7 
INTRODUZIONE 
 
L’amore per il teatro e il desiderio di novità mi hanno spinto ad accogliere con 
entusiasmo il suggerimento della Professoressa Maria Cristina Pedrazzini a 
svolgere uno studio su Jean Genet e le sue opere teatrali. 
La genialità di quest’autore emerge man mano che si impara a conoscerlo e a 
comprendere il suo dramma interiore che ne ha condizionato il pensiero e le 
scelte di vita. 
La versatilità del suo linguaggio dai toni talvolta brutali, ricco di espressioni 
argot, la peculiarità delle tematiche, l’originalità delle situazioni, l’eccentricità 
dei suoi personaggi mi hanno affascinata fin da subito. 
Accostarsi allo studio di un autore così eclettico e singolare, talvolta di non 
facile comprensione, è stata per me un’esperienza stimolante che mi ha 
arricchita sia sul piano culturale, sia su quello umano. 
La mia tesi si occupa dell’analisi di tutte le sue opere teatrali, sia quelle edite che 
inedite, con la finalità di mettere in risalto le caratteristiche salienti della sua 
produzione. 
Il lavoro si compone di dieci capitoli. 
Il primo è dedicato alla biografia dell’autore e contiene informazioni utili per 
capire l’uomo-Genet e il letterato; segue l’elenco delle opere secondo l’ordine 
cronologico di produzione. 
I nove capitoli successivi sono dedicati alle rispettive opere: Haute surveillance, 
Les Bonnes, Splendid’s, il balletto ‘adame Miroir, Le Balcon, «Elle», Les 
Nègres, Les Paravents e Le Bagne. 
In ogni capitolo vengono trattati la genesi dell’opera, la sinossi, i temi principali, 
i personaggi, l’elemento temporale e quello spaziale. 
La tesi si chiude con una sintesi del lavoro di analisi con la finalità di far 
emergere le principali caratteristiche del teatro di Jean Genet.
8 
CAPITOLO 1: biografia di Jean Genet 
 
 
 
1.1 La vita 
 
Quella di Jean Genet è davvero una vita travagliata: nasce nel 1910 da padre 
ignoto e da Camille Gabrielle Genet, giovane donna che lo abbandona subito 
dopo averlo dato alla luce perché figlio illegittimo e perché economicamente non 
può permettersi una balia per allevare il bimbo. Egli stesso si racconta: 
 
Je suis né à Paris le 19 décembre 1910. Pupille de l’Assistance 
Publique, il me fut impossible de connaître autre chose de mon état 
civil. Quand j’eus vingt et un ans, j’obtins un acte de naissance. Ma 
mère s’appelait Gabrielle Genet. Mon père reste inconnu. J’étais venu 
au monde au 22 de la rue d’Assas
1
. 
 
Preso in custodia dalla Pubblica Assistenza, Jean viene affidato ad una famiglia 
di contadini di Alligny-en-Morvan: i Régnier. 
Nonostante egli abbia dei genitori adottivi, agli occhi di tutti continua ad essere 
“il figlio di nessuno”, “un trovatello”, e queste etichette ostacolano fortemente il 
suo processo di integrazione in una società che, al pari dei suoi genitori adottivi, 
lo tratta con indifferenza alternata ad insofferenza perché considerato un “figlio 
del peccato”. 
Jean è un bambino molto sensibile e soffre profondamente per l’incomprensione 
altrui, che gli nega il benché minimo riconoscimento delle sue grandi capacità: a 
scuola si rivela un alunno particolarmente dotato nella composizione scritta tanto 
che il maestro sceglie un suo tema da mostrare come esempio all’intera classe. 
Purtroppo è un tema sulla casa e la famiglia e quando Jean lo legge a voce alta 
                                                 
