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1. SISTEMI DI PROTEZIONE DELLE PIANTE OFFICINALI:  
    IL RUOLO DEI PARCHI. 
 
I Parchi Nazionali sono costituiti da aree terrestri, marine, fluviali, o lacustri che 
contengono uno o più ecosistemi intatti o anche parzialmente alterati da 
interventi antropici, una o più formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, 
biologiche, d’interesse nazionale od internazionale per valori naturalistici, 
scientifici, culturali, estetici, educativi e ricreativi tali da giustificare l'intervento 
dello Stato per la loro conservazione. 
In Italia, i Parchi Nazionali attualmente iscritti nell'Elenco Ufficiale delle Aree 
Protette (EUAP) sono 22. 
I 22 parchi nazionali complessivamente coprono una superficie di circa 1 
milione e quattrocentomila ettari (14.000 km²), che corrispondono a circa il 5% 
del territorio nazionale: 1.342.518 ettari a terra e 71.812 a mare, e 20 Aree 
Marine Protette, con 190.082 ettari. All'interno di queste aree protette, 
ovviamente, vi sono alcune regole fondamentali da seguire, prima fra tutte è 
vietato raccogliere rami, fiori e piante, bisogna mantenerle pulite e le acque non 
devono essere inquinate in nessun modo. 
Fra i parchi storici abbiamo: 
1. Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (1922) 
2. Parco nazionale del gran paradiso (1922) 
3. Parco nazionale del Circeo (1934) 
4. Parco nazionale dello Stelvio (1935)  
5. Parco Nazionale della Calabria (1968)  
6. Parco nazionale dell'Aspromonte (1989)  
Fra i parchi istituiti a partire dagli anni ’90: 
1. Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi (1990)  
2. Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga (1991)  
3. Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano (1991)  
4. Parco nazionale della Majella (1991)  
5. Parco nazionale del Gargano (1991)
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6. Parco nazionale della Val Grande (1992)  
7. Parco nazionale del Pollino (1993)  
8. Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna 
(1993)  
9. Parco nazionale dei Monti Sibillini (1993)  
10. Parco nazionale Arcipelago di La Maddalena (1994)  
11. Parco nazionale del Vesuvio (1995)  
12. Parco nazionale Arcipelago Toscano (1996)  
13. Parco nazionale dell'Asinara (1997)  
14. Parco nazionale delle Cinque Terre (1999)  
15. Parco nazionale del Golfo di Orosei e del Gennargentu (1998)  
Dopo il 2000: 
1. Parco nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano (2001)  
2. Parco nazionale della Sila (2002)  
3. Parco nazionale dell'Alta Murgia (istituito nel 2004)  
Sono in attesa di provvedimenti attuativi: 
1. Parco nazionale della Val d’Agri e Lagonegrese (istituito nel   giugno 2006) 
Quasi tutti i parchi nazionali sono in primo luogo destinati alla preservazione 
della vita vegetale, infatti, sono dei veri musei di piante.  La realizzazione dei 
parchi, quindi, serve ad evitare che le risorse naturali siano distrutte con rapida 
progressività in tutto il mondo, in seguito al progresso tecnologico ed ai crescenti 
fabbisogni della vita moderna, con l’alterazione degli ecosistemi, che 
costituiscono l’espressione di equilibri naturali. Ne deriva la necessità del 
controllo pubblico, definito con atto legislativo, onde evitare l’eccessivo 
sfruttamento ed il degrado. La frequenza dei dissesti idrogeologici è spesso 
provocata da irresponsabili interventi sul territorio, come l’eccessiva 
cementificazione nello sviluppo edilizio o l’incuria nel controllo dei terreni in 
pendio. 
Nelle finalità del parco sono da considerare diversi aspetti: la conservazione, la 
ricerca scientifica, l’educazione, la ricreazione, l’economia. E’ evidente la 
difficoltà di conciliare tutte queste finalità con le attività produttive, pur tuttavia,
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scongiurando pericolose forme di sfruttamento, sono da evitare vincoli 
eccessivamente rigorosi allo svolgimento delle attività umane e soprattutto non 
ignorare le esigenze e gli interessi delle popolazioni più povere delle aree 
collinari e montagnose interne, che devono attivamente partecipare alla vita del 
parco. 
La conservazione, è rivolta specialmente agli ecosistemi naturali che ancora 
mantengono la loro caratteristica originale e agli interventi a difesa della fauna e 
della vegetazione spontanea. 
La ricerca scientifica, è rivolta all’analisi della funzionalità degli ecosistemi, allo 
studio della biodiversità, all’approfondimento dei rapporti uomo-natura in una 
situazione ambientale idonea per la ricerca ecologica. 
