4
 
che suddivideva la città in due settori: uno collinare culminante con il Castello di 
San Giorgio ed  il quartiere del Poggio, l'altro piano imperniato sulla piazza 
Civica"
5
. L'impianto urbano rimase sostanzialmente inalterato sino al 1840, 
quando avvenne un ingrandimento oltre le mura nel fronte a mare
6
. A levante del 
colle la piana, solcata da torrenti, rigagnoli e contrassegnata da cospicue estensioni 
acquitrinose (localmente dette stagnoni) era coltivata ad orti, che alimentavano il 
mercato locale e l'autoconsumo dei contadini; inoltre erano presenti abitazioni 
sparse e i piccoli aggregati abitativi di Migliarina e del Marcantone. I percorsi più 
rilevanti erano due: uno giungeva da est, da Sarzana e dalla Lunigiana, attraverso 
Lerici, Buonviaggio e Melara; l'altro da nord, tramite la Foce, congiungendo 
Spezia con il genovese attraverso la Val di Vara. Assai meno rilevante era il 
percorso costiero
7
.  
Dopo il periodo dell'occupazione francese (1805-1814), come è noto, 
l'antica repubblica marinara genovese era stata cancellata ed il suo territorio 
inglobato nel Regno di Sardegna. Nel 1819 la regione veniva articolata in due 
divisioni: l'una con Nizza capoluogo, l'altra affidata a Genova. Spezia apparteneva 
alla divisione di Genova, ed era inserita nella provincia del Levante
8
.  
                                                          
5
 R. GUELFI, Lo sviluppo architettonico ed urbanistico, in R. SENSONI, Il Militare e la città, 
Milano, La Pietra, 1983, p. 40. 
6
 Nel 1846, fuori la Porta a Mare venne inaugurato il Teatro Civico.  
7
 R. GUELFI, Lo sviluppo architettonico ed urbanistico, in R. SENSONI, Il Militare e la città, 
cit., pp. 32-33. 
8
 Probabilmente la denominazione Levante fu un atto salomonico per evitare il risentimento dei 
sarzanesi, i quali al tempo vantavano un centro urbano non molto più piccolo di quello di 
Spezia; cfr G. REDOANO COPPEDE', Economia, popolazione e condizioni sociali nella 
provincia della Spezia sul finire della prima metà del XIX secolo, in "Giornale Storico della 
Lunigiana e del territorio lucense", nuova serie, 1987. 
  
5
  
Il riordino amministrativo del 1859-60 divise la Liguria in due provincie, Porto 
Maurizio e Genova, articolate a loro volta in circondari; Spezia si trovò a far parte 
della provincia di Genova, all'interno del circondario del Levante
9
. Nel corso della 
prima metà del XIX secolo la popolazione del circondario passò dai 61.943 
abitanti del censimento del 1805 ai 83.480 di quello del 1861
10
.  
Per quel che riguarda il comune di Spezia, la tabella 1
11
 illustra la variazione della 
popolazione nel lasso di tempo considerato: 
 
TABELLA 1 
 
Anno Capoluogo  Frazioni  Totale del comune 
 
1803  3.102  4.160   7.262 
1813  3.150  4.200   7.350 
1832  4.500  4.600   9.100 
1837  4.666  5.138   9.804 
1848 4.897  5.661  10.558 
1858 5.429  5.576  11.005 
1861 5.964  5.592  11.556 
 
Nel complesso, Spezia aveva l'aspetto di un borgo tranquillo, quasi ai margini 
della vita politica e sociale, anche a causa della mancanza di vie di comunicazione 
in grado di congiungerla sia con i centri economici del paese, sia con l'entroterra. 
                                                          
9
 Il circondario era diviso in mandamenti, a loro volta suddivisi per comuni. I comuni del 
circondario del Levante erano: Spezia, Beverino, Portovenere, Riccò, Riomaggiore, Godano, 
Brugnato, Carro, Zignago, Lerici, Ameglia, Trebbiano, Levanto, Bonassola, Borghetto, 
Carrodano, Deiva, Framura, Monterosso, Pignone, Vernazza, Sarzana, Bolano, Castelnuovo, 
Ortonovo, Santo Stefano, Vezzano, Arcola e Follo; successivamente, il R.D. n. 5600 del 23 
marzo 1870 soppresse il comune di Trebbiano, associandolo al comune di Arcola 
10
 G. FELLONI, Popolazione e sviluppo economico della Liguria nel secolo XIX. Archivio 
economico dell'unificazione italiana - Torino, ILTE, 1961, p. 50. 
11
 F. LIVI, Indagini sullo sviluppo della popolazione della Spezia,  in "Il Comune della 
Spezia", n.1, 1937, p. 10. 
  
