6 
Introduzione 
 
«Dall’altra parte della strada, ecco che il Paradiso delle signore accendeva nei suoi fondali 
le file delle fiammelle a gas […], attraverso i cristalli annebbiati trapelava un pullulare vago 
di luce, e quel che si scorgeva in confuso suscitava l’idea dell’interno di un opificio […], 
altro non si distingueva là in faccia che la neve delle trine, avvivata e fatta piø bianca dalla 
luce lattea di una sequenza di lumi a gas […], della grande città nera e zitta sotto 
l’acquata, della Parigi a lei sconosciuta, il Paradiso le sembrava un faro che ne 
conservasse, unico, la luce e la vita»
1
. 
Questi brevi frammenti di descrizione del grande magazzino commerciale, perno attorno a 
cui gravitano le vicende narrate da Emile Zolà in “Al Paradiso delle signore”, ci 
restituiscono l’immagine di una città ottocentesca intesa come un organismo in rapido 
mutamento, in cui, accanto alla necessità di funzionalità e decoro degli spazi pubblici, è in 
continuo aumento la richiesta di spazi di loisir per la borghesia, strutture cioè delimitate e 
concepite ad hoc, come passages, arcades e galeries commerciales, simbolo 
dell’operosità della nuova classe sociale e della sua idea di città contemporanea. 
Che cosa sarebbe potuto essere il grande magazzino parigino di Zolà, senza un adeguato 
sistema di illuminazione naturale, ma soprattutto per la prima volta artificiale, in grado di 
contribuire allo stupore arrecato al visitatore del negozio?  
 
Affrontando lo studio della città dell’Ottocento infatti, si rimane sorpresi del ruolo 
“illuminante”, neanche a dirlo, apportato dall’introduzione dei sistemi di illuminazione 
pubblica, in un primo momento a gas e in seguito elettrici: l’avvento dell’illuminazione 
pubblica ebbe conseguenze di carattere sociale e culturale, mutando definitivamente il 
rapporto dell’uomo con la città al calar del sole, per ripercuotersi infine anche sui sistemi di 
progettazione dello spazio pubblico urbano e dell’architettura privata. 
La progettazione dei sistemi di illuminazione pubblica pose le basi per la costruzione della 
città contemporanea, andando a tessere una rete di servizi (acqua, luce, gas, mezzi 
pubblici) costituita da due maglie, una in superficie e una sotterranea
2
. 
                                                 
1
 Emile Zolà, Al Paradiso delle signore, Rizzoli, Milano, 2000, pp. 40 e 66 
2
 Guido Zucconi, La città dei nuovi impianti a rete, in Loretta Mozzoni, Stefano Santini (a cura di), Il mito del 
progresso e l’evoluzione tecnologica, atti del III° convegno di architettura (Jesi giug no 2000), Liguori, Napoli, 
2003, pp. 71-82; Annalisa Dameri, La costruzione della città contemporanea: la rete dei servizi, in Annalisa 
Dameri Cantieri e professioni. Per una storia delle tecniche architettoniche e costruttive in Piemonte tra Otto 
e Novecento, Lulu, 2009, pp. 50-57; Guido Zucconi, Linee, reti e flussi, in Guido Zucconi La città 
dell’Ottocento, Laterza, Bari, 2010, pp. 69-89
7 
Sull’esempio di alcune città europee, Torino, a partire dagli anni Trenta dell’Ottocento, 
ebbe il primato per sperimentazione e singole dimostrazioni pubbliche in fatto di 
illuminazione pubblica, diventando anche la prima città a fondare una Società per fornire 
tale servizio. La capitale del regno sabaudo infatti si trovava in quegli anni nelle giuste 
condizioni economico-sociali, in grado di permettere massicci investimenti da parte 
dell’amministrazione comunale e della medio-alta borghesia che aveva da tempo 
intrecciato stretti legami con i banchieri francesi. 
 
