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Previdenza complementare e trattamento di fine rapporto

Scopo del presente lavoro è stato quello di mettere in luce i legami tra il T.F.R. e la previdenza complementare, il cosiddetto “secondo pilastro”. Alla vigilia delle modifiche che il Parlamento ha apportando alla materia (Decreto Legislativo 5 dicembre 2005, n. 252), si è voluto approfondire le ipotesi di conferimento “obbligatorio” del trattamento di fine rapporto maturando alle forme di previdenza complementari. Si è posto in evidenza che si debbono porre in essere strumenti tali da fornire maggiori garanzie sulla solvibilità dei fondi pensione. Si dovrà quindi vigilare in particolar modo sulle garanzie a tutela del risparmio a fini previdenziali. Le proposte che puntano a creare un fondo di garanzia simile a quello previsto dalla L. 297/82 per il T.F.R. dovranno essere prese in considerazione pur rimanendo consci dei costi che tali garanzie potrebbero avere sulle future rendite previdenziali. La realtà italiana è caratterizzata da un costo del lavoro notevolmente influenzato dai contributi per la previdenza obbligatoria elevati. L’entità dei contributi senz’altro deriva da scelte del passato poco lungimiranti nella politica previdenziale. Si è visto che con il D.Lgs. n. 124/93 non si è voluto intervenire da subito con misure che comportassero l’adesione obbligatoria alla previdenza del secondo pilastro. L’art. 3, del decreto citato, sembra far discendere la previdenza complementare dall’art. 38, comma quinto, della Costituzione. La Corte Costituzionale ha successivamente ridimensionato tale legame ritenendo individuabili i presupposti costituzionali del secondo pilastro del sistema previdenziale nel secondo comma dell’art. 38 della Costituzione. E’ inoltre da chiedersi se vi siano altre strade percorribili per sostenere il sistema previdenziale italiano. Secondo l’opinione di molti, il sistema previdenziale attuale si sostiene e si sosterrebbe nel futuro se avvenisse, come avviene in altri Paesi, una netta separazione tra la gestione previdenziale e la gestione assistenziale. Mentre l’erogazione delle prestazioni pensionistiche deve essere correttamente finanziata con i contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro, l’erogazione di prestazioni assistenziali dovrebbe essere alimentata dalla fiscalità generale e quindi essere ripartita su tutti i contribuenti. Ritengo che un conferimento obbligatorio del T.F.R. o comunque un sistema di adesione ai fondi basato sul silenzio-assenso possano trovare la loro legittimazione nel principio di “funzionalizzazione” della previdenza complementare al sistema pensionistico obbligatorio. Ancora nell’art. 38 della Costituzione, secondo comma, si può ricavare l’ulteriore principio dell’”adeguatezza” delle prestazioni. Concludo con una considerazione personale. In questi mesi di preparazione del presente lavoro mi sono trovato spesso a spiegare a conoscenti e amici l’oggetto della mia tesi. E’ stato desolante notare che l’informazione circa la previdenza complementare è di fatto nulla. Si guarda al secondo pilastro del sistema pensionistico con enorme diffidenza. Un problema da non sottovalutare è che la mancanza di informazione ai lavoratori rischi di non far comprendere appieno le potenzialità della previdenza complementare. Spesso ho notato che si individuavano erroneamente le forme di previdenza complementare negli istituti tipici del terzo pilastro. Tale disinformazione era ancor, se possibile, più accentuata tra i lavoratori di piccole e medie imprese. Queste osservazioni trovano riscontro anche in un sondaggio effettuato dall’Istituto degli Studi sulla Pubblica Opinione (I.S.P.O.) per conto della M.E.F.O.P. – Sviluppo del mercato dei fondi pensione . Una prima considerazione che è emersa dal sondaggio è la richiesta di informazione che viene reclamata da parte degli intervistati. Gli intervistati tra i 18 e i 29 anni rappresentano la fascia con la peggiore informazione in materia. Fintanto che ai lavoratori non verranno fornite informazioni adeguate e non verrà affrontato il problema di accettabilità sociale della previdenza complementare si rischierà quindi di rendere vani tutti i vari provvedimenti di incentivazione.

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1 Capitolo I LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE 1.1 Il sistema previdenziale L’espressione tipica ed il nucleo originario dello Stato sociale è la previdenza sociale. Essa risponde all’esigenza di realizzare una tutela per i lavoratori subordinati (e, via via, per tutti i fruitori di reddito di lavoro) che si vengano a trovare in condizioni di bisogno per eventi che ne menomino la capacità lavorativa e/o di produzione di reddito. 1 Le prime manifestazioni di assistenza e previdenza sociale si ebbero in Francia e in Inghilterra. Nella società francese, con la Costituzione del 1793, si affrontò il problema assistenziale dei lavoratori, mentre nel Regno Unito della prima metà del XIX secolo con la Rivoluzione Industriale, si venne creando quel rapporto sociale che diede origine al problema assistenziale - previdenziale. Alla fine del ‘700 in Gran Bretagna si sviluppò una politica che prevedeva l’erogazione di sussidi alle famiglie nonché interventi di assistenza pubblica: i sussidi integravano il salario in misura proporzionale al numero di bocche da sfamare. 2 Il forte processo di industrializzazione, che caratterizzò l’Inghilterra di quegli anni, stimolò la nascita di associazioni sia tra lavoratori che tra datori di lavoro: le Trade Unions (la 1 Pessi R., Lezioni di diritto della previdenza sociale, Padova, 2000, pag. 4

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Informazioni tesi

  Autore: Samuele Fumagalli
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2002-03
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Luciano Spagnuolo Vigorita
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 161

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