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1 FILIERA DEL PROGETTO DI TESI
L’obiettivo del seguente lavoro di Tesi riguarda l’analisi delle prestazioni
aerodinamiche latero-direzionali di un velivolo transonico. Sia l’aspetto
geometrico-strutturale, sia la configurazione aerodinamica del velivolo sono
particolarmente simili a quelli del business jet, progettato e costruito dall’azienda
Piaggio Aerospace, il P180. Per risolvere il problema aerodinamico si farà utilizzo
degli strumenti della Computational Fluid Dynamics (CFD), la quale rende
possibile la risoluzione di questo tipo di problema attraverso dei software specifici.
Per procedere con lo studio delle prestazioni aerodinamiche del velivolo, in primis
si necessita di un modello geometrico del velivolo, mostrato in Fig. 1.1, il quale
sarà disassemblato in più componenti al fine di poterli poi gestire singolarmente
nella fase di generazione della griglia di calcolo.
Figura 1.1 Modello geometrico
Successivamente con l’importazione delle componenti geometriche sul software
ICEM CFD, si prosegue con la creazione della mesh di una metà del velivolo e di
un dominio di calcolo nel quale eseguire l’analisi. Il primo step consiste nel
generare una griglia euleriana con la successiva aggiunta di uno strato prismatico
suddiviso in 15 layers per la discretizzazione dello strato limite. Ѐ possibile adesso
duplicare gli elementi attraverso un piano di simmetria, in modo da realizzare una
griglia perfettamente simmetrica. Adesso è possibile esportare la mesh in FLUENT,
software nel quale sarà possibile avviare diverse simulazioni fluidodinamiche dalle
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quali estrapolare dati numerici e grafici. Un altro software che permetterà di
effettuare il post-processing delle simulazioni, è TECPLOT; dove in particolare
sarà possibile visualizzare le linee di corrente che investono il velivolo. La CFD
permette la soluzione numerica delle equazioni di NAVIER-STOKES fondamentali
per il presente lavoro di Tesi. Verrà, pertanto, utilizzato un metodo basato sui
volumi finiti, dove le equazioni vengono risolte numericamente in un volume di
controllo discreto, detto dominio di calcolo, che rappresenta il campo fluido che
circonda il velivolo.
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2 IL VELIVOLO P.180
Nel 1978 nasce la prima traccia del progetto P180. Gli anni ’70 fecero da scenario
alla prima vera crisi energetica del dopoguerra e molti settori dei trasporti e
dell’industria dovettero fare i conti con questa nuova situazione. Il ramo di Piaggio
dedicato all’aviazione generale (executive) aveva subito un’importante battuta
d’arresto in quegli anni a causa dei costi operativi dei velivoli che divennero sempre
più onerosi. C’era allora, come tutt’oggi del resto, il profondo bisogno di ripensare
la sostenibilità del costo dei trasporti e in particolare per il settore privato. Alla luce
di questa prospettiva nacque l’idea di progettare un modello dalla grande efficienza
aerodinamica. Si trattava di un compito tutt’altro che semplice, in quanto occorreva
intraprendere una strada nuova nel campo dell’aviazione. Ovviamente tutto ciò
comportava lo stanziamento di grossi investimenti, sia sotto il punto di vista tecnico
progettuale che dal punto di vista industriale. Il Dr. Rinaldo Piaggio decise di
accettare tale sfida e affidò il nuovo progetto ad Alessandro Mazzoni. Durante gli
studi preliminari vennero valutate varie configurazioni, a partire da quella con ala
principale e superficie secondaria portante di coda. Si decise successivamente di
provare con una soluzione a due superfici, con superficie portante secondaria
montata in posizione anteriore rispetto alla superficie primaria, detta “canard”.