1
  J. Genet, Journal du voleur, Gallimard, Paris 1949, p. 46.
9 
davanti a tutti i compagni, quelli lo canzonano con crudele cattiveria, facendogli 
notare che la casa da lui descritta non gli appartiene perché è un bambino 
adottato.  
Jean, anziché venir apprezzato, è umiliato e si sente schiacciare dal peso della 
propria diversità che lo porta a soffrire un senso di isolamento e, per questo, a 
nutrire odio per quella società che gli è tanto ostile. 
Egli cerca disperatamente di farsi accettare, ma nello stesso tempo una sorta di 
ribellione lo spinge ad agire infrangendo le regole. 
Impara la dottrina cristiana dai Régnier, diventa chierichetto all’età di dieci anni, 
crede fermamente nei Dogmi, nella Chiesa, in Dio, eppure compie dei furti in 
casa sua e a danno dei vicini. 
Rubare è un modo come un altro per avere quello che hanno gli altri, per non 
sentirsi da meno, e di conseguenza per prendersi una rivincita sentendosi al pari 
di chi lo ha sempre considerato inferiore collocandolo su di un gradino inferiore. 
Dotato di ottime capacità, Jean conclude brillantemente gli studi nella scuola 
primaria e viene condotto a Parigi alla scuola per tipografi di D’Alambert, da 
dove poco dopo fugge perché accusato di aver commesso un furto. Ritrovato a 
Nizza, viene affidato all’Assistenza Pubblica. 
Al suo spirito ribelle nei confronti di quella società ipocrita che lo fa sentire un 
emarginato, si aggiunge una forte delusione nei confronti della Chiesa: durante 
una Messa, al momento della Comunione, il sacerdote gli porge in malo modo 
l’Ostia, suscitando in lui una violenta reazione: inizia a dubitare delle verità della 
Chiesa e comincia a vedere i preti come una sorta di attori che recitano nella 
rappresentazione della Messa. 
A causa dei suoi furti, viene rinchiuso nelle case di correzione della Petite 
Roquette prima e di Mettray poi, fino all’età di vent’anni. È proprio in queste 
colonie penitenziarie che si concretizzano le sue inclinazioni omosessuali che si 
erano rivelate già in giovane età e che lo condizioneranno profondamente in 
seguito.
10 
Durante i periodi di vita reclusa, egli legge le opere di Pierre de Ronsard 
rimanendone affascinato. 
Tra le mura di Mettray, all’età di diciannove anni, egli compone i suoi primi 
versi in seguito alla morte di una ragazzina di nome Solange. Il dolore, la 
sofferenza, la disperazione e l’umiliazione saranno le fonti della sua ispirazione 
di poeta e scrittore. 
Evaso da Mettray, egli entra nella Legione Straniera con lo scopo di riscuotere il 
premio di arruolamento, ma non vi rimane a lungo perché deruba alcuni ufficiali 
di colore e fugge. 
Riprende la vita militare entrando nell’esercito francese; presto raggiunge il 
grado di caporale e viene inviato in Siria dove ha i primi contatti con il mondo 
arabo a cui rimarrà sentimentalmente legato per tutta la vita. 
Tra il 1933 ed il 1934, lasciato l’esercito, si dà al vagabondaggio percorrendo le 
strade andaluse, mendicando e prostituendosi nel Barrio Chino a Barcellona. 
Successivamente Italia, Jugoslavia, Austria, Cecoslovacchia e Polonia, dove lo 
etichettano “ribelle”, “disperato” e “pederasta”, sono testimoni dei suoi 
molteplici furti. Egli passa di prigione in prigione. La vita di carcere in stretto 
contatto con altri emarginati gli permette però di stringere forti legami di 
amicizia e di profondo affetto, accentuando in lui il desiderio di farsi apprezzare 
suscitando la stima ed il riconoscimento di chi gli sta intorno. Il carcere 
rappresenta la sua prima consolazione: 
 
La prison m’offrit la première consolation, la première paix, la 
première confusion amicale: c’était dans l’immonde. Tant de solitude 
m’avait forcé à faire de moi-même pour moi un compagnon 
2
. 
 
