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Nelle metropoli e nelle grandi aree urbane odierne 
vive un numero sempre maggiore di persone, 
la crescita demografica costante e la densità di 
popolazione (cioè il rapporto tra popolazione e 
superficie) hanno portato a un’urbanizzazione senza 
precedenti negli ultimi decenni, che sta prendendo 
piede in tutto il mondo. Secondo il Population 
Reference Bureau
1
, poco più della metà della 
popolazione urbana mondiale (che, ricordiamo, 
conta 3,4 miliardi di persone) vive in città tra 100.000 
e 500.000 abitanti, ed entro il 2050, ben il 70% 
vivrà nelle aree urbane
2
. Si aggiunga poi, a quanto 
descritto sopra, la vita frenetica di tutti i giorni: 
vivere in mezzo alla folla, con i treni per i pendolari 
sempre pieni, le strade intasate dal traffico e gli uffici 
brulicanti; non stupisce che lo spazio sta diventando 
un bene sempre più prezioso, e che diventa 
particolarmente costoso, dove è maggiormente 
necessario. Considerando quindi tutti questi fattori, 
pare ovvio che la maggior parte della gente sogna 
di poter rilassarsi in una casa comoda e spaziosa; 
molti quindi pensano all’ abitazione solo in termini 
quantitativi e non tanto qualitativi.
L’abitazione di piccole dimensioni è la “tipologia 
edilizia classificata più di recente e, paradossalmente, 
è al contempo sia la prima costruzione della storia 
dell’uomo, sia quella meno studiata in architettura”
3
.
Il lavoro svolto in questa tesi, quindi, racconta 
e indaga la nascita delle micro-case, partendo 
inizialmente dalle evoluzioni più significative 
dell’abitare che hanno portato alla creazione dei 
microambienti, dai primi esperimenti degli inizi del 
1 L’ Ufficio di riferimento per la popolazione (PRB) è 
un’organizzazione privata e senza scopo di lucro fondata nel 1929. 
L’organizzazione si specializza nella raccolta e nella fornitura di 
statistiche necessarie per scopi di ricerca e/o accademici.
2 Dati presi da “Geografie dell’urbano. Spazi, politiche, pratiche 
della città”, F. Governa, M. Memoli; Carocci editore, Roma 2011, pag. 
30.
3 N. Pople, Piccole grandi case, Logos, Modena, 2003, p.9.
Introduzione
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della famiglia.
Vivere in spazi piccolissimi, e specialmente in micro-
case (di dimensioni inferiori ai 40 mq), è quindi ormai 
sempre una necessità, ma al contempo anche una 
risposta a chi decide di sposare uno stie di vita dedito 
all’essenzialità e al rispetto dell’ambiente. “Le Tiny 
House (dimore piccoline) ridefiniscono il concetto di 
casa per un futuro migliore”, si legge su  thetinylife.
com, uno dei portali di riferimento per il sempre 
più nutrito popolo delle micro-case; nello stesso 
portale si parla di un vero e proprio movimento che 
viene definito come un movimento sociale in cui le 
persone scelgono di ridurre lo spazio in cui vivono. 
Infatti, ad esempio, una tipica casa americana è di 
circa 241 metri quadrati, mentre “una casa piccola o 
micro ha dimensioni tra i 100 e i 400 piedi quadrati 
(cioè tra i 9 mq e i 37 mq). Le case minuscole 
possono essere in tutte le forme e dimensioni, ma 
permettono una vita più semplice in uno spazio più 
piccolo e più efficiente”
6
.  
Il movimento è in crescita e anche online il fermento 
è tantissimo, tant’è che la scorsa primavera è stato 
annunciato il bando di concorso Future House-Micro 
House, aperto a studenti, professionisti, architetti 
e designer chiamati a progettare la micro-casa del 
futuro. 
La partecipazione al bando di concorso internazionale 
lanciato da Bennett of Future House Organization 
è il punto di partenza dell’elaborazione di questa 
tesi. Nella seconda parte dell’elaborato viene quindi 
sviluppata l’ipotesi progettuale, dove vengono 
proposte diverse tipologie di alloggi minimi, inserite 
all’interno del quartiere di Ponte Mosca di Torino. 
Particolare attenzione verrà posta non solo alle 
singole unità abitative, ma anche all’integrazione ed 
aggregazioni fra di esse, alle loro connessioni, e alle 
6 Maggiori informazioni su https://www.thetinyhouse.net
XX secolo fino a dopo la Seconda guerra mondiale, 
quando le barriere sociali cominciarono ad essere 
abbattute e iniziarono a svilupparsi studi riguardanti 
la riduzione dimensionale degli ambienti abitativi.  Gli 
ultimi cinquant’anni hanno così visto una tendenza 
costante verso la riduzione dimensionale, non solo 
nell’ambito dell’abitare, ma anche nella moda e 
nella progettazione automobilistica, come nelle 
celeberrime minigonne e nell’ automobile Mini.  
Da allora molti beni di consumo, come telefoni, 
macchine fotografiche, computer e altri accessori 
hanno seguito questa tendenza, fino ad essere 
costantemente a portata di mano. Oggi le case 
piccole non sono più considerate come sinonimo 
di mancanza di privilegio, come nel passato, ma 
anzi sono diventate “simbolo di una serie di valori: 
compattezza, efficienza, sobrietà, raffinatezza e 
minimalismo”
4
. 