6
 
Decisamente problematici erano i collegamenti con il parmense
12
; raggiungere 
Genova,  pur  se collegata tramite la Via Aurelia
13
, non era affatto agevole, poiché 
significava affrontare un viaggio lungo, con la strada necessariamente costretta a 
seguire le asperità delle colline affacciate sul mare, dovendo inoltre superare l'irto 
ed isolato passo del Bracco; più comodi risultavano i collegamenti con la Toscana, 
anche se esisteva, almeno sino alla costruzione del ponte di San Genesio (1856), il 
problema dell'attraversamento del fiume Magra, possibile solo tramite il 
traghettamento o il guado. Le comunicazioni e i commerci tra le zone dell'interno 
erano assicurate più che altro dalle mulattiere, solcate da carri e carrozze, e dai 
sentieri, mentre fra i paesi affacciati sul Tirreno molto intensi erano i collegamenti 
via mare
14
. 
Strozzata dal secolare dominio genovese, nei primi decenni dell'ottocento 
Spezia aveva un'economia che necessariamente andava appena al di là dello 
scambio autarchico; i suoi abitanti erano per lo più impegnati nella pesca, in 
piccole attività artigianali e commerciali, i cui prodotti venivano scambiati con 
quelli agricoli e dell'allevamento provenienti dalle zone limitrofe. Nel complesso 
                                                          
12
 La strada della Cisa era già esistente, ma venne resa completamente carreggiabile solo nel 
1859, con i lavori che avvennero a stralci. 
13
 L'Aurelia, in tutto il tratto ligure, fu resa completamente carrozzabile solo nel 1823.  
14
 Il tratto di Aurelia da Spezia e Sarzana fu reso carrozzabile durante il periodo 
dell'occupazione francese; Lerici era collegata direttamente solo via mare; da terra era 
raggiungibile tramite sentieri o mulattiere o scendendo; Portovenere venne collegata a Spezia 
con una strada carrozzabile nel 1812; fra gli anni '30 e '50 fu possibile raggiungere Levanto 
dall'Aurelia tramite un innesto nei pressi del passo del Bracco; a metà del XIX secolo il totale 
della rete carrozzabile era di 116 km cfr. F. MACCIONE, Lineamenti di storia dell'economia 
spezzina dall'ottocento ai giorni nostri, cit, pp. 23-24,  G. REDOANO COPPEDE', Economia, 
popolazione e condizioni sociali nella provincia della Spezia sul finire del XIX secolo, cit., p. 
53 e Le vie di comunicazione nell'Estrema Liguria orientale nell'età moderna e 
contemporanea, in "Annali della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli studi di 
Genova", anni VIII-X, 1980-1982, pp. 212-214 e 242-249. 
  
7
  
del circondario la voce principale dell'economia era l'agricoltura, comunque 
insufficiente anche al consumo locale
15
. Le uniche voci rilevanti della produzione 
agricola riguardavano il vino e l'olio, che rappresentavano praticamente le uniche 
voci dell'esportazione. 
Nel 1848 il territorio spezzino aveva il 55,6 di superficie agraria, così suddivisa: 
28,2% seminativi e frutteti, 8,5% vigneti, 4,6% oliveti, 1,0% prati, 13,3% pascoli. 
Le colture principali riguardavano la produzione di cereali minori (38,1%), 
granturco (22,0%), castagne (19,9%), vino (15,5%) e olive (12,1%)
16
. 
In particolare, esisteva una diversificazione di produzione tra la Val di Vara, le 
Cinque Terre, e la zona della Valle del Magra e delle campagne attorno a Sarzana. 
La prima era caratterizzata da un terreno estremamente impervio e difficilmente 
coltivabile che permetteva solamente coltivazioni "povere" e rivolte 
essenzialmente all'autoconsumo: vino, olio, castagne e patate, l'allevamento del 
bestiame e lo sfruttamento del bosco. Non esistevano apprezzabili estensioni di 
proprietà che permettessero di creare economie di scala, né una classe di 
proprietari terrieri in possesso di una mentalità imprenditoriale; erano presenti una 
serie di piccoli appezzamenti di terreno gestiti dalle famiglie del luogo che, con 
sudore e fatica, cercavano di ottenere il minimo per la sussistenza, sperando di 
avere un surplus da scambiare.   Da notare come tali commerci fossero diretti non 
                                                          
