Introduzione 
 6
Una grande quantità di dati sperimentali è a favore della “ipotesi della sola proteina” 
(“protein only hypothesis”), vale a dire del concetto secondo cui i prioni sono 
essenzialmente rappresentati da una isoforma patologica (PrP
Sc
, da scrapie) della proteina 
normale (PrP
C
). 
 
1.2 Isoforme normale e patologica della proteina prionica 
 
PrP
C
 rappresenta l’isoforma normale della proteina, ed è caratterizzata da una 
conformazione a prevalente contenuto di ∆-eliche. Si ritiene che, in particolari condizioni, 
PrP
C
 si trasformi nella isoforma patologica, denominata PrP
Sc
, in seguito ad un 
cambiamento conformazionale, che consiste in una diminuzione del contenuto in ∆-eliche 
e un parallelo aumento del contenuto in Ε-struttura [Pan et al., 1993]. Questo cambiamento 
conformazionale è accompagnato da un aumento della resistenza alle proteasi, con 
conseguente tendenza della isoforma patologica ad accumularsi e a formare aggregati 
simili a fibre amiloidi insolubili. L’isoforma normale può essere “indotta” ad assumere la 
conformazione patologica dalla stessa presenza dell’isoforma patologica (PrP
Sc
), che può 
trovarsi nell’organismo in seguito ad assunzione dall’esterno o in seguito a cambiamenti 
conformazionali delle proteine prioniche endogene. Anzi, l’isoforma normale è necessaria 
per la “moltiplicazione” dei prioni patologici e quindi per determinare l’insorgenza e la 
propagazione della malattia. Infatti, topi knock-out per il gene della proteina prionica sono 
resistenti all’infezione con i prioni e non replicano l’agente infettivo [Büeler et al., 1993]. 
Il cambiamento di conformazione della proteina prionica è un processo post-
traduzionale che può avvenire sia all’interno della cellula, sia dopo che la PrP
C
 ha 
raggiunto la sua corretta posizione extracellulare. La conversione spontanea dell’isoforma 
normale nell’isoforma patologica è un evento raro. Per spiegare la formazione degli 
aggregati amiloidi sono stati proposti fondamentalmente due modelli. Il modello della 
riconformazione guidata prevede che una molecola di PrP
C
 parzialmente svolta subisca una 
modificazione della struttura terziaria sotto l’influenza di una molecola di PrP
Sc
: questo 
processo ha un’energia di attivazione molto alta e richiederebbe perciò uno chaperone e 
una fonte di energia. Il modello della nucleazione assume che la PrP
C
 sia in equilibrio 
termodinamico con la PrP
Sc
 o con un suo precursore. La PrP
Sc
 è stabile solo quando è 
Introduzione 
 7
presente in aggregati simil-cristallini. Una volta che è presente un nucleo di 
“cristallizzazione”, la formazione di nuove molecole PrP
Sc
 è favorita ed è molto rapida 
(fig. 1) [Weissmann, 1999]. 
 
 
 
 
 
Figura 1: Rappresentazione schematica dei due modelli proposti per spiegare la 
formazione degli aggregati di proteina prionica. 
Introduzione 
 8
1.3 Le malattie prioniche 
 