L’educazione, è specialmente rivolta ai giovani, per il rispetto dell’ambiente 
naturale attraverso la conoscenza degli equilibri ecologici e la capacità di vivere 
con la realtà degli ecosistemi con un approccio spontaneo. 
La ricreazione, nel significato etimologico del termine, esprime l’esigenza di una 
ripresa di energia, vivendo a contatto con la natura, al di fuori del logorio della 
vita più stressante nelle città e come modo alternativo di fare vacanza. 
L’economia, è da considerare come uno degli aspetti più importanti 
nell’istituzione del parco, attraverso l’incentivazione delle attività tipiche della 
tradizione popolare, che rischiano di perdersi per il continuo esodo dei giovani. 
La sentita partecipazione della popolazione alle attività economiche del parco è 
alla base della vitalità del parco stesso, evitando i pericoli di forti contrasti a 
causa di rigidi vincoli gestionali. 
In realtà, questa polifunzionalità dei parchi coincide nell’attuale tendenza della 
politica comunitaria, voluta dal commissario Fischler nel 2003, a seguito della 
precedente riforma di Agenda 2000. Con la riforma, Fischler ha raggiunto un 
nuovo assetto della politica agricola comunitaria fino al 2013, che, insieme agli 
aspetti della compatibilità dell’agricoltura europea, attraverso il passaggio ad un 
sostegno totalmente disaccoppiato dalle quantità prodotte, prevede misure di 
sviluppo rurale, attraverso la difesa dell’ambiente, la conservazione delle
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bellezze paesaggistiche, la sicurezza alimentare, l’adozione di buone pratiche 
agronomiche, il sostegno dei produttori delle aree fisicamente svantaggiate. 
La polifunzionalità dell’agricoltura, rivolta a preservare l’ambiente e la bellezza 
delle nostre campagne ed allo stesso tempo, a mantenere inalterata la redditività 
economica e sociale delle zone rurali, coincide con le finalità sopraindicate dei 
parchi naturali. E’ indubbio che la crescente sensibilità dell’opinione pubblica 
nei riguardi della tutela ambientale e dello sviluppo di un’agricoltura sostenibile 
scaturisca dalle giuste preoccupazioni per i guasti ambientali derivanti dalle 
nuove esigenze della vita moderna, pur tuttavia, contrasti di opinioni e 
contraddizioni si stanno verificando nelle tematiche dello sviluppo sostenibile 
del territorio. 
E’ necessario, allo stato attuale, un momento di confronto e di concertazione tra 
le giuste preoccupazioni per la difesa ambientale e le attività economiche in atto 
nei Paesi industrializzati, per il mantenimento di un benessere economico, a cui 
partecipano con equità tutte le classi sociali. 
I requisiti essenziali di un parco nazionale si possono in definitiva ridurre ad una 
gran tipica bellezza naturale, ad un alto valore per la ricreazione all’aperto e ad 
un’estensione relativamente compatta, ma facilmente raggiungibile dai principali 
centri.  
Bisogna cercare di non porre eccessivi vincoli alle costruzioni, perché si 
potrebbe bloccare lo sviluppo di tutta la zona. 
La più gran cura, perciò, deve porsi per assicurare che ogni nuova costruzione, o 
modifica delle preesistenti, non turbi la bellezza, né sia in contrasto con il 
carattere architettonico del complesso cui viene ad inserirsi. 
Gli alberi, la ricca flora e fauna dei boschi allo stato naturale, sono la base della 
bellezza e dell’interesse dei parchi; il loro mantenimento è di conseguenza un 
fattore essenziale della pianificazione, e a tal fine si dovrebbe giungere senz’altro 
alla proibizione di abbattere alberi o capitozzarli, senza il permesso della 
commissione sovrintendente il parco. 
Nell’ambito del ricco patrimonio vegetale presente allo stato spontaneo a rischio 
di estinzione, sono molte specie officinali richieste dal mercato, spesso raccolte
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senza alcuna regola, tale da impedire la riproduzione. Di qui la necessità attuale 
della loro coltivazione, secondo razionali agrotecniche. 
Per queste specie è anche in atto un lavoro di miglioramento genetico, con lo 
scopo di adattarle a condizioni climatiche e pedologiche diverse da quelle del 
luogo d’origine, di uniformare i periodi di maturazione, di ottenere maggiori 
contenuti di principi attivi e composizione degli oli essenziali costanti. 