15
 Nell'inverno tra il 1817 e il 1818 la penuria di cereali, e di grano in particolare, provocò una 
grave carestia. La gente affamata si nutriva di legumi ed erba; in particolare, l'area più colpita 
fu quella che dal Bracco discende verso Spezia cfr, F. Maccione, Lineamenti di storia 
dell'economia spezzina dall'inizio dell'Ottocento ai giorni nostri, cit. pp. 4-5. 
16
 Nell'inverno tra il 1817 e il 1818 la penuria di cereali, e di grano in particolare, provocò una 
grave carestia, con la gente affamata che si nutrì di legumi ed erba; l'area più colpita fu quella 
  
8
 
tanto verso lo spezzino quanto verso il genovese, e, per l'alta Val di Vara, il 
parmense
17
. Una risorsa tradizionale di queste comunità rurali rimaneva 
l'emigrazione, spesso stagionale; per esempio, nella prima metà del XIX secolo, 
annualmente circa un migliaio di persone - principalmente dei comuni della Val di 
Vara - si recavano nel bresciano per la raccolta delle foglie di gelso
18
.  
Leggermente migliore appariva la situazione nella zona della valle del Magra: qui 
esistevano terreni più facilmente coltivabili  nonché proprietà più estese
19
 in grado 
di assicurare migliori condizioni di vita; inoltre i contadini tendevano a sfruttare in 
maniera più razionale le coltivazioni, promuovendo opere di bonifica e di 
miglioria, e utilizzando tecniche di coltivazione più moderne. La coltivazione 
prevalente era rappresentata dalle colture orticole intensive
20
. Anche in questo 
caso non era Spezia il centro su cui gravitava l'agricoltura di questa zona, orientata 
verso la confinante Toscana.  
La zona costiera, in particolare quella a levante di Spezia, aveva un'economia 
incentrata sulla pesca e la viticoltura, mentre molti abitanti trovavano occupazione 
nella navigazione. La maggior parte della popolazione integrava ai proventi 
dell'agricoltura le attività della pesca o della navigazione. 
                                                                                                                                                         
che dal Bracco discende verso Spezia cfr, F. Maccione, Lineamenti di storia dell'economia 
spezzina dall'inizio dell'Ottocento ai giorni nostri,  cit. pp. 4-5. 
17
 G. FELLONI, Popolazione e sviluppo economico della Liguria nel secolo XIX, cit., pp. 10-
15 
18
 G. GIACCHERO, Genova e Liguria nell'età contemporanea, Genova, Sagep Editrice, 1970, 
p.99. 
19
 Nel complesso in Liguria predominavano proprietà estremamente frazionate, a parte le zone 
della Val Polcevera e della piana del Magra. 
20
 M. FARINA, Vita politica e amministrativa alla Spezia avanti la prima guerra mondiale, in 
"Il Movimento Operaio e Socialista in Liguria", anno VII, n. 1, gennaio-marzo 1961, pp. 9-10. 
 
  
9
  
Nelle colline circostanti il borgo di Spezia veniva praticata l'olivicoltura e la 
viticoltura, la cui produzione alimentava un commercio che, via mare, 
raggiungeva anche il genovese; erano discretamente diffusi i frutteti e le colture dei 
legumi, della segale, dell'orzo e delle patate; poco rilevante, nell'area comunale, era 
l'allevamento, anche se molte famiglie integravano l'alimentazione con il consumo 
di animali da cortile
21
. 
 Le industrie erano pressoché assenti, eccetto piccoli insediamenti rivolti più 
che altro al soddisfacimento del fabbisogno locale. Tali attività occupavano, nel 
periodo 1830-1840, solamente 1.403 persone, facendo della zona il fanalino di 
coda della regione. In particolare, si contavano 600 addetti nell'industria molitoria, 
250 nell'industria olearia, 253 in quella estrattiva, 300 nell'industria manifatturiera 
ed edilizia
22
. Di un certo rilievo erano le attività estrattive del marmo, dell'ardesia, 
delle pietre da selciato, delle pietre calcaree, dell'argilla, dell'ossido di manganese; 
note anche fuori dal circondario erano la cava di arenaria di Biassa, nonché quelle 
di marmo portoro di Portovenere e delle isole della Palmaria e del Tino, 
conosciute sin dai tempi dei Romani; da queste due attività estrattive provenivano, 
in pratica, la quasi totalità delle esportazioni "non agricole" del circondario. Nei 
dintorni di Spezia esistevano alcuni piccoli cantieri navali, localizzati sulle spiagge 
di Lerici, del Fezzano e delle Grazie; la loro produzione era rivolta alla costruzione 
di modeste imbarcazioni in legno da adibire al traffico di cabotaggio lungo la 
                                                          
21
 F. MACCIONE, Lineamenti di storia dell'economia spezzina dall'inizio dell'Ottocento ai 
giorni nostri,  cit. 
22
 G. FELLONI, Popolazioni e sviluppo economico nella Liguria del XIX secolo, cit., p. 26. 
  