Nel 1942 Genet è ospite della prigione di Fresnes in Francia ed è qui che scrive 
Le condamné à mort: sessantasei quartine dedicate all’amico Maurice Pilorge 
giustiziato con l’accusa di omicidio. 
                                                 
2
 Ibid., p. 91.
11 
Il componimento poetico nasce come sfida ad un altro detenuto, da tutti 
ammirato immeritatamente per aver scritto dei versi dedicati alla propria sorella. 
In realtà Jean, conoscitore dell’arte poetica, ben capisce che quei versi sono di 
qualità molto scadente e, pensando di mettersi in evidenza, egli legge la propria 
poesia. I detenuti però lo deridono e lo disprezzano. Ancora una volta si sente 
incompreso, non considerato. 
Nonostante l’ennesima delusione, egli ama la vita in prigione perché può 
mantenersi lontano dalla società conformista ed ipocrita che tanto odia e da cui 
si sente rifiutato. In questo processo di allontanamento, i carcerati hanno un 
ruolo fondamentale : «comme dans l’amour ils s’écartent et m’écartent du 
monde et de ses lois» 
3
. 
Nel carcere di Fresnes, Genet conosce Adrien Baillon, un giovane condannato a 
morte cui si ispira nella creazione del personaggio omonimo del suo primo 
romanzo Notre-Dame des Fleurs. Nella prigione Genet dispone di infinito tempo 
da dedicare all’attività che più gli è congeniale, la scrittura, e qui dispone di quel 
materiale umano da cui attingere le idee creative per le sue opere. Sebbene 
detenuto, si sente libero di scrivere quello che vuole, come più gli piace senza 
alcun timore di essere giudicato. 
Dal carcere entra ed esce alternando la letteratura al furto. 
 
[…] je ne veux pas dissimuler les autres raisons qui me firent voleur, 
la plus simple étant la nécessité de manger, toutefois dans mon choix 
n’entrèrent jamais la révolte, l’amertume, la colère ou quelque 
sentiment pareil 
4
. 
 
Genet oltre ad essere poeta e romanziere, diventa anche drammaturgo: scrive 
Haute Surveillance, la sua prima pièce. 
Louis Jouvet, qualche tempo dopo, gli commissiona una commedia ed egli 
compone Les Bonnes che gli frutta il Premio della Pléiade. 
                                                 
3
  Ibid., p. 10.  
4
  Ibid., p. 13.
12 
Jean Cocteau e Jean Paul Sartre, colpiti dalla singolare bravura di Genet, 
prendono a cuore la sua situazione e lo aiutano nel corso di un processo 
salvandolo dall’ergastolo. Sartre scrive persino un saggio intitolato Saint Genet 
comédien et martyr che contribuisce notevolmente ad introdurlo nel mondo 
letterario. 
Ma perché un autore asociale e solitario sceglie la drammaturgia rispetto alla 
poesia o al romanzo dato che il teatro prevede uno stretto contatto proprio con 
quella società che lo ha sempre escluso? Quello che si fa interprete delle sue 
creazioni non è più quel pubblico invisibile costituito dai lettori, ma è un 
pubblico concreto, presente, tangibile. 
Una risposta può esser trovata in  jouer «Les Bonnes» dove Genet dice:   
[…] je vais au théâtre afin de ne voir, sur la scène (restitué en un seul 
personnage ou à l’aide d’un personnage multiple et sous forme de 
conte) tel que je ne saurais – ou n’oserais – me voir ou me rêver, et 
tel pourtant que je me sais être. Les comédiens ont donc pour 
fonction d’endosser des gestes et des accoutrements qui leur 
permettront de ne montrer à moi-même, et de me montrer nu, dans la 
solitude et son allégresse 
5
.  
 
