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Valutazione d’impatto della riduzione di EPL sulla composizione della forza lavoro: evidenza dall’Italia

Nel marzo del 2015 l’esecutivo di centrosinistra ha promulgato un’importate riforma del mercato del lavoro finalizzata e ridurre le rigidità nell’uso dei contratti a tempo indeterminato. Utilizzando tecniche di valutazione controfattuale e sfruttando microdati a livello di impresa provenienti dal Piemonte dal 2013 al 2018, ho provato a valutare l’impatto della riforma sui livelli occupazionali e sulla composizione della forza lavoro stabile in termini d’età e di qualifica di studio. I risultati sono i seguenti: (1) Come predetto sia dalla letteratura empirica che da quella teorica in caso di riduzioni dell’EPL si osserva un aumento dei flussi lordi. Sui flussi netti l’effetto riscontrato è invece incerto (2) Non sembra esserci stato un ricambio della forza lavoro in termini più produttivi. Non c’è dunque evidenza che dimostri che le imprese abbiano sfruttato lo shock introdotto per migliore in termini qualitativi il mix della propria forza lavoro. Le analisi tuttavia soffrono di un problema d’identificazione persistente con l’uso di un modello di valutazione differenze nelle differenze. Il passo successivo dovrà dunque essere quello di risolvere questo problema attraverso l’uso di ulteriori tecniche di valutazione controfattuale per stimare con maggiore robustezza l’impatto della riforma sui flussi e sulla produttività a livello di impresa.

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4 1. Introduzione L’impatto della legislazione a protezione dei lavoratori sull’economia di un paese è un argomento che è stato ampiamente dibattuto – e continua ad esserlo – tra gli economisti. In particolare, in Italia, il tema assume una rilevanza non solo accademica ma anche nel dibattito dell’opinione pubblica. Le motivazioni sono molteplici ed evidenti. L’Italia è uno tra i paesi europei ed OECD il cui mercato del lavoro è maggiormente precario: il tasso di occupazione complessivo è tra i più bassi, quello giovanile a livelli minimi tra quelli europei, il delta salariale tra laureati e non è sostanzialmente inesistente, la partecipazione al mercato del lavoro delle donne è troppo bassa, il capitale umano a livello di impresa non cresce, la disoccupazione è seppur in diminuzione negli ultimi anni molto alta, gli inattivi non sono da meno etc... Si potrebbe andare avanti molto. Questi problemi – di cui solo alcuni sono stati appena citati – non sono di recenti scoperta e nascita, ma sono problema strutturali che caratterizzano il mercato del lavoro italiano da diversi decenni. Proprio per tali motivi diversi governi – su impulso dei noti organismi internazionali e delle associazioni datoriali – negli ultimi 30 anni hanno promulgato diverse riforme che con strumenti e metodi diversi avevano un comune obbiettivo: ridurre la rigidità del mercato del lavoro italiano al fine di renderlo maggiormente dinamico e uniformarlo a quello di altri paesi europei, assumendo appunto che tali rigidità fossero la causa – o perlomeno una delle – dei problemi elencati precedentemente. Le ultime due riforme che hanno colpito il mercato del lavoro italiano sono state la riforma Fornero del 2012 - promossa dal governo tecnico presieduto da Mario Monti - e il pacchetto di norme introdotte e largamente preannunciate dal governo Renzi nel 2015 detto Jobs Act. L’obbiettivo comune di tali riforme si può sintetizzare nel seguente: aumentare l’occupazione e l’adozione/conversione di contratti a tempo indeterminato attraverso una diminuzione e una semplificazione dell’insieme delle norme che compongono la normativa a tutela dei lavoratori dipendenti. Altre riforme sono state implementate precedentemente, così come diversi provvedimenti ad hoc riguardanti il mercato del lavoro del lavoro sono invece stati approvati successivamente. Tuttavia, in questo contributo mi concentrerò esclusivamente sulla valutazione d’impatto dell’ultima riforma approvata, il Jobs Act. La valutazione dell’efficacia della suddetta riforma sotto diversi aspetti è stata già ampiamente condotta in diverse pubblicazioni accademiche, dunque non è certo obbiettivo della mia tesi riprodurla. L’obbiettivo è invece quello di provare a mettere in luce un aspetto che è – perlomeno stando alla letteratura economica a me nota – è stato meno affrontato, cioè l’effetto che tale

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Informazioni tesi

  Autore: Filippo Passerini
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Scienze Statistiche
  Corso: Scienze Statistiche ed Economiche
  Relatore: Fabio Berton
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 47

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Parole chiave

economia
economia del lavoro
forza lavoro
frizioni
epl
jobs act
governo renzi
riduzione epl
protezione dei lavoratori
flussi di lavorati

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