Curioso rimane il fatto che proprio a Torino, le sperimentazioni nel campo 
dell’illuminazione pubblica prendano spunto spesso e volentieri da eventi di natura 
celebrativa, commerciale o culturale: ne è un esempio la sfida tutta torinese intrapresa nel 
1823 dal Caffè Gianotti di piazza d’Armi (oggi piazza San Carlo) e nel 1832 dal Caffè Gran 
Corso di piazza Vittorio
3
.  
Nessun evento però potØ eguagliare l’occasione offerta dalle Esposizioni Industriali 
torinesi del 1884 e del 1898, in cui l’illuminazione elettrica non ebbe solo un ruolo 
accessorio, di mera illuminazione dei padiglioni, ma permise anche l’apertura delle 
manifestazioni in orario serale, cosa mai accaduta prima: offrì la possibilità di 
dimostrazioni di trasporto pubblico elettrificato e di funzionamento di ascensori, permise di 
intravedere i possibili sviluppi futuri delle comunicazioni via cavo e dedicò interi padiglioni 
alla nascente scienza dell’elettrotecnica, che proprio a Torino, grazie alla presenza di 
tecnici qualificati, chimici ed ingegneri, permise alle nuove tecnologie di diffondersi 
velocemente nell’uso comune. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                                                 
3
 Sigfrido Leschiutta, Franco Varesio, I ‘bagliori luminosi’ da magia a scienza. L’elettrotecnica nelle 
esposizioni di Torino a fine Ottocento, in Pier Luigi Bassignana, Le esposizioni torinesi tra scienza e tecnica 
nei documenti dell'archivio storico Amma, 1829-1898, Umberto Allemandi editore, Torino, 1992, pp. 125-137
8 
1 ARCHITETTURA ED ELETTRICITA’ A TORINO TRA 
OTTOCENTO E NOVECENTO 
 
La città dell’Ottocento è generalmente percepita come un'entità in rapido 
mutamento, in cui si susseguono una serie di miglioramenti tecnologici che investono vari 
aspetti della vita collettiva: le trasformazioni in atto si riferiscono infatti sia alla sfera 
propriamente materiale, sia a quella ideale, creando così un forte legame con 
l’impressionante serie di innovazioni tecniche che si manifestano lungo tutto il corso del 
secolo
4
.  
 
L’universo urbano cambia drasticamente il modo in cui viene percepito, poichØ le distanze 
si accorciano, lo spazio si restringe e molte delle problematiche che fino a quel momento 
erano sembrate prive di soluzione, trovano adesso giustificazione grazie all’impiego di 
nuove soluzioni tecnologiche: se infatti alla fine del secolo la città risulterà maggiormente 
vivibile e piø facilmente percorribile, lo si deve in buona parte a luce, acqua, spazi urbani 
idonei e mezzi di comunicazione diffusi in tutti i grandi agglomerati urbani; a questa 
trasformazione teorica e reale contribuiscono impianti e infrastrutture di nuova concezione, 
ovvero sistemi tecnici che rimandano alla nozione di rete
5
 e che ricoprono un ruolo 
essenziale, determinando una nuova visione del tutto, come i sistemi di distribuzione del 
gas e dell'acquedotto, la maglia stradale rinnovata e le fognature costruite ex-novo, la 
diffusione dell'elettricità e dei trasporti pubblici ad essa legati. 
 
Alla fine dell'Ottocento la quasi totalità delle vie è pavimentata anche grazie a nuovi 
sistemi di rivestimento (asfalto, macadam), i quali si rivelano ben piø economici del 
porfido, delle lastre di trachite o di selce, ma è soprattutto nel settore del trasporto pubblico 
che si registrano i maggiori fattori di trasformazione, poichØ lo sviluppo dei mezzi di 
locomozione ed in particolare del tramway a trazione elettrica, apre ad una vasta fetta di 
pubblico la possibilità di attraversare la città in lungo e in largo
6
, riducendo notevolmente i 
tempi di percorrenza e migliorando la percezione di sicurezza da parte dei cittadini. 
                                                 