Questa parola però potrebbe trarre in inganno in quanto il vero canard è una
superficie di controllo mobile. Questa soluzione è perciò vantaggiosa in quanto
consente una riduzione della superficie alare complessiva che si traduce in una
conseguente diminuzione della resistenza all’avanzamento. Grazie al canard la
forza di bilanciamento del momento picchiante risulta concorde con la forza di
portanza generata dall’ala principale (al contrario di quello che accade con la
superficie portante posteriore). Durante le prove emersero però alcuni problemi di
stabilità in manovra e di equilibrio complessivo del velivolo, che solamente molti
anni dopo sarebbero stati risolti in ambito militare con l’introduzione di logiche
sofisticate in grado di controllare dinamicamente la superficie canard e provvedere
alla continua stabilizzazione del velivolo. Queste soluzioni erano e restano
inapplicabili in ambito civile a causa di requisiti prioritari di sicurezza.
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Da qui l’idea di risolvere il problema della stabilità con l’introduzione di un terzo
piano stabilizzatore posteriore.
Questa soluzione a tre superfici portanti si rivelò essere del tutto inedita a livello
mondiale e per tale motivo la Piaggio decise di proteggere l’invenzione
richiedendone il brevetto internazionale.
Il velivolo P180 è mostrato in Fig. 2.1.
Figura 2.1 Velivolo P180 [1]
L’ingegner Alessandro Mazzoni è da allora riconosciuto come l’inventore di questa
nuova configurazione. La configurazione a tre superfici portanti consentiva
l’installazione dell’ala principale in posizione più arretrata lungo l’asse
longitudinale del velivolo ed in conseguenza di ciò si poté posizionare l’ala in
posizione mediana rispetto all’asse verticale senza causare drastiche riduzioni di
volume abitabile della fusoliera. Infatti, su questo velivolo le semiali sono installate
subito dietro la paratia posteriore della cabina passeggeri. Questa soluzione
costituisce un grande vantaggio aerodinamico perché riduce la resistenza per
interferenza tra ala e fusoliera ed aumenta contestualmente la manovrabilità.
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Allo stesso tempo, il livello di rumorosità in cabina risulta molto attenuato. Questo
aspetto è anche conseguenza della configurazione ad elica spingente, già utilizzata
in precedenza su altri velivoli Piaggio e scelta anche per il P180. I motori e le eliche
risultano in posizione remota rispetto alla cabina passeggeri. L’obiettivo in questo
caso era evitare la formazione di flussi perturbati nella zona anteriore della
superficie alare. In un progetto di questo tipo, un aspetto che non poteva essere
tralasciato, per ottenere vantaggi aerodinamici consistenti, era quello della
laminarità del flusso. La difficoltà di tale realizzazione dipende in larga misura dal
tipo di profilo utilizzato e dalla forma in pianta dell’ala, oltreché dall’osservanza in
fase di realizzazione di ristrette tolleranze superficiali con lo scopo di allontanarsi
il meno possibile dalla sezione teorica stabilita. Si studiarono quindi nuove
soluzioni strutturali e costruttive in grado di assicurare tale risultato. A metà del
1980 erano disponibili diversi profili per l’ala anteriore e principale, suddivisi in
due gruppi denominati rispettivamente “low risk profile” e “high risk profile”.
Dall’analisi risultava che i primi fornivano buona efficienza ed ampi margini di
sicurezza mentre gli ultimi risultavano più critici ma con efficienza ancora più
spinta. Si trattava di profili mai sperimentati in volo, che erano quindi frutto di
un’accurata analisi teorica al calcolatore. L’ingegnere Mazzoni non volle scendere
a compromessi riguardo l’efficienza aerodinamica, scegliendo la configurazione
definita “ad alto rischio”. Dopo aver effettuato numerosissimi test in galleria
aerodinamica i profili vennero adattati alla configurazione del modello. Inoltre, si
lavorò a fondo anche sulla fusoliera ottenendo bassi valori di resistenza ed un effetto
portante in corrispondenza dell’intersezione alare. Vedi Fig. 1.1
Nel 1982 venne congelata la configurazione aerodinamica del velivolo che è
riportata in sintesi:
1. Velivolo motorizzato con due turboeliche in configurazione spingente.
2. La configurazione è a tre superfici portanti quali canard, ala principale e
piano di coda.
La configurazione delle superfici alari consente a tutte e tre di fornire portanza. In
particolare, l’ala anteriore (canard) è calettata con un angolo di incidenza tale da
causare uno stallo aerodinamico prima che lo stesso fenomeno insorga sull’ala
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principale. Ciò, appunto, rende molto difficile la perdita completa di portanza da
parte del velivolo. L’ala anteriore ha configurazione con angolo diedro negativo.
