Effetti del contesto scolastico e della motivazione nel burnout degli insegnanti
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INTRODUZIONE
Il burnout è una particolare sindrome derivata da stress cronico che riguarda specialmente gli
insegnanti. Al concetto di stress di tipo biomedico, si è affiancato quello psicologico e poi
quello di stress lavoro-correlato in relazione alla prevenzione primaria dei rischi psicosociali
in ambito organizzativo. Gli sviluppi successivi si sono focalizzati sulla percezione di diversi
aspetti del contesto lavorativo, predittivi della sindrome. Esporrò due studi che hanno
l’obiettivo comune, attraverso modelli predittivi del burnout degli insegnanti, d’indagarne gli
antecedenti, variabili o fattori latenti del contesto scolastico che influiscono sulle sue
componenti. Il primo studio, longitudinale, tenta di cogliere gli effetti del cambiamento
intraindividuale nella percezione di alcuni fattori contestuali, ipotizzando il ruolo di mediazione
dei cambiamenti in quelli motivazionali. Il secondo studio, trasversale, cerca di stimare gli
effetti diretti e indiretti, di specifiche variabili latenti contestuali di tipo interpersonale e
organizzativo. L’analisi degli aspetti metodologici e poi la discussione dei rispettivi risultati,
permetterà di evidenziare il contributo degli studi considerati alla ricerca e alla prevenzione
primaria del burnout, pur con i loro limiti. Nelle conclusioni, suggerirò un possibile intervento
psicosociale e sistemico nella comunità scolastica, per la prevenzione primaria del burnout.
1. STRESS, STRAIN E STRESS LAVORO-CORRELATO
1.1 Stress e strain
Il concetto di stress, prima ancora di essere scientificamente studiato, era già parte del senso
comune come afflizione nel ‘800 e tensione o sforzo nel ‘900 (Pedon & Maeran, 2002, p. 268).
Negli anni ’30 del XX secolo, l’endocrinologo Selye per primo lo utilizzò in campo
biomedico per spiegare le reazioni avverse da agenti nocivi, definendolo come sindrome
generale di adattamento, in quanto risposta adattiva aspecifica di un organismo stimolato da
minacce ambientali di qualunque natura. Attraverso un processo trifasico, allarme-resistenza-
esaurimento, il sistema nervoso e quello ormonale, intervengono per mantenere le funzioni
dell’organismo stabili ovvero l’omeostasi. Gli effetti negativi per la salute si producono nelle
fasi di resistenza ed esaurimento, quando la risposta neuroendocrina e psichica è inadeguata a
causa dell’intensità e durata dello stimolo o stressor, causando stress negativo (distress), oppure
quando le sollecitazioni sono troppo povere, provocando stress da deprivazione (hipostress),
mentre se proporzionali alla capacità di risposta si produrrà stress positivo o eustress (Gabassi
& Garzitto, 2014, pp. 274-277).
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Successivamente, sono stati proposti modelli interpretativi dello stress di tipo psicologico,
quelli interazionali, relativi alla dinamica persona-contesto, e quelli transazionali, per certi
versi uno sviluppo dei primi, che considerano la mediazione della valutazione cognitiva e le
strategie di coping ovvero di fronteggiamento dello stress (Cox et al, 2000). Lo stress lavorativo
è interpretato in questo caso, come un disequilibrio tra la percezione del lavoratore delle
richieste dell’organizzazione e quella di farvi fronte (Cox, 1978, p. 25). Il modello interazionale
di Karasek (1979), Demand-Control Model, definisce invece lo strain o tensione psicologica
come percezione dello stress lavorativo, risultato della relazione tra due fattori organizzativi
ortogonali, relativi al contenuto del lavoro quali alta domanda lavorativa (job demands) e basso
controllo (job decision latitude; Gabassi & Garzitto, 2014, pp. 287-289)
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. Al modello è stata
aggiunta la dimensione supporto sociale, relativa a tutte le possibili interazioni lavorative, con
colleghi e superiori, in grado di fornire un sostegno, psicologico e concreto, per il possibile
effetto di moderazione dello strain e i conseguenti rischi per la salute come quelli
cardiovascolari (Johnson & Hall, 1988; Karasek & Theorell, 1990).
