Il Fashion nel mondo arabo. Studio dei casi di Dolce & Gabbana e Burberry.

INTRODUZIONE “Mio padre mi ha visto con i jeans che avevo appena comprato da una bancarella al mercato del venerdì, e mi ha detto che erano troppo stretti. Ma io che ci posso fare? Questi vendono, questi ci sono, non ho alternative, cosa faccio, giro nuda?”, parlava così una ragazza in un salone di una parrucchiera nel profondo sud della Tunisia mentre io, all’epoca tredicenne, aspettavo che la parrucchiera mi mettesse l’olio sui capelli. Aveva ragione quella ragazza a lamentarsi della poca scelta che il mercato offriva alle ragazze osservanti le norme di abbigliamento islamiche, ma correva l’anno 2007, e quella ragazza non sapeva, e forse non avrebbe mai neanche immaginato che, solo una decina di anni più tardi, non avrebbe più avuto quel problema. Soprattutto non era consapevole del fatto che non solo non avrebbe più avuto problemi a reperire abiti che non fossero troppo stretti e quindi colpevoli di segnare troppo le linee sinuose del corpo, ma che addirittura gli abiti che avrebbe trovato erano abiti di tendenza che occupano le più famose testate di moda e apparivano sulle passerelle più famoso del mondo, l’intero mondo, non solo la parte orientale; d’altronde è anche questa la globalizzazione, no? Infatti, come nota Reina Lewis, The biggest change since the 1990s in practices of covered dressing is that today women are most often achieving hijab through an overt engagement with consumer culture and the fashion industry (Lewis, 2015, p. 62 ). 4