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Premessa
L’Ἀλεξιάς è il lascito letterario della kaisarissa Anna Comnena,
principessa ‘nata nella porpora’ e figlia primogenita dell’imperatore
Alessio I Comneno e dell’imperatrice Irene Ducas. L’opera ripercorre
le vicende politiche e militari del regno di Alessio I, dal periodo
immediatamente antecedente al colpo di Stato, perpetrato nel 1081
dall’allora ‘gran domestico delle scholae d’Occidente’ ai danni del
sovrano Niceforo III Botaneiata, sino alla morte dell’imperatore
avvenuta nel 1118. Nel racconto della figlia Anna, il governo del
primo imperatore Comneno, non privo di ombre e insuccessi politici,
assurge a regime imperiale ideale e lo stesso Alessio viene equiparato
all’eroe di un’epopea, avendo avuto il merito di salvare e rifondare un
impero sull’orlo della dissoluzione. Alessio Comneno era riuscito ad
arginare la grave crisi dinastica dell’XI secolo e a contenere le
incursioni sempre più frequenti di nemici esterni sul fronte orientale e
occidentale, attuando una radicale trasformazione degli assetti sociali,
che concentrò la gestione del potere nelle mani del ‘clan dei
Comneni,’ sebbene avesse commesso anche gravi errori di
valutazione, sottostimando la portata delle drammatiche conseguenze
che il movimento crociato avrebbe innescato.
Il manifesto intento encomiastico dell’Ἀλεξιάς e l’immagine
idealizzata del padre delineata da Anna Comnena hanno suscitato
diffidenza in gran parte degli storici moderni, che, assimilandosi al
giudizio di Edward Gibbon, hanno messo in discussione l’attendibilità
dell’opera memoriale della kaisarissa, considerandola un ‘panegirico
e un libello’. L’Ἀλεξιάς è un’opera controversa, che rappresenta un
unicum nel contesto della storiografia medievale, non soltanto poiché
è l’unica opera storiografica attribuita a una donna, ma anche a causa
dell’ambigua posizione politica di Anna, una principessa porfirogenita
non esente da ambizioni di potere, avendo nutrito sin dall’infanzia la
speranza di ascendere al trono al fianco del fidanzato Costantino
Ducas, morto prematuramente.
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L’autrice, attraverso le numerose intrusioni metanarrative, si rivolge
costantemente ai lettori in un fitto dialogo che si intreccia al resoconto
storico, nel quale ora ribadisce il proposito di narrare fedelmente gli
accadimenti, nonostante il legame filiale che la univa ad Alessio, ora
lamenta le sventure subite e la propria condizione di isolamento
seguita alla perdita dei genitori e del marito, Niceforo Briennio.
L’interpretazione del discorso apologetico sotteso all’opera diverge
significativamente nella critica storiografica, tra gli storici che
accolgono le notizie riferite nella Χρονικὴ διήγησις di Niceta Coniata,
secondo il quale Anna, dopo la morte del padre, avrebbe preso parte
ad una congiura con l’intento di rovesciare il legittimo erede Giovanni
II, per porre sul trono il marito Briennio, e quanti invece ritengono
che la kaisarissa non mise in discussione la legittimità della continuità
dinastica. Il ‘lamento’ di Anna, che costituisce il Leitmotiv dell’intera
opera, suggerisce forse qualcosa di diverso rispetto alla mera
esternazione di un risentimento legato al fallimento del suo progetto
politico: all’indomani della Seconda Crociata, l’Ἀλεξιάς trae un
bilancio delle imprese di Alessio I Comneno dal punto di vista della
figlia, che difendendone le scelte e l’operato, sembra volersi proporre
quale vera depositaria della sua eredità, in un contesto, qual era l’età
Comnena, in cui anche le donne dell’alta aristocrazia potevano avere
voce in capitolo nelle vicende politiche.
L’opera di Anna Comnena, al di là dell’intento apologetico, continua a
rappresentare la preziosa testimonianza dello spirito di un’epoca, oltre
che un testo di indubbio pregio letterario. Orgogliosa di appartenere
all’élite Comnena ed esponente di quella cultura elitaria di matrice
classica, peculiare del gruppo aristocratico al potere, la kaisarissa ne
fa a più riprese sfoggio, dimostrando di padroneggiare abilmente il
greco classico ed inserendo nell’opera innumerevoli richiami agli
autori antichi ed in particolare ad Omero, i cui echi ben si adattano
all’atmosfera epica del racconto, che, pur restando entro i confini del
genere storiografico, narra l’epopea dell’eroe Alessio, come rivela il
titolo stesso modellato su quello dell’Iliade. L’intenzione di Anna di
inserirsi nell’alveo della tradizione storiografica classica è evindente
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anche nell’attenzione prestata all’esposizione delle fonti secondo
un’impostazione tucididea, importante al fine di validare quella
credibilità sentita come essenziale dall’autrice. Benché si collochi
nell’ambito della produzione letteraria bizantina del XII secolo,
contrassegnata dalla mimesis degli stilemi classici, l’opera risente
anche dell’influsso della storiografia coeva e in particolare della
Χρονογραφία di Michele Psello, dalla quale eredita l’autobiografismo
e l’interesse nei confronti della descrizione dei ‘caratteri’.
