2 
 
equity, che giocano un ruolo rilevante nella definizione della struttura proprietaria 
delle aziende e nel supporto ai processi di crescita e di sviluppo. La finalità di questo 
lavoro è dimostrare come il ricorso al private equity possa essere determinante per il 
successo dei programmi di crescita e di miglioramento dell’impresa e possa 
innescare un circolo virtuoso tra strategie vincenti e forme di finanziamento 
adeguate. Inoltre l’apertura del capitale di rischio permette di realizzare programmi 
di successo che non riescono a creare valore a causa della mancanza di risorse 
finanziarie adeguate. Il private equity, rappresenta uno strumento molto efficace 
grazie all’ottica di medio lungo periodo dell’investitore in capitale di rischio volto ad 
ottenere un capital gain nel momento della dismissione della partecipazione. Oltre 
all’apporto puramente finanziario, le PMI, attraverso il private equity possono 
attingere a risorse strettamente connesse all’esperienza e alla professionalità degli 
investitori, che rappresentano un contributo strategico e gestionale fondamentale 
nell’attuazione dei progetti imprenditoriali.   
Con il presente lavoro si intendono dimostrare le modalità con cui le operazioni di 
private equity possono inserirsi nella realtà delle PMI italiane, permettendo di 
sfruttare due aspetti: le opportunità offerte dai finanziamenti nel capitale di rischio in 
alternativa all’indebitamento e le opportunità fornite dal servizio consulenziale degli 
operatori. A sostegno di questo progetto è inserita l’analisi di una PMI italiana, la 
Piquadro S.p.A, che grazie al private equity, ha intrapreso un percorso di crescita 
virtuoso, trasformandosi da piccola realtà imprenditoriale ad impresa solida e 
rappresentativa delle PMI di successo italiane. 
Il lavoro è strutturato in tre aree: quella iniziale, costituita dai primi due capitoli, ha 
l’obiettivo di definire l’oggetto dello studio. Singolarmente si analizzano gli aspetti 
della PMI italiana e quelli del private equity. La seconda area è di matrice operativa, 
in quanto analizza la struttura di un generico processo di intervento nel capitale di 
rischio, ponendo particolare attenzione a due tipologie di operazione: quella della 
quotazione in Borsa e quella del leverage buyout. Infine l’ultima area è riservata 
all’analisi della PMI oggetto di private equity, a sostegno delle conclusioni cui 
giunge tale lavoro.  
In dettaglio, nella prima parte del lavoro, vengono messe a confronto due definizioni 
di PMI: quella della Comunità Europea e quella offerta da Mediobanca ed 
Unioncamere. La prima definizione che classifica le PMI in base ai parametri del 
3 
 
fatturato annuo, numero degli addetti e totale attivo di bilancio, risulta ai fini di 
questo lavoro riduttiva, in quanto verrebbero escluse imprese che pur non rientrando 
in tali parametri dimensionali, non si ritiene opportuno definire grandi aziende. Al 
fine di analizzare l’impatto del private equity sulle PMI italiane, si farà riferimento 
alla definizione proposta da Unioncamere e Mediobanca, che determina un 
ampliamento della classe relativa alle medie imprese. Un’ulteriore specificazione 
riguarda la più ampia accezione di private equity, intesa come attività di 
investimento istituzionale nel capitale di rischio. Il private equity viene suddiviso in 
due tipologie di intervento classificate come Venture Capital e Private equity in 
senso stretto o Buyouts. La distinzione è effettuata sulla base della tipologia di 
operatore e sullo stadio del ciclo di sviluppo dell’impresa. Il venture capital include 
le operazioni di investimento e finanziamento che hanno la finalità di agevolare la 
nascita di nuove realtà imprenditoriali ad elevato potenziale di crescita nel lungo 
periodo e per l’investitore di ottenere rendimenti elevati. Il venture capital, inoltre, si 
configura come strumento per il finanziamento ed il supporto delle imprese nelle fasi 
iniziali di early stage financing e nelle prime fasi di expansion financing, dove tale 
termine è utilizzato per indicare l’intervento in imprese già sviluppate e mature che 
necessitano di capitali per consolidare la crescita. Il venture capital rappresenta per le 
PMI una potenziale soluzione al problema del finanziamento iniziale.  Infatti 
nonostante in Italia vi siano molti professionisti risulta difficile trasformare il lavoro 
in attività imprenditoriale. Infine, il venture capital si propone come forza volta ad 
implementare e a far superare la mentalità degli imprenditori e a promuovere una 
visione più aperta che favorisca l’emergere ed il successo delle PMI. 
La seconda parte del presente lavoro è rivolta a individuare il rapporto che intercorre 
tra le PMI ed il private equity. In Italia, la forma privilegiata di finanziamento è 
l’indebitamento, che nel lungo termine però, non è in grado di soddisfare le esigenze 
dell’impresa. L’alternativa è quella di implementare la frazione di indebitamento con 
nuove fonti di finanziamento, che possono avvenire tramite l’entrata di nuovi soci 
nella compagine azionaria e il ricorso al mercato finanziario. Infatti il private equity 
può essere impiegato per la risoluzione dei problemi legati al ricambio generazionale 
o semplicemente alla proprietà dell’impresa.  Questi aspetti, insieme  alla volontà di 
intraprendere un processo di sviluppo,  rappresentano le motivazioni più frequenti 
del ricorso al private equity da parte delle PMI. 
4 
 
