Questa analisi “introduttiva” ci consente, inoltre, di soffermarci ad approfondire 
l’organizzazione del sistema di vigilanza italiano e inglese. 
Come vedremo, mentre nel nostro sistema di vigilanza sono presenti diverse Autorità di 
vigilanza (ci riferiamo, in particolare, alla Banca d’Italia, alla Commissione Nazionale 
per le Società e la Borsa - CONSOB, all’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni 
Private e di Interesse Collettivo - ISVAP, alla Commissione di Vigilanza dei Fondi 
Pensione - COVIP -  ed, infine, all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - 
AGCM), distinte tra loro e caratterizzate da un proprio specifico obiettivo e da diversi 
strumenti per raggiungerlo, nel sistema di vigilanza inglese, invece, è presente un’unica 
Autorità di vigilanza: la Financial Services Authority (FSA), dotata di poteri di 
supervisione dell’intero Sistema finanziario e coadiuvata nello svolgimento dei suoi 
compiti dalla Bank of England e dall’HM Treasury (l’equvalente inglese del nostro 
Ministero del Tesoro). 
La seconda parte del presente lavoro, incentrata sul fenomeno della conglomerazione
finanziaria (intesa come una delle possibili modalità attraverso cui può essere realizzata 
l’integrazione tra banche, compagnie di assicurazione e imprese di investimento), ci 
porterà ad analizzare, in un primo momento, tutti quei fattori che hanno dato vita al 
processo di convergenza tra i diversi players, rendendo meno netta la separazione tra i 
tradizionali comparti del Sistema finanziario ed estendendo le aree di sovrapposizione 
operativa tra gli stessi e ci permetterà di osservare, in un secondo momento, lo stato 
attuale del fenomeno della bancassicurazione, attraverso lo studio di alcune esperienze 
comunitarie ed extracomunutarie.
Successivamente la nostra attenzione sarà completamente catturata dai conglomerati
finanziari e, partendo dalle prime definizioni rilevate in letteratura, distingueremo tra le 
diverse tipologie esistenti (conglomerati c.d. puri e conglomerati c.d. specializzati) e 
prenderemo in considerazione i rispettivi punti di forza e di debolezza; quindi, ci 
soffermeremo, sugli interventi con cui il legislatore comunitario ha cercato di delineare 
una disciplina prudenziale supplementare in grado di colmare le lacune esistenti nelle 
varie normative di settore, di assicurare la stabilità del mercato finanziario europeo e di 
fronteggiare tutte le problematiche inerenti i conglomerati finanziari (Direttiva 
2002/87/CE), per poi considerare le diverse modalità di recepimento adottate dal 
legislatore italiano prima (Decreto Legislativo 142/2005 e Accordo di Coordinamento
7
tra Banca d’Italia, ISVAP e Consob) e da quello inglese poi (Consultation Paper 204 e 
Policy Statement 04/20). 
Infine, nella parte finale del presente lavoro verrà analizzato l’attuale livello di sviluppo 
del fenomeno della conglomerazione finanziaria in Europa, per poi soffermarci
specificamente sulla situazione italiana e inglese. 
In particolare, verrà realizzato un confronto tra i conglomerati di nazionalità italiana e 
quelli di nazionalità inglese sulla base di due indicatori: il totale delle attività (total 
assets) e il ROE (return on equity), in modo tale da poter effettuare alcune 
considerazioni sulla diversa incidenza del fenomeno della conglomerazione finanziaria 
nei rispettivi paesi. 
8
CAPITOLO 1 – LA VIGILANZA DEI SISTEMI FINANZIARI 
1.1 – Il Sistema finanziario: fondamenti, obiettivi e strumenti dell’attività di 
regolamentazione
Il Sistema finanziario costituisce una struttura fondamentale dell’economia reale, poiché 
ne migliora il funzionamento, l’efficienza e la capacità di produrre ricchezza; al suo 
interno si realizzano, infatti, i processi  di regolamento degli scambi, di trasferimento
delle risorse finanziarie, di accumulazione del risparmio, di finanziamento degli 
investimenti, di trasformazione del rischio e di continuo aggiustamento delle strutture 
finanziarie degli operatori in funzione delle rispettive preferenze e obiettivi.