4
 Per alcune considerazioni generali piø approfondite su questo tema si veda Guido Zucconi, La Città 
dell’Ottocento, Laterza, Bari 2001; Marcel Roncayolo, L’esperienza e il modello, in La città e le sue storie (a 
cura di C. Olmo e B. Lepetit), Torino, 1995, pp. 51-86; Guido Montanari, La storia per il progetto, dibattito 
critico e metodologia della ricerca, Celid, Torino, 1999 
5
 Guido Zucconi, La città dei nuovi impianti a rete, in Loretta Mozzoni, Stefano Santini (a cura di), Il mito del 
progresso e l’evoluzione tecnologica…, cit., pp. 71-82 
6
 Guido Zucconi, Linee, reti e flussi, in Guido Zucconi La città dell’Ottocento…, cit., pp. 69-89
9 
La novità piø attesa però, inserita all’interno della città del XIX secolo è sicuramente la 
possibilità di rivoluzionare il millenario problema dell’illuminazione
7
, poichØ fino ad allora la 
vita nelle strade si dissolveva con il sopraggiungere delle tenebre secondo un ciclo 
inesorabilmente regolato dal sorgere e dal calare del sole: prima i lampioni a gas, poi, 
nell'ultimo decennio del secolo, la luce elettrica dissolveranno la coltre di tenebre che da 
sempre avvolgeva gli spazi collettivi, le vie e le piazze nelle ore notturne
8
, facendo quindi 
aumentare la percezione di sicurezza da parte dei cittadini. 
 
In materia di illuminazione a gas, soltanto a partire dal 1860 si consolida l’idea di una rete 
e di un sistema continuo di illuminazione pubblica, infatti solamente piø tardi, ormai in 
pieno Novecento, si prenderà in considerazione la possibilità di una distribuzione capillare 
per usi domestici; molto simile è la vicenda dell’elettricità, intorno agli anni Ottanta 
dell’Ottocento, la quale venne principalmente impiegata per rischiarare luoghi 
particolarmente significativi, come piazze, monumenti, caffè o ancora in occasione di 
ricorrenze o eventi di una certa importanza. 
 
In definitiva si può affermare che, l’inserimento dei sistemi di illuminazione pubblica 
all’interno delle città europee, costituì il pretesto per avviare una nuova fase di 
progettazione urbana, moderna e rispondente alle esigenze dei tempi che cambiano, 
dell’industria, del commercio e dei trasporti, una programmazione sistematica di impianti di 
portata capillare che riguardò il centro storico, come i nuovi quartieri, all’interno del quadro 
di rinnovamento che investì la città contemporanea alle soglie del Novecento. 
 
 
 
 
 
 
 
                                                 
7
 Arthur Elton, Il gas per illuminazione e riscaldamento, in Charles Singer (a cura di), Storia della tecnologia. 
La rivoluzione industriale, II volume, Bollati Boringhieri, Torino, 1994 
8
 Enrico Penati, 1837 - Luce a gas - Una storia che comincia a Torino, Aeda, Torino, 1972; Annalisa Dameri, 
Tra decoro e progresso: il gas entra in città, in Vincenzo Ferrone (a cura di), Torino e energia. Le politiche 
energetiche tra innovazione e società (1700-1930), Archivio Storico della Città di Torino, Torino, 2007, pp. 
101-118; Andrea Giuntini, Il gas a Torino, in Vincenzo Ferrone (a cura di), Torino e energia. Le politiche 
energetiche tra innovazione e società (1700-1930), Archivio Storico della Città di Torino, Torino, 2007, pp. 
147-174
10 
1. 1 Le premesse per lo sviluppo della città industriale 
 