Il teatro gli dà la possibilità di rivestire ruoli diversi consentendogli 
un’introspezione e gli lascia manifestare il suo modo di essere attraverso i 
personaggi che si muovono sul palcoscenico. 
Nel 1948 egli scrive l’opera teatrale Splendid’s, il balletto ’adame [sic] Miroir, il 
testo radiofonico L’Enfant criminel la cui diffusione sarà vietata, mentre 
Gallimard pubblica il suo Journal du voleur. 
Segue un periodo di silenzio durante il quale egli sembra rinunciare al teatro: la 
sua vena creativa è inibita dopo che Sartre pubblica Saint Genet comédien et 
martyr saggio che, pur contribuendo alla sua notorietà, mettendo a nudo il suo 
modo di essere, blocca la mano dell’artista. In una lettera a B. Frechtmann, 
Genet dice di Sartre: 
 
                                                 
5
 J. Genet, Les Bonnes, Gallimard, Paris 2001, p. 12.
13 
Il y a longtemps que je n’avais pas lu un pareil ramassis de conneries. 
Et celles de Sartre ne sont pas les moins épaisses. Ainsi cinq ou six 
cons se sont mis à table pour décider comment on doit traiter une 
pièce d’actualité 
6
. 
 
A questo punto Genet comincia a viaggiare e si dedica alla cinematografia 
girando un cortometraggio, Un chant d’amour, e scrivendo due sceneggiature: 
Les Rêves intérdits e Le Bagne. 
Nel 1955 riprende la sua produzione letteraria soprattutto in veste di 
drammaturgo: nascono contemporaneamente Le Balcon, Les Nègres e Les 
Paravents. È in questo periodo che incontra un giovane funambolo di nome 
Abdallah con cui stringe una profonda relazione sentimentale, che segue in giro 
per il mondo e a cui dedica il saggio Le Funambule. 
Nel 1964 Abdallah si suicida e Genet, traumatizzato dalla perdita del suo amato 
compagno, non riesce più a continuare a scrivere. 
Les Paravents è l’ultima opera che viene pubblicata presso L’Arbalète e che 
suscita scandalo quando viene messa in scena; mentre Le Bagne rimane 
inconclusa proprio come Splendid’s e Elle che verranno pubblicate postume. 
Da questo momento in poi, Genet diventa critico di se stesso come testimoniano 
le sue lettere a Roger Blin.  
Negli anni ’70 compie una serie di viaggi continentali ed extra-continentali: fra 
gli altri visita gli Stati Uniti assumendo posizioni contrarie alla guerra in 
Vietnam e ritorna a Parigi schierandosi dalla parte dei giovani rivoluzionari e dei 
lavoratori immigrati per difendere i loro diritti. Genet vuole dar voce alle 
minoranze sociali ed è per questo che torna in America dove tiene delle 
conferenze e partecipa a numerose manifestazioni del Black Panther Party. 
Nel 1970 si reca a Baqa e in Giordania, quindi si dedica alla “questione 
palestinese”.  
                                                 
6
 J. Genet,  Théâtre Complet, Lettres à Bernard Frechtman, Gallimard, Paris 2002, p. 919.
14 
Profondamente amante del mondo arabo, torna più volte in questi paesi e nel 
1981 si reca in Libano, tra i Palestinesi, per testimoniare i massacri di Sabra e 
Chatila a seguito della guerra civile libanese scrivendo Quatre heures à Chatila.  
Inizia poi la redazione di un’opera sulle Black Panthers e sui Palestinesi che 
richiederà molto tempo per essere conclusa e che sarà intervallata dalla 
realizzazione di sceneggiature.  
Nel 1983 riceve il Grand Prix National des Lettres, una delle sue ultime 
soddisfazioni dal momento che, qualche anno dopo, muore.  
Spesso, erroneamente, il suo decesso viene attribuito alla malattia che lo affligge 
negli ultimi 15 anni della sua vita: il cancro alla gola. La causa reale è diversa: 
nella notte tra il 14 ed il 15 aprile 1986, alzandosi dal letto, scivola, batte il capo 
e muore.  
Il suo corpo giace nel cimitero spagnolo Larache in Marocco. 
 
