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L’apprendimento del Tedesco L2 nelle scuole superiori della Provincia Autonoma di Bolzano: una ricerca sul campo 
INTRODUZIONE 
 
È definito multilingue un territorio che riconosce ai fini amministrativi più 
lingue parlate abitualmente dalla popolazione e che adotti il multilinguismo per la 
segnaletica, la toponomastica, la comunicazione e la scuola. 
L’Italia rientra fra gli Stati che accanto alla lingua ufficiale ammettono a 
pari livello le lingue parlate da comunità presenti in alcune regioni; è il caso, per 
esempio, del Trentino-Alto Adige/Südtirol dove oltre all’italiano convivono anche 
la lingua tedesca e ladina, quella dei cimbri e dei mocheni. 
Tale situazione linguistica va ricondotta a ragioni storiche che ne hanno 
determinato una pacifica convivenza grazie alla soluzione adottata a livello politico 
e giuridico, consistente nello statuto di autonomia del 1972, per mezzo del quale il 
Trentino-Alto Adige-Südtirol è divenuta regione a statuto speciale, ottenendo 
quindi maggiore autonomia nei settori amministrativo, finanziario e legislativo. 
L’Alto Adige è considerato in varie parti del mondo come l’esempio riuscito 
di come si possano risolvere i conflitti che riguardano le minoranze. Tuttavia, non 
mancano al suo interno delle contraddizioni e delle problematiche che ancora oggi 
interessano la questione della lingua. 
Quando si fa riferimento a questo particolare territorio si viene condotti nella 
sfera del bilinguismo… il significato di tale parola secondo il dizionario Treccani è 
il seguente: “La capacità che ha un individuo o un gruppo etnico di usare 
alternativamente e senza difficoltà due diverse lingue”. Ma è corretto o quanto 
meno opportuno parlare di bilinguismo in questa regione oggi, in riferimento 
soprattutto, alle due minoranze di comunità linguistiche più numerose che la 
caratterizzano, quella italiana e quella germanofona?  
Un articolo di cronaca del quotidiano Alto Adige del 29 maggio 2017, 
titolava così: “Il bilinguismo formale è fallito”. In questo articolo venivano posti 
sotto l’attenzione del Professor Fazzi, docente di sociologia all’Università di Trento
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gli ultimi risultati della ricerca dell’Eurac
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 (studio Kolipsi II del 2015 e tutt’ora in 
corso), secondo cui gran parte degli studenti altoatesini mostrano un’incapacità nel 
gestire un normale colloquio “naturale” nelle due lingue, italiano e tedesco. 
Il sociologo non smentisce tale scenario delineato dall’Eurac e manifesta 
profonda preoccupazione affermando che pur non sussistendo conflitti nel suddetto 
territorio fra le diverse comunità, sembra che la tendenza sia rimasta ferma a 
ottant’anni fa, ossia quella di vivere in una società separata, dove l’uno non conosce 
né comprende pienamente l’altro. 
Questo lavoro sperimentale, parte proprio da tale presupposto e attraverso 
una ricerca sul campo, svolta in due istituti superiori italiani della città di Bolzano, 
intende tratteggiare un quadro generale del funzionamento scolastico altoatesino, 
con particolare attenzione all’apprendimento del tedesco come seconda lingua. 
Verrà quindi analizzata la situazione dal punto di vista dei parlanti italofoni. Per 
quanto si tratti di un campione circoscritto di 142 studenti e 12 insegnanti, si vuole 
verificare se la situazione presentata dall’Eurac sia rimasta invariata o meno e se ci 
siano prospettive concrete per l’incontro e scambio delle due culture in esame, 
almeno da parte della componente italofona. 
Allo scopo di comprendere al meglio il senso di tale personale indagine è 
necessario descrivere in primo luogo i principali accadimenti storici e politici che 
hanno determinato la realtà linguistico-culturale presente in questo territorio. Si 
inizierà con l’esposizione di tale argomento nel primo capitolo dell’elaborato. A 
seguire, nel secondo, sarà approfondita la storia linguistica della regione; nel terzo, 
saranno presentati il metodo di indagine, gli strumenti e i relativi obiettivi; nel 
quarto capitolo verranno esaminati i risultati raccolti nelle scuole; infine, nel quinto 
capitolo verranno effettuate delle considerazioni generali in merito alla ricerca 
svolta, per poi trarre delle deduzioni dal confronto con la situazione di partenza.  
 