Il testo di riferimento della legislazione italiana, riguardante la protezione delle 
specie officinali e dei loro habitat naturali è tuttora la legge 99/1931 che detta le 
norme sulla coltivazione, la raccolta e il commercio di queste piante e definisce 
anche, le competenze di alcune figure giuridiche dell’erborista e del farmacista 
inerenti a questa materia.  
In ogni regione o provincia autonoma ci sono diversi provvedimenti legislativi a 
tutela della flora e degli habitat, la norma della raccolta varia da provincia a 
provincia. 
Negli ultimi anni, visto il progressivo aumento d’interesse per le piante officinali 
e per il loro potenziale terapeutico, è nato nel 1980 un Programma Cooperativo 
Europeo specifico (ECP/GR), coordinato dall’International Plant Genetic 
Resources Institute (IPGRI) che ha un importante ruolo nella ricerca della 
conservazione delle risorse genetiche (GR) delle specie officinali. 
Tra gli obiettivi c’è quello di costituire una rete di collaborazioni finalizzate al 
mantenimento di collezioni esaurienti e ben documentate delle Risorse 
Genetiche delle Piante Coltivate (PGR), ma anche di incoraggiare uno 
sfruttamento efficace di tali risorse nel campo di miglioramento genetico e 
promuoverne lo scambio completo e gratuito. 
Si sottolinea anche l’importanza del promuovere la conservazione delle PGR a 
livello europeo, sia in situ che in ex situ, e di facilitarne l’utilizzo rafforzando la 
collaborazione fra i programmi nazionali, le organizzazioni pubbliche o private e 
le ONG che le hanno in custodia. 
Al vertice dell’ECP/GR vi è un comitato  direttivo che opera attraverso sei 
Network Coordinating Group (NCG) che si occupano rispettivamente di cereali,
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foraggiere, orticole (che comprende anche le Piante Medicinali ed Aromatiche), 
leguminose da granella, frutticole e colture industriali. 
Il gruppo che si occupa di piante medicinali ed aromatiche (MAP WG, 
Medicinal  and Aromatic Plant Working Group) è di recente costituzione e si è 
riunito nel corso di questi anni per la prima volta in Slovenia, nel settembre del 
2002, ed una seconda volta in Macedonia, nel dicembre 2004. 
Il compito di questo gruppo è principalmente quello di contribuire a sviluppare 
delle strategie di conservazione delle piante officinali a livello europeo e di 
evidenziarne il corretto sfruttamento. 
Temi quali lo studio, la caratterizzazione e la conservazione di dette piante sono 
divenute parti integranti anche di programmi stilati da organizzazioni 
internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che 
recentemente ha pubblicato Linee Guida riguardanti le buone pratiche agricole e 
di raccolta spontanea delle piante officinali (GAP). 
Alla prima riunione hanno partecipato i rappresentanti di una ventina di paesi 
europei, tra cui l’Italia, più Israele, e uno dei primi problemi affrontati è stato 
quello di trovare una definizione condivisa da tutti di “pianta officinale” e di 
“pianta aromatica” ed inoltre quali criteri adottare nella scelta delle piante su cui 
lavorare. 
Si è arrivati così a dire che “ Piante medicinali” sono definite quelle che sono 
utilizzate sia nella medicina ufficiale sia come rimedio popolare, mentre quelle 
“aromatiche” sono impiegate per il loro aroma e/o sapore. 
Per quanto riguarda il criterio correlato all’origine geografica, si è deciso di 
considerare autoctone sia le specie originarie dell’Europa sia quelle ben adattate 
alle sue condizioni climatiche. 
Tra gli obiettivi definiti c’è quello di effettuare un censimento sulle risorse 
genetiche delle piante officinali spontanee, visto che le conoscenze a loro 
riguardo sono scarse, si rende necessario avere una conoscenza puntuale della 
loro distribuzione geografica a livello Europeo, altro obiettivo da conseguire è la 
conservazione sia a livello nazionale che Europeo, di grande interesse è 
l’obiettivo della loro caratterizzazione/valutazione attraverso la definizione di
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descrittori. Le piante officinali, infatti, differiscono dalle altre colture 
principalmente per la vastissima gamma di metaboliti secondari di cui occorrerà 
tenere conto nel definire la lista standard dei descrittori da utilizzare per 
individuare ed identificare con precisione le specie oggetto di studio, ed 
uniformare in tal modo il metodo di raccolta dei dati. Ultimo degli obiettivi è 
quello dello sviluppo di un database centrale sulle piante officinali, al fine di 
condividere le informazioni a livello europeo. 