 
 
1.2 Le opere 
 
• Haute surveillance: 
 
  - 1942: prima versione manoscritta intitolata Pour “la Belle”. 
Seguono altre cinque versioni manoscritte 
 
  - 1947: edizione originale intitolata Haute surveillance presentata dalla 
 rivista «La Nef» 
 
  - 1949: seconda edizione pubblicata dalla casa editrice Gallimard 
 
  - 1965: terza edizione, considerata la versione definitiva, ancora presso
15 
 Gallimard 
 
  - 1988: edizione postuma. Riscritta da Genet nel 1985 viene pubblicata da  
Gallimard nella collezione «Folio». 
 
 
• Les Bonnes: 
 
  - 1946: primo manoscritto steso a Cannes. 
Seguono diverse varianti manoscritte e sette dattilogrammi della stessa 
opera. 
 
  - 1947:  in aprile prima version jovée messa in scena da Louis Jouvet. La  
stessa versione viene pubblicata da Jean-Jaques Pauvert nel 1954 col  
nome di version 1946. Questa è anche la versione definitiva ripresa nelle 
edizioni del 1958 e 1968. 
A maggio prima versione pubblicata da L’Arbalète. Questa versione 
viene ripresa nel 1954. 
 
  -1958: ripresa della version jovée. Viene pubblicata anche nel 1963 e nel 1967 
da L’Arbalète. 
 
  -1978: edizione pubblicata della version jovée dalla casa editrice Gallimard. 
 
 
• Splendid’s
16 
  -1948: primo manoscritto, non datato, costituito da una  versione che propone 
tre diverse scritture del primo atto. Seguono due dattilogrammi anch’essi 
non datati. 
 
  -1993: edizione postuma della versione completa in due atti, a cura di 
L’Arbalète. 
 
 
• ‘adame Miroir 
 
  -1948: la musica di Darius Milhaud viene pubblicata dalla Hengel. 
 
  -1949: pubblicazione del testo che viene ripreso anche nel 1990. 
 
 
• Le Balcon 
 
  -1955: primo manoscritto incompleto, prima versione della pièce. Seguono tre 
dattilogrammi che costituiscono tre versioni complete ed una quarta ed 
una quinta versione completa. 
 
  -1956: edizione originale pubblicata da  L’Arbalète, sesta versione. 
 
  -1960: seconda edizione pubblicata da L’Arbalète, settima versione. 
 
  -1962: terza edizione pubblicata da L’Arbalète, versione detta “definitiva”. 
 
  -1968: edizione pubblicata nel IV tomo delle Œuvres complètes presso 
Gallimard. Viene rieditata nel 1979.
17 
• «Elle» 
 
  -1955: Genet firma un contratto per la pubblicazione dell’opera. 
 
  -1980: Genet dichiara che l’opera è pronta per essere pubblicata, ma che 
dev’essere fatto dopo la sua morte. 
 
  -1989: versione originale postuma pubblicata da L’Arbalète. 
 
  
• Les Nègres 
 
  -         primo manoscritto non databile intitolato Dahomey!...Dahomey! 
Seguono il secondo manoscritto datato nel 1955, una dattilografia, un 
terzo manoscritto, una quinta e sesta versione dell’opera. 
 
  -1958: edizione originale pubblicata da L’Arbalète. 
 
  -1960: seconda edizione pubblicata dalla stessa casa editrice. 
 
  -1979: terza edizione pubblicata dalla casa editrice Gallimard nel V tomo delle 
Œuvres complètes. 
 
 
• Les Paravents 
 
  -         primo manoscritto non databile incompleto. Segue una versione datata 
nel 1950 intitolata Les Mères.
18 
  -1961: edizione originale pubblicata da L’Arbalète. Viene corretta diverse 
volte. 
  -1976: seconda versione pubblicata da L’Arbalète.  
 
  -1979: terza edizione pubblicata nel V tomo di Œuvres complètes di Gallimard. 
 
