trasmettere, all'interno dei percorsi interculturali un'immagine diversa da quella 
proposta dai media? E’ proprio a questo che vorrebbe essere utile il mio lavoro, 
non già per fornire teorica precettistica da manuale, ma per consigliare strategie 
reali da applicare nella prassi della scuola, della classe, dei singoli alunni. Per 
questo motivo la ricerca teorica è corredata dalla fase progettuale, la quale si 
articola in lavori ed attività semplici, le quali sono “ponte” tra diverse culture, 
appunto come i giochi che fanno divertire i bambini in ogni parte del mondo. Il 
gioco  esprime  le  connotazioni  autentiche  delle  diverse  culture  e  non  va 
considerato come momento di evasione o di improduttività ma è attività umana 
che contribuisce all’educazione dell’uomo. Giocare è entrare nelle regole di una 
società,  è  capire  i  significati  delle  azioni,  è  sperimentare  il  gusto dello stare 
insieme, è scoprire la varietà dei luoghi e delle funzioni sociali, è saper utilizzare 
in modo creativo tutti i materiali, anche i più semplici. 
Oltre a raccomandarsi come insostituibile occasione di socializzazione tra i pari, 
il gioco in virtù del suo linguaggio universale e del suo carattere coinvolgente, 
favorisce l’incontro, sul piano della reciproca simpatia, tra bambini di età, sesso, 
classe e culture diverse. A tal proposito può essere utile servirsi di metodologie 
interattive: giochi di ruolo e di simulazione, giochi cooperativi.  Coinvolgendo 
numerosi ambiti  della persone,  possiamo definire il  gioco come una struttura 
dove le varie componenti psicologiche, biologiche, sociali, di contesto…. 
3
CAPITOLO I
SOCIETA’ COMPLESSA E SCUOLA 
MULTICULTURALE
4
1.1              ASPETTI DELLA SOCIETA’ ATTUALE
Il multiculturalismo e la migrazione, temi di grande interesse e attualità negli 
ultimi decenni, sono tuttora oggetto di riflessioni per le rilevanti conseguenze 
sociali  che  essi  producono.  L’esplosione  demografica  dei  paesi  asiatici  e 
africani, l’intensificazione e la capillarità dei trasporti, le possibilità di scambio e 
di comunicazione, le crisi economiche, hanno favorito la migrazione di intere 
popolazioni,  determinando  un  inconsueto  avvicinamento  di  culture,  un 
incontro/scontro di abitudini, comportamenti e visioni del mondo1.Le diversità 
che in passato venivano attribuite a popolazioni e società fisicamente lontane, 
oggi sono presenti  negli  spazi  di  vita comuni,  nella quotidianità.Il  fenomeno 
migratorio, così come oggi si delinea, comporta dei mutamenti profondi nelle 
strutture e nelle dinamiche sociali: la condivisione degli spazi di vita sconvolge i 
modelli tradizionali di riferimento, le abitudini mentali, le appartenenze 2.  C’è 
da dire, però, che molto spesso l’immigrazione non è supportata da infrastrutture 
sufficientemente  idonee  all’accoglienza,  né  tanto  meno si  può affermare  che 
esista una forma mentis predeterminata e predisposta all’accoglienza prima, e 
all’ integrazione poi. A farsi carico di ciò, naturalmente, per lo meno in una fase 
iniziale,  devono  essere  le  istituzioni,  coinvolgendo  anche  il  mondo 
dell’educazione,  in  modo  che  le  generazioni  future  acquisiscano  un  tipo  di 
coscienza predisposta ad accogliere e ad integrare. Solo così l’azione e l’opera 
del singolo diventa necessaria a tale scopo. Occorrerà, però, analizzare da più 
vicino quali siano state le tappe e gli eventi che hanno contrassegnato in Italia il 
fenomeno dell’integrazione  multiculturale.  Infatti  anche  l’Italia,  paese  che  la 
storia ci presenta da sempre come paese di emigranti, negli ultimi decenni ha 
subito profonde trasformazioni, entrando, prima di tutto, nell’orbita di quei paesi 
mèta di grandi flussi migratori e, in secondo luogo, entrando nel circuito di un 
paese centro di un’Europa Unita dove ormai le frontiere sono aperte e quindi 
1
 D. DEMETRIO, G.FAVARO, Immigrazione e pedagogia interculturale, La Nuova Italia, Firenze, 1992
2
 M.L. LANZILLO, Il multiculturalismo, Editori Laterza, Bari, 2005
5
dove  la  propria  considerazione  deve  andare  ben  oltre  da  quella  di  cittadini 
unicamente del proprio paese. Nel corso degli anni ‘80 il ruolo dell'Italia nel 
sistema  delle  migrazioni  internazionali  muta  profondamente:  se  prima  era 
coinvolta solo marginalmente dal fenomeno immigrazione, ora ne è pienamente 
investita. E' in questi anni che l'opinione pubblica presta sempre più attenzione a 
questa situazione, l'immigrazione straniera diventa tema di dibattito anche se in 
questa  fase  il  fenomeno  riguarda  aree  limitate:  inizialmente  si  tratta  di 
collaboratrici domestiche provenienti dai Paesi del Terzo Mondo, come nel caso 
dei  flussi  di  donne  filippine  e  degli  immigrati  maghrebini  in  Sicilia.  