10
 
costa. L'industria tessile era tra le più sviluppate, e nell'intero circondario esistevano 
più di 300 telai per tessere il lino e la canapa. Erano attive una serie di manifatture, 
occupate in lavorazioni i cui prodotti erano destinati quasi esclusivamente al 
consumo locale: vi erano manifatture produttrici di cappelli di feltro e di cappelli di 
paglia
23
, concerie di pelli, fabbriche di candele, distillerie di liquore, una tipografia, 
laboratori per la costruzione di sedie di paglia
24
.  
Le attività commerciali erano logicamente rapportate a una realtà essenzialmente 
povera. Esistevano solamente piccoli negozi che offrivano una gamma di prodotti 
multiformi. Una rilevazione statistica del 1827, la cui compilazione venne eseguita 
dai   segretari comunali, riporta questa classificazione professionale degli addetti 
alle attività commerciali e ai trasporti   nell'intero circondario
25
: 
 
TABELLA 2 
 
Commercianti all'ingrosso   360 
Commercianti al minuto 1207 
Osti e macellai   408 
Mulattieri e carrettieri   208 
Naviganti 2554
                                                          
23
 B. BERNABO'-P.G. SCARDIGLI, Le istituzioni commerciali, in S. GAMBERINI, La 
Spezia. Volti di territorio, Roma/Bari, Laterza, 1992, p. 511 
24
 M. PARMEGGIANI, L'industria, in S. GAMBERINI, La Spezia. Volti di un territorio,  cit, 
p. 550. 
25
 G. FELLONI, Popolazione e sviluppo economico della Liguria del XIX secolo, cit. p. 43. 
Felloni ritiene che fra i naviganti vennero inseriti pure i pescatori. 
 
  
11
  
 La vita sociale e pubblica era proporzionata alle dimensioni del borgo, così 
come le strutture. Un grosso problema era rappresentato dalle carenti condizioni 
igienico-sanitarie, in specie la mancanza di fognature e di servizi igienici, 
pressoché assenti dalla stragrande maggioranza delle abitazioni. Gli spezzini 
utilizzavano come "cloaca massima" il Canale dei Molini, che dalla sorgente 
Maggiola a Rebocco attraversava la città, per poi sfociare in mare
26
. Venne 
coperto, nel suo tratto cittadino (denominato Canal di Piazza), solamente nel 1865. 
L'acqua potabile scarseggiava, e veniva raccolta da pozzi poco profondi e non 
protetti a sufficienza da possibili infiltrazioni inquinanti
27
.   
Questa realtà oramai sedimentata era destinata ad essere radicalmente modificata 
dalla costruzione dell'Arsenale, che diede l'impulso determinante 
all'industrializzazione della città e alla sua conseguente esplosione demografica, 
rivoluzionando "l'intero assetto naturale che la zona era venuta dandosi nei 
secoli"
28
, "che fa pensare al rapido e vertiginoso salire di città americane"
29
. 
 
                                                          
26
 S. OLDOINI, Bollettino annuale meteorologico, demografico, sanitario, anno VI, 1903. 
27
 R. SENSONI, Demografia, situazione igienico-ambientale e patologia umana, in R. 
SENSONI, Il Militare e la città, cit., pp.56-57-58. 
28
 M. PARMEGGIANI, L'industria,  in S. GAMBERINI, La Spezia. Volti di un territorio, cit., 
p. 551. 
29
 A. POGGIOLINI, in La Spezia e la sua Provincia, monografia della C.C.I.A. nel LX 
anniversario della sua istituzione, La Spezia, 1964. p.112 
  
