo di non aver mai chinato la testa di fronte agli ordini del Duce. Venne mandato al confino, segregato nella sua tenuta di Malacappa e perseguitato come oppositore del Fascismo, mentre ogni suo ricordo o gesto compiuto con la ‘camicia nera’ venne cancellato dagli annali; ironia della sorte volle che i suoi funerali si celebrassero il giorno stesso della fucilazione di Mussolini e di Starace, suo più acerrimo rivale. Questa è la motivazione principale per la quale questo elaborato è stato creato: esporre le vicende e le controversie di un gerarca bolognese ingiustamente cancellato dalla storia o trattato in maniera sommaria. L’unico metodo per poterle ricostruire integralmente è ricercare nei luoghi da lui frequentati qualche segno ancora oggi tangibile della sua presenza: ecco quindi spiegata la presenza di un intero capitolo dedicato al calcio, sport che proprio in quegli anni di regime diventò il primo passatempo della popolazione, assuefatta gradualmente (ma mai totalmente) all’ideologia del Fascismo che veniva esaltata e propagandizzata proprio grazie alla promozione di questo tipo di attività. L’espediente dello ‘spettacolo di massa’

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Informazioni tesi

  Autore: Filippo Ricciarelli
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Fulvio Conti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 66

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