3 
 
Introduzione 
 
La fotografia di moda è finzione, teatralità, esaltazione delle atmosfere da sogno. 
Nel più ampio repertorio tematico della moda fotografata spicca un elemento che assume forse il 
ruolo dominante: il binomio nudo/sesso. La comparsa ed il sempre maggiore spazio assunto dal 
nudo - certo quasi esclusivamente femminile e ricoperto da contestualizzazioni esplicitamente 
erotico-sessuali - sono probabilmente il lascito più caratteristico di questo periodo alla storia della 
comunicazione visiva. 
Ad oggi un ruolo molto importante però è stato assunto dall‟elaborazione digitale. Le immagini 
sono sempre più ritoccate nei colori, nelle imperfezioni delle modelle, negli scenari delle location e 
nelle illuminazioni di ambienti. La computer grafica ha aperto uno scenario considerevole nel 
fotoritocco delle immagini. San Photoshop è diventato il patrono protettore di tutti noi fotografi. 
Il fotoritocco digitale apre un‟ampia gamma di infinite variabili e svariate possibilità di riprodurre la 
stessa immagine in più soluzioni. 
Come asserisce Roland Barthes nel suo saggio “La camera chiara” del 1980, osservando una 
fotografia, nessuno di noi può asserire di essere alla presenza del suo referente (l‟oggetto o il 
soggetto dell‟immagine ovvero come lo definisce egli, lo spectrum
1
). Barthes si rivolge alla 
fotografia parlando di dualità che porta a definirla come una “forma di allucinazione”, in quanto 
contemporaneamente vera e falsa. Mai come oggi, questa affermazione sembra essere più 
azzeccata. Una normale fotografia, dopo un intervento di post-produzione, può diventare infatti una 
realtà totalmente alienante, rispetto allo scatto iniziale. Queste visioni alienanti, altre volte 
spettacolarmente affascinanti nella loro surreale rappresentazione sconvolgente, sono lo specchio 
perfetto di un mondo immaginario da sogno come quello della moda. 
‹‹..non si potrà che ammettere come la fotografia di moda in effetti non rappresenti altro che un 
luogo virtuale nel quale noi anticipatamente cerchiamo di verificare una certa esperienza di realtà, 
evidentemente fondata sul principio del “come se”, ma credibile e coinvolgente
2
..››. 
L‟intento di questa tesi è analizzare un aspetto della fotografia di moda, in particolare quello del 
processo di post-produzione al computer, per tracciarne una linea guida e poter poi proseguire alla 
realizzazione di un progetto personale, costruito secondo un linguaggio di rappresentazione ed 
inserito nel contesto del “Fashion”, sulla base di direttive fondate dalla valutazione di questa 
indagine nella odierna produzione di immagini contemporanee. 
 
1 
Roland Barthes, La camera chiara, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino 2003 
2 
Claudio Marra, Nelle ombre di un sogno, Bruno Mondadori, 2004
4 
 
1. La fotografia di Beauty 
 
L‟intervento di fotoritocco è fondamentale oltre che indispensabile nella fotografia di “beauty”. 
Dopo infatti un‟attenta e curata illuminazione da studio con bank e faretti vari, che è comunque alla 
base di ogni scatto, l‟immagine viene sottoposta al ritocco della zona occhi. Spesso vengono messi 
in risalto da un maggiore contrasto ed un intervento di pulitura agli angoli per eliminarne eventuali 
“zampe di gallina”. Un intervento di sfocatura su tutta la pelle la rende meno imperfetta e più 
affabile. Punti neri e nei vengono eventualmente eliminati con un colpo di gomma. Infine, ma non 
c‟è mai fine al meglio, saturazione ed un controllo selettivo del colore, può render vivacità e 
appetibilità ad una pelle giù di tono, vittima del pallore autunnale. È proprio di recente una critica 
che avrebbe visto coinvolta una delle più belle ed affascinanti attrici di Hollywood, la bellissima 
Julia Roberts, la quale appariva nelle pubblicità delle riviste patinate con un volto impeccabile 
troppo artefatto, ben lontano dalla cruda realtà quotidiana (Fig. 1). 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Anche Madonna, la bravissima cantante che tutti noi conosciamo, appare ai più come una ragazzina 
in forma che il tempo sembra non intaccare. In realtà dobbiamo molto non solo al bisturi del 
chirurgo estetico, ma anche e soprattutto, all‟abile penna del grafico il quale, come un meccanico fa 
con l‟auto, revisiona l‟immagine e la prepara per il tagliando; altro che trattamenti di bellezza e 
maschere anti-age, il vero segreto si chiama Adobe Photoshop, l‟unico sistema sicuro che da 
risultati eccellenti contro i segni del tempo (Fig. 2). 
 