Per valutarne i benefici, viene effettuata una macro ripartizione tra le tipologie di 
intervento, in relazione alle fasi di sviluppo dell’impresa. Si identificano due tipi di 
operazioni: quelle di sviluppo e quelle di cambiamento. In merito alla prima 
categoria, lo sviluppo può riguardare: lo sviluppo per vie interne, che viene 
generalmente perseguito attraverso l'aumento o la diversificazione diretta della 
capacità produttiva. Quello per vie esterne, che avviene tramite l’acquisizione di altre 
aziende o rami aziendali e a rete, attraverso l’integrazione con altre imprese, 
mantenendo un elevato grato di autonomia gestionale delle singole unità. Infine il 
bridge financing, è volto a guidare l’impresa verso la quotazione in Borsa, 
trasformandola da società a capitale chiuso a società quotata.  
Per quanto concerne le operazioni di cambiamento, queste  coinvolgono il riassetto 
proprietario aziendale e non possono essere inserite all’interno del ciclo di vita 
aziendale, se non per l’esigenza dell’impresa di realizzare un progetto di crescita ed 
un salto dimensionale. Le operazioni di cambiamento sono dunque determinate da 
decisioni strategiche, personali o da momenti di crisi che richiedono l’intervento 
partecipativo dell’investitore di private equtiy. Si parla di operazioni di replacement 
capital, buyout/in e di turnaround financing.  
Un ulteriore approfondimento è infine rivolto a identificare le tipologie di 
intermediari finanziari, che si caratterizzano per le differenti modalità operative di 
intervento e per la consistenza dell’offerta presentata alle imprese, sia in termini 
finanziari che di know how strategico.  
Un aspetto fondamentale e particolarmente interessante è quello relativo alla 
necessità di trovare una “via italiana del private equity”, che permetta di collocare le 
operazioni nel capitale di rischio delle imprese italiane, nella definizione di private 
equity. Contrariamente a quanto avviene in Gran Bretagna e Stati Uniti, l’Italia si 
differenzia in primo luogo per le acquisizioni da parte degli intermediari di 
partecipazioni principalmente di minoranza. Si parla infatti di “ruolo di 
accompagnamento” nel periodo di crescita, fino ad una potenziale quotazione in 
Borsa, che, mentre per le realtà anglosassoni, rappresenta la fase di avvio di 
un’operazione, in Italia si configura come modalità di exit dalla partecipazione. Altro 
elemento oggetto di valutazione è legato ai sistemi di governance che nella 
strutturazione di un’operazione il cui attore è la PMI italiana, ricopre un tema 
fondamentale. Nell’ambito di tale trattazione vengono identificati gli strumenti a cui 
5 
 