Grazie allo sviluppo e al progresso dell’economia finanziaria, in definitiva, l’economia
reale consegue condizioni più efficienti di divisione del lavoro, di specializzazione 
produttiva e di allocazione del capitale.
Nel dettaglio, il Sistema finanziario è definito come «un insieme organizzato di soggetti 
(ad esempio, investitori ed imprese, che scambiano disponibilità finanziarie), di 
strumenti finanziari (contratti aventi per oggetto diritti e prestazioni di natura 
finanziaria), mercati finanziari (luoghi di negoziazione delle diverse attività),
intermediari finanziari (che producono e negoziano strumenti finanziari e offrono 
servizi connessi alla loro circolazione), infrastrutture (che servono per far funzionare il 
sistema stesso, consentendo la negoziazione e la custodia degli strumenti finanziari, 
nonché il trasferimento dei controvalori in denaro), norme (tramite cui regoliamo il 
funzionamento del sistema) ed, infine, Autorità di vigilanza (che sovrintendono al 
funzionamento del sistema descritto, dettando regole ed effettuando controlli)»
1
.
Mediante l’attività degli Organi di vigilanza si intende, di fatto, regolare un settore 
“sensibile” in cui sono in gioco i diritti fondamentali della collettività, che necessitano 
di tutela mediante strutture dotate di elevati livelli di specializzazione e tecnicismo
2
.
Le ragioni sottese all’esigenza di un controllo pubblico sul Sistema finanziario sono 
riconducibili ai market failures, connessi alla funzione monetaria e al governo 
1
 Cfr. Onado M., (1999), La banca come impresa, Il Mulino, Bologna, pag. 17. 
2
 Cfr. Proietti L., Santoboni F., Vincioni A., (2006), La vigilanza dei sistemi finanziari nell’area del
SEBC. Le recenti tendenze evolutive, in “Banca e Banchieri”, n. 1, pag. 5. 
9
monetario dell’economia, alla tutela del risparmio e alla protezione degli investitori, alle 
esternalità
3
 e alle asimmetrie informative
4
.
Dal concorrere dei fattori appena menzionati sono derivabili gli obiettivi dell’attività di 
vigilanza all’interno dei mercati finanziari, rinvenibili nella stabilità, nella trasparenza e 
correttezza (considerati come un unico obiettivo) e nella concorrenza
5
.
In merito al primo dei suddetti obiettivi, è possibile parlare di stabilità tanto da un punto 
di vista “microeconomico” (a livello del singolo intermediario), quanto 
“macroeconomico” (relativamente all’intero mercato)
6
.
In particolare, il mercato è considerato stabile se dispone di meccanismi di prevenzione 
delle situazioni patologiche e se è in grado di assorbire le crisi di singoli intermediari,
isolandone gli effetti e impedendone il contagio al resto del Sistema.
Inoltre, gli intermediari finanziari sono accomunati da una sorta di “reputazione 
globale” che i loro clienti attribuiscono al sistema e ciò comporta che l’eventuale default
di un singolo intermediario possa amplificarsi, coinvolgendo -  a causa del domino
effect
7
 – altri operatori, trasformando un problema circoscritto in una condizione di 
instabilità sistemica.
3
Con il termine «esternalità» intendiamo riferirci all’inesistenza di un corrispettivo a fronte del vantaggio
(esternalità positive) o del danno (esternalità negative o spill-over effects) procurati da un operatore ad 
altri. In particolare, l’esternalità negativa è un tipo di market failure ed è intesa non solo come la crisi di
un intermediario, che pregiudica gli interessi del singolo investitore, ma anche come forma di contagio 
verso le altre istituzioni finanziarie.
4
 Per «asimmetrie informative» intendiamo, ad esempio, un rapporto tra creditore e debitore
intrinsecamente caratterizzato da un difetto di informazione, a danno del creditore, che si traduce 
nell’inefficace selezione del prenditore di fondi. 
5
 L’evoluzione delle teorie e dei sistemi economici nel tempo ha portato a riconoscere pari dignità ai tre
obiettivi e dimostrato che concorrenza e trasparenza/correttezza costituiscono anzi dei presupposti alla 
stabilità, come è stato riconosciuto anche dal Comitato di Basilea. Cfr. Raganelli B., (2001), I nuovi
assetti dei mercati finanziari: quale organizzazione della vigilanza, in “Convegno Carisbo”, Bologna.