Fig. 1 
Pubblicità dei cosmetici di Lancome – Testimonial Julia Roberts
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Dal confronto delle immagini successive, PRIMA e DOPO il ritocco digitale, si può vedere come la 
popstar appaia vistosamente ripulita e messa a lucido (Fig. 3 e 4). Magicamente spariscono tutte le 
imperfezioni del corpo, le rughe, le vene in rilievo. Il volto appare più luminoso e giovane. La pelle 
è distesa e levigata. Gli occhi intensi, vivi. Quello che ne esce è un surrogato di finzione androide e 
perfezione assoluta, figlia di una necessità commerciale, di una cerimonialità dell‟apparire che 
fanno di questo mezzo la massima affidabilità di successo, in una fitta rete di mirabolanti acrobazie, 
per essere sempre al top delle aspettative della critica e del proprio pubblico. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Fig. 2 
 
 
Fig. 4 
 
 
Fig. 3 
Pubblicità giopetsgraphicart.blogspot.com 
Campagna pubblicitaria Dolce&Gabbana Campagna pubblicitaria di un marchio sportivo
6 
 
Ritocco fotografico professionale è il nuovo centro estetico per tutte le fotografie di riviste patinate. 
Esprimi un desiderio e con programmi professionali di make-up digitale, esso verrà esaudito in un 
batter d‟occhio. Un corpo più snello, un naso più piccolo, una bocca più carnosa, qualche anno di 
meno, colori diversi, un seno più florido, un sedere più tondo. Approfitta del nuovo fantastico 
trattamento glamour-fashion. 
Per prima cosa una adeguata illuminazione con flash da studio è un buon punto di partenza. Sono 
molte le soluzioni da utilizzare per l‟illuminazione artificiale. I soft box (Fig. 5) o anche detti bank, 
sono dei box di materiale sintetico e dalla forma piramidale, da applicare anteriormente alla 
sorgente monolights, con lo scopo di diffondere la luce del flash. Per smorzare la durezza, vengono 
poi applicate delle veline bianche che ammorbidiscono il getto. Il beauty dish (Fig. 6) è invece una 
specie di parabola da apporre sempre davanti alla sorgente di luce, che ha la stessa funzionalità del 
precedente. Per diffondere l‟illuminazione si possono utilizzare anche degli appositi ombrellini da 
collocare sempre davanti al flash, che in questo caso, dovrà essere direzionato con l‟uscita della 
fonte artificiale dalla parte opposta del soggetto da riprendere. Ci sono poi accorgimenti fai da te, 
cui ricorrere per aumentare la riflessione della luce, come ad esempio l‟impiego di pannelli bianchi 
da dislocare all‟interno dello studio stesso. Nel caso di una esterna esistono dei riflettenti fatti di 
materiale sintetico morbido, cosicchè siano facili da trasportare e da piegare.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nell‟apparato luci è importante avere tutto al posto giusto e non lasciare niente al caso. Per questo 
motivo esistono dei precisi schemi di illuminazione da set. Nella fotografia di beauty, il requisito 
fondamentale è illuminare molto bene il viso ed utilizzare un tipo di luce che renda un effetto 
morbido, senza disegnare ombre nette e scure che definiscono il contorno: il beauty dish è lo 
strumento più indicato. Nell‟assetto delle fonti flash è importante eseguire un preciso schema di 
composizione. Principalmente servono due monolight, dotati di soft-box o beauty dish, collocati 
 
 
Fig. 5 
Fig. 6 
Beauty dish 
Monolight, soft-box, ombrellino
7 
 
frontalmente per illuminare, il soggetto dal davanti. I due devono essere posizionati uno in alto e 
l‟altro in basso, in modo da far calare la luce in maniera uguale sia dall‟alto che dal basso. In questo 
modo la luce inonderà il viso in maniera delicata lasciando ai lati del volto delle ombre chiare e 
sfumate. Si può poi adoperare magari anche uno snoot per direzionare una zona di luce anche sui 
capelli del soggetto ed un altro flash con parabola diffusore per il fondale della scena (Fig. 7). 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Certe volte però, tutti questi accorgimenti nell‟impianto di illuminazione nel set di ripresa, possono 
non bastare e ricorrere a tecniche digitali di miglioramento dell‟immagine può essere un aiuto ed un 
potente alleato per il fotografo. Esistono vere e proprie tecniche per migliorare l‟aspetto della pelle, 
quello che in gergo viene definito “Skin smoothing”. Tutte queste tecniche di ritocco hanno come 
scopo ultimo le seguenti finalità: 
1. eliminare le imperfezioni della pelle  
2. uniformare il colorito della pelle  
3. eliminare rughe e occhiaie sotto gli occhi  
4. ammorbidire la texture della pelle.  
 
