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3.8 La spettroscopia nel medio infrarosso 
 
La spettroscopia di assorbimento infrarosso, il cui acronimo FTIR deriva dall’inglese Fourier 
Transform Infrared Spectroscopy, è una tecnica analitica ampiamente impiegata per 
l’identificazione di materiali organici. “Spettroscopia” significa “osservazione dello spettro”. 
Questa tecnica si avvale della specifica capacità di ogni composto chimico di assorbire, trasmettere 
o riflettere la radiazione luminosa. La combinazione delle proprietà assorbenti, combinate con 
quelle di dispersione dell’energia luminosa, determina la diffusa riflettanza della luce, che contiene 
informazioni sulla composizione chimica del campione. Per eseguire un'analisi spettrofotometrica si 
misura l'entità dell'assorbimento di una radiazione luminosa con un campione posto davanti ad una 
sorgente di radiazioni. Per interpretare i fenomeni che avvengono è necessario conoscere le 
caratteristiche delle sorgenti luminose e la struttura della materia. L'assorbimento della radiazione 
provoca un aumento dell'energia interna della sostanza che assorbe. Ciò implica una eccitazione 
delle particelle componenti (elettroni, atomi, molecole, ecc.), che produce fenomeni caratteristici
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per ogni sostanza. La tecnica FTIR misura l’intervallo di lunghezze d’onda facenti parte della 
regione dello spettro infrarosso che viene assorbito dal materiale. La regione dello spettro infrarosso 
comprende i numeri d’onda nell’intervallo 14,000 -20 cm-1 e viene usualmente distinta in tre parti: 
vicino infrarosso o NIR, Near Infrared (14,000-4,000 cm-1; da 0.78 a 2.5 μm), medio infrarosso o 
MIR,Mid Infrared (4,000-500 cm-1; da 2.5 a 50 μm) e lontano infrarosso o FIR, Far Infrared (500 -
20 cm-1; da 50 a 100 μm). L’assorbimento della radiazione infrarossa produce nelle molecole moti 
vibrazionali caratteristici definiti come stretching (stiramento) e bending (piegamento). Lo 
stiramento è il risultato di una continua variazione delle distanze di legame tra due atomi e può 
essere simmetrico o antisimmetrico; il piegamento, invece, si riferisce alla modifica dell’angolo di 
legame sullo stesso piano o fuori dal piano su cui sono situati gli atomi considerati. Questo tipo di 
analisi ha il suo fondamento nell’interazione tra le radiazioni elettromagnetiche e la materia da 
analizzare. Le radiazioni del medio infrarosso forniscono quanti di energia che causano 
cambiamenti nello stato energetico delle vibrazioni molecolari. L’apporto di energia necessario per 
produrre ciascun tipo di moto vibrazionale dipende direttamente dalla forza e dalla polarità dei 
legami tra gli atomi della molecola analizzata. Un campione irradiato assorbe l’energia 
selettivamente in funzione della specifica frequenza di vibrazioni delle molecole presenti, creando 
così lo spettro di assorbimento. Lo spettro del medio infrarosso di un campione può consistere in un 
picco di bande di assorbimento dal quale è possibile identificarne tutti i componenti. 
In Figura 3 è riportata la rappresentazione delle regioni principali dello spettro elettromagnetico con 
l’esempio di uno spettro FTIR raccolto nella regione del medio infrarosso (M.R. Derrick et al., 
1999). 
Oggi la spettroscopia si afferma come metodo valido per l’analisi quantitativa e qualitativa di molti 
prodotti di origine animale e ,in generale, per tutto quel che riguarda il settore alimentare. La 
spettroscopia del medio infrarosso è efficientemente utilizzata attualmente in campo zootecnico; si 
tratta di strumentazioni già presenti nei laboratori di analisi nazionali che ogni giorno si impegnano 
ad effettuare controlli funzionali necessari per assicurare la qualità delle tecniche di produzione, nel 
rispetto delle normative comunitarie vigenti. I campi di interesse non riguardano esclusivamente il 
“FOOD” ma coinvolgono anche il settore del “FEED”, fornendo ottimi risultati in termini di 
controllo e monitoraggio. La tecnica MIRs consente di condurre analisi su campioni di latte per 
esaminarne la composizione,su campioni di urina, mentre tecniche NIRs trattano comunemente 
campioni solidi come carne, formaggi, ma anche paglia e fieno. 
La tecnica presenta una serie di vantaggi rispetto alle metodiche analitiche convenzionali: è, infatti, 
veloce (per l’acquisizione spettrale del campione sono necessari solo pochi minuti), analizza un 
vasto quantitativo di campioni, non è distruttiva (il campione, dopo lettura spettroscopica, può
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essere riutilizzato), non è invasiva (nel senso che le radiazioni usate hanno contenuto energetico 
molto basso che non provoca un trasferimento di energia al campione sottoforma di calore), inoltre 
non necessita di preparazione del campione, è economica e i laboratori dispongono già della 
completa strumentazione. 
