1. Prospettive sull’identità
“E così, conferendo al nulla un potere semantico
che si irradia a distanza fino a significare
qualsiasi cosa,la moda risolve a buon prezzo
problemi di identità che pongono fine
all'angosciante interrogativo:«Chi sono?».”
Umberto Galimberti
1.1 Introduzione
L’identità è un concetto controverso e non esiste consenso sui fenomeni ai
quali tale termine viene riferito. All’interno della psicologia le definizioni di
identità che vengono utilizzate sono piuttosto numerose e ognuna di esse è
collegata ad una propria operazionalizzazione.
Come viene definita l’identità nei dizionari filosofici e psicologici?
Il significato di identità nei dizionari filosofici può, ad esempio, essere
reperita nella discussione sull’uso del concetto di identità in sociologia che
intraprende Laeyendecker (1974). Secondo questo autore, due diverse concezioni
di identità vengono sottolineate in questi dizionari:
1) caratteristica particolare distintivo di un soggetto;
2) ciò che rimane identico, nonostante i cambiamenti.
Questi due significati sono collegati e possono stare insieme. Ad esempio,
un individuo può tentare di acquisire una chiara identità (per se stesso e per gli
altri) e, contemporaneamente, può tentare di mantenere la propria identità
nonostante la crescita ed il cambiamento.
Galimberti (1999) definisce l’identità in psicologia come l’identità
personale, ossia il senso del proprio essere continuo attraverso il tempo e distinto,
come entità, da tutte le altre. Inoltre, l’autore parla di identità conscia, ovvero
come riflessione che il soggetto fa sulla propria continuità temporale e sulla sua
3
differenza dagli altri, e identità inconscia dove non c’è distinzione psichica tra sé e
l’oggetto esterno. C.G. Jung (1921) scrive in proposito:
“…nella partecipazione mistica dei primitivi, nello stato
mentale della prima infanzia e nell’inconscio dell’uomo
civilizzato e adulto l’identità consiste innanzitutto in
un’uguaglianza inconscia con oggetti. Essa non è
equiparazione, un’identificazione, ma un’uguaglianza data a
priori che non è mai rientrata nell’ambito della coscienza.
Sull’identità si basa l’ingenuo pregiudizio che la psicologia
dell’uno sia uguale a quella dell’altro, che dappertutto valgano
gli stessi motivi, che ciò che piace a me debba ovviamente
piacere anche agli altri, che ciò che è immorale per me debba
esserlo anche per gli altri. L’identità si rileva in modo
particolarmente perspicuo in casi patologici, per esempio nel
delirio paranoico di riferimento nel quale viene presupposta
come osa ovvia negli altri l’esistenza del proprio contenuto
soggettivo
1
”.
Queste definizioni tratte dai dizionari implicano una sorta di bilancio
dinamico tra similarità e cambiamento, ed in questo senso “l’identità” viene
spesso descritta come la condizione di essere sempre se stessi e come la
condizione di continuità.
Esiste un altro binomio per cui gli individui possono essere identificati:
oggettività/soggettività.
Gli individui identificati in modo oggettivo da una serie di informazioni,
come caratteristiche fisiche, nome, data di nascita, descrizioni biografiche,
quoziente di intelligenza (QI), atteggiamenti, bisogni, tratti di personalità, etc.
Tutto ciò può essere descritto come “identità oggettiva” di una persona.
“L’identità soggettiva” invece rappresenta ciò che viene esperito dell’identità
oggettiva, come ad esempio avere la consapevolezza di tali caratteristiche, e di
essere comunque continuamente una e la stessa persona, differenziata dalle altre.
(Van der Werff, 1985).
Nella costruzione dell’identità un altro fattore importante è il contesto.
Infatti, è proprio grazie alla negoziazione tra il contesto e la persona che si
1
“Tipi psicologici”, Torino, Boringhieri, V ol. VI.
4
possono definire quali sono gli indicatori, oggettivi e soggettivi, importanti. In
molte circostanze questo processo di negoziazione avviene implicitamente, mentre
in altre situazioni – lavoro, relazioni personali – può avvenire in maniera
consapevole, dove il contesto e la persona provano a raggiungere un accordo sugli
indicatori rilevanti.
L’identità, quindi, non si riferisce ad un insieme di caratteristiche stabili,
ma ad indicatori la cui rilevanza dipende da specifiche relazioni persona-contesto.
In altre parole, rispetto all’identità, la persona ed il contesto si definiscono
vicendevolmente l’un l’altro. Si potrebbe dire: cercare di raggiungere l’identità nel
senso di uguaglianza, di adattamento persona-contesto, come equilibrio dinamico
tra l’essere sempre gli stessi ed il cambiamento, e tra la prospettiva soggettiva ed
oggettiva (Aleni Sestito, 2004).