l’intermediario ricorre, per gestire il rapporto di partnership che si viene a creare con 
l’imprenditore ed il management team, qualora questo esista. Si esamina la 
possibilità di inserire figure di fiducia nel consiglio di amministrazione o di 
sottoscrivere contratti e clausole volte a regolare la relazione. Infine viene posto 
l’accento sui principali elementi che differenziano le imprese target italiane, nella 
maggior parte dei casi PMI, da quelle che rappresentano l’azienda ottimale in cui 
intervenire, secondo la tipologia di private equtiy anglosassone. Ancora una volta 
viene messa in risalto la “personalizzazione” della PMI, identificata nella figura 
dell’imprenditore e che, per le sue peculiarità, richiede un’attenzione particolare da 
parte dell’investitore nel comprendere e modellare l’approccio in funzione delle 
esigenze aziendali. 
Il terzo capitolo rientra nell’area operativa di questo lavoro, e analizza la struttura di 
un’operazione di private equity. Si approfondisce l’intero processo di investimento, 
proseguendo con l’individuazione degli aspetti rilevanti di ciascuna fase. Tale 
processo è attivato da un’attenta attività di selezione delle opportunità di 
investimento, denominata deal flow, in cui viene approvato o meno l’intervento. 
L’obiettivo dell’investitore di private equity è quello di costituire un portafoglio di 
opportunità di investimento, tra cui saranno selezionate quelle che promettono 
rendimenti elevati per l’investitore e sviluppo per l’impresa. La seconda analisi è 
rivolta ai parametri che permettono di identificare l’impresa ottimale oggetto di 
un’operazione di private equity. In relazione alle PMI, a supporto degli indicatori 
oggettivi utilizzati  nella selezione dell’impresa, viene attribuito un peso rilevante 
alla componente della fiducia e della mentalità e volontà dell’imprenditore di 
superare determinati ostacoli culturali. Infatti, viene dedicata una trattazione 
approfondita sulla valutazione del profilo manageriale e imprenditoriale ricercato 
dall’investitore. Lo strumento operativo che consente la valutazione dell’impresa e 
dei progetti per cui si richiede il supporto dell’intermediario, é rappresentato dal 
business plan. Si fa riferimento ad una struttura di business plan che pone in risalto 
gli aspetti più interessanti ai fini del private equity, quali: gli obiettivi e le 
caratteristiche dell’impresa target; la tecnologia e i punti di forza del prodotto; il 
mercato attuale e potenziale; gli aspetti produttivi; i piani operativi e i dati 
economico-finanziari; la struttura finanziaria; il profilo del’imprenditore e del 
management; la strategia di disinvestimento. 
6 
 
Il terzo capitolo si conclude con la definizione dei principali sistemi di valutazione 
utilizzati nell’ambito delle operazioni di private equity. Viene rappresentata con 
l’ausilio di riferimenti teorici,  una breve definizione del concetto di valore 
d’impresa, che rappresenta la base per la determinazione del prezzo dell’operazione. 
L’ultima parte del lavoro è stata realizzata con il fine di esaminare in maniera più 
approfondita due particolari operazioni di private equity: quella della quotazione in 
Borsa (Initial Public Offering) e quella del leverage buyout. La scelta dell’IPO è 
relativa ai vantaggi che tale operazione implica nel processo di crescita delle PMI, 
garantendo ritorni sia quantitativi, legati naturalmente alla maggiore capacità di 
reperire risorse finanziarie, ma soprattutto a quelli qualitativi, in termini di 
affermazione della propria immagine e solidità sul mercato. Inoltre si sostiene che 
l’IPO rappresenta il momento di consolidamento dell’impresa, cioè l’istante in cui la 
PMI è in grado di effettuare il salto di cui si parlava precedentemente. Nonostante le 
PMI italiane siano rappresentative di un numero molto basso di imprese quotate, è 
crescente l’interesse, la volontà ed in molti casi il ricorso a questa modalità di 
“apertura”. La scelta dell’approfondimento del leverage buyout, deriva dalla 
crescente diffusione di tali operazioni nel contesto italiano delle PMI, a 
testimonianza del cambiamento di mentalità e dell’abbattimento delle barriere 
costruite dall’imprenditore intorno alla propria azienda. In entrambi i casi, si 
intendono queste operazioni come possibilità per le PMI di risolvere i gap relativi 
all’assetto proprietario e gestionale. 
A conclusione del presente lavoro, si è optato per la dimostrazione di un caso 
aziendale volto a valutare il percorso seguito dalla “Piquadro S.p.A”, un’impresa 
italiana di piccole e medie dimensioni che grazie ad una duplice operazione di 
private equity, ha raggiunto gli obiettivi strategici in breve tempo, ed è riuscita ad 
anticipare la quotazione in Borsa effettuando quel salto quantitativo e qualitativo. 
 