6
 Cfr. Proietti L., Santoboni F., Vincioni A., (2006), La vigilanza dei sistemi finanziari nell’area del
SEBC. Le recenti tendenze evolutive, in “Banca e Banchieri”, n. 1, pag. 6.
7
 Come già accennato, la stabilità è uno degli obiettivi del sistema di vigilanza ed è una condizione 
essenziale e necessaria per mantenere la fiducia dei risparmiatori. Infatti, […] quando questa condizione
viene meno nei confronti anche di un solo operatore, che risulti in difficoltà, può verificarsi una 
generalizzata crisi di sfiducia  nei confronti di altri intermediari, indipendentemente dalla loro effettiva
condizione, causando il cosiddetto ‹‹effetto domino››, cioè una vera e propria reazione a catena e, quindi,
crisi sistemiche. Questo è avvenuto in passato in varie occasioni, in particolare nel corso degli anni
trenta quando crisi sistemiche hanno interessato la maggior parte dei paesi. Per questo motivo, molti 
degli attuali strumenti di vigilanza vengono utilizzati proprio per evitare l’insorgere di crisi di sfiducia, 
ovvero limitarne gli effetti sull’intero sistema […]. Cfr. Onado M., (2004), La banca come impresa, Il 
Mulino, Bologna, pag. 72. 
10
La sfiducia generalizzata verso il Sistema finanziario comporterebbe allora costi per 
l’economia reale, sia per la crisi dei circuiti di finanziamento, sia per le disfunzioni del 
sistema dei pagamenti.
Le regole di trasparenza informativa e di correttezza dei comportamenti riguardano, da 
un punto di vista “macro”, le disposizioni che impongono la parità di trattamento e le 
norme sulla corretta diffusione delle informazioni; a livello “micro”, invece, si 
traducono in criteri di non discriminazione nei rapporti tra intermediari e 
risparmiatori/investitori e nella trasparenza delle condizioni loro applicate e dei dati 
aziendali
8
.
I controlli in materia di concorrenza intendono, infine, assicurare eguali opportunità 
operative agli intermediari finanziari, al fine di consentire lo svolgimento del sano 
processo competitivo, senza discriminazioni arbitrarie di sorta nei confronti dei diversi 
operatori
9
.
In sostanza, il corretto funzionamento dei mercati finanziari rappresenta un bene 
pubblico che ha spinto ad accettare la necessità di una cornice legislativa e di un 
apparato di vigilanza improntato su Authorities super partes che, attraverso opportuni 
strumenti di controllo (regolamentari, strutturali, prudenziali, informativi, ispettivi e 
sanzionatori), consentano il raggiungimento degli obiettivi intermedi (assetto del 
mercato, livelli di patrimonializzazione, sana e prudente gestione) e finali (stabilità, 
trasparenza, correttezza e concorrenza) loro affidati
10
.
1.2 – I diversi approcci della regolamentazione
Individuati gli obiettivi generali della vigilanza, sembra opportuno soffermare la nostra 
attenzione sui modelli con cui le Autorità operano concretamente nella realtà.
L’analisi dei modelli o “approcci” alla regolamentazione e alla vigilanza sul mercato
finanziario non sembra trovare una trattazione univoca, né nella teoria, né tanto meno
nella prassi
11
.
8
 Cfr. Proietti L., Santoboni F., Vincioni A., (2006), La vigilanza dei sistemi finanziari nell’area del
SEBC. Le recenti tendenze evolutive, in “Banca e Banchieri”, n. 1, pag. 6. 
9
 Ibidem.
10
 Ibidem.
11
 Nella teoria le riflessioni di politici, regolatori e accademici hanno evidenziato come sia un assetto
basato su un’autorità finanziaria integrata, sia un assetto caratterizzato dalla presenza di più supervisori 
settoriali comportino dei vantaggi e degli svantaggi, non consentendo quindi di concludere per la
11
Senza pretese di esaustività, si possono distinguere almeno sei approcci alla 
supervisione e alla regolamentazione in campo finanziario. 
Di seguito, ne evidenzieremo le caratteristiche principali soffermandoci in special modo
sui vantaggi e gli svantaggi di ciascuna soluzione. 