                                                 
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 L’Eurac è un Istituto di ricerca applicata fondato a Bolzano nel 1992 e composto da ricercatori 
europei. Opera in diversi settori scientifici: autonomie, montagna, salute e tecnologia. Deve il suo 
sviluppo al forte legame col territorio, il quale per la sua particolare caratteristica di essere 
multilingue, ha offerto diversi spunti per nuove ricerche che sono state poi ampliate a livello europeo 
e internazionale.
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L’apprendimento del Tedesco L2 nelle scuole superiori della Provincia Autonoma di Bolzano: una ricerca sul campo 
I. CENNI STORICI 
 
1. Dalle origini al periodo post-napoleonico 
I resti archeologici rinvenuti dimostrano che l’odierno Trentino-Alto Adige 
conobbe le prime forme di insediamento umano, concentrate soprattutto nelle 
vallate montane, dopo l’ultima glaciazione, intorno al 12000 a. c. A partire dal 550 
a. c. si sviluppò la cultura Fritzens-Sanzeno
2
, meglio conosciuta come il popolo dei 
Reti. Il nome di queste popolazioni è stato tramandato dagli scrittori e storici 
romani, i quali ebbero pareri discordanti circa la loro origine. Alcuni ritenevano che 
i Reti appartenessero alla stessa etnia degli Etruschi, altri sostenevano che essi 
avessero preso il nome dalla principale divinità di questi popoli, la dea Raetia o dal 
loro antico capo, Raetus. 
Insieme ad essi coesistettero anche genti di origine celtica, frazionate in 
diverse tribù.
3
 
I primi contatti con i Romani risalgono al III secolo a. c.; essi iniziarono la 
loro espansione verso nord solo tra il 40 e 50 a. c., avendo come obiettivo quello di 
raggiungere le rive del Danubio. La zona del Trentino, denominata Tridentum, 
divenne un importante centro economico, politico e commerciale alle dipendenze 
di Roma e, sotto l’imperatore Augusto, venne incluso nel territorio della provincia 
romana Venetia cum Histria. 
La parte settentrionale dell’odierno Alto Adige, fu invece diviso in due 
provincie, Raetia e Noricum. Il periodo romano si protrasse per cinque secoli e 
lasciò diverse tracce nella regione, che fu fortemente latinizzata. Le popolazioni 
locali subirono la forte influenza e il prestigio del latino e, di conseguenza, 
                                                 
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 Il nome deriva dalle due località di: Fritzens in Tirolo e Sanzeno in Trentino; in entrambe le regioni 
vennero effettuati importanti scavi archeologici all’inizio del sec. XX. 
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 I celti si erano diffusi dalle isole britanniche fino alle zone centrali dell’Europa oltrepassando l’arco 
alpino.
4 
 
svilupparono un linguaggio neolatino, nel quale si fuse il sostrato retico-celtico, il 
cosiddetto retoromanzo.
4 
 
Con la crisi dell’Impero Romano, in tutte le vallate dell’Alto Adige e di 
Trento, iniziò a diffondersi il cristianesimo, soprattutto per opera dei missionari 
evangelici, tra i quali ebbe maggior influenza San Vigilio,
5
 che diventerà in seguito 
anche patrono della città di Trento. 
Quando nel 476 d.C. l’Impero Romano d’occidente cadde, il territorio 
passò, quasi fino alla fine del 700 d.C., sotto il controllo delle popolazioni 
barbariche di origine germanica, in special modo i Baiuvari altrimenti detti Bavari, 
i quali occuparono anche le zone del Veneto e parte della Lombardia. È proprio 
durante questo arco temporale, il cosiddetto alto medioevo
6
, che iniziò e si 
consolidò il processo di germanizzazione dei territori alpini centrali e quindi 
dell’Alto Adige, come di tutta la regione storica del Tirolo.
7
 I principali attori della 
diffusione capillare della lingua tedesca furono la nobiltà e il clero, i quali 
possedevano ingenti latifondi nelle zone di Bolzano e Merano. Anche i contadini e 
i commercianti che provenivano dalle zone austriache e dalla Germania meridionale 
contribuirono a questa diffusione. 
 L’originaria popolazione retoromanza, (gli antenati degli attuali ladini) che 
occupava quest’area, era frammentata ed essendo priva di strutture politiche e 
sociali comuni, rimase facilmente soggetta alle forti pressioni demografiche, 
linguistiche e culturali degli invasori d’Oltralpe. Ciò causò, inoltre, il loro 
progressivo arretramento e la conquista di valli disabitate. Tuttavia, strati neo-
romanzi risultano presenti in Val Venosta anche nel XVI secolo e lo sono tutt’oggi 
nelle valli ladine come la Val Gardena, Marebbe e la Val Badia. 
                                                 