Ogni partecipante alla prima riunione ha segnalato una lista di specie ritenute 
importanti e meritevoli di attenzione, e grazie queste è stato poi redatto un elenco 
delle dieci specie prioritarie. Su queste dieci specie, i rappresentanti dei vari 
paesi si sono impegnati a definire i descrittori da adottare, e poi ad eseguire 
un’indagine per caratterizzare le popolazioni naturali presenti in situ in alcuni 
habitat del loro paese, oppure ex situ. 
Alla lista di specie prioritarie appartengono: Achillea millefolium Volg., 
Artemisia vulgaris L., Carum carvi L., Gentiana lutea L., Hypericum perforatum 
L., Melissa officinalis L., Mentha x piperita L. e Mentha spicata L., Origanum 
spp., Salvia officinalis L., Thymus vulgaris L. e Thymus serpillum. 
In Italia tutte queste specie prioritarie sono spontanee, fa eccezione la Mentha x 
piperita che si trova in Piemonte solo allo stato coltivato. 
Il problema che si pone quindi non è il reperimento delle specie, ma la quantità 
di risorse che risulta inferiore a quella richiesta. 
L’attività del MAP WG è stata finora portata avanti dai vari paesi con fondi 
propri. Per quanto riguarda l’Italia la ricerca è collegata al progetto Risorse 
Genetiche Vegetali, promosso dal Ministero delle Politiche Agricole, che è 
soprattutto finalizzato a conoscere e promuovere 366 specie quasi tutte di 
interesse alimentare. 
Non esiste tuttora un progetto specifico per poter portare avanti questo impegno, 
anche se precedenti progetti, dedicati alle officinali, non hanno trascurato 
completamente il tema della caratterizzazione di piante sia medicinali che 
aromatiche spontanee
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Lo scopo principale di tali ricerche non è stato tuttavia quello di monitorare le 
popolazioni e valutarne la variabilità genetica col fine di conservarla, quanto 
piuttosto sfruttarla in programmi di selezione e/o coltivazione. 
Un incremento alla sperimentazione è stato dato dal MiPAF, in quanto ha 
promosso e finanziato il settore della ricerca sulle piante officinali con tre 
progetti: ”Piante officinali” (P.O. 1980-86), “Coltivazione e miglioramento di 
Piante officinali” (CEMPO 1988-94), “Incremento della produzione di Piante 
officinali” (I.P.P.O.), che ha avuto inizio nel 1988. 
Grazie a quest’ultimo progetto sono state raccolte e caratterizzate popolazioni di 
genere o specie diverse fra cui anche alcune appartenenti alle specie prioritarie 
come Origanum spp. ed Hypericum perforatum. 
Dopo questo, altri progetti regionali gestiti da alcune Università italiane si sono 
interessati a questa tematica per valorizzare le specie officinali presenti in aree 
protette. 
L’interesse a salvaguardare la biodiversità delle specie spontanee officinali è 
comunque in Italia un settore ancora ampiamente da sviluppare, ma è auspicabile 
che, in attesa di un possibile finanziamento europeo, i ricercatori che lavorano 
sulle officinali in diversi ambiti, botanico, farmacologico, chimico ed 
agronomico, mettano in comune le conoscenze già acquisite sulle specie in 
questione, per permettere al nostro paese di non rimanere tagliato fuori da questa 
iniziativa. 
Un’interessante iniziativa è stata promossa dall’Università di Bari e la società 
Specchiasol, con la firma di un protocollo d’intesa, per realizzare nel comune di 
Specchia (Le), un orto botanico di specie officinali. È stato realizzato un 
percorso didattico di 5000 mq, con oltre 200 specie officinali erbacee ed arboree, 
proprio per la scoperta della straordinaria varietà morfologica, delle proprietà e 
dei segreti delle Erbe officinali. La realizzazione di questo percorso si è ispirata 
al medievale “Giardino dei semplici”, che non è solo limitato alla collezione in 
situ di specie officinali, ma completato con la preparazione dei prodotti 
erboristici. Un ruolo importante per il completamento della didattica è dato dallo 
svolgimento di tirocini, attribuzione di borse di studio o assegni di ricerca per
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giovani laureati, interessati alla specializzazione nel settore delle agrotecniche, 
nella biologia e fisiologia e nella fitochimica delle piante officinali. 
L’istituzione in Puglia del Parco dell’Alta Murgia può essere un’occasione per la 
conservazione del locale patrimonio di biotipi di specie officinali, ed allo stesso 
tempo, un’opportunità per la loro valorizzazione attraverso la messa in coltura e 
l’ottenimento di prodotti tipici della tradizione della Murgia, nella prospettiva 
dell’incentivo alla ruralità, prevista dalla politica comunitaria.