12
 
La costruzione dell'Arsenale Militare e le sue 
conseguenze 
 
 
 Spezia aveva le caratteristiche geografiche adatte per farne un luogo 
estremamente sicuro dal punto di vista militare: sorgeva riparata all'interno di un 
golfo stretto e profondo, coperta alle spalle da colli impervi che, se disseminati di 
batterie e fortezze, avrebbero potuto rendere la zona praticamente inespugnabile. 
Già Napoleone ne aveva intuito l'alto potenziale strategico, dando avvio alla 
costruzione di una serie di fortificazioni militari e innalzando Spezia a capoluogo 
del VII dipartimento marittimo
30
, progettando di rendere il golfo una delle più 
importanti basi militari dell'impero. Il progetto napoleonico non andò a buon fine, 
e l'annessione di Spezia al Regno di Sardegna sembrò far definitivamente 
tramontare l'ipotesi di fare del Golfo una piazzaforte militare: Genova divenne 
sede della flotta piemontese, e proprio nel capoluogo ligure venne costruito un 
Arsenale Militare. 
Gli eventi politici e militari del 1848 e la Guerra di Crimea avevano evidenziato la 
carenza strategica rappresentata dalla mancanza di una efficiente flotta navale 
militare. All'interno di più settori degli ambienti marittimi e militari piemontesi 
venne pertanto caldeggiata la costruzione di una base navale militare nel Golfo 
della Spezia. Un Regio Decreto del 30 maggio 1849 stabiliva la costruzione di un 
                                                          
30
 G. LUVISOTTI, L'Arsenale della Spezia. Costruzione e conseguenze nello sviluppo 
economico, sociale e politico della città. La Spezia, Luna Editore, 1999. 
 
 
  
13
  
Arsenale Militare a Spezia: il primo progetto, presentato dall'ingegner Sauli, 
riprendeva l'idea francese di localizzare la costruzione tra la zona delle Grazie e del 
Varignano, nella parte ovest del Golfo; tale ipotesi comportava una spesa 
esorbitante, per cui la commissione chiamata a vagliare tale proposta, il 27 luglio 
dello stesso anno presentava il "Progetto di massima per lo stabilimento di un 
arsenale marittimo nel Golfo della Spezia" che sanciva un drastico 
ridimensionamento dell'idea originaria. L'Arsenale Militare a Spezia rimaneva, 
comunque, poco più che un'intenzione, che si doveva scontrare con una serie di 
ostacoli non indifferenti. Innanzitutto Genova non era affatto entusiasta di lasciarsi 
sfuggire un insediamento dell'importanza e del prestigio dell'Arsenale; inoltre, 
anche all'interno delle alte gerarchie dello stato e della marina non poche erano le 
perplessità: le principali riguardavano il rischio di insediare un impianto strategico 
di quell'importanza proprio in prossimità dei confini dello stato Sabaudo, ma 
anche il notevole impegno finanziario necessario era oggetto di discussione e di 
critica. Spezia trovò un influente sponsor in Cavour che, nominato ministro della 
Marina, dell'agricoltura e del Commercio, insisteva nel proposito di trasferire 
l'Arsenale militare da Genova a Spezia, presentando, in tal senso, un progetto in 
parlamento (gennaio 1852). Una commissione appositamente costituita richiamò 
la necessità di compiere un approfondimento tecnico-economico; il momento non 
era ancora favorevole, e  Cavour ritirò il disegno di legge, dopo che il Comune di 
Genova aveva formulato nuove proposte
31
. Nel 1853 Cavour, divenuto 
                                                          
31
 A. FARA, La Spezia, Bari, Laterza, 1983. 
  
14
 
Presidente del Consiglio, ritornò con decisione sulla sua idea, suffragata da uno dei 
massimi esperti mondiali della materia, l'inglese Rendel, il quale presentò un 
progetto, che pur riprendendo quello del Sauli nella scelta della localizzazione, ne 
modificava radicalmente le soluzioni. Il nuovo progetto prevedeva una spesa di 
circa 13 milioni; proprio per questo l'anno successivo venne leggermente 
modificato, riducendo il preventivo di spesa a 10 milioni. Intanto Genova 
sembrava meno interessata a difendere a spada tratta il proprio Arsenale; negli anni 
'50 nel capoluogo ligure si era sviluppato un dibattito circa il trasferimento 
dell'insediamento militare per favorire un programma di rilancio del porto 
mercantile. In specie, il ceto commerciale e gli armatori della Superba mostrarono 
estremo gradimento per una soluzione che avrebbe permesso di arredare gli spazi 
portuali di docks e di magazzini moderni, dando così alla città la possibilità di 
diventare il maggior centro marittimo e commerciale del paese. Cavour si inserì 
con risolutezza nel solco del dibattito; in un discorso alla Camera dei Deputati, il 
29 aprile 1857, affermò il trasferimento dell'Arsenale soluzione necessaria affinché 
il porto genovese potesse ritornare come una volta a competere con i maggiori 
scali internazionali. Nel mentre ferveva il dibattito, Spezia assisteva quasi con 
distacco al dipanarsi degli avvenimenti, non avendo, d'altronde né il peso politico 
né la possibilità di poter influire con autorevolezza nella discussione. La strada era 
però oramai tracciata, e la legge del 4 luglio 1857 approvava definitivamente il 
trasferimento dell'Arsenale Militare da Genova a Spezia, per un finanziamento di 
circa dieci milioni di lire. La guerra d'indipendenza bloccò momentaneamente la 
  