 
• Le Bagne 
 
  -1994: Marc Barbezat pubblica un’opera intitolata Le Bagne mettendo insieme 
due frammenti:  
- un primo manoscritto incompleto consegnato da Genet stesso 
all’editore nel 1963, 
-  la parte mancante in possesso di Bernard Fretchman che Barbezat 
acquista nel 1990. 
Ciascuna delle due parti ha dato luogo a diversi manoscritti fino ad 
arrivare alla versione definitiva del 1994.
19 
 
CAPITOLO 2: Haute surveillance 
 
 
 
2.1 Genesi 
 
Rinchiuso nel carcere di Fresnes, nel 1942, ispirandosi all’ambiente in cui si 
trova, Genet si diletta a scrivere contemporaneamente componimenti letterari 
assai diversi per genere come la poesia Le condamné à mort, il romanzo Notre-
Dame des Fleurs e l’opera teatrale Pour “la [sic] Belle”, dimostrando fin 
dall’inizio uno spirito creativo davvero eclettico. 
Pour “ la Belle” non incontra il giudizio favorevole né di Cocteau, a cui Genet 
si rivolge per un parere ed un appoggio per far breccia nel mondo letterario, né 
di Jean Marais, grande personaggio del teatro, che rifiuta di interpretarla. 
Genet rifonde e modifica più volte il testo tanto che se ne hanno ben cinque  
versioni diverse. 
Nel 1946 riesce a firmare un contratto d’edizione con Paul Morihien ed un mese 
dopo con Gallimard a cui propone la stessa opera, ma con un titolo nuovo: Haute 
surveillance. 
Nell’aprile del 1947 la pièce viene pubblicata sulla rivista «La Nef», mentre la 
sua commedia Les Bonnes  viene messa in scena al Théâtre de l’Athénée. 
In quest’occasione viene annunciato che, nella stagione successiva, Haute 
surveillance verrà rappresentata, ma Jean-Louis Barrault, preso da altri impegni, 
rinuncia ad allestirla deludendo profondamente le aspettative di Genet.  
La pièce, con nuove modifiche, appare invece nella collana «Blanche» di 
Gallimard assieme alla scritta a grandi caratteri “Orgueil et solitude” ed alla 
dedica dell’autore al suo amatissimo compagno Lucien Sénémaud. L’opera è 
oggetto di lettura, ma continua a non essere interpretata.
20 
Finalmente nel 1949 viene messa in scena per la prima volta al Théâtre des 
Mathurins. 
Nel 1965 Genet rimette nuovamente mano all’opera e ne propone una nuova 
versione dichiarandola “definitiva”, ma nel 1968, in occasione dell’uscita del 
quarto volume delle Œuvres complètes, l’autore modifica il testo. Lo stesso fa 
nel 1970 con l’edizione nella collezione tascabile «Le Manteau d’Arlequin» ed 
infine nel 1985 con la versione che uscirà postuma tre anni dopo nella collezione 
«Folio»  entrambe edite da Gallimard. 
Una delle principali differenze tra il primo manoscritto del 1942 e le versioni 
successive è data dal crescente senso di chiusura dello spazio senza via d’uscita 
proprio come in Huis clos di Sartre (1944), opera alla quale Haute surveillance è 
stata spesso paragonata. I personaggi principali dell’opera genettiana accettano il 
loro stato di prigionia distaccata dal mondo reale, ormai distante ed isolato, 
proprio come Garcin, Inès ed Estelle, personaggi di Huis clos. 
Altra differenza che si nota tra le prime e le ultime versioni dell’opera è di tipo 
linguistico. Genet lavora sulla parola: nei primi manoscritti i personaggi parlano 
con gergo di strada ricco di espressioni d’argot ed espressioni familiari, mentre, 
nelle ultime versioni, il linguaggio si fa più neutro e le indicazioni sceniche sono 
più numerose e più precise in vista della messa in scena da parte di Barrault, per 
il quale Genet si sforza di accrescere il più possibile la portata del testo, 
puntando alla massima efficacia teatrale. 
  
 
 
2.2 Sinossi 
 
Quando il sipario si apre, il pubblico si trova proiettato all’interno di un carcere, 
in una piccola cella, dove tre reclusi discutono animatamente sulla figura di colui 
che tutti considerano il capo sovrano: Boule de Neige. Giunta l’ora delle visite,