Premessa 
 
 
La ricerca di documenti nella Civiltà Cattolica è ostacolata dal duplice si-
stema di indicazione usato, per serie e per anno. 
Dall’anno 1850 al 1905 la collezione dei fascicoli quindicinali è divisa non 
in annate,  ma in 18 serie,  ognuna di durata triennale, comprendente 12 volumi 
ciascuna, e il dorso dei volumi presenta il numero di serie e non l'annata. 
La numerazione dei quaderni inizia nel febbraio 1862 con il fascicolo 287.  
Dal 1903 il numero della serie è omesso, resta la numerazione dei fascicoli 
e l’indicazione dell’annata di 4 volumi ciascuna. 
Fino al 1903, dunque, 6 fascicoli costituiscono un volume, 4 volumi 
un’annata, 3 annate una serie, che risulta quindi di 72 fascicoli.   
Mancando fino al 1903 l’indicazione dell’anno,  un qualsiasi articolo viene 
individuato dalla serie, dal numero di volume tra i suoi dodici e dalla pagina. Ma 
solo l’indicazione dell’anno riferito non alla serie ma al volume, ne permette il ra-
pido reperimento.  
Le indicazioni nelle note di alcuni autori sono imprecise. Ad es., se pren-
diamo  nell’opera di D. Kertzer,  Prigioniero del Vaticano, Pio IX e lo scontro tra 
la Chiesa e lo Stato italiano,
1
 a titolo di esempio, la nota 19 del cap. 11, a pag. 
326: «Raffaele Ballerini, Una nuova confessione del liberalismo, “La Civiltà Cat-
tolica”», I, 1878, pp. 149-60», occorre individuare a quale serie corrisponde il 
1878. 
Anche R. Taradel-B.Raggi,
2
 ad esempio nella nota, a titolo di esempio,  47 
di pag. 161: «La Civiltà Cattolica, 1899, serie XVII, vol. VI, pp. 12-13»,  ante-
pone l’anno, che non è presente invece nel dorso dei volumi. Sorge allora il dub-
                                                 
1
 Trad. it., Rizzoli, Milano 2005. 
2
 R. Taradel-B. Raggi, La segregazione amichevole, “La Civiltà Cattolica”  e la questione ebraica 
1850-1945, Editori Riuniti, Roma 2000.
2 
bio se l'anno «1899» è relativo al primo volume della serie XVII oppure a quello 
del secondo anno della serie, dato che il volume VI è stato pubblicato un anno e 
mezzo dopo il primo volume. 
Molte biblioteche facilitano il compito incollando sul dorso dei volumi 
un’etichetta con l’anno e il numero del volume, da uno a quattro. La semplifica-
zione delle citazioni sarà attuata nel 1905, con la scomparsa del sistema della se-
rie e la sola indicazione di anno, volume e pagina. 
L’indicazione qui usata compendia il sistema della serie e dell’anno. Ad es.: 
17 VI (99) 7-28, indica la serie 17, il volume VI, l’anno del sesto volume (1899), 
le pagine 7-28. Inoltre, nei richiami in nota dei brani della Civiltà Cattolica ripor-
tati nel testo (numerosissimi dato che di essi si fa l'analisi), per evitare una tedio-
sa ripetitività di “Civiltà Cattolica” l’indicazione della rivista fino al 1903 verrà 
fatta citando semplicemente serie, volume, anno e pagina (es.: 17 VI (99) 7-28), 
dato che è impossibile che l'insieme di numeri romani, arabi e parentesi possa ri-
ferirsi ad altro se non alla rivista in esame. Un possibile dubbio potrebbe nascere, 
invece, quando dal 1903 si indica l'anno, il volume e la pagina. In questo caso, 
dopo le prime citazioni complete (La Civiltà Cattolica, 2005 I, 220-233), il nome 
della rivista verrà abbreviato con «“C.C.”», seguito da anno, volume e pagina, ec-
cetto che faccia parte di un gruppo di citazioni chiaramente riveribile solo alla ri-
vista (es.: 3 XII (58) 634, 17 VI (99) 7-28, 2005 I 220-233). 
Infine, riportando i testi della rivista, per non appesantirne la lettura con 
l’avvertenza «corsivo nel testo», se nel brano riportato l'autore vi ha fatto ricorso, 
si intende che, quando presente, il corsivo è stato usato dalla rivista. Si è scelto di 
non modificare la grafica delle parole di un testo, neppure, ad esempio, per evi-
denziarle, dato che il contesto stesso permette di intuire l'importanza attribuita ad 
una particolare parola.
Introduzione 
 