15
  
messa in opera del progetto, che vide fra l'altro diminuire i finanziamenti stanziati. 
Il ritorno di Cavour alla guida del governo e il realizzarsi dell'unità nazionale 
imprimeva, infine, la spinta decisiva per la costruzione dell'ormai sospirato 
Arsenale militare; fra l'altro, cominciava a prendere corpo l'idea di costruire la base 
navale non più nella zona del Varignano e delle Grazie, ma nella piana di San 
Vito, a ovest di Spezia, nella parte centro-occidentale del Golfo. Venne quindi 
elaborato il nuovo progetto, e il 12 giugno 1861 veniva presentato alla Camera il 
disegno di legge per la costruzione dell'Arsenale nella zona di San Vito. La spesa 
complessiva prevista era di quaranta milioni in sei anni (1861-1866). La legge 
veniva approvata definitivamente dal parlamento il 13 luglio, con uno 
stanziamento iniziale di 25 milioni di lire. I lavori furono incominciati nel 1862 e 
terminati il 28 agosto 1869.  
Da allora Spezia non fu più la stessa. Nel breve volgere di pochi anni si trasformò 
da borgo quasi autarchico in una grande e moderna città, operando un processo di 
radicale mutazione dagli esiti estremamente rapidi. Basta osservare (tabella 3
32
) il 
crescere degli abitanti in concomitanza con la costruzione dell'Arsenale per intuire 
la profondità delle modificazioni avviate nel tessuto economico e sociale di una 
realtà sino ad allora secolarizzata. Tale incremento demografico, logicamente, non 
venne determinato dal dinamismo normale della popolazione, ma bensì dal vasto 
movimento migratorio (tabella 4
33
) che fece giungere in città lavoratori impiegati 
                                                          
32
 F. LIVI, Indagini sulla popolazione della Spezia, cit., p. 12 
33
 U. FORMENTINI, Istituti, popolazioni e classi della Spezia medievale e moderna in "Il 
Comune della Spezia, Atti e statistiche", anno II, nn. 10-12, ott-dic 1924. 
  
16
 
nell'opera di costruzione e di potenziamento delle fortificazioni del Golfo, nelle 
ditte che si occupavano degli scavi dei bacini e in quelle addette alla costruzione 
degli edifici e di tutte le infrastrutture necessarie
34
. Tra il 1862 e il 1871 il tasso 
medio di immigrazione fu del 55,0 per mille, "un livello raramente raggiunto da 
altri comuni", del 12 per mille nel decennio 1872-1881, che saliva nuovamente al 
34,1 per mille nel periodo 1882-1901
35
. 
 
TABELLA 3.  LA CRESCITA DELLA POPOLAZIONE DOPO  
LA COSTRUZIONE DELL'ARSENALE 
        
 
Anno  capoluogo frazioni totale del comune 
 
1861  5.964  5.592 11.556 
1871 15.636  8.491 24.127 
1881 21.523 10.042 31.565 
1901 43.991 22.272 66.263
36
 
1911 42.125
37
 26.881 68.936  
 
                                                          
34
 Interessante notare come il cantiere dell'Arsenale si estendeva su di un'area di 1.655.000 mq., 
circa 14 volte più grande di quella dell'insediamento urbano di Spezia; cfr. G. FASOLI, 
L'importanza storica della Spezia nell'urbanistica dell'ottocento, in "La Spezia. Rassegna 
Municipale", nuova serie, n. 8-9, 1990. 
35
 G. FELLONI, Popolazione e sviluppo economico della Liguria nel XIX secolo, cit. p. 181. 
36
 Come rileva Formentini, tali cifre evidenziano "un aumento sul censimento precedente del 
50%, non raggiunto da nessuna altra città d'Italia", U. Formentini, Istituti, popolazioni e classi 
della Spezia medievale e moderna, cit. 
37
 Tale lieve diminuzione della popolazione sorprese parecchio la classe dirigente locale del 
tempo, che stimava una crescita della popolazione tale da far ammontare a circa 80.000 gli 
abitanti del circondario. Probabilmente fu una conseguenza della Guerra di Libia, la quale 
comportò il trasferimento di circa 15.000 persone tra militari e loro familiari, da Spezia alla 
base di navale di Taranto, cfr. B. PIETRA, La base navale, in La Spezia e la sua provincia, 
cit., p. 59. 
  