I modelli di vigilanza che si vogliono presentare sono i seguenti: 
x vigilanza «per istituzioni»; 
x vigilanza «per attività»; 
x vigilanza «per finalità»;
x vigilanza «accentrata»; 
x vigilanza «mista».
1.2.1 – La vigilanza «per istituzioni»
La vigilanza per istituzioni (denominata anche “sezionale”, o “per mercati”, o “per 
soggetti”, o “verticale”) rappresenta l’approccio più tradizionale e prepone a ciascun 
settore dell’intermediazione finanziaria un Organo pubblico distinto e responsabile sui 
diversi operatori, per l’intero complesso delle attività svolte
12
; quindi, se il modello in 
esame fosse applicato nella realtà quotidiana, a ciascuno dei tre tradizionali settori 
(bancario, assicurativo e mobiliare) in cui si è soliti suddividere l’attività di 
intermediazione finanziaria, corrisponderebbe una diversa Autorità di vigilanza
13
.
superiorità di un modello su un altro, senza riferirsi ad un contesto specifico. Si veda, a tal proposito,
Quagliariello M., (2003), L’assetto istituzionale della vigilanza finanziaria: il dibattito in letteratura, in 
“Rivista Bancaria”, n. 49, pp. 1-3; si veda, inoltre, Proietti L., Santoboni F., Vincioni A., (2006), La
vigilanza dei sistemi finanziari nell’area del SEBC. Le recenti tendenze evolutive, in “Banca e Banchieri”, 
n. 1; si vedano, infine, ýihàk e Podpiera, secondo cui: “[…] The literature generally concludes that the
question of the most appropriate structure for regulation and supervision is to a large extent a practical
one and the answer depends on an interaction of a number of factors that, moreover, evolve over time.
Therefore, there is no strong teoretical argument for any particolar organisation of supervision, there are 
only potential advantages and disadvantages of various setups, the importance of which depends on the
conditions in place in a given jurisdiction […]”. Cfr. ýihàk M., Podpiera R., (2006), Is one watchdog
better than three? International experience with integrated financial sector supervision, in “IMF
Working Paper”, International Monetary Fund. 
12
 Cfr. Proietti L., Santoboni F., Vincioni A., (2006), La vigilanza dei sistemi finanziari nell’area del
SEBC. Le recenti tendenze evolutive, in “Banca e Banchieri”, n. 1, pag. 8. 
13
Attualmente in Italia, un esempio di approccio di vigilanza «per istituzioni» è rappresentato dal sistema
di regolamentazione previsto per il mercato e gli intermediari assicurativi, di competenza pressoché 
esclusiva dell’Isvap (Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni Private), a cui sono attribuiti compiti di 
regolamentazione, autorizzazione e controllo degli intermediari assicurativi. Cfr. Amorosino S., Rabitti 
Bedogni C., (2005), Manuale di diritto dei mercati finanziari, Giuffrè Editore, Milano, pp. 55-60.
12
Entrando nello specifico del modello in esame, possiamo osservare che le Autorità 
controllano gli intermediari e i mercati, mediante meccanismi di selezione all’entrata nel 
mercato, il monitoraggio costante dell’attività (attraverso controlli, ispezioni e sanzioni) 
ed eventuali uscite dal mercato (per esempio, tramite sospensioni, gestione delle crisi e 
cancellazioni)
14
.
Sicuramente, questa è stata l’impostazione adottata dalla maggior parte dei Sistemi
finanziari, soprattutto quando rigide barriere regolamentari impedivano il passaggio da 
una forma di regolamentazione all’altra. 
Tra i vantaggi offerti da questo approccio di vigilanza ricordiamo: la maggiore
semplicità nell’esercizio dei controlli e l’unicità dell’interlocutore sia per il soggetto 
vigilato, che per l’Autorità pubblica (condizione questa che si traduce in una 
minimizzazione degli oneri della vigilanza e della regolamentazione e, grazie alla 
concentrazione delle informazioni presso un unico Organo di supervisione, in elevate 
economie di specializzazione). 
D’altra parte, il sistema istituzionale è stato oggetto in dottrina di non poche 
considerazioni critiche. 