L’acceso dibattito sull’Alessiade, che ha coinvolto gli storici moderni
e contemporanei, non si è incentrato soltanto sulla questione relativa
all’attendibilità e al valore storico dell’opera, ma ha riguardato anche
la difficile problematica del rapporto tra identità di genere e attività
intellettuale nella società bizantina del XII secolo. In età Comnena era
ancora vivo il pregiudizio secondo il quale la formazione classica non
si addiceva al sesso femminile, in contrasto con la reale condizione
delle donne appartenenti all’aristocrazia, che non solo avevano la
possibilità di accedere più facilmente alla cultura profana ma
coltivavano liberamente i loro interessi intellettuali, promuovendo
circoli letterari e filosofici. Ciò nondimeno il caso di Anna Comnena
rimane sui generis, visto il proposito della kaisarissa di cimentarsi
nella stesura di un’opera storiografica, un genere considerato
prerogativa maschile poiché tradizionalmente legato all’esperienza
politica e militare, preclusa alle donne. Tra gli studiosi contemporanei
non è mancato chi, per queste ragioni, ha messo in dubbio almeno in
parte la paternità dell’ Ἀλεξιάς, secondo un giudizio errato fondato su
un preconcetto che ancora oggi rende difficoltosa la comprensione del
significato più autentico dell’opera.
Passando in rassegna le diverse posizioni del dibattito storiografico in
merito alla vicenda della congiura e le conseguenti diverse letture del
discorso apologetico di Anna, che costituisce il sottotesto dell’opera,
spesso avvalorato mediante citazioni e riferimenti attinti dai modelli
autorevoli della letteratura classica, secondo un procedimento
consueto negli storici bizantini del XII secolo, s’indagherà sul senso e
sul fine dell’Ἀλεξιάς, alla luce dei più recenti contributi di Paul
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Magdalino, Diether R. Reinsh, Thalia Gouma- Peterson e Leonora
Neville, tenendo presente l’indagine ancora valida di Georgina
Buckler.
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Capitolo I
Il regno di Alessio I Comneno
1. L’ascesa dei Comneni
L’XI secolo ed in particolar modo il cinquantennio che precedette il
consolidarsi della dinastia dei Comneni, a partire dall’ascesa al trono
di Alessio I Comneno nel 1081, fu un periodo contrassegnato da
grande instabilità politica. La minaccia rappresentata da nuovi nemici
sul fronte orientale e occidentale, resa più temibile dall’indebolimento
del regime dei themata e dalla loro progressiva smilitarizzazione, la
crisi dinastica che nel 1056 aprì lo scenario delle lotte intestine tra le
fazioni aristocratiche che si contendevano il potere e la conseguente
crisi finanziaria avevano condotto l’impero bizantino sull’orlo del
disfacimento. Benché le tendenze della storiografia moderna
divergano significativamente in merito al giudizio complessivo
sull’XI secolo e al ruolo attribuito ad Alessio I quale fautore di una
effettiva rinascita
1
, il regime dei Comneni pose di fatto fine alla
dinamica delle usurpazioni, riuscendo a imporre la propria continuità
dinastica per oltre un secolo. Secondo l’interpretazione in chiave
pessimistica di Georg Ostrogorsky
2
, a partire dal 1025, si sarebbe
innescato un processo di dissolvimento del sistema statale ascritto al
rafforzamento del latifondo a scapito dell’autorità centrale: tale
processo, consolidatosi sotto i Comneni, avrebbe definitivamente
minato la centralizzazione del potere che, dal punto di vista di
Ostrogorsky, costituiva il presupposto garante della solidità
dell’impero. Per contro Alexander Kazhdan
3
, negando l’idea che il
processo di feudalizzazione avesse indebolito l’impero bizantino,
considera le trasformazioni negli assetti sociali durante l’XI secolo un
fattore che permise all’impero di rinascere poggiando su nuove basi,
grazie alla ristrutturazione dell’organizzazione amministrativa messa
1
Cfr. M. ANGOLD, Belle époque or crisis?, in J. Shepard (edited by), The byzantine empire, Cambridge, Cambridge
University Press, 2008, pp. 584-585.
2
Cfr. Ibidem.
3
Cfr. Ibidem.