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1-INTRODUZIONE 
Nell’intero panorama normativo europeo, l’introduzione del Regolamento 1333/2008, recante 
l’autorizzazione per gli additivi, gli enzimi e gli aromi, ha rappresentato un punto di svolta per 
l’industria alimentare. La normativa considera additivo qualsiasi sostanza abitualmente non 
consumata come alimento in sé e non utilizzata come ingrediente caratteristico di alimenti, 
con o senza valore nutritivo, la cui aggiunta intenzionale ad alimenti per uno scopo 
tecnologico nella fabbricazione, nella trasformazione, nella preparazione, nel trattamento, 
nell’imballaggio, nel trasporto o nel magazzinaggio degli stessi, abbia o possa 
presumibilmente avere per effetto che la sostanza o i suoi sottoprodotti diventino, 
direttamente o indirettamente, componenti di tali alimenti. Al fine di tutelare i consumatori, 
l’Unione Europea, ha emesso una lista dei soli additivi consentiti e approvati per essere usati 
negli alimenti. Ovviamente l’approvazione dei vari additivi è conseguenza di studi riguardo la 
sua sicurezza d’uso. 
Il lavoro del mio tirocinio si è mosso sul presupposto di analisi di alcuni degli additivi 
utilizzati nell’industria alimentare. In particolare, se ne sono individuati tre: i nitriti, oggetto di 
studio della mia tesi, l’aspartame e la capsaicina. Successivamente si è passati alla ricerca 
bibliografica allo scopo di evidenziarne le loro caratteristiche chimiche, la disponibilità, la 
storia, la legislazione, la loro importanza nell’industria alimentare e la percezione dei 
consumatori riguardo il loro utilizzo.  
In questo lavoro verranno discussi i nitriti sia dal punto di vista chimico illustrando le reazioni 
e le tipologie di nitrito presenti in natura, sia dal punto di vista biochimico nell’esposizione 
del loro ruolo nel ciclo dell’azoto. I nitriti, infatti, sono coinvolti nelle fasi di nitrificazione e 
denitrificazione. In seguito, verrà analizzata la storia dei nitriti, molto intrecciata a quella del 
sale come conservante alimentare, e la sua successiva legislazione a livello europeo grazie al 
Regolamento 1333/2008. Successivamente, si parlerà della tossicità dei nitriti e la conversione 
di questi ultimi in nitrosamine, sostanze cancerogene per l’uomo e contrastabili unicamente 
con sostanze antiossidanti (es. vitamina C e tocoferolo). In questo lavoro si parlerà in 
particolare dei nitriti in quanto i nitrati di per sé non risultano tossici, sebbene questi ultimi, 
possano essere convertiti in nitriti dalla flora intestinale. Infine, verrà trattata l’importanza dei 
nitriti nell’industria alimentare dei salumi, grazie al suo ruolo nella fissazione del colore e nel 
contrastare il C. botulinum, e l’indagine effettuata sui consumatori per ottenere informazioni 
sul consumo di salumi e sulla conoscenza e percezione nei confronti dei nitriti.  
Complessivamente, il lavoro ha permesso di ampliare le conoscenze chimiche e informative 
del conservante più importante nel mondo dell’industria alimentare dei salumi, oltre che 
pratiche e di contesto nei consumatori. Grazie a esse è stato possibile avvicinarsi al pensiero 
popolare dei consumatori e analizzare nuove prospettive di mercato raggiungibili attraverso 
l’insegnamento e la maggior consapevolezza dei consumatori nei confronti di queste sostanze.  
Il presente lavoro si inserisce nel progetto più ampio di tirocinio, in cui, sono state analizzate 
anche altre due sostanze: l’aspartame, nonché uno dei dolcificanti più discussi e controversi 
degli ultimi decenni (consultabile in Allegato 1), e la capsaicina, nonché la sostanza chimica 
alla base della sensazione di piccantezza comune a tutti i peperoncini (consultabile in Allegato 
2). I lavori prodotti saranno utili per migliorare le conoscenze chimiche e tossicologiche delle 
sostanze e permetteranno di approcciarsi al mercato del settore alimentare in senso più critico, 
allontanandosi dalle speculazioni e credenze popolari nella paura e sfiducia della chimica.
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2-CHIMICA DEI NITRITI 
Dal punto di vista chimico, i nitriti sono degli ioni, ovvero degli atomi o gruppi di atomi con 
carica netta. Per essere più precisi vengono classificati come ossoanioni formati da un atomo 
di azoto e due di ossigeno, con un peso molecolare pari a 46,005 g/mol. La sua formula 
chimica è NO 2-.  
 
 
 
 
Dunque, il nitrito si definisce anione per via della sua carica netta negativa, equamente 
distribuita sui due atomi di ossigeno. Inoltre, sia l’atomo di azoto sia gli atomi di ossigeno 
trasportano una coppia solitaria di elettroni. Di conseguenza, lo ione nitrito è una base di 
Lewis, ovvero una sostanza capace di donare un doppietto elettronico libero da legami a 
un’altra sostanza chiamata accettore.  
 