In primo luogo, è stato evidenziato che il modello in questione risulta efficace 
essenzialmente in presenza di intermediari “ad oggetto esclusivo”, ai quali cioè sia 
riservato l’esercizio di una sola delle tre attività: bancaria, mobiliare ovvero 
assicurativa
15
.
In presenza di soggetti abilitati a esercitare contestualmente più attività di 
intermediazione finanziaria si determinerebbero, invece, distorsioni nelle funzioni di 
vigilanza per effetto dell’applicazione di disposizioni differenti per operazioni della 
stessa natura poste in essere da soggetti diversi
16
.
In particolare, potrebbe emergere il rischio di creare sistemi “paralleli” di intermediari e 
conseguenti fenomeni di “arbitraggio” nella scelta della forma giuridica soggetta a 
minor controlli e per la quale i costi della regolamentazione risultano di minore entità, 
ovvero consentano di accedere a particolari benefici
17
.
14
 Cfr. Di Noia C., Piatti L., (1998), Regolamentazione e mercato finanziario: analisi e prospettive di 
riforma per il sistema italiano, in “CONSOB - Quaderni di Finanza”, n. 30, pag. 15. 
15
 Cfr. Camera dei Deputati – Servizio Studi Dossier Indagini Conoscitive, (2004), Indagine conoscitiva 
sui rapporti tra impresa e sistema finanziario, n. 9, pag. 4. 
16
 Ibidem.
17
 Ibidem.
13
In secondo luogo, è più facile, per l’unicità dell’interlocutore, che si producano 
fenomeni di “cattura” dell’Autorità che, data la “vicinanza” con i soggetti vigilati, può 
assumere atteggiamenti corporativi o intrattenere rapporti diretti con i medesimi tali da 
degenerare in fenomeni collusivi.
In terzo luogo, il fatto che un’unica Autorità di vigilanza debba, relativamente ad una 
categoria di soggetti, garantire contestualmente il conseguimento di più obiettivi 
potrebbe determinare il rischio di inefficacia dell’attività di controllo nel caso in cui 
alcuni obiettivi, segnatamente la stabilità, da una parte, e la tutela degli investitori e la 
concorrenza, dall’altra, risultino confliggenti
18
.
Infine, bisogna osservare che il modello viene messo «in tensione» quando un singolo 
intermediario può operare in settori connessi a quello proprio, oppure può entrare a far 
parte di gruppi che coprono l’intero settore finanziario in senso lato
19
.
In sintesi: la progressiva despecializzazione del Sistema finanziario mette decisamente
in crisi la vigilanza per istituzioni che funziona in modo ottimale solo quando i soggetti 
vigilati operano in un unico comparto (perché, ad esempio, sono obbligati a mantenere
un oggetto sociale esclusivo)
20
.
In altre parole, occorre che esista un monopolio legale a favore di ciascuna di queste tre 
attività e che sia vietata ogni forma di “sconfinamento” di un operatore da un segmento
all’altro. Anche da questo punto di vista, il prezzo da pagare è costituito da una 
riduzione del grado di concorrenza all’interno del Sistema finanziario
21
.
Infatti, se la vigilanza rimane impostata per «soggetti», ciascuna Autorità può 
disciplinare in modo diverso l’attività dei propri intermediari vigilati in altri campi.
In conclusione, la dottrina prevalente osserva che l’approccio istituzionale, sebbene 
determini una semplificazione dell’assetto organizzativo e una riduzione dei costi di 
vigilanza, può non risultare pienamente adeguato a fronte della tendenza alla 
progressiva despecializzazione degli intermediari e della crescente assimilazione delle 
tipologie di strumenti finanziari
22
.
18
 Ibidem.
19
Cfr. Amorosino S., Rabitti Bedogni C., (2005), Manuale di diritto dei mercati finanziari, Giuffrè 
Editore, Milano, pag. 56. 
20
 Ibidem.
21
 Vengono, dunque, a mancare le condizioni di parità competitiva a parità di attività esercitata. Manca 
cioè, quello che viene definito, level playing field, secondo l’espressione anglosassone.
22
 Cfr. Camera dei Deputati – Servizio Studi Dossier Indagini Conoscitive, (2004), Indagine conoscitiva 
sui rapporti tra impresa e sistema finanziario, n. 9, pag. 4. 