L’impiego della spettroscopia per la determinazione della composizione chimica degli alimenti 
richiede una fase di calibrazione che prevede l’individuazione di campioni rappresentativi e uno 
studio statistico fra i dati di composizione chimica e le proprietà degli spettri. Da ogni singolo punto 
dello spettro si ricava un’equazione di regressione, la somma di tutte le equazioni ricavate fornisce 
una predizione che viene confrontata, grazie a precise tecniche statistiche, con l’equazione di 
misura del metodo standard. 
L’attendibilità della predizione si misura in base al valore del coefficiente di determinazione (R2), 
dell’errore standard della calibrazione (SEC) e dell’errore standard della validazione incrociata 
(SEP) o predizione. Se il valore R2 risulta basso, significa che il metodo di predizione è poco 
attendibile e utilizzabile, anche in sostituzione a metodi analitici convenzionali operosi. 
Lo svantaggio risiede proprio in questo aspetto, l’analisi statistica. Lo spettro ottenuto dalla 
strumentazione, inteso come rappresentazione grafica, risulta inutile. E’ necessario elaborare 
equazioni, derivate da operazioni di modellazione matematica e di validazione, grazie a metodi 
chemiometrici, per predire la composizione chimica dei campioni con un margine di errore definito 
dalla precisione statistica della regressione. La sfida non riguarda quindi il rilevamento degli spettri, 
ma la costruzione di curve di calibrazione da confrontare con il reference in esame ( ICP nello  
studio specifico ). Grazie a questa tecnica è possibile ricavare la composizione chimico-fisica degli 
oggetti presi in esame, a costo zero, analizzando una grande quantità di campioni, potendo disporre 
di informazioni sempre più dettagliate e precise. Offre quindi la possibilità di condurre monitoraggi 
su larga scala e portare avanti innovazioni sul piano del miglioramento genetico, punti focali della 
moderna zootecnia. La componente minerale del latte di bufala è stata ricavata con l’utilizzo della 
spettroscopia del medio infrarosso ed ha raggiunto risultati sorprendenti. Le analisi MIR vengono 
condotte sulla maggior parte dei componenti del latte : nel nostro specifico trattiamo i minerali, 
oggetto di recentissimi studi, scoperti essere elementi di notevole rilievo anche sotto il profilo 
nutrizionale ed economico. 
Il contenuto minerale dei 173 campioni di latte è stato misurato mediante la spettrometria ad 
emissione atomica del plasma ad accoppiamento induttivo (ICP-inductively coupled plasma atomic 
emission spectrometry). 
Utilizzando quadrati parziali in combinazione con un file di ripetibilità sono state costruite 
equazioni di calibrazione per stimare il contenuto di Ca, Mg, P, K nel latte.
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Per valutare l’accuratezza delle equazioni sviluppate, sono state effett uate una full cross-validation 
e una external validation. Lo svantaggio è legato al profilo statistico, in quanto valori di R2 bassi 
non assicurano l’accuratezza della calibrazione e quindi l’attendibilità del metodo. Nella nostra 
ricerca sono stati rilevati valori significativi che troveranno applicazione soprattutto in campo 
economico. Attualmente, una delle più veloci metodologie di spettrometria ad emissione atomica 
del plasma ad accoppiamento induttivo (ICP) risulta troppo costosa per permettere analisi di routine 
su campioni di latte raccolti, ad esempio, durante la regolare registrazione del latte gestita dalle 
diverse organizzazioni di razza. L’attuale metodo utilizzato per misurare il contenuto di grassi, 
proteine, lattosio, urea e in tutta la normale registrazione del latte è la spettrometria nel medio 
infrarosso (MIR). Questa tecnologia per misurare il contenuto minerale nel latte può offrire la 
grande opportunità di sviluppare la selezione genetica e gli strumenti di management per gli 
allevatori che intendono migliorare la qualità nutrizionale del latte. 
 
3.9 Utilizzo del MIRS per la determinazione di fenotipi innovativi nel 
latte 
 
Come precedentemente detto i minerali sono nutrienti che hanno un’interessante influenza dal 
punto di vista tecnico e funzionale sia per la salute umana che per lo stato sanitario della mammella, 
oltre a poter essere valido strumento per gli allevatori per poter aumentare il valore del latte 
prodotto. Il MIR dà la possibilità di effettuare questi controlli e condurre analisi su larga scala in 
tempi record e a costi davvero irrisori. E’ importante in campo zootecnico vantare un’opportunità di 
quest’ordine in quanto gli allevamenti nazionali presentano un numero sempre più elevato di capi 
per singola azienda e avere una panoramica funzionale, rapida e completa degli animali non può 
che offrire vantaggi. Le analisi MIR vengono condotte sulla maggior parte dei componenti del latte. 