L’importanza di tutti gli studi volti a conoscere la funzione fisiologica e le 
caratteristiche fondamentali della proteina prionica risiede nel fatto che essa causa malattie 
letali sia nell’uomo che negli animali. Inoltre negli ultimi anni è sorto il sospetto che le 
malattie prioniche possano essere trasmesse anche da una specie all’altra. 
Nell'uomo, il kuru, la malattia di Creutzfeldt-Jacob (CJD), la sindrome di Gerstmann-
Straüssler-Scheinker (GSS), l’insonnia familiare fatale (FFI), sono tutte malattie 
neurodegenerative imputabili all'azione dei prioni. A parte il kuru, trasmesso in seguito a 
pratiche rituali di cannibalismo, che oggi è scomparso, le altre malattie, la CJD, la GSS e la 
FFI, sono annoverabili anche fra i disordini genetici. 
Le forme infettive di queste malattie prioniche sono dovute alla trasmissione 
orizzontale dei prioni, come avviene nelle forme iatrogene di CJD, provocate ad esempio 
da trapianti di cornea o strumenti chirurgici infetti, e in tutte le TSEs causate da assunzione 
di alimenti infetti. In tutti questi casi, anche i trattamenti fisici e chimici più drastici non 
alterano quasi per niente l’infettività del tessuto o dell’alimento. Le forme sporadiche non 
hanno ancora una spiegazione certa. Esistono due ipotesi, entrambe plausibili: la prima è 
che siano dovute comunque ad una trasmissione orizzontale nell’ambito della stessa specie 
o fra specie diverse, la seconda è che siano favorite da mutazioni somatiche del gene per la 
PrP [Prusiner, 1994]. Le forme ereditarie dipendono da mutazioni nella regione codificante 
del gene per la PrP che portano molto probabilmente alla produzione di una proteina che 
va incontro più facilmente a cambi conformazionali. 
Negli animali esistono malattie neurodegenerative analoghe a quelle umane. Lo 
scrapie, che colpisce pecore e capre, è stata la prima malattia prionica studiata. La più 
famosa, forse, è l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE), più nota come “morbo della 
mucca pazza”. Negli animali, queste malattie assumono forme diverse, presentando 
sintomi differenti a seconda della specie, anche se le lesioni presenti a livello di tessuto 
nervoso sono molto simili a quelle che si riscontrano negli esseri umani. Lo studio di 
queste patologie negli animali riveste un crescente interesse, in quanto sembra che, almeno 
in qualche caso particolare, i prioni di alcune specie animali possano essere trasmissibili 
all’uomo. 
 
Introduzione 
 9
Tabella 1: Malattie prioniche nell’uomo e negli animali 
Malattia Ospite Meccanismo patogenetico 
   
kuru uomo Infezione dovuta a cannibalismo rituale 
 
iCJD (CJD iatrogena) uomo Infezione contratta da tessuti, ormoni o 
strumenti chirurgici contaminati 
   
vCJD (variante della 
CJD) 
uomo Infezione trasmessa dai bovini? 
  
fCJD (CJD familiare) uomo Mutazione nella linea germinale del gene 
per la PrP 
  
GSS uomo Mutazione nella linea germinale del gene 
per la PrP 
  
FFI uomo Mutazione nella linea germinale del gene 
per la PrP 
  
sCJD (CJD sporadica) uomo Mutazione somatica o conversione 
spontanea 
   
FSI uomo Mutazione somatica o conversione 
spontanea 
   
Scrapie pecore Suscettibilità genetica
 
BSE bovini Infezione dovuta a mangimi contaminati 
   
TME visone Infezione dovuta a mangimi contaminati 
 
CWD alci e cervi Sconosciuto 
  
FSE gatti Infezione dovuta a mangimi contaminati 
 
Encefalopatia degli 
ungulati esotici 
niala e orice Infezione dovuta a mangimi contaminati 
 
CJD: Creutzfeldt-Jacob disease, i = iatrogena, v = variante, f = familiare, s = sporadica 
GSS: Gerstmann-Sträussler-Sheinker disease 
FFI: insonnia familiare fatale 
FSI: insonnia fatale sporadica 
BSE: encefalopatia spongiforme bovina 
TME: encefalopatia trasmissibile del visone 
CWD: deperimento cronico 
FSE: encefalopatia spongiforme felina 
 