14
1.2.2 – La vigilanza «per attività»
La crescente integrazione e l’innovazione che, a partire dagli anni Novanta, hanno 
interessato i Sistemi finanziari, hanno determinato l’erosione dei confini fra i tre settori 
del Sistema finanziario (assicurativo, bancario e mobiliare) e hanno condotto 
all’affermazione del modello di vigilanza per attività, secondo cui alle differenti aree di 
operatività (gestione di portafogli, raccolta di depositi, operazioni di prestito, raccolta di 
risparmio a fini assicurativo/previdenziali e così via), anche se svolte da uno stesso 
soggetto, corrispondono altrettante forme di supervisione poste in capo a un solo 
Organo di controllo
23
.
Questo modello ha il vantaggio di sottoporre a regole uniformi soggetti che, pur avendo 
diversa forma giuridica, esercitano la medesima attività e consente, pertanto, a ciascuna 
Autorità di beneficiare di economie di specializzazione per il settore di propria 
competenza
24
.
Risulta evidente che se ciascun operatore esercitasse un solo tipo di attività, questa 
impostazione coinciderebbe con quella per soggetto.
L’idea, invece, è proprio che gli intermediari siano liberi di muoversi nei diversi 
comparti dell’intermediazione, trovando in ciascuno di questi un’Autorità competente.
Tra gli svantaggi di questo modello, osserviamo come la vigilanza su di uno stesso 
intermediario risulti assai frammentata: si ha, infatti, la sovrapposizione di più 
organismi di supervisione e funzioni di controllo sullo stesso soggetto che svolge 
attività diverse; ciò porta, da un lato, un aumento dei costi di vigilanza per gli operatori 
e, dall’altro, la possibilità che sia effettuato un monitoraggio non ottimale degli 
operatori finanziari con il rischio che possano sfuggire situazioni in cui la stabilità degli 
stessi sia precaria.
In secondo luogo, la limitazione del controllo di ciascuna Autorità alla specifica attività 
presenterebbe il rischio di un eccessivo frazionamento di competenze e l’assenza di una 
supervisione unitaria sugli operatori polifunzionali
25
.
23
 Cfr. Proietti L., Santoboni F., Vincioni A., (2006), La vigilanza dei sistemi finanziari nell’area del
SEBC. Le recenti tendenze evolutive, in “Banca e Banchieri”, n. 1, pag. 8. 
24
 Cfr. Camera dei Deputati – Servizio Studi Dossier Indagini Conoscitive, (2004), Indagine conoscitiva 
sui rapporti tra impresa e sistema finanziario, n. 9, pag. 5. 
25
 Ibidem.
15
In terzo luogo, analogamente al modello istituzionale, il controllo per attività potrebbe 
determinare il conflitto tra obiettivi di vigilanza diversi concentrati in capo alla 
medesima Autorità
26
.
Inoltre, il modello per attività incontra i maggiori ostacoli nel caso di disfunzioni e/o 
violazioni compiute nell’ambito di una singola attività (visto che le conseguenti 
sanzioni amministrative colpirebbero il soggetto necessariamente nel suo complesso),
nel caso si rendano necessari interventi volti a sospendere una determinata attività (in 
quanto, ad esempio, non sarebbe facile realizzare un commissariamento di una parte 
soltanto dell’attività dell’intermediario), così come nel caso di crisi definitiva del 
soggetto
27
.
Secondo parte della dottrina, un ulteriore inconveniente proprio del modello in esame
consisterebbe nella sua inadeguatezza rispetto ai problemi di vigilanza non connessi 
all’attività, ma strettamente riconducibili alla situazione del soggetto vigilato. 
Si tratterebbe, in particolare, dei problemi di stabilità dell’attività bancaria tradizionale, 
relativamente ai quali le funzioni di vigilanza andrebbero esercitate con riguardo alle 
istituzioni e non con riferimento a singole operazioni. 
Nel contesto dell’approccio per attività, pertanto, sarebbe comunque necessario istituire 
un organismo che eserciti specificamente la vigilanza sulla stabilità dei soggetti
28
.
