5
 
  
Fig. 1 Giovanni Battista Ferrari, De Florum Cultura, 
frontespizio dell’edizione latina del 1633 
Fig. 2. Giovanni Battista Ferrari, Flora overo cultura di 
fiori, frontespizio dell’edizione italiana  del 1638 
 
 
tavole con strumenti di giardinaggio (figg. 3,4) che, nella loro semplice utilità, sono però 
rappresentati con la dignità che Caravaggio conferiva alle sue ‘fiscelle’ di frutta, ed altre con vere e 
proprie composizioni floreali; infine tavole di carattere mitologico, che illustrano le favole che 
Ferrari ha composto riecheggiando le ovidiane Metamorfosi
8
, per visualizzare i temi della 
floricultura e dell’orticultura ma, soprattutto, per ammonire e per dilettare.  
Gli artisti coinvolti in questa impresa sono gli stessi che lavorano per la corte pontificia e per 
i committenti ad essa collegati, Cassiano in particolare
9
: Pietro da Cortona, Andrea Sacchi, Guido 
Reni, Giovanni Lanfranco per le favole, Claude Mellan, Anna Maria Vaiana, Johann Friedrich 
Greuter per le incisioni di tutte le tavole. Alcune di esse, in particolare quelle di tema botanico, 
risultano anomime, cioè non firmate per quel che riguarda il disegno.  
 
 
                                                                                                                                                                  
naturalistiche ed inediti appunti antiquari, p.106, n. 46, in Cassiano dal Pozzo, Atti del seminario internazionale di 
studi (Napoli 1987), Roma 1989, pp. 95-129. 
8
 ADA SEGRE, Le metamorfosi e il giardino italiano nel Seicento, in Il Giardino delle Muse. Arti e artifici nel 
barocco europeo, atti del IV Colloquio Internazionale (Pietrasanta 1993), Firenze 1995, pp. 97-126. 
9
 FRANCESCO SOLINAS, L’Uccelliera, op. cit, in particolare cap. II, paragrafo Gli artisti, pp. 19-39. 
 6
 
 
Fig. 3. Imbrex ferreus extractorius, incisione, in Giovanni 
Battista Ferrari, Flora, 1638, tav. 71 
Fig. 4. Rastrum gallicum, incisione, in Giovanni Battista 
Ferrari, Flora, 1638, tav. 59 
 
 
E’ stato indicato il nome di Camillo Cungi per l’incisione di almeno 24 di esse, sulla base di alcuni 
riscontri nei libri contabili del cardinal Barberini, finanziatore dell’opera
10
. 
Soggetto principale di questo ibrido manuale
11
 sono le piante esotiche, i fiori ‘peregrini’, 
introdotti in Europa nella seconda metà del Sedicesimo secolo e, da quel momento, coltivati, 
acquistati, conservati e collezionati con la stessa cura e lo stesso entusiasmo che i collezionisti 
riservavano alle opere d’arte. La formula di questo compendio, utile per la pratica della coltivazione 
e della manutenzione dei giardini ma piacevole da leggere come una ’favola’, in cui l’immagine 
metaforica e l’osservazione dal vivo convivono, gode di un indiscusso successo tanto che il trattato 
viene ristampato in italiano nel 1638 (fig. 2) con il titolo di Flora overo Cultura di Fiori
12
, per i tipi 
                                                 
10
 FRANCA PETRUCCI NARDELLI, op. cit., p.142 e JÖRG MARTIN MERZ, Pietro da Cortona. Der Aufstieg zum 
führenden Maler im barocken Rom, Tübingen 1991, appendice IV, pp. 326-328 per i conti relativi a De Florum Cultura. 
11
 La definizione è di FRANCESCO SOLINAS, L’Uccelliera, op. cit, pp. 8-9, che la utilizza per il libro di Cassiano 
dal Pozzo Uccelliera, sorta di anticipazione dell’impresa editoriale di Flora. Vedi infra in questo studio. 
12
 Flora overo Cultura di Fiori del P. Gio. Batta. Ferrari sanese della Comp. di Giesù distinta in quattro libri 
e trasportata dalla lingua latina nell’italiana da Lodovico Aureli perugino, in Roma, Per Pier’Antonio Facciotti, 1638. 
Di questa edizione italiana esistono due stampe in facsimile: la prima, quasi introvabile, è stata realizzata a Roma 
dall’editore M. Vivarelli nel 1975; l’altra è pubblicata nel 2001 dall’editore Olschki di Firenze, con un saggio 
introduttivo di Lucia Tongiorgi Tomasi e un interessantissimo studio di Alberta Campitelli sull’arte del giardino a 
Roma nei primi decenni del sec. XVII, nel quale si identificano, tramite ricerche di archivio, alcuni dei “giardinieri” più 
rinomati nella Roma dei Barberini, naturalmente citati da Ferrari nel suo testo. 
 7
di Pier Antonio Facciotti, altro stampatore di prestigio particolarmente coinvolto con la corte 
pontificia e con i Gesuiti
13
 