 
 
1.  Necessità di distinzioni e differenze nell'uso del termine “antisemitismo” 
Questa tesi per la licenza in storia della teologia nasce dalla curiosità spe-
culativa di trovare una ragione della contraddizione che esiste tra le accuse alla 
Chiesa di essere razzista e antisemita e  l ’universalismo, che è l ’anima della fede 
cristiana.  
Nel documento reso pubblico il 16 marzo 1998, dopo undici anni di studio,  
dalla Commissione per i rapporti religiosi con l ’ebraismo, Noi ricordiamo,
1
 i cat-
tolici hanno rivisto le posizioni tenute nel corso dei secoli nei confronti degli e-
brei, arrivando a definirle col termine di «antigiudaismo», valido a dare ragione 
di secoli di discriminazione nei loro confronti, lontana, comunque, da ogni forma 
di razzismo e di incitamento allo sterminio. Cristianesimo e razzismo, Chiesa e 
antisemitismo,  sono termini antitetici. Il cuore della Chiesa è universale come ri-
flesso della paternità universale di Dio e la Chiesa  è consapevole dalla visione 
teologia del futuro degli ebrei, trasmessa dalla Bibbia.  
La distinzione concettuale tra antigiudaismo e antisemitismo, essenziale 
per definire le posizioni cattoliche del passato, viene invece  considerata ipocrita 
e insostenibile e si accusa la Chiesa di non volersi assumere la propria responsa-
bilità nella tragedia dello sterminio, ricorrendo così a facili e non credibili auto-
assoluzioni. Ritroveremo questa lettura dei duemila anni di cristianesimo in alcu-
ni autori, scelti perché esempi di anticattolicesimo, a riprova della diffusa sfidu-
cia nella credibilità della richiesta di perdono fatta dalla Chiesa per i propri erro-
ri.
2
  
                                                 
1
 Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah, Dehoniane, Bologna 1998. 
2
 Cfr, cap. I, pp. 19-28.
4 
Affrontare queste tematiche richiede un impegno di molti anni di studio 
per gli approfondimenti richiesti da una sterminata bibliografia di studiosi auto-
revoli (tra l ’altro in continua evoluzione) e competenze assodate di storico. Sa-
rebbe pura follia pensare che il lavoro per una tesi di licenza possa portare una 
luce nuova sul dilemma antigiudaismo o antisemitismo nella Chiesa, tale da pla-
care le molte polemiche in corso.  
Nulla vieta però di interessarsi ad un segmento culturale, come la posizio-
ne della Civiltà Cattolica sul problema ebraico, in un arco di tempo limitato ma 
significativo e fare un’analisi puntuale di articoli, cronache, bibliografia e narra-
tiva, a caccia di elementi di antisemitismo nel suo significato di odio votato allo 
sterminio.  
E se da una modesta ricerca nascesse una provocazione?  Non si è stanchi 
che anche i sacerdoti, di neppure tanto vecchie leve, siano ancora oggi ferma-
mente convinti che la Civiltà Cattolica e la Chiesa siano state antisemite?  
L ’analisi del periodo 1850-1900 si riferisce ai fascicoli dal primo numero 
del 6 aprile 1850 fino a tutto il XIX secolo, perché con l'inizio del 1900 e l'ele-
zione di Pio X, la Civiltà Cattolica smorza l'accesa polemica antiliberale  della 
metà dell'Ottocento. Renzo De Felice nota che
 
: 
Con il XX secolo gli organi di stampa cattolici più qualificati diminuirono la periodicità e 
lo spazio dei loro attacchi contro l’ebraismo. […] Lo sviluppo della situazione generale e 
nazionale determinò tale diminuzione di intensità. In Europa l’antisemitismo laico, eco-
nomico, interessante vaste masse popolari, era in pieno sviluppo ed andava orientandosi 
sempre più decisamente in senso razzista, cosicchè la Chiesa si vide costretta a differen-
ziare le basi teoriche della propria politica ebraica.
3
 
Lo conferma anche Barbara Raggi, autrice del  terzo capitolo de La segre-
gazione amichevole:  
Dopo il 1903, anno della morte di Leone XIII e dell'elezione al soglio pontificio di Pio X 
la campagna antiebraica della Civiltà Cattolica mostra segnali di un certo rallentamento. 
Il numero degli articoli dedicati alla «questione giudaica» diminuisce sensibilmente, an-
                                                 