1.2.3 – La vigilanza «per finalità»
A causa della possibilità di sovrapposizione di più Organi competenti sulla medesima
categoria di soggetti e degli evidenti rischi di un monitoraggio non ottimale, che 
porterebbero a trascurare precarie situazioni di stabilità degli intermediari, ci si è 
orientati verso una terza impostazione - la vigilanza per finalità -, la quale postula che 
un singolo intermediario sia sottoposto al controllo congiunto di più Autorità, ognuna 
competente con riferimento ad uno specifico obiettivo della regolamentazione (stabilità 
patrimoniale e contenimento del rischio, trasparenza delle informazioni e correttezza dei 
26
 Ibidem.
27
Cfr. Amorosino S., Rabitti Bedogni C., (2005), Manuale di diritto dei mercati finanziari, Giuffrè 
Editore, Milano, pag. 56.
28
 Cfr. Camera dei Deputati – Servizio Studi Dossier Indagini Conoscitive, (2004), Indagine conoscitiva 
sui rapporti tra impresa e sistema finanziario, n. 9, pag. 5.
16
comportamenti, concorrenza), indipendentemente dalla forma giuridica 
dell’intermediario stesso
29
.
Un esempio di funzioni conferite «per finalità» è costituito dall’Autorità Garante della 
Concorrenza e del Mercato (AGCM o c.d. Antitrust), che tutela la concorrenza tra 
imprese, a prescindere dall’effettiva attività svolta da ciascuna. 
In questo modello, ogni Autorità presidia un obiettivo, prescindendo sia dalla forma
giuridica degli intermediari finanziari, sia dalle funzioni o attività da essi volte.
Esteso al mercato finanziario, questo schema prevede un’Autorità che vigili sulle 
condizioni di stabilità del mercato e di ciascun intermediario, sia esso bancario, 
mobiliare o assicurativo; un’Autorità per la trasparenza del mercato finanziario, che 
dovrebbe controllare i comportamenti di banche, intermediari mobiliari e compagnie di 
assicurazione nei confronti dei clienti, come pure le informazioni ad essi fornite; una 
terza Autorità a garanzia della tutela della concorrenza su tutto il mercato finanziario e 
tra gli intermediari
30
.
La regolamentazione si è, dunque, sempre più organizzata, almeno come tendenza 
generale, “in orizzontale”, indipendentemente cioè dal soggetto coinvolto; la 
ripartizione verrebbe definita sulla base delle finalità generali che devono essere 
perseguite nella vigilanza su ciascuna delle varie funzioni, sulla base, in altre parole, dei 
market failures cui l’intervento delle Autorità di controllo deve porre rimedio: la 
stabilità degli intermediari, la trasparenza e la correttezza dei comportamenti, la 
concorrenza. Due osservazioni vanno fatte a questo proposito.
La prima è che, gli Organi competenti per questi obiettivi sono normalmente tre, poiché 
trasparenza e correttezza sono strettamente complementari e, quindi, riunite in un unico 
corpo disciplinare e affidate ad un’unica Autorità (la CONSOB). 
La seconda è che questo principio non è quasi mai applicato in modo completo; per fare 
un esempio: la competenza dell’Isvap ancora improntata “per soggetto” su tutti gli 
aspetti dell’attività assicurativa, compresa la stabilità
31
.
29
 Cfr. Proietti L., Santoboni F., Vincioni A., (2006), La vigilanza dei sistemi finanziari nell’area del
SEBC. Le recenti tendenze evolutive, in “Banca e Banchieri”, n. 1, pag. 8. 
30
 Cfr. Di Noia C., Piatti L., (1998), Regolamentazione e mercato finanziario: analisi e prospettive di 
riforma per il sistema italiano, in “CONSOB - Quaderni di Finanza”, n. 30, pag. 16. 
31
 Nell’ordinamento italiano, la vigilanza per finalità ha trovato applicazione, almeno nominalisticamente,
nel Testo Unico della finanza, in cui si prevede, con riferimento agli intermediari, che l’Autorità
competente in materia di contenimento del rischio e stabilità patrimoniale sia la Banca d’Italia, mentre la 
CONSOB sia competente in materia di trasparenza e correttezza dei comportamenti. Su questo tema si 
17
In effetti, l’impostazione “per finalità” si rivela molto path-dependent, cioè incontra 
numerosi ostacoli alle modifiche dell’assetto precedente.