La vocazione industriale di Torino affonda le proprie origini sin dai primi anni 
dell’Ottocento quando la maggior parte delle attività manifatturiere interessavano i settori 
tessile e chimico, i quali benchØ all’inizio si servissero di macchinari stranieri, favorirono, 
grazie al loro sviluppo costante ed in crescendo, il sorgere di industrie meccaniche e la 
sperimentazione di nuove tecnologie
9
; negli anni di occupazione francese infatti, il 
processo di ristrutturazione messo in campo dal governo napoleonico interessò con 
ammodernamenti e trasformazioni d’uso anche i tradizionali impianti produttivi nelle aree 
limitrofe al Borgo di Dora, come avvenne in occasione dell’acquisizione e dell’allestimento 
della manifattura d’armi all’interno del fabbricato già filatoio del Martinetto. 
In tal modo si diede avvio ad una trasformazione del rapporto tra produzione primaria e 
lavorazione dei prodotti e quindi ad una conversione in complementare di un industria fino 
ad allora impostata in termini di autosufficienza
10
, nonchØ ad un rinnovato interesse per 
l’innovazione tecnologica: la riflessione scientifica che ne scaturì fu alla base del salto 
qualitativo che portò la Città a consolidare il proprio ruolo di “città industriale”, grazie anche 
ad un importante disponibilità energetica, dovuta alla possibilità di utilizzo da parte delle 
industrie della forza motrice dell’acqua derivante dalla canalizzazione dei due principali 
corsi d’acqua cittadini, Dora e Po, e la dotazione di uno dei primi sistemi di illuminazione 
pubblica a gas d’Europa. 
 
A partire poi dagli ultimi decenni dell'Ottocento, Torino si trova all'avanguardia negli studi e 
nelle applicazioni dello sfruttamento dell'energia idroelettrica
11
, ponendosi in campo 
internazionale al pari di alcune delle piø grandi capitali europee. 
La città è favorita dalla presenza di una consolidata tradizione di ricerche scientifiche e 
accademiche di alto livello e anche dalla sua collocazione orografica, al centro di una 
piana alluvionale circondata da valli montane, ricche di bacini imbriferi adatti a imbrigliare 
torrenti e a costruire serbatoi di raccolta dell’acqua, in grado di produrre con continuità 
energia idroelettrica.  
                                                 
9
 Valerio Castronovo, Il Piemonte. Dall’unità ad oggi, in Valerio Castronovo (a cura di) Storia delle regioni, 
Einaudi, Torino, 1977, pp. 201-222; Anthony L. Cardoza, Geoffrey W. Symcox, Tra rivoluzione e reazione. 
Dal 1798 al 1830, in Anthony L. Cardoza, Geoffrey W. Symcox (a cura di), Storia di Torino, Einaudi, Torino, 
2006, pp. 155-173 
10
 Ada Peyrot, Acque, canali e mulini nel paesaggio, in Giuseppe Bracco (a cura di), Acque, ruote e mulini a 
Torino, I volume, Archivio storico della Città di Torino, Torino, 1988, pp. 331-348 
11
 Marco Ciardi, Teorie e tecniche dell’energia da Michelotti a Ferraris, in Vincenzo Ferrone (a cura di), 
Torino e energia. Le politiche energetiche tra innovazione e società (1700-1930), Archivio Storico della Città 
di Torino, Torino, 2007, pp. 11-52
11 
La forte volontà politica che porta l'amministrazione di Secondo Frola
12
 ad avviare il 
processo di municipalizzazione della produzione di energia elettrica
13
 ha le sue premesse 
nel 1903 con la delibera che autorizza la creazione di un primo impianto idroelettrico nel 
Comune di Chiomonte [Figura 1], in valle di Susa, «per provvedere direttamente a dare a 
basso prezzo forza motrice per lo sviluppo della grande e piccola industria ed a risolvere 
anche in molta parte la questione della pubblica e privata illuminazione»
14
.  
 
Con l'approvazione del referendum del 1905 nasce ufficialmente l'Azienda Elettrica 
Municipale (AEM)
15
: da questo momento il Consiglio comunale cittadino esercita un ruolo 
diretto e incisivo nello studio e nella realizzazione di impianti di produzione di energia 
elettrica, secondo criteri di razionalità ed efficienza
16
. L'AEM riesce a spezzare il 
monopolio delle due industrie private di produzione di energia elettrica, la Società 
Piemontese e la Società Elettrica Alta Italia, che operano nella città con voltaggi diversi e 
rendono difficile qualsiasi progetto di trasferimento degli impianti, mantenendo alti i costi 
dell'energia
17
.  
 