 
 
 
 
 
 
7 
 
Capitolo 1 
 
Il finanziamento delle piccole e medie imprese attraverso l'attività di 
venture capital 
 
 
1.1 La definizione e caratteristiche delle piccole e medie imprese nel contesto 
italiano 
 
L’adozione di una definizione standard per classificare le dimensioni di un’impresa è 
un tema ampiamente discusso a causa dell’eterogeneità del tessuto imprenditoriale 
europeo ed in particolare di quello italiano, dove le piccole e medie imprese ne 
rappresentano una quota superiore al 90%
1
.  Dal punto di vista legislativo, i primi 
interventi volti a introdurre una definizione comune, sono stati effettuati dalla 
Commissione Europea, nel 1996  attraverso una prima raccomandazione
2 
e nel 2003 
con una nuova raccomandazione
33
 che teneva conto degli sviluppi economici 
avvenuti negli anni. La nuova raccomandazione ha definito i tre parametri necessari 
alla valutazione dimensionale dell’impresa: 
 
 ξ  numero degli addetti 
 ξ  fatturato annuo 
 ξ  totale dell’attivo di bilancio 
 
E’ opportuno notare che, per le imprese è obbligatorio rispettare la soglia degli 
addetti per rientrare nelle categorie di Pmi, mentre è facoltativa la scelta di rispettare 
il criterio del fatturato o quello di bilancio. L’impresa non deve quindi soddisfare 
entrambi i requisiti ma può superare una delle soglie senza perdere la sua 
qualificazione. Le soglie ed i parametri di valutazione sono sintetizzati nella tabella 
seguente: 
                                                 
1
 
”
Comunità europea -  la nuova definizione di Pmi”, 2006 
2
  Raccomandazione delle Commissione 96/280/CE, del 3 aprile 1996, relativa alla definizione delle 
piccole e medie imprese 
3
 Raccomandazione della Commissione 2003/361/CE, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione 
delle microimpres, piccole e medie   imprese 
8 
 
 
 
Parametri 
 
 
Addetti 
 
 
Fatturato 
 
 
Totale 
di 
bilanc
io 
 
 
Micro 
 
<10 ≤ 2 
milioni di 
Euro 
≤ 2 
milion
i di 
euro 
 
Piccole 
 
<50 ≤ 10 
milioni di 
euro 
≤ 10 
milion
i di 
euro 
 
Medie 
 
<250 ≤ 50 
milioni di 
euro 
≤ 43 
milion
i di 
euro 
Fonte: nostra elaborazione 
 
Con lo scopo di individuare una classificazione di piccola e media impresa a livello 
europeo, la raccomandazione del 2003 utilizza parametri che presentano il limite di 
essere principalmente indicatori di tipo quantitativo.  Una analisi più ampia richiede 
l’introduzione di aspetti qualitativi che contribuiscono a definire i confini 
dimensionali delle imprese. Il primo di questi, è  la coincidenza tra il proprietario 
dell’impresa con la figura del manager. La sovrapposizione dei ruoli rappresenta un 
ostacolo al processo di sviluppo dell’impresa, che invece è condizionato dalla 
mentalità e dagli obiettivi personali del proprietario e molto spesso è il fattore 
determinante del suo declino. Il secondo aspetto è fortemente correlato al primo 
poichè riguarda la scarsa specializzazione del management che caratterizza un 
numero molto elevato di imprese. Un’ulteriore caratteristica, comune a gran parte 
delle PMI è la ridotta quota di mercato che queste ricoprono nei confronti dei 
concorrenti, inoltre, lo scarso potere contrattuale verso i terzi porta le imprese a 
giocare un ruolo marginale nell’influenzare i prezzi e le quantità di beni venduti. 
Se da un lato il ridotto aspetto strutturale delle imprese è caratterizzato da elementi 
che ne ostacolano il ciclo di vita, la piccola e media dimensione favorisce il processo 
di crescita aziendale grazie alla maggiore flessibilità e capacità di adattamento ai 
cambiamenti del contesto esterno. L’appiattimento della struttura e la 
semplificazione di alcune funzioni gestionali permettono inoltre al