Si tratta di un modello ottimale per operatori polifunzionali: in mercati sempre più 
integrati, in cui intermediari diversi svolgono le stesse funzioni, il modello in esame
consente, infatti, di risolvere gli inconvenienti propri del precedente, superando, nel 
contempo, la necessità di rispondere con la creazione di nuove Autorità di vigilanza 
all’eventuale proliferazione di nuove tipologie di operatori.
La stessa attività è, dunque, regolamentata e vigilata in maniera omogenea, con effetti 
benefici sul grado di tutela degli investitori e sulla competitività tra gli intermediari.
Anche i problemi di “cattura” risultano ridimensionati (uno stesso soggetto, infatti, 
dovrebbe moltiplicare i suoi sforzi per “catturare” più Organi di controllo); inoltre, 
risulta massimizzata la corrispondenza tra obiettivi e strumenti.
Le controindicazioni sono date dal rischio che si duplichino gli adempimenti cui i 
soggetti vigilati sono sottoposti, con evidente aumento dei costi connessi alla 
regolamentazione e che si possano creare fenomeni di deresponsabilizzazione delle 
Autorità, ove non si delimitino i rispettivi ambiti di intervento e non si disciplinino e, 
nel concreto, attuino in modo compiuto forme di collaborazione, cooperazione e 
continuo scambio di informazioni tra diverse Autorità di controllo. 
Inoltre, anche questo tipo di vigilanza, come i due precedenti, porta con sé il problema
del conflitto tra le diverse finalità degli interventi regolamentari e di controllo, finalità
che possono essere o apparire contraddittorie. Ad esempio: la tutela della stabilità di un 
settore non deve necessariamente significare chiusura alla competizione, in quanto un 
mercato competitivo è, di solito, più sano di un mercato controllato; ancora, l’aumento
della concorrenza può creare un’instabilità temporanea in un settore, instabilità che si 
esaurisce una volta che il mercato ha selezionato gli operatori e ha stabilizzato la 
concorrenzialità interna
32
.
La possibile conflittualità tra i diversi obiettivi può trasformarsi in conflittualità tra le 
diverse Autorità e una situazione di questo tipo non sempre è facilmente risolvibile. 
rinvia alla trattazione del prossimo capitolo. Cfr. Amorosino S., Rabitti Bedogni C., (2005), Manuale di
diritto dei mercati finanziari, Giuffrè Editore, Milano, pag. 59.
32
Cfr. Amorosino S., Rabitti Bedogni C., (2005), Manuale di diritto dei mercati finanziari, Giuffrè 
Editore, Milano, pag. 57. 
18
Anche in questo caso diviene, quindi, necessario trovare punti di equilibrio tramite la 
collaborazione istituzionale e gli accordi organizzativi tra le varie Autorità, per definire 
gli obiettivi prioritari e le modalità di intervento
33
.
1.2.4 – La vigilanza «accentrata» 
Mentre in passato la tendenza in molti paesi era di affidare la regolamentazione e la 
supervisione a distinte agenzie specializzate per banche, intermediari ed assicurazioni, 
ultimamente, di fronte all’ingresso degli intermediari in comparti dell’industria 
finanziaria diversi da quelli di provenienza, alla crescita - per numero e dimensioni - dei 
conglomerati finanziari, alla convergenza dei vari prodotti e, infine, all’incremento
dell’offerta di prodotti sempre più complessi e diversificati, politici, regolatori e 
accademici si sono interrogati sull’opportunità di far convergere l’attività di vigilanza in 
capo ad un unico Organo, che disciplini l’intero settore finanziario, vigilando su tutti i 
soggetti coinvolti (banche, assicurazioni, intermediari finanziari, organismi di 
investimento collettivo del risparmio) e su tutte le attività svolte.
Ad oggi, da una serie di studi al Marzo 2006
34
, nonostante la tendenza a ristrutturare il 
sistema di vigilanza verso forme accentrate, poco meno della metà dei paesi esaminati si 
affidano ancora a modelli di vigilanza basati su Agenzie separate e specializzate. 
33
 Ibidem.
34
 Per maggiori approfondimenti si veda: ýihák M., Podpiera R., (2006), Is one watchdog better than
three? International experience with integrated financial sector supervision, in “IMF Working Paper”,
International Monetary Fund. 
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