3
 R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Einaudi, Torino 1961, pp. 48-49.
5 
che se questo non indica certamente un mutamento di umori o di convinzioni sull'argo-
mento da parte del collegio degli scrittori.
4
 
La rivista dei gesuiti non pretende di essere né organo ufficiale né ufficio-
so del Vaticano, ma il particolare rapporto che la lega alla Santa Sede (ogni  nu-
mero della Civiltà Cattolica è visionato dalla Segreteria di Stato)  ne fa una fine-
stra sugli orientamenti della gerarchia ecclesiastica.  
Arrivare a conclusioni fondate a proposito dell’antiebraismo della Civiltà 
Cattolica, serve almeno come indicazione dei sentimenti dei cattolici ortodossi 
nel periodo risorgimentale, se non della gerarchia ecclesiastica. 
È fondamentale intendersi sulla portata del termine “antisemitismo”.   
L'ostilità millenaria verso gli ebrei nel corso dei secoli ha dato vita a rea-
zioni generalizzate, dalle forme più o meno violente, le cui varianti nel tempo, 
dipendenti dalla diversità dei contesti sociali e culturali,  sono state definite con 
termini distinti: antiebraismo, antigiudaismo, antisionismo, antisemitismo, anti-
semitismo teologico, antisionismo antisemita, ebreofobia, giudeofobia, allosemi-
tismo, razzismo antisemita, antisionismo antisemita… 
Nei resoconti di reazioni antiebraiche  e, soprattutto, nell'attribuzione delle 
loro  responsabilità, il dovere di usare termini corretti e commisurati al criterio 
della realtà obiettiva, è eluso da quanti si ritengono autorizzati a scelte disinvolte 
dei vari termini messi a disposizione dal vocabolario, quasi si trattasse di un in-
sieme di sinonimi. Si richiede pertanto un'attività di disambiguazione, attraverso 
l'analisi della terminologia, per impedire l'affermarsi di stereotipi trattando di un 
argomento, l'ebraismo, sovraccaricato degli stereotipi di 25 secoli.  
L'accusa di antisemitismo alla Chiesa e alla Civiltà Cattolica e dell'impli-
cita parziale responsabilità nella tragedia dell'Olocausto, è lo stereotipo di cui 
questo lavoro si occupa. Non è escluso che se l'antisemitismo criminale degli ul-
timi decenni dell'Ottocento non avesse degenerato nella follia nazista, l'antigiu-
daismo della Civiltà Cattolica avrebbe alla fine costituito soltanto una delle tante 
                                                 
4
 R. Taradel-B. Raggi, La segregazione amichevole, «La Civiltà Cattolica» e la questione ebraica, 
1850-1945,  Editori Riuniti, Roma 2000, n. 48, p. 186.
6 
scelte integraliste preconciliari sostenute dalla rivista in funzione anti-modernità 
ed evaporate poi nel tempo come antistoriche. 
Dopo l'Olocausto, l'antigiudaismo della Chiesa e della Civiltà Cattolica 
inebria l'universo anticattolico, che rilascia qua e là fiumi di inchiostro per copia-
re l'uno dall'altro (incuranti della realtà storica e della più elementare correttezza 
terminologica) fragili prove a sostengo dell' accusa di antisemitismo.  
Maurizio Ghiretti rappresenta un esempio di noncuranza nella scelta dei 
termini relativi all'ebraismo. Dopo averne elencato alcuni nella Premessa, ag-
giunge: 
Antisemitismo, con o senza il risvolto razzista, è stato utilizzato solo per quella particolare 
forma di avversione che, manifestatasi in Europa a partire dalla seconda metà dell'Otto-
cento, si è poi diffusa in tutto il mondo, prendendo di mira gli ebrei in quanto tali.
 5
 
L'autore ha scelto di considerare equivalenti l'antisemitismo razzista e l'an-
tisemitismo non razzista e di collocarne la nascita a partire dalla metà dell'Otto-
cento. All'ordine del Faraone di uccidere alla nascita ogni figlio maschio ebreo
6
 o 
all'eccidio di massa compiuto dai greci nel quartiere ebraico di Alessandria nel 
38 d.C. e descritto da Filone di Alessandria nel Legatio ad Gaium, capp. 17-19 
7
 