1.2 Stress lavoro-correlato
Nel XX secolo il concetto di benessere sostenuto dall’ Organizzazione Mondiale della
Sanità, di tipo biopsicosociale, e non semplice assenza di malattia, ha permesso di estendere
l’ambito della prevenzione primaria per la sicurezza e salute dei lavoratori. Accanto agli eventi
che possono procurare una lesione o danno (infortuni) e le esposizioni prolungate ad agenti e
stimoli nocivi (malattie professionali), vengono considerati anche i fattori psicosociali
(Gobbato, 2001). Secondo Leka et al. (2003, pp. 5–7), sono individuabili in una serie di variabili
relative all’organizzazione, gestione e progettazione del lavoro correlate allo stress (e.g. carico
di lavoro). Sono fattori dell’ambiente di lavoro che vengono percepiti dal lavoratore ed
influiscono sul suo benessere, motivazione e performance (Avallone & Paplomatas, 2005, p.
43). Il rischio psicosociale emerge quindi dalla relazione tra l’esposizione a carenze nella
progettazione e gestione dell’attività lavorativa ed i possibili effetti sulla salute e benessere,
mediati o moderati dallo stress come stato psicologico che riflette quindi l’interazione tra
l’individuo e l’ambiente di lavoro (Cox e Griffiths, 2005, pp. 563-568). Nel testo unico per la
sicurezza sul lavoro
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si parla quindi di stress lavoro-correlato per indicare i fattori correlati allo
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Job demands: impegno fisico o psicologico ovvero carico di lavoro, in senso quantitativo e/o complessità, ritmo, responsabilità
e l’eventuale coinvolgimento emotivo ; Job decision latitude: margine di discrezionalità nella programmazione del proprio
lavoro (decision authority) e possibilità di nuovi apprendimenti, valorizzare le proprie competenze e avere compiti variati (skill
discretion; Gabassi & Garzitto, 2014, pp. 287-289).
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Il testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (TUS o TUSL) è un insieme di norme della Repubblica
Italiana, emanate con il Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. La definizione di salute dell’OMS è stata ripresa dall'art. 2,
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stress, oggetto di valutazione del rischio psicosociale, da cui possono derivare malattie non
specifiche ma collegate alla professione, le work related diseases (Gobbato, 2001).
2. IL BURNOUT DEGLI INSEGNANTI
2.1 Relazione d’aiuto ed aspetti contestuali
Il termine burnout deriva dal gergo sportivo burned-out, letteralmente “bruciato”, che indica
l’esaurimento di un atleta dopo alcuni primi successi (Paine, 1982). Inizialmente il costrutto
della sindrome del burnout, introdotto da Freudenberger (1974), fu definito come esaurimento
dovuto all’eccesso di richiesta alle proprie energie in situazioni coinvolgenti emotivamente con
riferimento alle occupazioni in cui è implicata la relazione di aiuto con utenti di ambito
sociosanitario (helping professions). Costituiscono tuttavia un’ampia categoria di professioni
con uno stretto contatto operatore-utente e coinvolgimento emotivo nelle sue problematiche,
relativa quindi a differenti organizzazioni (Borgogni & Consiglio, 2005). Il burnout è stato
descritto fin dall’inizio con riferimento anche al lavoro degli insegnanti e il rischio psicosociale
che ne deriva è ampiamente riconosciuto. Rientra infatti tra le helping professions in quanto la
relazione d’aiuto operatore-utente si traduce in quella insegnante-allievo finalizzata non solo
alla crescita culturale ma anche a quella personale e intellettuale del discente (Chirico, 2014;
Peracchi, 1992, citato in Chirico, 2014). Per diversi autori è possibile fonte di stress per l’elevata
connotazione emotiva e il fronteggiamento dei problemi dell’allievo (Rollo et al., 2010, pp.193-
194). Secondo il modello a tre dimensioni di Christina Maslach (1982), attualmente
comunemente accettato, “il burnout è la sindrome di esaurimento emotivo, di
depersonalizzazione, di ridotta realizzazione personale”, come risposta a prolungati e cronici
stressor di tipo emotivo e interpersonale nelle professioni high-touch, quelle con contatto
diretto e continuo come nell’ insegnamento (Maslach & Goldberg, 1998). Si differenzia dallo
stress correlato al lavoro in quanto sembrerebbe essere la conseguenza di stress cronico
determinato non solo dall’intensità dell’aspetto relazionale, ma in particolare dall’interazione
persona-fattori contestuali e dalla percezione del rischio (Maslach & Goldberg, 1998). È una
risposta adattiva errata in mancanza di risorse sufficienti per fronteggiare lo stress lavorativo
cronico con ripercussioni negative per l’individuo e l’organizzazione (Cherniss, 1980a), nonchè
una forma di disadattamento tra le intenzioni e motivazioni personali da un lato e le reali
esperienze lavorative dall’altro, mantenuta da strategie di coping inadeguate (Schaufeli &
comma 1, lett. o) che definisce la salute come uno "stato di benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in
un'assenza di malattia o di infermità."