4
 Dalla commistione del latino volgare dei romani e la lingua dei Reti, influenzata anche dai celti, 
nacque la lingua ladina. 
5
 San Vigilio venne nominato anche vescovo della diocesi di Trento nel 385. 
6
 Per Alto Medioevo si intende il periodo temporale compreso tra la caduta dell’Impero Romano 
d’Occidente e l’anno 1000 circa. 
7
 La regione storica del Tirolo comprende il Tirolo settentrionale (capoluogo Innsbruck) e orientale 
dell’Austria (capoluogo Lienz) e quello meridionale l’Alto Adige, facente parte dell’Italia dal 1919.
5 
 
La dominazione dei Bavari ebbe fine nel 788 d.C., anno in cui Carlo Magno 
sconfisse anche i Longobardi, loro alleati e vicini, riunendo tutti i territori 
nell’impero carolingio e, successivamente, al Sacro Romano Impero. 
Nel 1027 l’imperatore Corrado II, concesse in feudo al vescovo di Trento, 
il territorio trentino, la contea di Bolzano e la Val Venosta; al vescovo di 
Bressanone le valli dell’Isarco e dell’Inn. Questo atto, secondo una consuetudine 
tipica dell’impero, aveva lo scopo di limitare il potere delle famiglie nobiliari, 
creando dei veri e propri principati vescovili, i quali resistettero, come zone semi-
dipendenti fino alla secolarizzazione napoleonica del 1803. I principati vescovili 
iniziarono a vacillare nel XII secolo con l’istituzione dell’advocatia (Vogtei); la 
protezione militare che le famiglie signorili garantivano sul territorio alle istituzioni 
ecclesiastiche e che successivamente si tramutò in dominio effettivo. Fra le casate 
nobiliari dell’epoca conobbero l’ascesa i Tirolo, che di fatto espropriarono della 
maggior parte dei feudi i vescovi di Trento e Bressanone, dei quali erano stati 
avvocati dal 1140
8
. Essi si assegnarono illegittimamente il titolo nobiliare di 
“conti”, coniando il nome dall’omonimo castello situato nei pressi di Merano, sede 
principale della loro residenza. Fu per opera del conte Mainardo II, che nel XIII 
secolo i Tirolo raggiunsero la massima espansione territoriale, riuscendo ad 
estendere il loro dominio anche alle aree limitrofe
9
 e questi confini della regione 
del Tirolo rimarranno immutati fino al 1918. 
Nel 1365, per mancanza di discendenti dei Tirolo, le pressioni politiche 
aumentarono e la contea passò in eredità agli Asburgo d’Austria
10
. Nell’evoluzione 
storica della contea, è interessante notare che questa terra ha sempre goduto di 
diversi diritti democratici e di molte libertà. Nobiltà e clero, ma anche borghesia e 
contadini, concorrevano alla gestione politica, alla difesa del territorio e al rispetto 
delle cosiddette “antiche libertà”. Queste ultime erano già state codificate nel 1342, 
in un documento, la gran carta delle libertà, “der grosse Freiheitsbrief”, la quale 
permetteva a tutte le classi sociali di partecipare all’imposizione fiscale, alla 
                                                 