1.2 Erik Erikson: l’origine dell’identità
Erik Erikson (1956) è il primo che ha posto una forte attenzione scientifica
sul significato dell’identità. Erikson inizia la sua formazione sotto la guida di
Freud a Vienna. Dopo, accetta la nomina di professore alla scuola freudiana dove
insegna ai figli dei colleghi e i pazienti sottoposti all’analisi. Egli nota che, in base
alle sue conoscenze, Freud usa il termine identità (identity) soltanto una volta.
Infatti, egli usa questo termine per deliberare una connotazione psicosociale,
ovvero per definire la popolazione ebraica e la loro identità interna basata sulla
condivisione di sistemi di valori e sulla storia di quelle persone. Erikson utilizza
invece per la prima volta il termine “ego identity” per descrivere un disturbo
centrale nella vita psicologica di alcuni veterani ritornati dalla Seconda Guerra
Mondiale che furono osservati in un centro per trattamenti clinici:
“What impressed me the most was the loss in these men of
sense of identity. They knew who they were; they had a
personal identity. But it was as if, subjectively, their lives no
longer hung together – and never would again…this sense of
5
identity provides the ability to experience one’s self as
something that has continuity and sameness and to act
according
2
.” (Erickson, 1963, p. 42).
Negli anni successivi Erikson spiega meglio il concetto di identità,
utilizzando diverse connotazioni. Esso appare indicare un senso conscio di
identità individuale, oppure una spinta inconscia a una continuità del carattere
personale, oppure ancora, un criterio per la funzione silenziosa della sintesi
dell’Io, o infine il mantenimento di una solidarietà interna con l’identità e gli
ideali di un gruppo (1968).
Erikson non si limita soltanto a questa definizione, infatti, lui dice che
proprio durante l’infanzia si viene a costruire una configurazione di identità. Si
tratta di una configurazione che “integra gradualmente dati costituzionali, bisogni
libidici idiosincratici, peculiari capacità, identificazioni significative, difese
efficaci, sublimazioni attuate con successo e ruoli importanti” (1968). Altra
definizione di Erikson, più elaborata dice: “Il sentimento cosciente di avere
un’identità personale è basato su due osservazioni simultanee: la percezione
dell’uguaglianza di sé, la continuità del senso della propria esistenza nel tempo e
nello spazio e la percezione del fatto che gli altri riconoscano tale uguaglianza e
continuità” (Erikson, 1969).
Quindi in definitiva, secondo Erikson, il concetto d’identità può esser visto
come una configurazione ipotetica di elementi che forniscono all’individuo la
sensazione di essere sempre lo stesso e della propria continuità.
Data la moltitudine e la varietà di significati e delle configurazioni
connesse all’identità descritti da un solo autore, la complessità del concetto
diventa evidente. Comunque, Erikson difende la pluralità di significati associati
all’identità perché spiega che soltanto attraverso vari punti di vista si può
argomentare il concetto dell’identità.
2
“Childhood and society”, New York, Norton.
6
1.2.1 La natura tripartita dell’identità dell’Io
Erikson, continuando i suoi lavori, ha rilevato come il senso dell’identità
dell’Io è il risultato dell’interazione di tre fattori: le caratteristiche biologiche; i
bisogni psicologici, che comprendono interessi e difese; ed infine l’ambiente
culturale di residenza. Caratteristiche biologiche, il genere di un individuo,
l'aspetto fisico, e le capacità fisiche e sue limitazioni forniscono un senso del “sé
corporeo” (bodily self). Con l’età, le caratteristiche fisiche e le capacità
cambieranno e un adattamento dell’identità sano richiede di alterare il proprio
senso dell’identità in virtù dei diversi cambiamenti fisici.
Fattori psicologici dell’identità includono le emozioni, interessi, bisogni e
difese che danno proprio un senso di Io e restano le stesse attraverso il tempo e le
circostanze.
Proprio gli ambienti sociali e culturali offrono l’opportunità per far
esprimere, nonché riconoscere, gli interessi e i bisogni biologici e psicologici
dell’individuo. Per Erikson, lo sviluppo ottimale dell’identità comporta trovare i
ruoli sociali e i luoghi di appartenenza dove poter sviluppare, grazie alla
comunità, un buon adattamento per i propri interessi e capacità biologiche e
psicologiche. Le risoluzioni a questo compito normalmente vengono effettuate
durante le fasi che vanno dalla media alla tarda adolescenza per stabilire quella
che sarà la struttura individuale e interpersonale della vita adulta. Comunque,
l’identità sarà continuamente riformulata durante l’intero ciclo di vita così come
le caratteristiche fisiche, psicologiche e sociali. (Kroger, 2006).