La crescita media che ha caratterizzato l'ammontare e l'aumentare dei flussi dalla 
metà degli anni '80 in poi circa è molto vicino al raddoppiare degli immigrati 
ogni 10 anni secondo i dati riportati dal Ministero degli affari interni tra il 1970 
ed  il  2004.  Le  ragioni  della  scelta  dell'Italia  sono  molteplici:  
1) la sua collocazione geografica nel Mediterraneo, che la rende particolarmente 
esposta  ai  flussi  provenienti  dai  paesi  nordafricani,  da  ciò  anche  le  grandi 
responsabilità all'Italia connesse per il suo ruolo di paese di confine dell'Unione 
Europea sia a sud che a est; 
2) le caratteristiche dei nostri confini nazionali ne rendono molto difficile una 
completa e corretta supervisione, costituiti infatti per lo più da coste facilmente 
raggiungibili  e  difficilmente  controllabili,  oltre  alla  presunta  minore  rigidità 
rispetto  ad  altri  paesi  europei  che  all'Italia  viene  imputata  dagli  altri  paesi 
Europei, abituati ai controlli data la loro tradizione di paesi d'arrivo dei flussi 
migratori;
3) Il caso italiano rimane anomalo anche a causa della malavita organizzata che 
ha messo in moto una vera tratta di manodopera e purtroppo anche di nuovi 
"schiavi"3.
Vinicio Ongini, consulente dell’Unicef ed esperto del ministero dell’istruzione, 
3
  P.GOGLIA, Studio pilota sulle realtà socioculturali dei figli degli immigrati in un quartiere  
periferico di  Roma, Roma, Università La Sapienza, 2002.
6
colloca intorno alla fine degli anni ’80 la percezione del problema creato dalla 
scarsa integrazione interrazziale nel nostro paese, prendendo in considerazione 
un  episodio  che  all’epoca,  strumentalizzato  dai  mass-media,   sconvolse 
l’opinione  pubblica  costringendola  ad  affrontare  la  questione.  Il  fatto  in 
questione  riguarda  un  rifugiato  politico  in  Italia,  tale  Jerry  Esslan  Masso, 
scappato dal Sudafrica dove aveva perso, in seguito agli scontri razziali, il padre 
e la figlia di sette anni.  4 Nell’agosto del 1989, presso Villa Laterno, l’uomo 
venne aggredito assieme ad altri connazionali da due giovani del posto a scopo 
di furto e durante l’aggressione venne ucciso. Era l’epoca in cui, specie nell’area 
meridionale  della penisola,  si  riversavano flussi  assai  numerosi  di  immigrati, 
prevalentemente dall’Africa, per dedicarsi alla raccolta dei pomodori, venendo 
retribuiti  con salari  bassissimi e vivendo in alloggi di fortuna.  Ma era anche 
l’epoca  in  cui  la  questione  dell’immigrazione  cominciava  a  farsi  sentire  più 
“calda”  ,  visto  che  cominciavano  a  diventare  un  po’ più  che  casi  isolati  le 
raccolte delle firme e le marce improvvisate contro gli “stranieri”. L’episodio in 
sé divenne sintomatico di un cambiamento in atto all’interno di una società  che 
proprio in quegli anni conosceva sì, da una parte , il boom economico specie 
nelle produttive  zone del Nord, ma che non nascondeva l’arretratezza del Sud, 
nonché  una  certa  tensione  in  merito  alla  questione  dell’immigrazione,  che 
diveniva così urgente da risolvere: c’era bisogno che si sollevasse la voce dello 
stato  in  nome  e  in  difesa  dei  valori  della  tolleranza,  della  solidarietà, 
dell’accoglienza, della pace5. 