8
 Con l’espansione dei Tirolo, i vescovi rimasero in possesso di territori molto ridotti, in qualità di 
principi fino al 1803. 
9
 Vicenza, Verona, Feltre, Padova. 
10
 La casata Asburgo era suddivisa in due rami familiari: quello spagnolo e quello austriaco.
6 
 
formulazione delle leggi e alla partecipazione al governo della regione. Nel tardo 
medioevo, inoltre, una delle funzioni principali delle città del Tirolo divenne quella 
di garantire la sicurezza: furono gli stessi abitanti a fornire il servizio di guardia e 
la disponibilità per le chiamate di leva militare. Per quel che riguarda la difesa del 
territorio, nel 1511 fu stilato un trattato, il “Tiroler Landlibell”, con il quale i tirolesi 
venivano esentati dall’obbligo dell’intervento militare fuori dal Tirolo, ma erano 
vincolati alla difesa della contea in caso di guerra. 
Nel 1525 l’Europa centrale fu vittima di numerose carestie e scarsi raccolti 
agricoli. I contadini, provati anche dall’oppressione del sistema feudale, 
organizzarono una vasta insurrezione che si diffuse molto rapidamente. La rivolta 
scoppiò in Germania e si estese anche in tutto il Tirolo, iniziando da Bressanone, 
dove fu organizzata da Michele Gaissmayr
11
. Successivamente si propagò 
velocemente fino in Val d’Isarco, Val Pusteria e nell’intero Trentino. Gaissmayr 
rappresentava, in forma più radicale, le vecchie tradizioni democratiche e liberali 
del popolo tirolese.  Il suo scopo era quello di fare giustizia, abolendo i privilegi 
feudali della nobiltà e del clero, che si erano mostrati sempre più avidi
12
. La rivolta 
non produsse i risultati sperati, poiché la borghesia, dopo qualche esitazione 
iniziale, scelse di schierarsi dalla parte della nobiltà e non più dei contadini. 
Nel 1665, estintasi la seconda linea austriaca dei conti del Tirolo, tutti i 
possedimenti asburgici vennero riuniti direttamente sotto la corona imperiale di 
Leopoldo I, attraverso l’unione in matrimonio con la sola erede rimasta dell’ultimo 
conte del Tirolo, Claudia Felicita d’Austria. Da quel momento, nonostante la 
nomina formale di un governatore, le esigenze autonomistiche del Tirolo furono 
messe in discussione, poiché il centro di comando fu spostato da Merano ad 
Innsbruck e il potere centrale asburgico divenne sempre maggiore. 
                                                 
11
 Il più importante capo politico e militare della rivolta dei contadini, dopo Thomas Muntzner. Nato 
presso Vipiteno, da famiglia contadina., fu luogotenente all’Adige e capo dei doganieri del 
principato vescovile di Bressanone. Morì a Padova, per mano di alcuni sicari imperiali nel territorio 
della Repubblica di Venezia che lo aveva sostenuto nella lotta contadina contro gli Asburgo.  
12
 Nel 1525 a Merano fu approvato il Landesordnung, un nuovo ordinamento del Tirolo approvato 
dai rappresentanti dei contadini e della borghesia. Esso intendeva stabilire la fine dei privilegi feudali 
di clero e nobiltà.
7 
 