 
 
 
 
La geometria molecolare dello ione nitrito è di tipo simmetrico angolare o piegato, in quanto i 
legami N-O sono di egual lunghezza di circa 124 pm (compresa della misura della lunghezza 
del legame singolo con valore 136 pm e quello del doppio legame con valore 115) con un 
angolo di legame di circa 115°. Inoltre, sull’atomo di azoto è presente una coppia di elettroni 
non legante e l’atomo stesso lega due gruppi nelle altre due posizioni, mentre la geometria 
delle coppie di elettroni è triangolare.  
 
 
 
 
Secondo la teoria del legame di valenza, i nitriti sono degli ibridi di risonanza in cui l’atomo 
di azoto presenta ibridazione sp
2
, da cui ne derivano due forme che sono immagini speculari 
l’una dell’altra. Questo perché non c'è nessun motivo particolare per cui il doppio legame 
N=O sia con l'ossigeno di sinistra invece che con quello di destra. Pertanto, in natura la 
molecola si potrà presentare in entrambe le due formule di risonanza in egual probabilità, 
chiamate formule limite o canoniche. 
Fig. 1: struttura dello ione nitrito 
Fig. 2: struttura tridimensionale 
Fig. 3: ibrido di risonanza
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Infine, secondo la teoria degli orbitali molecolari, viene evidenziata la presenza di un legame 
sigma tra ogni atomo di ossigeno e l’atomo di azoto e un legame pi delocalizzato formato 
dagli orbitali p sugli atomi di azoto e ossigeno che è perpendicolare al piano della molecola.  
2.1-Reazioni (Greenwood, 1997) 
Lo ione nitrito, come già accennato, è una base coniugata debole e proviene dal suo 
corrispondente acido debole, ovvero l’acido nitroso. In ambiente acido, dunque, lo ione nitrito 
si trasforma in acido nitroso. Quest’ultimo è un acido con Pk 3,3 a temperatura ambiente di 
18°C, con forza intermedia tra l’acido acetico (4,75) e cloroacetico (2,85) a 25°C, nonché 
simile all’acido formico (3,75) e sulfanilico (3,23). 
 
 
 
L’acido nitroso (HNO 2) non è mai stato isolato come composto puro (anche se 
termodinamicamente è abbastanza stabile allo stato gassoso), ma è un noto e importante 
reagente in soluzioni acquose, con la quale si dissocia dalla base nitrito secondo l’equilibrio: 
 
 
 
L’ossigeno legato all’idrogeno è protonato, l’acqua viene allontanata e si forma lo ione 
nitrosonio NO. In assenza o in limitata presenza di sali, la reazione rallenta con il 
sopraggiungere dei 0°C. 
Un’altra reazione che interessano i nitriti riguarda l’ossidoriduzione. L’ossidazione e la 
riduzione sono delle reazioni chimiche in cui cambia il numero di ossidazione degli atomi, 
ovvero il passaggio di elettroni da una specie chimica a un’altra. Per quanto riguarda 
l’ossidazione si ha un aumento del numero di ossidazione di una molecola, atomo o ione, 
come conseguenza della cessione di elettroni da parte della specie chimica riducente; mentre 
nella riduzione si ha una diminuzione del numero di ossidazione di una molecola, atomo o 
ione, come conseguenza dell’acquisizione di elettroni da parte della specie chimica ossidante. 
Ogni tipologia di atomo, molecola o ione presenta diversi gradi di ossidoriduzione.  
Per quanto riguarda l’azoto è un elemento chimico in grado di esistere nei suoi composti in 
almeno 10 diversi stati di ossidazione in un range compreso tra -3 e +5. Pertanto, in diversi 
composti l’azoto può esistere in più di uno stato di ossidazione.  
Nel caso dei nitriti, lo stato di ossidazione dell’atomo di azoto è +3, per cui è possibile 
ossidarlo a stati di ossidazione +4 e +5, oppure al contrario è possibile ridurlo fino a -3. Le 
reazioni di ossidazione dei nitriti di solito provocano la formazione dello ione nitrato (NO 3-) 
con l’azoto nello stato di ossidazione a +5. Per quanto riguarda, invece, la riduzione, è 
possibile ottenere diversi prodotti, a seconda della tipologia dell’agente riducente che viene 
utilizzato. Per esempio, se si utilizza l’anidride solforosa (SO 2) è possibile ottenere NO e N 2O, 
oppure se si utilizza acido solfidrico (H 2S) si può ottenere ammoniaca (NH 3).
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2.2-Nitriti inorganici ed organici: sintesi ed usi (Wolfgang, 2000) 
Dal punto di vista organico i nitriti sono degli esteri, ovvero prodotti dalla reazione di un 
fenolo o un alcol con un acido, in questo caso l’acido nitroso. Di conseguenza otteniamo un 
composto contenente il gruppo nitrossido, con formula generale R-O-N=O, in cui R è un 
gruppo arile o alchile. Possiamo, dunque, affermare che esistono diversi composti nitritici, 
oltre ai comuni nitriti inorganici, ognuno con caratteristiche peculiari e distinte.  
2.2.1-Nitrito di sodio 
Il primo composto nitritico, nonché il più conosciuto, è il nitrito di sodio, con formula chimica 
NaNO 2. Il nitrito di sodio è il sale di acido nitroso più importante a livello industriale. 
 