La traduzione è opera del perugino gesuita e scrittore di tragedie Ludovico Aureli
14
 che, 
morto poco prima della pubblicazione dell’opera, lascia al fratello Claudio l’onore di dedicare la 
consueta lettera ad Anna Colonna (1601-1658)
15
, moglie del prefetto di Roma Taddeo Barberini 
(1603-1648)
16
 fratello del cardinal Francesco, e dunque anche lui nipote di papa Urbano.  
 
  
Fig. 5. Friedrich Greuter da Giovanni Lanfranco, 
Banchetto degli Dei, in Giovanni Battista Ferrari, Flora, 
1638, p. 99 
Fig. 6. Friedrich Greuter da Pietro da Cortona, Banchetto 
degli Dei, in Giovanni Battista Ferrari, Flora, 1638, p. 99 
 
                                                 
13
 MASSIMO CERESA, Una stamperia nella Roma del primo Seicento. Annali tipografici di Guglielmo Facciotti 
ed eredi (1592-1640), Roma 2000. 
14
 Su Aureli, cfr. GIO. BATTISTA VERMIGLIOLI, sub voce Aureli Lodovico, in Biografia degli scrittori perugini, 
Perugia, 1828, vol. I, pp. 69-73; M. RONCETTI, Profili di Bibliotecari perugini, “Annali della Facoltà di Lettere e 
Filosofia dell’Università degli Studi di Perugia”, XI, 1973-1974, pp. 197-200; GIORGIO BRUGNOLI, Il Germanicus di 
Ludovico Aureli Perugino, Perugia 1988 (Quaderni Storici del Comune di Perugia, 5). 
15
 Su Anna Colonna cfr. GIUSEPPE SACCHI LODISPOTO, Anna Colonna Barberini ed il suo monumento nel 
Monastero di Regina Coeli, “Strenna dei Romanisti”, XLIII, 1982, pp. 460-478. Alla Pierpoint Morgan Library di New 
York, con segnatura 33421, esiste una copia del libro ritenuta quella appartenente ad Anna Colonna, come 
dimostrerebbe lo stemma sulla preziosa rilegatura - api barberianiane e colonna che affiancano l’ombrello papale con le 
chiavi decussate - e, sul frontespizio, l’iscrizione di propietà del Monastero di Regina Coeli, costruito per volontà della 
principessa che lì volle essere seppellita. Crf. DAVID FREEDBERG, From Hebrew and gardens to oranges and lemons. 
Giovanni Battista Ferrari and Cassiano dal Pozzo, in Cassiano dal Pozzo, Atti del seminario internazionale di studi 
(Napoli 1987), Roma 1989, p. 43, n. 54, e FREDERICK HAMMOND, Music and Spectacle in Baroque Rome. Barberini 
Patronage under Urban VIII, London-New Haven, Yale University Press, 1994, p. 29 per l’immagine della rilegatura. 
16
 Su Taddeo Barberini cfr. PATRICIA WADDY, Taddeo Barberini as a patron of architecture, in L’Âge d’or du 
Mécénat (1598-1661), Colloque international CNRS (Paris 1983), Paris 1983, pp. 191-199. 
 8
L’edizione italiana non presenta differenze di rilievo da quella latina, se non per una leggera 
riduzione delle misure, che si mantengono però sempre nella norma di una pubblicazione in 4°, e 
per la presenza, in alcune copie, di una tavola con un Festino degli Dei disegnata da Giovanni 
Lanfranco (fig.5), che sostituisce quella di identico tema disegnata da Pietro da Cortona (fig.6). 
Come nella precedente edizione latina, viene mantenuta la divisione in quattro parti: la prima 
riguarda le molteplici attività di coltivazione e dell’organizzazione dei giardini, la seconda è più 
analitica e descrittiva e tratta delle caratteristiche dei fiori ‘pellegrini’, le cui specifiche modalità di 
coltivazione sono ampiamente analizzate nella terza parte cui segue la quarta dedicata alle ricette e 
ai consigli per mutare il colore e l’odore dei fiori, come anche gli accorgimenti per presentarli in 
sontuosi apparati. Questa ultima sezione è la parte più propriamente ‘barocca’, quella in cui i segreti 
e gli artifici con i quali manipolare la materia floreale per ottenere inedite varietà, mettono in gara la 
Natura e l’Arte
17
. Va sottolineato che un intero capitolo del Terzo libro è dedicato alle piante rare 
coltivate nei giardini di Palazzo Barberini
18
, creati sui terrazzamenti degli antichi orti Sallustiani sul 
Quirinale, nei luoghi in cui doveva sorgere in epoca romana il Circo di Flora, così come 
erroneamente si pensava ancora nel Seicento. Il trattato di Ferrari costituisce una delle poche fonti 
documentarie a nostra disposizione per tentare di ricostruire gli spazi floreali degli Horti Barberini 
che nel corso del tempo, per le vicende storiche del palazzo alle Quattro Fontane, sono mutati 
radicalmente fino a scomparire del tutto nella attuale situazione.  
Come nell’edizione latina, anche nell’italiana è presente un indice molto dettagliato che 
permette una facile consultazione del testo. Sembra evidente, quindi, l’esigenza di chiarezza 
perseguita dall’autore, ma soprattutto di piacevolezza e di diletto, esigenza amplificata dalla lingua 
italiana che, va ricordato, era scelta dai letterati, eruditi, artisti e diplomatici di tutta Europa per la 
loro rete di corrispondenze con le quali la cultura dell’epoca percorreva il continente, trovando nella 
Roma barberiniana il principale centro di aggregazione e di diffusione. La fortuna del trattato, 
presentato anche alla Fiera di Francoforte, è attestata da due altre edizioni, stampate ad Amsterdam: 
nel 1646 la prima, curata da Bernhard Rottendorff medico dell’elettore di Colonia
19
, nel 1664 la 
seconda.  
La collaborazione tra il gesuita e Cassiano dal Pozzo non si limita a Flora, che pertanto può 
essere considerata la prima parte di un più vasto progetto editoriale dedicato alla botanica: nel 1646  
                                                 