 
Schema di illuminazione per Beauty 
Fig. 7
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2. Effetto Flou 
 
Un modo per dare maggiore luminosità alla pelle è: alzare il valore del livello delle alte luci per 
aumentarne il riflesso, cosicché la luce possa splendere sulla superficie, ed inoltre sfocare la texture 
del soggetto in questione per ammorbidirne la resa alla vista. Questo procedimento si chiama 
“effetto flou”. È ideale per dare alle fotografie un effetto sognante, fiabesco, oppure, in casi come 
foto di matrimonio, serve a dare quel tocco di romanticismo in più che non guasta. 
Che cos‟è l‟effetto flou? Non è altro che un‟aberrazione sferica dell‟obbiettivo che normalmente 
viene corretta dai costruttori con l‟ausilio di varie lenti contenute nel corpo ottico, le quali hanno il 
compito di ridirezionare l‟immagine all‟interno della fotocamera. 
Un obbiettivo soft focus non è stato deliberatamente corretto per quella aberrazione con il risultato 
di rendere in una immagine l'impressione di "sfocato" pur conservandone la definizione. Per 
raggiungere lo stesso scopo si possono anche usare filtri Softar original Zeiss, che costano quasi 
come un'ottica flou. Questi consentono di ammorbidire l'immagine e non sfocarla, in una morbida 
diffusione delle alte luci, che andranno ad invadere le zone di ombra. Il tutto accompagnato da una 
maggiore luminosità della scena ed una riduzione delle imperfezioni nella pelle del soggetto ritratto. 
Oggi con la tecnologia della computer grafica, possiamo simulare quell‟effetto con risultati 
abbastanza soddisfacenti. 
Vediamo ora come adoprarsi a tale scopo. Una volta aperta la fotografia che si vuole modificare 
all‟interno di fotoritocco, iniziamo col creare una copia del livello stesso. Per prima cosa dovremmo 
agire sulle alte luci andando a variare la curvatura dei parametri curve, senza però intaccare i valori 
delle zone di ombra. Dobbiamo alzare la brillantezza dell‟immagine, aumentando la luminosità 
della scena (Fig. 8). 
 
 
 
 
 
Fig.8 
Finestra di dialogo delle “Curve di livello” in Photoshop
9 
 
Si può utilizzare lo stumento filtro “massimo” per avere una vera diffusione delle luci. È bene 
utilizzare valori bassi. 
A questo punto dobbiamo andare ad agire sul filtro “controllo sfocatura”, per ammorbidire forme e 
punti luce. Possiamo impostare anche una sfocatura abbastanza evidente, tanto poi andremo ad 
agire sull‟opacità del livello copia, per integrarlo all‟originale (Fig. 9). 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il tocco finale consiste nel creare una maschera del livello e con un pennello andremo a tirar fuori i 
punti di forza dell‟immagine come occhi, bocca, mani, per dare maggior tono e definizione. 
Abbiamo già accennato all‟utilizzo di questo procedimento nella fotografia di nozze, in quanto si 
presta efficacemente a rendere più brillante l‟abito della sposa, conferendo vanto e orgoglio di 
eleganza alla cerimonia, donando quel tocco di romanticismo e quell‟effetto da favola a quei ritratti 
che rimarranno immortalati negli anni, a ricordare uno dei momenti più belli e desiderati di tutta 
una vita. Dopotutto la fotografia è diventata parte integrante della cerimonia nuziale tanto quanto le 
formule rituali. Ed allora, a testimonianza del fatidico “si”, perchè non regalarsi oltre ad un bel 
ricordo di quel giorno, anche una bella fotografia? 
 
 
 
 
 Fig. 9 
Finestra di dialogo del filtro di Photoshop 
“Controllo sfocatura”
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3. Le origini del flou 
 