 
 
 
 
Ha una massa molecolare di 69,00 g/mol, densità di 2,1 g/cm
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 e una solubilità in acqua pari a 
820 g/l (a 20°C), con temperatura di fusione di 280°C e temperatura di ebollizione di 320°C, 
oltre il quale il composto si degrada. A temperatura ambiente si presenta come un solido 
bianco e inodore, molto solubile in acqua e igroscopico, ovvero suscettibile ad assorbire le 
molecole di acqua nell’ambiente circostante. È una sostanza che risulta chimicamente molto 
duttile in quanto agente riducente e utile per la sintesi di coloranti tramite diazotazione, 
ampiamente utilizzati nell’industria tessile. Importante anche nel trattamento da 
avvelenamento grave da cianuro e come conservante nei prodotti a base di carne di cui 
tratteremo in seguito.  
La sintesi di nitrito di sodio si è evoluta nel tempo. Fino all’inizio del XX secolo, il sodio 
veniva prodotto attraverso riduzione di nitrato di sodio con piombo, ferro, zinco, biossido di 
manganese o anidride solforosa. A livello industriale il più utilizzato era il piombo a circa 
400°C. Attualmente la produzione di larga scala di nitrito di sodio è basata sulla reazione 
chimica che si instaura tra gli ossidi di azoto con il carbonato di sodio oppure con una 
soluzione di idrossido di sodio. 
 
 
La reazione con il carbonato di sodio procede in modo analogo a quella dell’idrossido di 
sodio. Il nitrito di sodio è venduto come sale oppure in soluzione, e per via della sua tossicità 
può essere trasportato solo in forma confezionata e successivamente immagazzinato 
separatamente da sostanze ossidabili, sali di ammonio, urea e alimenti. 
2.2.2-Nitrito di potassio 
Il nitrito di potassio è un composto inorganico con formula chimica KNO 2, dall’aspetto solido 
bianco o giallo tenue. 
 
Fig. 4: struttura del nitrito di sodio
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Presenta massa molecolare di 85,1 g/mol, densità di 1,91 g/cm
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 e una solubilità elevata in 
acqua pari a 2.810 g/l (a 20°C), a conferma di un elevato potere igroscopico. Inoltre, presenta 
un punto di fusione e di ebollizione più elevato del precedente, rispettivamente a 440°C e 
537°C, anche se il composto inizia a degradarsi già a 410°C. Il nitrito di potassio trova 
anch’esso impiego nell’industria alimentare, come additivo alimentare, in quanto conservante; 
tuttavia, risulta tossico e potenzialmente mutageno.  
Per quanto riguarda la sintesi, il composto può essere ottenuto attraverso la riduzione del 
nitrato di potassio oppure sfruttando la reazione tra l’ossido di azoto e idrossido di potassio, 
anche se quest’ultima necessita di costi maggiori e pertanto meno utilizzata su larga scala. Un 
ultimo aspetto da considerare riguarda il suo immagazzinamento, che deve avvenire in un 
luogo asciutto e ben ventilato, dato il suo elevato potere igroscopico, oltre che isolato da 
infiammabili, combustibili, agenti riducenti e altre sostanze. 
2.2.3-Nitrito di ammonio 
Il nitrito di ammonio è un composto strettamente instabile se isolato e pertanto necessita di 
essere maneggiato in soluzione acquosa. La sua formula chimica è NH 4NO 2. 
 
 
 
 
 
 
Questo composto ha una massa molecolare e una densità inferiore ai precedenti, 
rispettivamente di 64,04 g/mol e 1, 69 g/cm
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; tuttavia, condivide l’elevato potere igroscopico 
e un’elevata solubilità pari a 1183 g/l. Il punto di fusione non è ben definito a causa della sua 
rapida decomposizione già a partire dai 60°C, che può manifestarsi in modo esplosivo. Infatti, 
la soluzione di nitrito risulta stabile solo fino ai 30°C e a pH elevati, migliorandone 
ulteriormente la stabilità con l’aggiunta di ammoniaca o idrossido di calcio.  
Il nitrito di ammonio trova impiego per la passivazione di caldaie e impianti chimici, oltre che 
come mezzo per la sintesi di altre sostanze chimiche. 
La produzione del composto avviene esclusivamente sotto forma di una soluzione debolmente 
ammoniacale con pH˃ 7,5. Tuttavia, durante la reazione si ha la formazione simultanea di 
nitrato di ammonio, che si deve isolare o bloccare in quanto i due composti non possono 
essere separati l’uno dall’altro. A scala industriale, il nitrito di ammonio viene prodotto a 
partire dagli ossidi di azoto e dall’ammoniaca o carbonato di calcio (con reazione simile al 
nitrito di sodio). È, inoltre, fondamentale mantenere il pH tra 8 e 9 e la temperatura tra 0°C e 
5°C, data la sua instabilità. 
Fig. 5: struttura del nitrito di potassio 
Fig. 6: struttura del nitrito di ammonio