Tale scelta deriva appunto dalla necessità di evitare che la turbolenza alteri il flusso
aerodinamico in entrata alle prese d’aria delle turboeliche.
Il 23 settembre del 1986 il P.180 prese ufficialmente il volo per la prima volta, vedi
Fig. 2.2 [1].
Figura 2.2 velivolo P180 [1]
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3 DESCRIZIONE DEL PROBLEMA
3.1 OBIETTIVI DELLO STUDIO
L’obiettivo del lavoro di Tesi è quello di analizzare le prestazioni aerodinamiche di
un business jet transonico. Un velivolo dalla configurazione molto simile al Piaggio
P180. Quest’ultimo risulta essere l’unico aeroplano al mondo prodotto in serie che
sia stato progettato, sviluppato e certificato con una configurazione a tre superfici
portanti. Il velivolo possiede una lunghezza di 14.40 m, un’apertura alare di 14.03
m, un’altezza di 3.98 m. Il peso a vuoto del velivolo è di 3400 Kg mentre il peso
massimo al decollo è di circa 5460 Kg, potendo trasportare fino a 9 passeggeri.
L’aeroplano vola ad una quota di crociera di circa 12400 m. A tale quota, la
temperatura dell’aria è di circa 217 K, la pressione di 18148 Pa, la densità di 0.29
Kg/m
3
, e la viscosità dinamica di 1.43x10
-6
Pa · s.
Il velivolo da analizzare vola ad una velocità di crociera pari a circa 197.5 m/s.
Considerando che la velocità del suono, alla quota alla quale il velivolo effettua la
crociera è di 295 m/s, il numero di Mach (ovvero il numero adimensionale definito
come il rapporto tra la velocità del velivolo e la velocità del suono nell’aria) è pari
a 0.67. Da questo valore del numero di Mach è possibile trarre le prime conclusioni
e fare i primi accorgimenti sull’analisi aerodinamica. Infatti, è possibile affermare
che fino a valori di Mach 0.3 il regime è subsonico incomprimibile. Infatti, il Mach
è minore di 1 e gli effetti della comprimibilità sono trascurabili. Si può assumere
quindi che la densità risulti costante con conseguenti semplificazioni nella
risoluzione delle equazioni di Navier-Stokes.
Nel caso in esame, invece, il numero di Mach risulta maggiore di 0.3 (0.67 durante
la fase di crociera). Allora, in crociera, ci saranno alcune zone del campo di moto
del fluido intorno a velivolo e in particolare intorno alle superfici portanti principali,
dove si raggiungono valori di Mach superiori ad uno. Pertanto, nel caso di specie,
gli effetti delle variazioni di densità non possono essere più trascurati e, perciò,
l’analisi aerodinamica deve tenere in conto che il regime è transonico comprimibile.
[2]
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Un altro numero caratteristico molto importante per impostare il problema
aerodinamico è il numero di Reynolds. Questo numero indica l’importanza relativa
tra le forze di inerzia e le forze viscose. Nel caso più generale esso può essere
definito come:
(1)
1. Al numeratore vi sono rispettivamente la densità dell’aria e la velocità. d,
invece, è una lunghezza caratteristica, che in questo caso corrisponde alla
corda media aerodinamica.
2. Al denominatore è presente la viscosità dinamica del fluido, la quale è una
proprietà che misura la resistenza a fluire quando è applicato uno sforzo
tangenziale.
Riportando in questa formula del numero di Reynolds i dati relativi alla quota di
volo del P180 e la corda media aerodinamica, si ottiene un valore poco maggiore di
4.5x10
6
. Dal numero ottenuto è possibile immaginare che l’aria, scorrendo, formi
dei vortici e abbia un moto decisamente meno ordinato e prevedibile di quello
laminare. Si ha a che fare quindi con un tipo di regime turbolento, un regime quindi,
irregolare ed apparentemente caotico caratterizzato dalla presenza di vortici, di
diverse dimensioni e velocità in continuo mutamento.
Figura 3.1 strato limite [4]