1.2.2 Prospettiva dell’identità nel ciclo di vita
Erikson (1963) ha sviluppato otto stadi corrispondenti a diverse fasi del
ciclo di vita che rappresentano uno schema dello sviluppo del ciclo di vita, nel
corso dei quali individua dei compiti psicosociali che richiedono una risoluzione.
Identità contro Confusione di Ruolo (Identity Versus Role Confusion), è il compito
centrale dell’adolescenza. Entrambi i termini del conflitto vitale bipolare si
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basano sulla risoluzione degli stadi precedenti e servono come blocco per la
costruzione di quella che poi sarà la futura vita adulta. Lo sviluppo dell’identità
così non è confinato agli anni dell’adolescenza ma piuttosto porta alla risoluzione
di precedenti fasi psicosociali che sono: Fiducia contro Sfiducia (Trust Versus
Mistrust), Autonomia contro Dubbio e Vergogna (Autonomy Versus Doubt and
Shame), Iniziativa contro Senso di Colpa (Initiative Versus Guilt), Operosità
contro Inferiorità (Industry Versus Inferiority), mettendo a fuoco come i giovani
incontrano la voglia di imparare il modo migliore per riconoscere e realizzare la
propria individualità all'interno di un ordine sociale più ampio. “Identità contro
Confusione di Ruolo”, come i precedenti e i successivi stati, richiedono al
soggetto di trovare un bilanciamento ottimale tra le due polarità.
Per l’identità in adolescenza, la risoluzione di Fiducia contro Sfiducia
rappresenta il modo migliore per avvicinarsi al mondo; l’apprendimento sottile è
fondamentalmente veicolante poiché attraverso l’affidabilità del rapporto stesso
prima dell’infanzia, imposterebbe le basi per la visione generale della vita così
come l’approccio alle relazioni successive. Da Autonomia contro Dubbio e
Vergogna deriva la volontà di essere se stessi, la quale si è sviluppata con la
risposta sociale che è stata permessa nella prima infanzia. Attraverso la
negoziazione dell’Iniziativa contro Senso di Colpa, l'esperienza del bambino in
età prescolare di anticipare i futuri ruoli si riflette nel grado di colpa riportato in
seguito alla loro attuazione. Il compito dell’Operosità contro Inferiorità, il
bambino in questa età, quella della scuola primaria, costituisce la base per i propri
atteggiamenti verso la ricerca e il completamento dell’identità definendo i loro
compiti ed attività. (Erikson, 1963)
Identità contro Confusione di Ruolo di norma s’incontra durante
l’adolescenza, secondo Erikson. Non solo la società impone le sue esigenze in
materia di gioventù per trovare dei modi adeguati per entrare nei ruoli adulti, ma
gli adolescenti ritrovano le pulsioni sessuali, nonché l'utilizzo di più sofisticate
operazioni cognitive che premono da dentro verso diverse forme di espressione.
Ovviamente, in questi casi, ci si aspetta una certa confusione di ruolo.
8
La Confusione dei Ruoli è l’opposto dell’identità. Per Confusione di
Ruolo ci si riferisce all'impossibilità di procedere verso la definizione di
un'identità. Ci potrebbero essere problemi con il senso dell’attività, un disturbo
con l'esperienza del tempo e difficoltà con la relazioni. A volte, vi è il desiderio di
"fondersi" con un leader come una sorta di risoluzione di identità o, in alternativa,
una presa di distanza per evitare di sentirsi invischiati. Ci può essere l'esperienza
del vuoto interiore e l'incapacità di raggiungere la soddisfazione nella
realizzazione di qualsiasi attività. Erikson aggiunge che la vita viene vissuta
passivamente e non per iniziativa dei singoli. Allo stesso tempo, è necessario per
l’adolescente sperimentare alcune confusioni di ruolo durante la fase del processo
di formazione dell’identità. Lasciarsi andare dalle identificazioni dell’infanzia per
forgiare il proprio impegno nella vita è un compito che fa riflettere, e spesso
sfocia in sentimenti di perdita e di confusione. (Erikson, 1968)
La risoluzione di questi compiti sull’Identità contro Confusione di Ruolo
pone le basi per l'ingresso nella vita adulta, con i propri ulteriori compiti
psicosociali. L'equilibrio trovato tra l’Identità contro Confusione di Ruolo durante
l’adolescenza stabilisce infatti le qualità di queste risoluzioni che saranno possibili
anche per i successivi stadi psicosociali di Intimità contro Isolamento (Intimacy
Versus Isolation), Generatività contro Stagnazione (Generativity Versus
Stagnation), Integrità dell’Io contro Disperazione (Integrity Versus Despair) che
si troveranno, rispettivamente attraverso gli anni di prima, media e tarda età
adulta.