La centralità del governo asburgico fu rafforzata ancora di più nel 1713 
attraverso l’istituzione della Prammatica Sanzione
13
. Emanato da Carlo VI 
d’Asburgo, tale documento stabilì che tutti i territori austriaci sarebbero stati 
ereditati da un unico sovrano e che, conseguentemente, la monarchia sarebbe stata 
indivisibile. A seguito di lunghe ed aspre lotte, le condizioni furono poi accettate 
da tutti i rappresentanti delle regioni austriache e Maria Teresa D’Austria divenne 
nel 1740 sovrana dei domini asburgici e i principati furono aboliti. Durante il suo 
regno, che durò fino al 1780, fu creato nel Tirolo il “Gubernium”, che nelle sue 
azioni dipese dalle disposizioni impartite dagli organi centrali di Vienna. 
Nonostante la perdita ormai ufficiale della libertà e dell’autonomia del Tirolo, la 
sovrana seppe comunque farsi apprezzare dal popolo tirolese, soprattutto grazie alle 
riforme che mise in atto per migliorare la giustizia, la sanità e l’istruzione. 
Il periodo che va dal 1795 al 1813 fu piuttosto tormentato essendo 
caratterizzato da alterne dominazioni militari, causate dalla minaccia dell’invasione 
napoleonica, che imperversava in tutta l’Europa. Il Trentino e il Sudtirolo divennero 
teatro di scontri molto violenti e nel 1805, con la pace di Bratislava, l’Austria fu 
costretta a cedere il Tirolo, che era appartenuto alla casata degli Asburgo per più di 
cinque secoli. Nel 1806 Napoleone lo assegnò alla Baviera e questo atto comportò 
diverse conseguenze per i tirolesi. Il regno di Baviera incorporò il Tirolo nel suo 
sistema assolutistico, trascurando le sue tradizioni e il nome fu cancellato anche 
nella geografia politica. I tirolesi, legati al casato degli Asburgo, intendevano 
difendere la loro identità e quando nell’aprile del 1809 l’Austria decise di 
intraprendere una nuova guerra contro Napoleone, esplosero in una sommossa 
popolare. 
A guidare l’insurrezione fu un commerciante di bestiame ed oste, originario 
della Val Pusteria, Andreas Hofer, il quale ottenne numerosi successi contro le 
truppe franco-bavaresi. 
                                                 
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 L’iniziativa fu presa a causa della mancanza di eredi maschi di Carlo VI per ammettere alla 
successione la figlia Maria Teresa e garantire l’elezione a imperatore il marito di lei, Francesco di 
Lorena.
8 
 
Tuttavia, Napoleone con il suo esercito riuscì a sconfiggere l’Austria e il 14 
ottobre del 1809 venne firmato il trattato di Schonbrunn. Nel 1810, dopo una lunga 
fuga, Andreas Hofer fu catturato e poi ucciso a Mantova: la sommossa del Tirolo, 
dopo grosse perdite, giunse così al suo termine, con la fucilazione della sua 
autorevole guida, che divenne, da allora, il simbolo della libertà e della resistenza 
delle genti tirolesi dal dominio straniero. 
Ulteriore conseguenza per il Tirolo fu la sua divisione territoriale: la parte 
settentrionale fino a Merano e Chiusa tornò alla Baviera, quella meridionale al 
Regno d’Italia fondato da Napoleone e, infine, la Pusteria orientale alle provincie 
Illiriche dell’impero francese. 
Tale situazione rimase invariata fino a quando nel 1815 Napoleone fu 
definitivamente sconfitto e, con il Congresso di Vienna, si ristabilirono 
ufficialmente i confini territoriali precedenti all’invasione napoleonica. L’Austria 
ottenne nuovamente il Tirolo, incorporato a tutto il Trentino
14
; al territorio non fu 
riconosciuta alcuna autonomia, ma la sola condizione di provincia con capoluogo 
ad Innsbruck. 
 
2. Dalla Restaurazione alla Prima Guerra Mondiale 
Nel 1867 l’impero asburgico attuò un cambiamento costituzionale: diede 
vita alla doppia monarchia austro-ungarica, altrimenti definita “die kaiserliche und 
königliche Doppelmonarchie”. Ciò fu reso possibile attraverso un compromesso 
con la nobiltà ungherese, la cui popolazione magiara era seconda per maggioranza 
dopo quella austriaca ed ebbe come conseguenza, quella di riconoscere l’esistenza 
di due regni distinti e in condizioni di parità, ma sotto un unico sovrano di casata 
asburgica, il quale diveniva imperatore d’Austria e Re di Ungheria. Vi erano, 
pertanto, due parlamenti: a Vienna, per la parte austriaca, a Budapest per quella 
ungherese e due rispettive costituzioni, eserciti reali e ministeri. La politica 
economica, estera e militare era, invece, in comune. L’estensione territoriale della 
                                                 
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 Ne facevano parte anche i vecchi vescovati di Trento e Bressanone che erano stati secolarizzati 
da Napoleone nel 1803.