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L'autonomia regionale a vent'anni dalla riforma del Titolo V Cost.: aspetti positivi, aspetti critici e la strada verso l'Italia federale

L'autonomia ed il federalismo rappresentano un tema che mi ha sempre appassionato, fin da giovanissimo.
L'aver affrontato l'argomento in maniera più approfondita durante gli studi universitari non può che aver accresciuto ancor di più il mio interesse e la mia passione a riguardo, tanto da sceglierlo con molto anticipo come argomento della mia tesi di laurea.
Una tesi che verte sul federalismo italiano non può non comprendere la riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione.
Quest'anno, proprio in questo mese di Ottobre, ricorrono esattamente vent'anni dalla riforma che ha rappresentato un'importante svolta in chiave di autonomia, un tempo più che sufficiente per fare un bilancio.
Partendo dall'enunciazione delle modifiche che sono state fatte, nel primo capitolo, intendo discutere a riguardo degli aspetti positivi che ha comportato la riforma e di quelli dell'autonomia regionale in sé, dedicando un punto al sistema sanitario regionale e portando ad esempio alcuni modelli virtuosi.
Nel secondo capitolo, invece, intendo discutere a riguardo delle criticità che ha comportato tale riforma, ricordando i non ancora risolti divari territoriali, il contenzioso avuto tra le Regioni e lo Stato dinanzi alla Corte Costituzionale circa l'art.117 Cost. e le reazioni neocentraliste, anche e soprattutto di quest'ultima istituzione.
Le ampie disparità tra diverse zone del Paese non sono soltanto in ambito socio-economico ed infrastrutturale, ma sono molto evidenti anche in ambito di sanità, ovvero di tutela del diritto alla salute. A riguardo di ciò ricordo i commissariamenti ed i piani di rientro cui molti sistemi sanitari regionali hanno dovuto sottostare.
Successivamente, un punto non può non essere dedicato al Covid-19 ed agli effetti che ha avuto nell'acuire le difficoltà già presenti, ma mettendo anche in evidenza la tenuta complessiva del nostro sistema sanitario.
La pandemia ha poi ristimolato il dibattito ed il confronto, spesso anche accesso, tra i fautori dell'autonomia ed i neocentralisti, ovvero coloro i quali vorrebbero riportare il Paese indietro di quarant'anni, riaccentrando le competenze regionali in capo allo Stato soprattutto in materia di sanità.
Passati i mesi più duri dell'emergenza pandemica e l'emotività causata dal dramma in corso, mettendo da parte la critica distruttiva dell'autonomia e del Titolo V dettata dalle convinzioni che si avevano già in precedenza e dall'isteria del momento, siamo finalmente in grado di ragionare “a freddo” e di riprendere il dibattito attraverso un'analisi moderata ed equilibrata del tema.
E' stato proprio quest'ultimo fatto che mi ha convinto in maniera definitiva ad affrontare l'argomento.
Nel terzo ed ultimo capitolo affronto il percorso successivo alla riforma del 2001, soffermandomi sulla proposta di riforma costituzionale in chiave federalista del 2006, anche detta “devolution”; sulla legge n°42/2009 di attuazione del federalismo fiscale ex art.119 Cost e sulla proposta di revisione, stavolta in chiave più centralista, del 2016, detta anche “Riforma Renzi-Boschi”.
In seguito ho scelto di destinare un punto specifico all'autonomia differenziata richiesta dalle regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, derivante dall'attivazione del terzo comma dell'art.116 Cost. e di parlare del percorso di attuazione iniziato nel 2017 ed arrestatosi all'inizio del 2020 con il prorompere del Covid-19, riguardo alle intese ed alla “Bozza Boccia”
In conclusione, intendo formulare delle proposte, derivanti dal mondo accademico e tecnico, atte a trasformare l'Italia in una repubblica federale, sottolineando l'esigenza e l'opportunità che può offrire una vera e definitiva riforma costituzionale in tal senso.

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formulate, ma non accolte dalla Commissione Parlamentare competente riunita in sede referente 67 . Dopo aver enunciato i principali aspetti positivi del nuovo Titolo V , possiamo affermare che le Regioni hanno ricevuto grandi responsabilità di governo del territorio ed ampie potestà legislative. Come ritiene il prof. Mazzola, nel corso degli anni, alcune Regioni hanno dimostrato di poter contribuire alla tenuta ed alla coesione dell'ordinamento della Repubblica. Ad esempio, “in presenza della crisi economica, hanno dimostrato, soprattutto le ordinarie, di saper selezionare le riduzioni di spesa ed al contempo di adottare misure di sostegno al reddito o alla produzione in rapporto alle diverse esigenze territoriali” 68 . Hanno saputo realizzare “ancor meglio dello Stato”, “una legislazione sulla riduzione delle spese generali di organizzazione e sulla trasparenza” 69 . Le politiche che hanno perseguito per contenere i costi hanno comunque permesso loro di realizzare “politiche sociali avanzate e di sostegno allo sviluppo, investendo i maggiori fondi per le attività produttive e le infrastrutture”. Molti enti regionali hanno dunque reagito molto bene alle conseguenze della crisi e successivamente, come vedremo, anche alla crisi causata dall'emergenza sanitaria. 1.3 Il sistema sanitario regionale Il moderno sistema sanitario italiano ha origine dall'istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, avvenuta con la legge 833/1978. Con tale provvedimento è stato soppresso il vecchio sistema mutualistico 70 ed è nata una nuova concezione della sanità: la salute è considerata da quel momento un bene pubblico essenziale ed universalmente fruibile, in piena attuazione dell'art.32 Cost. 71 Il governo centrale ha il compito di reperire annualmente le risorse per finanziarlo attraverso il Fondo Sanitario Nazionale (FSN) ed alle Regioni è affidato il ruolo fondamentale in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera 72 . La seconda riforma da menzionare è rappresentata dalla legge delega 421/1992, con la quale viene disposta l'aziendalizzazione del sistema sanitario 73 e la trasformazione delle Unità Sanitarie Locali (USL) in Aziende Sanitarie Locali (ASL), in concorrenza fra loro. Per i suoi autori, l'aziendalizzazione e la regionalizzazione del servizio sanitario, era mirata, in primo luogo, ad introdurre una forma di competizione fondata sulla libera scelta del paziente fra una pluralità di soggetti erogatori pubblici e privati e, in secondo luogo, a responsabilizzare le Regioni soprattutto sul versante della spesa. 67 Vedi “La riforma del Titolo V della Costituzione: la ripartizione delle competenze” - Rapporto Annuale 2003 sull’attuazione del federalismo – Zanichelli.it 68 Ibidem n°28 69 Ibidem n°28 70 Il sistema mutualistico era basato sugli enti mutualistici, ognuno competente per una diversa categoria di lavororatori obbligatoriamente iscritti allo stesso. I lavoratori fruivano così dell'assicurazione sanitaria per le cure mediche finanziata con i contributi versati da loro stessi e dai loro datori di lavoro (Wikipedia.org) C'era quindi un'evidente disparità di trattamento tra occupati e disoccupati. 71 Art.32 Cost., primo comma: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti“ 72 La materia dell'”assistenza sanitaria ed ospedaliera” è stata assegnata alla competenza della Regione con la legge 386/1974 73 Entrano nel settore sanitario logiche proprie delle aziende private, quali l'attenzione al costo e al risultato ed alla qualità del servizio erogato (Wikipedia.org) 16

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Bonfa'
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze internazionali e diplomatiche
  Relatore: Lorenzo Cuocolo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 58

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