Uno stile di risoluzione per l'Identità contro Confusione di Ruolo sembra
essere associata ad uno stile in grado di dare in età adulta – dare ai propri figli e/o
dare un contributo significativo personalmente alla propria comunità o ad un
contesto sociale più ampio. In ultimo, riemergono anche problemi d’identità
durante la fine della vita nello stadio psicosociale di Integrità dell’Io contro
Disperazione – un compito esistenziale per trovare un ultimo senso e
l'accettazione della propria vita prima della fine.
Lo schema di Erikson dello sviluppo della personalità sottolinea
l'interdipendenza di tutti gli stadi e fornisce un modello utile per comprendere il
9
rapporto tra identità ad altri compiti psicosociali significativi per la risoluzione
delle diverse fasi del ciclo di vita. (Kroger, 2006)
1.2.3 Processo di formazione dell’identità
Erikson ha quindi dedicato una notevole attenzione al processo di
formazione dell’identità. Questa evoluzione, che parte dall’infanzia e continua per
tutto il ciclo della vita, ha come momento centrale l’adolescenza.
“If we consider introjection, identification, and identity
formation to be the steps by which the ego grows in ever more
mature interplay with the available models, the following
psychosocial schedule suggests itself
3
.” (Erikson, 1968, p. 159)
Inizialmente, il bambino stabilisce un senso di sé attraverso l’introiezione
4
(introjection) – letteralmente è l'inserire in sé l’immagine di un altro basata, nei
rapporti iniziali, sulla (si spera soddisfacente) esperienza di reciprocità.
Un'esperienza ideale di rapporto precoce dà così al bambino un rifugio di
sicurezza da cui partire per cominciare ad esplorare ulteriormente le potenzialità
di altri rapporti che non siano con il caregiver primario. Attraverso le successive
identificazioni (identifications), il bambino diventa come quelle persone
significative con le caratteristiche o funzionalità che le sono ammirate. La
formazione dell’identità (identity formation), comunque, può iniziare soltanto
quando il processo di ricerca dell’identificazioni come base della propria identità
finisce.
“Identity formation, finally, begins where the usefulness of
identification ends. It arises from the selective repudiation and
mutual assimilation of childhood identifications and their
absorption in a new configuration, which, in turn, is dependent
3
“Identity: Youth and crisis”, New York, Norton.
4
processo per cui viene incorporata nel sistema dell’Io la rappresentazione mentale di un oggetto
esterno, per cui il rapporto dell’Io con l’oggetto si trasforma nel rapporto dell’Io con l’immagine
dell’oggetto introiettato. (Galimberti, 1999)
10
on the process by which a society (often through subsocieties)
identifies the young individual, recognizing him as somebody
who had to become the may he is and who, begin the way he is,
is taken for granted
5
.” (Erikson, 1968, p. 159)
La formazione dell'identità, quindi, comporta l'emergere di una nuova
struttura intrapsichica. Questa nuova struttura è più della somma delle precedenti
identificazioni infantili, anzi, è una configurazione che consente ora al soggetto di
mediare, piuttosto che essere mediati, da queste precedenti identificazioni
dell’infanzia. (Erikson, 1968)
1.2.4 Ulteriori elaborazioni del processo di formazione dell’identità
Erikson inoltre ha utilizzato anche il concetto di crisi d'identità (identity
crisis), preclusione (foreclosure), identità negativa (negative identity), e moratoria
(moratorium) nel descrivere gli aspetti del processo di formazione dell'identità.
Nel 1968, l’autore ha osservato che il termine sia d'“identità” che “crisi d'identità”
aveva acquistato molti significati diversi, sia nel linguaggio corrente che in quello
scientifico, da quando, più di 20 anni prima, aveva usato il termine con
connotazioni particolari. Per crisi di identità, Erikson non l’ha mai inteso come un
senso di catastrofe imminente, ma piuttosto come un punto di svolta (turning
point) nello sviluppo dell’identità.
“It [identity crisis] is now begin accepted as designating a
necessary turning point, a crucial moment when development
must move one way or another, marshalling resources of
growth, recovery, and further differentiation
6
”. (Erikson, 1968,
p. 16)
È attraverso proprio una crisi d'identità o un punto di svolta che il processo
di formazione dell'identità può procedere. Infatti, in un punto di svolta, si è spinti
a cercare risposte o soluzioni alle questioni che danno senso e scopo alla vita della
5
“Identity: Youth and crisis”, New York, Norton
6
Ibidem.
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