Questo episodio fece sì che nel febbraio del 1990 entrasse in vigore la Legge 
Martelli, il primo intervento finalizzato a monitorare l’immigrazione e a porre 
un controllo su di essa da parte dello stato: l’ingresso degli extra-comunitari è 
subordinato  ad  un  visto,  mentre  la  loro  permanenza  è   autorizzata  da  un 
permesso che rilascia il questore della provincia di residenza, soggetto ad un 
4
 V. ONGINI, Lo scaffale multiculturale, Mondadori, Milano, 1999
5
 E. BOLAFFI, Immigrazione: un frutto avvelenato dello sviluppo, in «Problemi del 
socialismo», I, gennaio - aprile    1989
7
periodico  rinnovo6.  In  seguito  vennero  emanati  altri  decreti  finalizzati  ad 
integrare  o  modificare  parzialmente  la  suddetta  legge,  decreti  discussi  al 
momento in  seguito ad episodi  che  richiedevano un intervento immediato, 
come lo  sbarco   crescente  ed  incontrollabile  di  clandestini  sulle  coste  del 
nostro paese . E’ in tale contesto che nel 1998 viene elaborata la Legge Turco-
Napolitano, la quale, superando i concetti di ingresso, soggiorno ed espulsione 
nei  casi  più estremi,  si  addentra  nello  specifico dei  diritti  e  dei  doveri  da 
esercitare e da espletare da parte dello straniero, introducendo inoltre una carta 
di soggiorno di durata illimitata. Sempre nel corso dello stesso anno si sente 
l’esigenza di convogliare in un corpus unico tutte le leggi e tutti i decreti che 
discutessero  materia  di  immigrazione:  a  tal  fine  viene  approvato  il  Testo 
Unico sull’Immigrazione7, teso ad assicurare un approccio immediato e sicuro 
in merito alla risoluzione delle suddette problematiche. In seguito, ed in tempi 
più recenti, si sono aggiunte integrazioni e modifiche previste dalla successiva 
legge  del  luglio  2002,  nota  come  Legge  Bossi-Fini.  Da  quest’ultimo 
riferimento cronologico ad oggi,  la crescita della presenza straniera in Italia 
ha  assunto  dimensioni  assolutamente  rilevanti.  Giusto  per  riportare  il 
fenomeno in chiave puramente statistica, occorre precisare che al 1° gennaio 
2005  sono  stimati  2.740  stranieri  in  Italia,  compresi  principalmente  nelle 
comunità albanese o rumena. Fino ad un decennio fa circa, tali cifre erano 
molto  più  ridotte  in  quanto  l’immigrazione  aveva  come scopo unicamente 
l’esigenza lavorativa, mentre oggi la stramaggioranza  sopraggiunge in Italia 
per ricongiungersi con i propri familiari pervenuti anni fa. Oggi non è affatto 
semplice comprendere quale sia dal  punto di  vista quantitativo la presenza 
straniera in Italia soprattutto alla luce dei molti clandestini e lavoratori in nero. 
Le ripercussioni sul mondo del lavoro non hanno provocato allora una forte 
conflittualità  tra  immigrati  ed  italiani,  e  ancora  oggi  la  situazione  non  è 
precipitata, ma i molti disagi che stanno venendo alla luce richiederanno delle 
6
 E. PUGLIESE, L’Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne, Il Mulino,Bologna, 2002.
7
  Ibidem
8
misure di controllo e di risanamento. La paura che la crisi economica potesse 
essere  peggiorata  dai  continui  flussi  migratori  e  la  necessità  di  prendere 
decisioni  per  realizzare  una  area  comunitaria  che  fosse  multiculturale  e 
multietnica  ha  creato  non  pochi  contrasti  ed  incongruenze  nelle  politiche 
migratorie dei diversi paesi, talvolta anche all'interno di singoli paesi, tra le 
normative sussistono ancora delle differenze sostanziali  che per un corretto 
funzionamento  del  meccanismo  internazionale  devono  essere  concertate, 
sempre tenendo conto delle esigenze e difficoltà nazionali presenti all'interno 
dell'Unione Europea 8. Una volta divenuta nuova terra di attrazione migratoria 
l'Italia si rende conto della necessità di una struttura normativa più elaborata 
per sostituire quella inadatta che ancora si protraeva dagli anni Trenta, si cercò 
di riorganizzare il paese da questo punto di vista fino ad arrivare alla suddetta 
legge 39/90, soprannominata legge Martelli, che apportò molti cambiamenti 
ma naturalmente non abbastanza per regolarizzare la situazione, aprendo però 
con la sanatoria che la ha accompagnata una lunga tradizione di sanatorie che 
tutt'oggi caratterizzano il modo di operare dell'Italia e creano non pochi attriti 
in  sede  internazionale,  essendo  l'Italia  uno  dei  paesi  di  confine  dell'UE e 
dunque un paese su cui gravano dei compiti per conto dell'Unione Europea. 