L‟impressionismo nella fotografia. Il pittorialismo fotografico. 
Il pittorialismo, movimento della fine del XIX secolo, nacque per elevare il mezzo fotografico al 
pari della pittura e della scultura. La fotografia, a causa del suo sistema di esecuzione meccanica, è 
stata spesso paragonata come un semplice strumento di riproduzione automatica della realtà e a tal 
motivo guardata con disprezzo. Lo scopo dei pittorialisti quindi è stato quello di apportare senso 
estetico e creatività manuale, trasformando questo mezzo di riproduzione ad alternativo mezzo di 
espressione artistica. La stampa alla gomma bicromata o al bromolio, la stampa combinata di più 
negativi su di un unico positivo, la calotipia, erano le tecniche adoperate dai sostenitori di questo 
movimento. Tali procedimenti servivano a rendere più morbida la nitidezza di dettaglio 
nell'immagine, avvicinandola così alla tecnica del disegno. 
Molti gli esponenti di questo movimento artistico degni di merito. Solo per citarne alcuni: Gustave 
Le Gray, Oscar G. Rejlander, Henry Peach Robinson, Julia Margaret Cameron. 
In quel periodo, ricordo siamo nella seconda metà del 1800, le emulsioni di ioduri d‟argento che 
venivano utilizzate, erano sensibili soltanto ai raggi azzurri dello spettro luminoso ed a quelli al di 
là, mentre era molto difficile riprendere oggetti con la sola dominanza del colore rosso o verde. In 
una ripresa con un tempo di esposizione sufficiente per definire i contorni di un paesaggio, il cielo 
che ha dominanza azzurra, per cui molto più sensibile rispetto al resto della scena, risultava 
sovraesposto; nel gergo della camera oscura si dice bruciato e le nuvole non venivano nemmeno 
registrate. Questo problema si ovviava risolvendo con la registrazione di due negativi diversi per 
esposizione del tempo: uno con i tempi giusti per il paesaggio di terra, l‟altro con quelli del cielo, i 
quali erano più brevi. In fase di stampa poi si eseguiva il fotomontaggio. Coprendo con un foglio la 
parte del negativo che non serviva, si stampava la porzione corretta dai due negativi in un'unica 
stampa. Questa tecnica prese il nome di stampa combinata. Tale tecnica consentiva di trarre stampe 
da molteplici negativi. È inevitabile che per realizzarla, oltre che dotati di  grande pazienza, si 
doveva essere muniti di una grande abilità nel procedimento in camera oscura e grande manualità. 
Tale tecnica venne sapientemente sperimentata da Oscar G. Rejlander, il quale concepì un‟opera, 
potremmo dire di monumentale maestria. Basti pensare alla sua stampa composita realizzata con 
ben trenta distinti negativi, riuniti un'unica stampa collage. Gli servirono sei settimane per ultimare 
l‟immagine finale. Le due strade della vita
1
, questo il nome di tale opera, riproduceva una allegoria: 
due giovani venivano introdotti alla vita da un vecchio saggio. Per realizzare i molti personaggi 
presenti nella raffigurazione si servì di una compagnia di attori ambulanti che immortalò a piccoli 
gruppi. Consacrazione di straordinaria riuscita di questa opera fu l‟acquisto di essa per mano della 
regina Vittoria. 
 
1 
Beaumont Newhall, Storia della fotografia, Einaudi, Torino 1984
11 
 
Non meno abile fu Henry Peach Robinson con la sua Fading Away
2
, che ritrae una giovane ragazza 
in agonia sul letto di morte attorniata dai familiari che la commiserano. Un abile risultato di cinque 
diversi negativi. 
Tra i vari procedimenti elencati c‟erano anche i sopra citati obiettivi soft-focus, utili come abbiamo 
detto, a dare più delicatezza alla scena ripresa. 
Un personaggio che ha fatto dello sfocato il suo cavallo di battaglia è Julia Margaret Cameron, una 
fotografa britannica. Spesso criticata per le sue immagini “fuori fuoco”. Fotografi professionisti 
contemporanei dicevano di lei che trascurava la tecnica fotografica, asserendo favori invece da 
critici d‟arte. In realtà non le interessava la fotografia come mestiere, né tantomeno aveva la 
pazienza per sviluppare un‟abile tecnica fotografica. Era semplicemente affascinata dalle immagini 
e trovò nella fotografia un mezzo per dare libero sfogo alla sua voglia di fare. Viveva in un periodo 
in cui il suo tempo non era più occupato da impegni familiari, tanto da rischiare la depressione: i 
figli erano oramai adulti ed il marito lontano per lavoro. 
La Cameron ricorre quindi alla messa a fuoco, volutamente falsata per realizzare immagini 
evanescenti, cariche di un romanticismo unico (Fig. 10). 
“Quando mettevo a fuoco e inquadravo qualcosa che al mio occhio sembrava molto bello, mi 
fermavo lì anziché regolare l‟obiettivo su un fuoco più nitido, sul quale insistono invece tutti gli 
altri fotografi
3
”. 
 
 
 
 
 
 
   
 
 
 
 
 
2
 Beaumont Newhall, Storia della fotografia, Einaudi, Torino 1984 
3 
I grandi fotografi, Julia Margaret Cameron, Gruppo Editoriale Fabbri 
 Fig. 10 
I wait – Julia Margaret Cameron