 
I segni tipici di queste malattie a livello cerebrale sono degenerazione dei neuroni, 
vacuolizzazione del tessuto cerebrale, gliosi degli astrociti e accumulo progressivo di 
materiale proteico sotto forma di placche amiloidi, molto probabilmente formate dagli 
aggregati di proteina prionica. Si assiste ad un peggioramento progressivo delle condizioni 
del tessuto cerebrale, fino ad arrivare alla morte dell’individuo colpito. 
Tutte queste generalmente non si trasmettono da una specie all’altra; questa 
caratteristica è conosciuta come “barriera di specie”. 
Introduzione 
 10
Un tessuto di un organismo risulta essere suscettibile all’infezione da parte dei prioni 
solamente se esprime la proteina prionica normale omologa a quella infettante. Studi 
condotti su topi knock-out privi del gene per la proteina prionica hanno messo in evidenza 
che questi animali risultano immuni dall’infezione se inoculati con il prione murino 
[Büeler et al., 1993; Sailer et al., 1994]. L'inserimento in questi topi di un transgene che 
codifica per la proteina prionica murina ristabilisce la sensibilità all'infezione. Inoltre 
l’ottenimento di topi transgenici che esprimo la proteina prionica di criceto e che sono 
knock-out per il gene di topo ha mostrato che questi animali sviluppano la malattia quando 
vengono inoculati con il prione di criceto che, invece, non è in grado di infettare i topi 
wild-type [Raeber et al., 1997]. 
In realtà la barriera di specie non è sempre così stringente. Infatti, spesso si osserva 
che l’infezione di una specie con la proteina prionica di un'altra specie porta ad un 
prolungamento del periodo di incubazione e ad una modificazione del pattern di 
deposizione nel cervello [Pattison, 1965]. Sembra essere molto importante in questo 
processo il grado di identità che esiste fra la proteina prionica della specie ricevente e 
quella della specie originaria [Scott et al., 1993].  
Sono stati effettuati numerosi studi per identificare la regione della proteina prionica 
coinvolta nella determinazione della barriera di specie e sembra che alcune zone siano 
maggiormente importanti per questo fenomeno. Ad esempio, nel topo, gli amminoacidi 
184, 186, 203 e 205 formerebbero un epitopo fortemente coinvolto nel mantenimento della 
barriera di specie [Scott et al., 1997]. 
Introduzione 
 11
 
1.4 Struttura del gene 
 
Gli studi condotti da numerosi gruppi di ricerca hanno portato alla caratterizzazione 
delle sequenze codificanti la proteina prionica in numerose specie di mammiferi e in 
alcune specie di uccelli.  
Sembra che, in tutte le specie, la proteina prionica è codificata da un gene unico, che 
mappa sul braccio corto del cromosoma 20 nell’uomo e sulla regione omologa del 
cromosoma 2 nel topo. Questa corrispondenza fa supporre che il gene per la proteina 
prionica fosse già presente al momento della speciazione dei mammiferi [Sparkes et al., 
1986].  
La struttura del gene è molto simile in tutti i casi noti. Il gene è in genere composto da 
due esoni separati da un introne piuttosto esteso. Il primo esone contiene la maggior parte 
della regione 5’ non tradotta, mentre il secondo esone contiene la parte finale della regione 
5’ non tradotta, l’intera regione codificante e l’intera regione 3’ non tradotta. Ci sono 
eccezioni a questa struttura, come nel caso del topo e del bovino: infatti il gene di questi 
animali ha tre esoni e due introni, il primo e il secondo esone sono molto brevi e 
contengono solo parti della regione 5’ non tradotta (fig. 2) [Horiuchi et al., 1997; Lee et 
al., 1998]. Un dato importante è che, nei geni finora noti, l’intera regione codificante si 
trova sempre nell’ultimo esone. Questa caratteristica impedisce di ipotizzare che la PrP
Sc
 
sia frutto di uno splicing alternativo dell'RNA [Prusiner, 1994]. 
 
Introduzione 
 12
 
 
 
 
 
 
Figura 2: Rappresentazione schematica della struttura dei geni per le proteine 
prioniche di uomo, pecora e topo. Gli esoni sono indicati dai rettangoli colorati; la zona di 
colore più scuro corrisponde alla regione codificante. 
 
 
Sono stati studiati in modo dettagliato solo i geni delle proteine prioniche di topo, 
uomo e pecora. Questi studi hanno chiarito la struttura del promotore, che contiene copie 
multiple di una regione ricca in G-C repeats ed é privo di TATA box. Si suppone che i 
nonameri di G-C siano il motivo strutturale che funziona da sito di legame per i fattori di 
trascrizione. Lo studio comparato dei tre promotori, integrato con le informazioni relative 
al promotore del gene di ratto [Saeki et al., 1996], suggerisce che gli elementi regolatori 
del gene risiedano quasi sempre nelle 1.5 Kb presenti nella regione immediatamente a 
monte dell’inizio del primo esone. Uno studio accurato delle regioni non tradotte del gene 
ha portato all’identificazione di numerose sequenze ripetute in tutte e tre le specie [Lee et 
al., 1998]. 
L’mRNA del gene per la proteina prionica, oltre ad essere presente nell’embriogenesi, 
risulta costitutivamente espresso nel cervello e in altri tessuti (muscoli, tessuto linfoide) 
degli individui adulti [Prusiner, 1994; Blattler et al., 1997; Brown et al., 1998].