17
 Al topos della gara tra Natura e Arte, di antica tradizione retorico-letteraria ma particolarmente presente 
nella poetica del Barocco, Ferrari dedica il Cap. VI del Libro Quarto di Flora “Miracolo della Natura maggior di quelli 
dell’Arte”, pp. 466-500. Il capitolo sarà ampiamente discusso in questo studio. 
18
 G.B. FERRARI, Flora, Libro Terzo, Cap. XXI, “Piante Indiane negli Horti Barberini”, pp. 372-393. I  
giardini Barberini saranno trattati in un capitolo di questo studio su Flora. 
19
 Flora seu De Florum Cultura, Lib IV. Edition Nova, Accurante Bernhard Rottendorfio, Amsterdam, Ioannes 
Ianssen, 1646. Ianssen è lo stampatore anche dell’edizione del 1664. Cfr., DAVID FREEDBERG, From Hebrew and 
gardens, op. cit., p. 43, n. 52. 
 9
 
 
Fig. 7. Friedrich Greuter da Pietro da Cortona, antiporta in Giovanni Battista Ferrari, Hesperides, 1646 
 
viene stampato Hesperides
20
 (fig. 7), compendio botanico-allegorico sugli agrumi - che del giardino 
erano parte integrante - sulla loro classificazione, origine, coltivazione, terminologia e uso in ogni 
parte della terra. Le dottissime osservazioni di padre Ferrari e - in maniera defilata ma costante - di 
Cassiano, rendono questo testo un’importante testimonianza per la storia della scienza, dell’arte, 
dell’etnografia. Anche qui continua il ricorso ai due registri illustrativo e testuale, l’uno artistico e 
retorico, l’altro tecnico e scientifico
21
, per lo stesso intento del ‘delectando docere’ già riscontrato 
in Flora. Nelle intenzioni di Cassiano, questa enciclopedia naturalistica doveva concludersi con un 
Pomario
22
, proposto sempre, già dal 1641, all’esperto ma ormai stanco padre Ferrari che, infatti, 
rinuncia all’impresa e si ritira prima nel collegio dei Gesuiti a Tivoli
23
 e poi definitivamente nella 
natia Siena, nel 1650. Si può supporre che Cassiano, con padre Ferrari, tentasse di concretizzare 
                                                 