Uno studio sulla componente minerale del latte bovino condotto da Soyeurt et al. (2009) ha 
documentato l’efficacia dell’utilizzo del MIRS per quantificare le concentrazioni dei minerali. 
L'obiettivo di questo studio è stato sviluppare cinque equazioni per misurare Ca, K, Mg, Na, e P nel 
latte bovino mediante spettrometria nel medio infrarosso (MIR). E’ stata dimostrata l’attendibilità 
delle predizioni del contenuto di calcio e fosforo. I risultati ottenuti dalle equazioni di calibrazione 
che hanno predetto il contenuto di magnesio rendono necessario l’aumento del numero di campioni 
di riferimento analizzati mediante ICP-AES, utilizzato per la procedura di calibrazione. Il metodo 
utilizzato per misurare il contenuto minerale (ICP-AES senza mineralizzazione) si è rivelato
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inappropriato per determinare la concentrazione di sodio nel latte. Poichè le equazioni di 
calibrazione sono fortemente influenzate dai valori del reference utilizzato, questa incapacità 
potrebbe in parte spiegare la scarsa previsione del MIR rilevata per questo minerale. Le conclusioni 
dello studio appurano che la spettroscopia MIR viene utilizzata di routine dai laboratori latte per 
stimare il contenuto delle principali componenti del latte, come la percentuale di grassi e proteine, 
considerata per il pagamento e la registrazione del latte. L’applicazione delle equazioni elaborate 
per stimare le concentrazioni di calcio e fosforo nel latte potrebbe essere interessante per i 
produttori, dando loro la possibilità di aumentare il valore aggiunto del latte e migliorare le 
proprietà del formaggio (Soyeurt, 2009). 
Questa tecnologia per misurare il contenuto minerale nel latte può offrire la grande opportunità di 
sviluppare la selezione genetica e gli strumenti di management per gli allevatori che intendono 
migliorare la qualità nutrizionale del latte. Lo studio che abbiamo condotto ha preso in 
considerazione aspetti che fino ad oggi nessuno aveva analizzato, difatti in letteratura è difficile 
trovare studi pubblicati che darebbero la costruttiva possibilità di confrontare i risultati da noi 
ottenuti. Tuttavia, a dimostrazione delle potenzialità di uno strumento come il MIRS, sono stati 
pubblicati diversi studi sul suo utilizzo. Bonfatti et al. (2011) hanno utilizzato il MIRS per 
dimostrarne l’efficacia per la predizione della componente proteica del latte di vacca . Soyeurt et 
al.(2007) hanno condotto uno studio sulla variabilità genetica del contenuto lattoferrina (LF) nel 
latte bovino, stimata grazie all’utilizzo della spettroscopia nel medio infrarosso. Gli effetti della 
lattoferrina sul sistema immunitario sono dimostrati. Sfortunatamente, gli attuali metodi utilizzati 
per misurare i livelli di LF nel latte non ne permettono lo studio della variabilità genetica o delle 
performance delle valutazioni genetiche di routine. Infatti, lo scopo di quella  ricerca è stato quello 
di derivare delle equazioni di calibrazione che permettessero la predizione di LF tramite MIRS. E’ 
stato elaborato un indicator trait o valore predetto di lattoferrina (pLF) su un gran numero di 
campioni di latte. È stata dimostrata l’influenza dello stadio di lattazione e del n umero di lattazioni 
sul valore LF complessivo. Sono state osservate anche piccole differenze di pLF rispetto alla razza 
considerata, pertanto la scelta di quest’ultima potrebbe far variare il livello atteso. L’applicazione 
della tecnica MIRS come indicatore del contenuto di lattoferrina fornisce anche una nuova 
prospettiva per il controllo sanitario delle ghiandole mammarie negli allevamenti. Le correlazioni 
genetiche e fenotipiche osservate tra il contenuto di cellule somatiche (SCS) e pLF sono state 0.04 e 
0.26, rispettivamente. Essendo l’aumento del contenuto di cellule somatiche tra le principali 
sintomatologie di mastiti, questa osservazione sembra indicare che pLF possa essere un buon 
indicatore di mastite (Soyeurt, 2007). Sempre Soyeurt et al. (2011) hanno pubblicato uno studio 
sulle potenzialità delle predizioni del medio infrarosso per la determinazione del contenuto di acidi