(per ricordare solo due eventi), quale termine si può applicare se non si può par-
lare di antisemitismo?   
Ricordare lo sviluppo storico di alcuni termini aiuta a fare un'operazione 
di chiarezza. 
Il gruppo di pastori seminomadi guidati da Abramo sono stati storicamen-
te identificati col termine biblico “iwri” da “ewer” («luogo posto al di là») per 
indicare l'origine geografica nelle regioni a sinistra dell'Eufrate. La Bibbia infatti 
racconta che l'eroe eponimo degli ebrei fu Eber, che abitava il territorio della 
Mesopotamia. Gli ebrei  appartengono alle popolazioni “Habiru” ricordate nei te-
                                                 
5
 M. Ghiretti, Storia dell’antigiudaismo e dell’antisemitismo, Bruno Mondadori, Milano 2002, p. 1. 
6
 Es.1, 22. 
7
 http://digilander, libero.it/afimo/il_cielo_di_tutti_(3).htm.
7 
sti babilonesi, ugaritici ed egiziani, che senza fissa dimora e senza possedimenti 
si mettevano a servizio dei sedentari (“servi” in Egitto).
8
  
Non avendo, gli ebrei, quasi mai fatto proselitismo (se non in poche occasioni storiche), 
l'ebraismo è considerato anche, se non soprattutto, un carattere culturale ereditario. Per 
cui ebreo è anche un termine usato per definire un popolo, non solo "popolo" in senso 
spirituale, come può essere considerato per persone di etnie diverse ma di un'unica reli-
gione, ma anche "popolo" come gruppo parentale, etnico.
 
 
Giacobbe-Israele ebbe dodici figli dai quali si svilupperanno le dodici tribù di Israele: 
quindi, da un gruppo di pastori senza nome, si forma una nazione. Gli ebrei, professanti il 
culto di JHWH, diventano israeliti, figli della nazione di Israele. 
Per il susseguirsi di diversi avvenimenti, come scismi religiosi e interventi militari di po-
tenze come l'Assiria, tra le dodici tribù assume non solo il potere regale, ma anche l'ege-
monia religiosa quella di Giuda.
9
  
Alla morte di Salomone, infatti, lo scisma aveva dato vita a due regni, 
quello di Giuda e quello di Israele, i cui abitanti nel 721 a.C. furono dispersi 
nell'impero assiro dopo la conquista della capitale Samaria da parte del re Salma-
nassar. Di loro si parla come delle le tribù perdute di Israele.  
In alcune lingue (inglese, francese, tedesco) i termini “ebreo, ebraico ” so-
no utilizzati per indicare gli ebrei dell'antichità e la lingua, mentre i termini “giu-
da, giudeo, giudaico “ indicano la religione, la cultura e il popolo. “Israele, israe-
liano” si riferiscono allo Stato di Israele, costituito alla fine della seconda guerra 
mondiale, come Terra di Israele (Giacobbe), cui corrisponde l'aggettivo “israelia-
no ” (cittadino, regione, musica…). 
In Italia il termine “giuda, giudaico” ha assunto un significato spregiativo 
per la prevalenza del richiamo a Giuda Iscariota ed è percepito come legato a 
“traditore, tradimento”. Si preferisce, pertanto, il gruppo “ebreo, ebraico” . 
Ebrei, israeliti e  giudei indicano pertanto in successione storica i semino-
madi della Mesopotamia, costituitisi poi in nazione israelita e sopravvissuti infine 
all'assimilazione assira nella tribù di Giuda, che ha finito così per indicare anche 
tutti gli ebrei della diaspora.   
                                                 
8
 Gn. 32, 29. 
9
 http://it.wikipedia.org/wiki/Israelita#Ebrei.2C_giudei.2C_israeliani.2C_israeliti.
8 
Riferendosi ad un unico gruppo etnico in vari stadi di sviluppo i tre termi-
ni sono in un certo modo sinonimi, ma il loro uso deve rispettare  una regola lo-
gica.  Al gruppo seminomade di Abramo non si può applicare il termine “israeli-
ta ” o “giudei” (Abramo e i giudei  lasciarono Carran…), e neppure al gruppo di-
retto alla Terra promessa si può applicare il termine “giudei ” (I giudei vagarono 
nel deserto per quarant'anni). Al contrario, i termini “ebreo, ebraico” vengono 
usati liberamente senza considerare la distinzione storica (gli ebrei di Tel Aviv 
manifestano in favore della creazione dello Stato palestinese...). Stesso criterio 
vale per i termini opposti: antiebraico, antiisraelita, antigiudaico. 
Il termine “antisemitismo” è stato coniato nel 1879 da W. Marr. L'Enci-
clopedia De Carlo, pubblicata dal 1942 in pieno clima di leggi razziali e sotto gli 
auspici dello Stato italiano, lo definisce brutalmente così: 
Il termine antisemitismo è di coniazione moderna e sta ad indicare un determinato movi-
mento politico-sociale sorto in seno alla razza indo-europea, movimento che pone gli ari 
contro i semiti per ragioni che prescindono da considerazioni teologico-religiose ed han-
no il loro fondamento nei quotidiani rapporti di convivenza.
10
 