20
 Hesperides sive de malorum aureorum cultura et uso libri quatuor, Romae, sumptibus Hermanni Scheus, 
1646. 
21
 Cfr. ADALGISA LUGLI, Una biblioteca di immagini, in Biblioteca Botanica di Ludovico Caldesi. L’erbario ed 
i libri, catalogo della mostra (Faenza 1985), 1985, pp. 49-70, in particolare pp. 60-64 per acute osservazioni sulle due 
‘anime dell’illustrazione’, e del testo che l’accompagna, nel libro botanico del Seicento, di cui i manuali di Ferrari 
costituiscono per l’autrice: “esempi tra i più calzanti dei due livelli di immagine metaforica e di osservazione dal vivo 
fatti convivere insieme” (p. 64). Sui due registri illustrativo-narrativi insiste anche FRANCESCO SOLINAS, L’Uccelliera, 
op. cit., p. 58-59. 
22
 Cfr. FRANCESCO SOLINAS, L’Uccelliera, op. cit., p. 41-42. 
23
 Cfr. lettere che Ferrari scrive da Tivoli a Cassiano, in Archivio dal Pozzo, ms. VI (4), Biblioteca dei Lincei e 
Corsiniana: lettera del 27.2.1648, cc. 358r.-359r.; lettera del 26.3.1648, cc. 360r.-361r.; lettera del 21.7.1648, c. 372r.-v. 
In tutte e tre Ferrari si scusa per non potersi dedicare alla terza nuova fatica letteraria, che chiama Pomona di tutti frutti 
o Pomario, dicendo che per una simile opera non gli basta l’animo d’aggiungnere a quello, che ha lassato, e che 
 10
nello stile elegante e colto della corte barberiniana, quell’idea di una grande enciclopedia illustrata 
del ‘theatro della natura’
24
 nella quale, con ben altro rigore e spirito scientifico, era stato coinvolto 
dai lincei Federico Cesi e Johann Faber dal 1622
25
 ma che, per le vicissitudini dell’accademia, 
conclusasi con la morte nel 1630 del suo fondatore, principe Federico, non ebbe mai forma 
compiuta se non in sparse, anche se prestigiose, singole edizioni, naturalmente seguite e curate da 
Cassiano.  
Con queste sintetiche note di premessa sono stati delineati brevemente i percorsi che questo 
studio seguirà per analizzare Flora: la sua realizzazione, i suoi contenuti e la sua veste grafica, 
l’équipe di artefici noti e quelli ancora anonimi che hanno partecipato all’apparato figurativo, la rete 
di intellettuali, eruditi e collezionisti che, tramite Cassiano dal Pozzo, hanno dato linfa ai contenuti 
del Padre gesuita, che ha prodotto un’opera originale e, pertanto, di estremo interesse per la storia 
dell’arte del secolo XVII, per la storia della botanica e dell’illustrazione scientifica, per quella del 
giardino e, in particolare, per quell’originale sua porzione chiamata ‘giardino segreto’, così ricca di 
implicazioni estetiche e culturali, e infine per la storia del fecondo rapporto tra Arte e Scienza che 
caratterizza l’episteme della Res publica Literaria del Seicento linceo e barberiniano. 
                                                                                                                                                                  
promette Vergilio (27.2.1648), ma soprattutto che non ha a disposizione le due cose principali per scrivere 
sull’argomento, l’una, comodità di libri, l’altra di gente, con chi si possa conferire (21.7.1648).  
24
 Il termine ‘theatro’ è usato da Federico Cesi intorno al 1616 nel Del natural desiderio del sapere et 
Instituzione dei Lincei, ‘manifesto’ dell’Accademia, contenuto nel ms. XII E. 4, cc. 46-58r., conservato alla Biblioteca 
Nazionale di Napoli. Cfr. ANNA NICOLÒ, Il carteggio puteano: ricerche e aggiornamenti, p. 18, n. 14 e p. 19, n. 31, in 
Cassiano dal Pozzo, Atti del seminario internazionale di studi (Napoli 1987), Roma 1989, pp. 15-24. 
25
 L’argomento sarà approfondito in questo studio nei paragrafi dedicati a Cassiano dal Pozzo e all’Accademia 
del Lincei di Federico Cesi.