Le altre leggi che si  sono poi succedute nel panorama giuridico italiano le 
abbiamo già descritte ed è chiara la loro insufficienza nell'adempiere a compiti 
ormai gravosi per questo Paese9.  Oggi si  pretendono dall'Italia e dagli altri 
Stati cuscinetto dell'Europa meridionale leggi e norme più rigide in materia di 
immigrazione  che  tutelino  e  garantiscano  la  sicurezza  nei  territori  interni. 
Questo  però  non  è  un  compito  semplice  in  quanto  i  processi  di 
internazionalizzazione rendono ancora più ardua la riuscita di tale impegno, 
rendendo così necessarie delle politiche di chiusura agli ingressi illegali e di 
maggiori  controlli  sulle  condizioni  di  irregolarità  degli  immigrati.  È  il 
8
 M. Ambrosini e S. Molina , Seconde generazioni. Un’introduzione al futuro dell’immigrazione in Italia, 
Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 2004.
9
  Op. cit. pag. 46
9
passaggio dell'Italia da una società di emigrazione ad una di immigrazione che 
rende più attuali i problemi delle banlieue in Francia e delle "inner city" in 
Gran  Bretagna10.  L'Italia  rappresenta  un  caso  a  sé  stante  completamente 
diverso da quello francese ed inglese in cui è evidente uno Stato più fragile 
nelle sue azioni,  meno centralizzato,  dai riferimenti molto meno nitidi alla 
laicità  ed  un  passato  coloniale  meno  intenso,  ma  ugualmente  molto 
controverso.  La  forte  istituzionalizzazione  e  burocratizzazione  dello  Stato 
francese  per  quanto  riguarda  i  processi  di  integrazione  sociale  tendono  a 
rendere la società più rigida, in tali  casi  un fallimento dello Stato centrale 
costituirebbe l'esclusione da qualsiasi possibilità di integrazione, ciò di certo 
non facilita il percorso di integrazione necessario ad un cittadino immigrato 
per  sentirsi  parte della realtà in cui  vive da diversi  punti  di vista,  non per 
ultimo  quello  giuridico.  Nel  caso  italiano  invece  nonostante  la  minore 
consistenza  dello  Stato,  il  clientelismo  politico  e  l'inefficienza  dei  servizi 
pubblici sono le strutture e le istituzioni informali che funzionano meglio, cioè 
quelle caratteristiche della società italiana che si  poggiano sulla solidarietà, 
sulla  scuola,  sulla  famiglia,  sulle  istituzioni  locali,  spesso  sul  singolo  che 
contribuiscono ad integrare le persone precarie o in situazioni di disagio nelle 
reti sociali, una concreta alternativa all'esclusione. Al di là di leggi e decreti, 
però, la questione di una società improntata al multiculturalismo è dibattuta a 
livello internazionale: è a partire dagli anni ’90 del XX secolo che intorno ad 
essa  si  sono  sviluppati  progetti  di  ricerca,  insegnamenti  universitari, 
discussioni politiche e speculazioni anche di ordine filosofico, sempre però 
con una certa difficoltà di fondo a determinare e a definire in maniera totale 
l’oggetto a cui si riferisce la suddetta questione. In prima sembra chiaro di che 
cosa si parla quando si dice multiculturalismo. Ovvio, multiculturalismo sta ad 
indicare la difficoltà a cui la nostra esistenza politica  (ma non solo) sembra 
sottoposta  in  quella  che  appare  come  un’epoca  di  transizione,  di  crisi,  di 
10
 W. A. DOUGLASS, Migration in Italy, in Kenny M. e Kertzer D. I, Urban Life inMediterranean Europe:  
Anthropological Perspectives, University of Illinois Press, Urbana Chicago London, 1983
10
sconvolgimenti:  dall’agonia  del  sistema occidentale  al  ripresentarsi  sempre 
più frequente della guerra quasi come sola capacità di risposta alle tensioni cui 
è  sottoposto  il  sistema  politico,  dall’emergenza  sempre  più  visibile  della 
frattura fra Nord e Sud del mondo fino alle nuove guerre civili di religione… 