Lontana dagli anni delle leggi razziali italiane, l ’Enciclopedia europea, 
Garzanti, Milano 1979 dà anch'essa una definizione rapportata al razzismo: 
Antisemitismo è termine problematico poiché proprio il concetto che esso esprime è la 
causa di buona parte delle violenze perpetrate contro gli ebrei, soprattutto dal tardo Otto-
cento. La parola in sé ha però un’origine abbastanza recente: è stata infatti coniata dallo 
storico tedesco Wilhelm Marr nel 1879. Il significato del termine è propriamente "una 
posizione antiebraica di tipo razziale".
11
 
L'Enciclopedia Encarta del 2008 ha questa definizione di antisemitismo: 
Avversione nei confronti degli ebrei che si traduce in forme di discriminazione e di per-
secuzione, spesso cruenta e culminata nel corso della seconda guerra mondiale nello 
sterminio di milioni di persone.
12
 
È facile intuire che ogni qualvolta incontriamo nella storia episodi di per-
secuzione di ebrei portata fino all'estrema violenza fattuale, è lecito parlare di an-
tisemitismo, poiché il termine, come l'equivalente termine russo “pogrom” (di-
                                                 
10
 http://www.polyarchy.org/basta/documenti/antisemitismo.1942.html. 
11
 http://ospitiweb.indire.it/~copc0001/ebraismo/caratter.htm. 
12
 http://it.encarta.msn.com/encnet/refpages/search.aspx?q=antisemitismo.
9 
struzione),  ha assunto una valenza «decontestualizzata nel tempo e nello spazio»: 
Pogrom è un termine storico di derivazione russa (Погром, che in Italiano significa lette-
ralmente "distruzione") con cui vengono indicate le sommosse popolari antisemite, e i 
conseguenti massacri e saccheggi, avvenuti in Russia al tempo degli Zar, tra il 1881 e il 
1921, con il consenso - se non con l'appoggio - delle autorità. Il termine ha poi assunto il 
valore di "persecuzione sanguinosa di una minoranza" in maniera decontestualizzata nel 
tempo e nello spazio. In questo senso, il primo pogrom contro il popolo ebraico è quello 
compiuto nel 38 d.C. ad Alessandria d'Egitto.
13
  
È fondato affermare che il marchio di “antisemitismo ” impresso a realtà 
lontane da convinzioni razziste e da volontà di sterminio, è indice di fatica a ri-
vedere con onestà la fondatezza dei propri pregiudizi anticattolici, ma è anche 
prova di un uso non controllato dei termini che si riferiscono agli ebrei. 
Da alcuni anni, l ’ebraismo è alla ribalta anche mediatica per le mille occa-
sioni che portano a far rivivere la tragedia della Shoah. Lo scontro politico tra I-
sraele e i paesi arabi, la guerra “civile ” tra israeliani e palestinesi, l'interpretazione 
contrastata della figura di Pio XII, il grido a Dio di Benedetto XVI ad Auschwitz, 
la sua visita in Israele organizzata e poi rimandata ai mesi segurenti, la richiesta 
alla Germania di indennizzo per i deportati nei lager nazisti…sono eventi che 
non permettono di mettere la parola fine ad una tragedia indicibile. 
La sensibilità e la coscienza comune percepisce ormai il termine “antise-
mitismo ” non come generica ostilità e odio verso il popolo ebraico, ma, per il suo 
legame all ’Olocausto,  come odio votato al loro annientamento sotto la spinta di 
una ideologia razzista. È soltanto in questo senso che va usato il termine termine 
“antisemitismo”. 
Nel variegato panorama di quanti si occupano dell'ebraismo è facile inve-
ce trovare un certo pressappochismo in definizioni dell'antisemitismo molto sem-
plicistiche, quasi si trattasse di una semplice allergia ad un certo gruppo etnico.  
La mancanza di attenzione alla definizione corretta della terminologia sugli ebrei 
compromette la coerenza delle proprie argomentazioni. Come nel caso del lemma 
“antisemitismo” a cura di F. Conti, decisamente contraddittorio: 
                                                 
13
 http://it.wikipedia.org/wiki/Pogrom.