Nel frattempo si moltiplicano le richieste di privati al ministero dei Lavori pubblici per 
derivare l’acqua e produrre energia elettrica nelle valli montane della provincia torinese: 
nel corso della sempre piø accesa competizione tra investitori pubblici e privati per 
l’accaparramento delle risorse idroelettriche, il Comune istituisce una Commissione di 
studio per l’incremento degli impianti idroelettrici, con il compito di vagliare tutte le 
proposte presentate da privati e sollecitare un accordo tra le amministrazioni pubbliche 
affinchè collaborino ad un’efficace gestione delle concessioni.  
In questo modo la Città di Torino realizza l'offerta energetica e per illuminazione ai costi 
piø bassi tra tutte le città d’Italia, esercitando un'efficace azione di calmiere sulle tariffe 
elettriche, riuscendo inoltre ad incrementare costantemente la sua produzione garantendo 
con la vendita dell'energia una fonte importante di reddito per il finanziamento delle varie 
attività pubbliche della città.  
                                                 
12
 Secondo Frola (Torino 1850 – Torino 1929) è stato un politico italiano, fu ministro delle Poste e Telegrafi 
del Regno d'Italia e sindaco di Torino dal 1903 al 1919. 
13
 Claudio Pavese, Il processo di elettrificazione tra Otto e Novecento, in Vincenzo Ferrone (a cura di), 
Torino e energia. Le politiche energetiche tra innovazione e società (1700-1930), Archivio Storico della Città 
di Torino, Torino, 2007, pp. 175-220 
14
 Mario Brunetti, A.E.M., in “Torino” rivista mensile municipale n° 8 (agosto), Torino, 1938, pp. 30-32 
15
 Mario Brunetti, A.E.M., in “Torino”…, cit., pp. 30-32 
16
 Atti del Consiglio comunale, ASCT, Atti del Municipio di Torino, 1930-1938 
17
 Giuseppe Bracco, Domanda pubblica e privata nella crescita della città, in Vera Comoli, Giuseppe Bracco 
(a cura di), Torino da capitale politica a capitale dell’industria. Il disegno della città (1850-1940), Archivio 
Storico della Città di Torino, Torino, 2004, II° vo lume, I° volume pp. 3-33
12 
La conseguenza sarà non soltanto il notevole impulso allo sviluppo industriale e alla 
concentrazione urbana
18
, ma anche la realizzazione di una serie di servizi pubblici di alto 
livello
19
, spesso segnalati tra i migliori a livello nazionale, tra cui sono particolarmente 
significativi il sistema fognario, il nuovo acquedotto, la rete di trasporti cittadina e 
intercomunale, il sistema di illuminazione delle strade, il sistema di riscaldamento e di 
illuminazione di scuole, impianti sportivi, piscine, musei; nuovo impulso avranno anche le 
attività sociali, assistenziali, formative, sportive e ricreative torinesi che costituiscono 
ulteriore volano della crescita economica
20
. 
 
 
Figura 1. Centrale di Chiomonte, in “Azienda Elettrica Municipale”, 
Torino, 1924 (ASCT, Nuove acquisizioni) 
 
 
 
                                                 
18
 Valerio Castronovo, Il Piemonte. Dall’unità ad oggi, in Valerio Castronovo (a cura di) Storia delle regioni…, 
cit., pp. 201-222; Giuseppe Bracco, Domanda pubblica e privata nella crescita della città, in Vera Comoli, 
Giuseppe Bracco (a cura di), Torino da capitale politica a capitale dell’industria. Il disegno della città (1850-
1940)…, cit., pp. 3-33 
19
 Marcel Roncayolo, L’esperienza e il modello, in La città e le sue storie (a cura di C. Olmo e B. Lepetit)…, 
cit., pp. 51-86 
20
 Luciano Re, Lavori pubblici e sviluppo edilizio, in Umberto Levra (a cura di) Storia di Torino, La città nel 
Risorgimento (1798-1864), Einaudi, Torino, 2000, Vol. VI, pp. 171-197