Ma perché il multiculturalismo dovrebbe aiutarci a comprendere tutto ciò? “A 
partire  dagli  anni  ’70  del  XX  secolo,  in  seguito  ai  movimenti  e  alle 
rivendicazioni provocate dalle cosiddette guerre culturali  e dalla percezione 
della  fine  dell’ideologia  del  melting  pot,  oggi  il  dibattito  pubblico  e 
accademico  non  riesce  ad  esimersi  dal  discutere  e  dibattere,  rimanendo 
invischiato nel tema del multiculturalismo. L’Europa, alle prese con problemi 
teorici e politici legati alle nuove ondate di migrazioni di persone provenienti 
dal Sud del mondo, è al contempo attraversata dalla crisi dello Stato-nazione e 
recepisce  quella  che  può  sembrare  un’ancora  di  salvezza  lanciata  proprio 
dall’altra  parte  dell’Atlantico,  ovvero  dall’America,   che  ha  interpretato  il 
multiculturalismo,  appunto,  come  soluzione  a  tutto.  Tuttavia  l’Europa  è 
costretta a rileggere il  concetto di  multiculturalismo alla luce della propria 
storia e della propria cultura, quindi ne da un’interpretazione sostanzialmente 
diversa da quella data dall’America: viene prodotto perciò un concetto tutto 
europeo  di  tolleranza.”  11 Inoltre,  il  pluridibattuto  concetto  del 
multiculturalismo si  innesta  in  un’altra  questione  divenuta  centrale,  specie 
nell’ultimo decennio, ossia quella della globalizzazione, fenomeno che siamo 
in obbligo di analizzare se vogliamo parlare di integrazione multiculturale.
1.2              ORIENTARSI NELLA GLOBALIZZAZIONE 
La globalizzazione è da intendersi come un “fenomeno strettamente correlato 
all’immigrazione,  alla dilatazione del mercato globale e all’ormai accertato 
patchwork  di  etnie,  lingue  e  culture  a  livello  mondiale,  divenuto  realtà 
inopinabile”12.  La  globalizzazione  indica  un  fenomeno  di  progressivo 
11
  M.L. LANZILLO, Il multiculturalismo, Editori Laterza, Bari, 2005
12
 T. TENTORI, Antropologia delle società complesse, Armando Editori, Roma, 1998
11
allargamento  della  sfera  delle  relazioni  sociali  sino  ad  un  punto  che 
potenzialmente  arriva  a  coincidere  con  l'intero  pianeta.  Interrelazione 
globale13 significa  anche  interdipendenza  globale,  per  cui  sostanziali 
modifiche che avvengono in una parte del pianeta avranno, in virtù di questa 
interdipendenza, ripercussioni anche in un altro angolo del pianeta stesso, in 
tempi  relativamente  brevi.  Per  globalizzazione  si  definisce  un  insieme  di 
fenomeni  di  elevata  intensità  e  rapidità  su  scala  mondiale,  in  campo 
economico, sociale, culturale e ideologico, tendenti a:
• superare  le  barriere  materiali  e  immateriali  alla  circolazione  di 
persone, cose, informazioni, conoscenze e idee;
• uniformare  le  condizioni  economiche,  gli  stili  di  vita,  e  le  visioni 
ideologiche,  in  particolare  in  conformità  col  modello  occidentale 
metropolitano;
La globalizzazione  viene  generalmente  presentata  come un fenomeno di 
origine recente, tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, le cui cause 
più importanti sono14:
• l'avvio  di  un  ciclo  politico-economico  nei  paesi  capitalisti  di  forte 
ampliamento della sfera economica privata sia all'interno che su scala 
internazionale;
• la crisi e la fine dei sistemi socialisti in Europa orientale, e in particolare 
del paese guida del sistema socialista mondiale, l'Unione Sovietica;
• la  rapida  crescita  e  diffusione  di  nuove  tecnologie  informatiche 
applicate alle telecomunicazioni sia nelle attività economiche che nella 
vita quotidiana, in grado di ridurre drasticamente i tempi, i costi e altri 
ostacoli tecnici delle comunicazioni a grande distanza.
13
 L. CHAMBERS, The metropolitan experience, Methu, London, 2001
14
 Op. Cit. pag. 25
12