Fotografia: arte o informazione?
                                                                      
                                    Non vi è individuo a questo mondo che non abbia mai scattato una  fotografia, sia inconsapevolmente che con coscienza: ma quale è l’intimo  significato di tale gesto, spesso automatico e irragionato?  Fotografare è fissare un attimo,  rendere imperituro un momento,  immortalare un istante che altrimenti svanirebbe; è un ricordo emotivo. 
L’uomo ha da sempre tentato di  fermare il  tempo, combattere la  deperibilità dei  ricordi  e rendere eterne le immagini  della propria  quotidianità: la fotografia è sicuramente un tentativo riuscito. 
Chi si trova ad osservare una fotografia deve innanzitutto interpretare: non  conosce quanto accaduto prima e né quanto accadrà in seguito e nessuno  gli spiega ciò che accade di fronte ai suoi occhi. 
Sono attimi rubati al tempo e all’oblio, dove la fantasia si scontra con la  realtà. 
Perché ho voluto parlare di fotografia? Perché mi piace, mi affascina e  trovo che, sebbene grazie al digitale tutti siano diventati potenziali fotografi e reporter, molti continuino a discriminarla e a non comprenderla. Penso  che fotografare sia un modo particolare di rivolgersi al mondo, osservarlo  con occhi diversi, studiarlo con uno sguardo particolare, quasi come se  l’obiettivo della macchina fotografica fosse il nostro terzo occhio attraverso  cui svelare l’aurea del mondo e guardare la realtà al di là delle apparenze  che spesso ci ingannano. 
Non è semplicemente un particolare modo di vedere, ma anche di vivere:  è una caccia continua, un osservare ciò che ci circonda con occhi diversi,  più profondi,  che vanno oltre l’apparenza,  oltre la frenesia,  oltre  l’inarrestabile. Fotografare significa essere costantemente pronti a cogliere 
l’inafferrabile. Ed è così che ci si ritrova a osservare e non semplicemente  a vedere un particolare, immaginandolo su carta, avendo già un’idea di  come sarà il risultato. 
Bisogna, prima di tutto, imparare a vedere, perché saperlo fare permette  di ottenere fotografie migliori che, a loro volta, devono essere viste a tutto  tondo e non come strette feritoie sul mondo. 
Sebbene spesso sottovalutato e violato, tutto questo non è un gioco, non  è un’azione casuale e involontaria. Tutto ruota intorno al soggetto: bisogna  saper cogliere l’attimo giusto, l’istante irripetibile da immortalare per  sempre; bisogna essere in grado di catturare l’emozione, lo sguardo, il 
gesto. Ci si deve guardare intorno, cercando, domandando, alimentati 
dalle più piccole curiosità. Scegliere di fotografare significa applicare un  particolare metodo di indagine sul mondo.  Fotografare è un po’ un bisogno come lo scrivere: costante desiderio di 
immortalare, fermare, documentare. 
Mi è sempre piaciuto sfogliare gli album di fotografie: fermarmi a guardarle  una per una, riflettere, immaginare, ricordare. Ogni immagine è un breve  spaccato di vita in cui tutto si concentra, si riassume o svanisce senza  lasciare più traccia. L’obiettivo è l’unico occhio in grado di catturare –  rubare – l’anima di un individuo: in un primo piano colto di sorpresa, senza  posa, è possibile cogliere l’emozione più reale e spontanea di una persona, quanto di più nascosto e riservato ci possa essere. Non vi è altra  macchina al mondo in grado di fissare l’attimo di smarrimento di uno  sguardo tra i pensieri: con la fotografia, la tecnologia batte l’Uomo,  imprigionando in un istante la sua stessa essenza. 
Quello che segue è un lavoro che ho cercato di portare avanti con il cuore,  credendo vivamente in ogni mia singola parola. Sono pienamente convinta  della forza e della potenza delle immagini, della loro immane forza  espressiva: se per Ettore Mo “non ci sono belle o brutte fotografie, ma  quelle scattate da vicino e quelle scattate da lontano”, per me non vi è foto  che possa essere incestinata perché sfocata o poco chiara. Tutte, anche  quelle tecnicamente non perfette, sono custodi di qualcosa, anche solo di  un fulmineo istante della nostra esistenza che con un click diventa eterno. 
Vorrei che fosse quasi un viaggio onirico attraverso una fotografia vissuta  come sublime espressione dell’animo umano, come testimonianza, come  degna compagna della parola: tracciare un continuum tra un’arte, vissuta  come armonia di forme, e un’informazione che, con una forma celata nel  suo stesso nome, è arte di un’armonia di parole. 
 Ma il mio è solo un modesto tentativo. 
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Informazioni tesi
| Autore: | Maria Laura Pala | 
| Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) | 
| Anno: | 2006-07 | 
| Università: | Libera Univ. degli Studi Maria SS.Assunta-(LUMSA) di Roma | 
| Facoltà: | Lettere e Filosofia | 
| Corso: | Scienze della comunicazione | 
| Lingua: | Italiano | 
| Num. pagine: | 68 | 
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