17
  
 
TABELLA 4. AFFLUSSI DELL'IMMIGRAZIONE IN RELAZIONE ALLA 
PROVENIENZA 
 
Immigrati nel periodo 1901-1921 69.182 
dei quali provenienti da: 
Toscana 17.679 
Liguria  17.364 
Campania   5.528 
Emilia      5.274 
Puglie      3.917 
Veneto      3.695 
Piemonte   2.969 
Sardegna   2.648 
Lombardia  2.572     
 
Formentini
38
 individua due diverse tipologie di immigrazione nel territorio 
spezzino: quella per cause artificiali e quella per cause naturali. Nella prima 
tipologia inserisce gran parte degli efflussi provenienti dalle Puglie, dal Veneto e 
dalla Sardegna, i quali erano originati da cause di ordine militare, e cioè dallo 
spostamento di personale dalla basi militari di Taranto, Venezia e della 
Maddalena. Nella stessa categoria rientrava l'immigrazione dalla Campania, in 
quanto a Napoli esisteva un cantiere di stato. Diversamente, l'immigrazione per 
cause naturali derivava dallo spostamento di lavoratori che, abbandonati i territori 
più o meno vicini, giungevano a Spezia attratti dalle possibilità occupazionali 
                                                          
38
 U. FORMENTINI, Istituti, popolazioni e classi della Spezia medievale e moderna, cit. 
pp.47-48-49. 
 
  
18
 
offerte dal costruendo Arsenale. Caratteristica divenne la figura dell'operaio-
contadino, un tipo particolare di lavoratore che, residente nelle zone collinari più 
vicine e più povere, integrava il magro bilancio familiare derivato dal lavoro 
agricolo con il reddito guadagnato nei lavori di costruzione dello stabilimento 
militare. In particolare, gli operai contadini provenivano dalle zone della Val di 
Vara e delle Cinque Terre, dove, come abbiamo già visto, l'agricoltura era 
essenzialmente povera. Diversa era invece la condizione della Val di Magra: la 
maggior prosperità rendeva meno impellente la necessità di affiancare altre forme 
di reddito a quanto guadagnato con il lavoro agricolo. Per chi abitava nelle zone 
della Val di Vara più impervie e lontane - e carenti di vie di comunicazione - si 
trattava, invece, di scegliere necessariamente tra il lavoro in città o continuare la 
vita nei campi; ciò significò l'inizio dell'abbandono dell'attività agricola e al 
conseguente spopolamento di quelle zone. Un aumento demografico così pesante 
poneva dei grossi problemi di sovraffollamento della città, che in solo quarant'anni 
quintuplicò la densità della propria popolazione
39
; ciò rendeva ancora più 
problematiche le condizioni igienico-sanitarie, le quali erano inadeguate e mal 
funzionanti. I lavoratori per lo più abitavano in abitazioni insalubri. Spesso i 
pendolari passavano la notte sulle panchine dei giardini pubblici o, durante i mesi 
più freddi, ammassati in fatiscenti baracche dove vivevano in condizioni 
                                                          
39
 Il rapporto fra il numero degli abitanti e la superficie del territorio comunale passò dai 0,029 
abitanti ogni 100 metri quadrati del 1861 a 0,16 abitanti ogni cento metri quadrati del 1901. 
Cfr. ROBERTO SENSONI, Demografia, situazione igienico-ambientale e patologia umana, in 
REMO SENSONI, Il Militare e la città, cit. p. 53. 
  
19
  
veramente bestiali
40
. L'esplosione demografica rese impellente la necessità di una 
pianificazione dello sviluppo urbanistico e di un ammodernamento delle strutture. 
Tale esigenza  doveva conciliarsi con l'imperativo di non intralciare le opere 
militari, né tantomeno comprometterne la loro sicurezza. E' evidente come Spezia 
fosse considerata alla stregua di "un'infrastruttura" della base navale, e lo sviluppo 
della città serviva a "creare le condizioni favorevoli, sul versante civile e urbano, 
all'insediamento di una struttura della dimensione e del peso dell'Arsenale"
41
. Ciò 
si evidenzia nei due piani regolatori del 1862 e del 1870 (e approvati con R.D. 
rispettivamente nel 1865 e nel 1871); in essi si nota uno sviluppo della città 
secondo due assi compenetranti, l'uno funzionale all'Arsenale (Viale Regina 
Margherita, l'attuale Viale Amendola e Via Militare, l'attuale Viale Garibaldi), e 
l'altro parallelo ad esso, su cui si estendeva invece lo sviluppo urbano (Via Cavour 
e Via Chiodo). Su questo schema avverrà lo sviluppo per tutto il secolo, sino a che, 
con il Piano regolatore del 1908 verrà dato sfogo alla crescita della città 
progettando il superamento del colle dei Cappuccini in direzione della piana di 
Migliarina e della zona del Canaletto. Il rapido incremento demografico mise in 
crisi le strutture igienico-sanitarie, già assolutamente carenti quando ancora Spezia 
non era che un borgo abitato da poche migliaia di persone. Le autorità non seppero 
intervenire a sufficienza, limitandosi a pochi interventi non certo adeguati a 
                                                          