Questo cambiamento dei modi di abitare è dettato 
anche e soprattutto dalle condizioni sociali: la 
tradizionale famiglia patriarcale sta man mano 
scomparendo, e vi sono sempre più persone che 
abitano da sole: single, individui che hanno affrontato 
una separazione, studenti fuori sede, ecc. Infatti, 
negli ultimi trent’anni il numero di famiglie costituite 
da una persona singola o da una coppia senza figli 
è raddoppiato fino a costituire oltre il 60%
5
 della 
popolazione. Questo cambiamento demografico, 
dovuto ai divorzi, al fatto che i figli si hanno in età più 
avanzata ed altri fattori sociali, ha ridefinito la natura 
della casa. Invece, al posto di molte stanze, ciascuna 
destinata a un uso specifico e con una pianta fissa e 
definita, oggigiorno si preferisce uno spazio aperto, 
più flessibile e polivalente, che accorda diverse 
attività e soddisfa le esigenze dei diversi membri 
4 N. Pople, Piccole grandi case, Logos, Modena, 2003, p.26
5 Dati presi da “Geografie dell’urbano. Spazi, politiche, pratiche 
della città”, F. Governa, M. Memoli; Carocci editore, Roma 2011, pag. 
30
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parti comuni che caratterizzano in maniera peculiare 
il nostro progetto. Nella terza e ultima parte verrà 
invece approfondita la comparazione dei risultati del 
concorso, che portano, infine, alla rielaborazione 
di alcuni aspetti progettuali che non erano stati 
studiati in maniera approfondita, ma che in realtà 
rappresentano dei punti fondamentali per la buona 
riuscita del progetto.
In questa tesi si cercherà quindi di dare risposta alle 
nuove esigenze che si stanno creando all’interno delle 
famiglie, cercando nello stesso tempo di utilizzare la 
mini-casa come un’occasione di condivisione e che 
riesca a legare in qualche modo la comunità di un 
intero quartiere. La domanda che sorge spontanea 
e alla quale si cercherà di dare risposta è: 
Può la micro-casa diventare il prototipo per 
l’abitazione del futuro?
ABITARE AL MINIMO: 
LA NASCITA  E  L’EVOLUZIONE 
DEL MICRO AMBIENTE
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In un lasso di tempo relativamente ristretto, quello 
del XX secolo, si assiste a un profondo e radicale 
ribaltamento nel modo e nell’idea di abitare la 
casa; per cercare di comprendere come si è arrivati 
a questo cambiamento, seguirà un excursus 
storico che riguarderà il tema dell’alloggio minimo, 
che inizia con le prime esperienze tedesche del 
Razionalismo.
La fine del primo conflitto mondiale lascia come 
eredità una grave crisi abitativa, e la Germania, come 
gli altri Paesi europei coinvolti, si trovava a dover 
affrontare questo problema che aveva assunto 
dimensioni rilevanti, aggravato maggiormente 
da una precaria situazione economica e da un 
un’inflazione incalzante
7
 . Per ovviare alla gravità della 
7  Matilde Baffa Rivolta afferma: «la crisi del dopoguerra si 
andava intanto manifestando con una gravità ancora maggiore 
del previsto. Può essere indicativa a questo proposito la 
situazione, a livello governativo e sindacale si puntò 
su una nuova legislazione atta a favorire la ripresa 
dell’attività edilizia. In questo modo, nel periodo 
compreso tra il 1925 e il 1930, si vede l’intervento 
pubblico sostituirsi all’imprenditoria privata. Molte 
sono le Siedlungen
8
  che sorgono in questo periodo; 
da ricordare è il Weißenhofsiedlung di Stoccarda del 
1927 (fig.1), costruito in occasione dell’esposizione 
organizzata dal Deutscher Werkbund
9
, che segnò 
un “momento fondamentale per il dibattito sulla 
casa del dopoguerra”
10
.  
dimensione del fabbisogno arretrato che nella sola città di 
Berlino veniva valutato dai 100.000 ai 130.000 alloggi. Il 
blocco degli affitti, e la conseguente rigidità del mercato, 
determinando una riduzione dell’offerta, contribuiva ad 
aggravare la situazione» (Matilde Baffa Rivolta, Introduzione: 
Alexander Klein e il problema della casa nella Germania di 
Weimar, in Matilda Baffa Rivolta e Augusto Rossari (a cura di), 
Alexander Klein, lo studio delle piante e la progettazione degli 
spazi negli alloggi minimi. Scritti e progetti dal 1906 al 1957, 
Gabriele Mazzotta editore, Milano, 1975, p.11)
8  Tipo di quartieri edificati per la classe operaia alla periferia delle 
città tedesche, rispondente a determinate esigenze produttive 
e organizzative poste dalla città. Le Siedlungen rappresentano 
un significativo risultato, nell’ambito del razionalismo, di 
ricerche condotte da architetti quali Gropius, Mies van der 
Rohe, Taut, ecc. (http://www.treccani.it/enciclopedia/siedlung)
9 Associazione di architetti, artigiani, industriali, docenti 
e scrittori, fondata nel 1907 a Monaco da H. Muthesius, 
allo scopo di «nobilitare il lavoro industriale». […] Dopo 
l’interruzione dell’attività durante la Prima guerra mondiale, 
nel 1927 si tenne la seconda esposizione del D. a Stoccarda 
(Weissenhof). In quella occasione furono presentati progetti 
di molti architetti europei con la sola condizione che tutte le 
costruzioni avessero il tetto piano. L’eco di questo avvenimento 
fu tale che nel 1930 il governo tedesco affidò al D. l’incarico 
di rappresentare la Germania all’esposizione di Parigi, dove 
l’interesse fu accentrato sulla produzione standardizzata di 
unità di abitazione. L’attività del D. fu interrotta dall’avvento del 
nazismo e l’associazione fu ricostituita dopo la Seconda guerra 
mondiale. (http://www.treccani.it/enciclopedia/deutscher-
werkbund/)
10  S. Canepa, M. Vaudetti, Architettura degli interni e progetto 
dell’abitazione, Milanofiori Assago, WoltersKluwer, 2015, p.79