40
 In tutta l'Europa, nel corso del XIX secolo il principale problema derivato 
dall'urbanizzazione fu proprio la questione abitativa, che divenne uno dei tempi principali 
dibattuti dai riformatori e gli studiosi delle città; cfr. P.M. HOHENBERG - L. HOLLEN LESS, 
La città europea dal medioevo a oggi, Roma-Bari, Editori Laterza, 1992, pp. 321-320. 
41
 P. CEVINI, La Spezia, Genova, Sagep editrice, 1984, p. 84. 
  
20
 
contrastare il progressivo degrado ambientale
42
. La mancanza di efficaci politiche 
di pianificazione urbana non era certo un problema riguardante solo Spezia. Nel 
corso del XIX secolo, quasi tutte le città europee furono protagoniste di una rapida 
urbanizzazione. Veri e propri problemi sociali divennero l'elevata densità abitativa, 
la qualità scadente degli alloggi, gli effetti delle cattive condizioni igieniche. In tutto 
il continente, le contromisure adottate furono lente
43
 e non sempre del tutto 
efficaci. In particolare, nelle zone industriali urbane di recente costituzione che non 
avevano élite residenti sul posto - e qui rientra Spezia - il problema delle 
responsabilità civiche risultava estremamente trascurato
44
.  Nel 1884 una violenta 
epidemia di colera
45
 imperversò in città,  colpendo con più virulenza proprio le 
zone in cui predominavano situazioni abitative insalubri e fatiscenti
46
.  
                                                          
42
 Il primo acquedotto venne costruito attorno al 1870, ed era in grado di rifornire 10 fontane, 
due lavatoi e alcuni stabilimenti, ma non serviva le abitazioni. Non risolveva, quindi, il 
problema principale, ovvero i pozzi inquinati di cui si serviva la popolazione  per le esigenze 
idriche. Negli anni seguenti l'acquedotto venne potenziato con l'allacciamento di alcune 
sorgenti alla rete idrica già esistente, permettendo in tal modo di fornire l'acqua ai vari quartieri 
cittadini. Nonostante ciò, l'acqua potabile non era molto abbondante, anche a causa del rapido 
incremento demografico.  
43
 A Parigi, ancora nella prima metà del 1880, si scaricavano i liquami nei fiumi da cui si 
prendeva anche l'acqua, Lilla, ebbe una rete di estese fognature sotterranee solo negli anni della 
Terza Repubblica. 
44
 P.M. HOHENBERG - L. HOLLEN LEES, La città europea dal medioevo a oggi, cit. 
45
 L'epidemia colerica scoppiò il 27 agosto e durò 46 giorni. I decessi furono 610, mentre le 
persone che risultarono essere colpite dal morbo furono 1287. Va tenuto presente come, in casi 
del genere, spesso anche il più piccolo disturbo intestinale veniva denunciato per colera; 
altrettanto facilmente molti casi non venivano constatati che dopo la morte. Altre volte non 
figuravano nelle denunce, quando tali casi avevano un esito "fortunato". S. OLDOINI, Storia 
delle epidemie di cholera avvenute nel comune di Spezia durante gli anni 1884-1885-1886. 
Milano, Fratelli Rechiedei Editori. 1887. 
46
 Oldoini individuò una serie di fattori corresponsabili di un'epidemia così diffusa e micidiale: 
il terreno alluvionale su cui poggia la città, la poca elevazione sul livello del contiguo mare, lo 
straordinario accumulo delle famiglie nelle abitazioni, la deficienza di aria, luce e ventilazione 
dei quartieri più frequentati, la poca pulizia di strade e abitazioni, la mancanza di buone 
lavanderie pubbliche, l'imperfetta e talvolta mancante fognatura sia pubblica che privata. S. 
OLDOINI, Storia delle epidemie di cholera avvenute nel comune di Spezia durante gli anni 
1884-1885-1886, cit., p. 10.