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1. Le azioni volontarie
Ogni essere umano, per la maggior parte del tempo, ha la percezione di agire secondo la
propria volontà cosciente. Pertanto, è semplice cogliere il concetto di azione intenzionale,
ossia quel tipo di azione eseguita volontariamente e con l’obiettivo di raggiungere un
preciso scopo. Viceversa, questo modo di agire è in contrapposizione alla semplice azione
riflessa, che, al contrario, è inconsapevole ed automatica (Haggard, 2008). Eseguire un
azione volontaria in funzione di un preciso scopo, è solo possibile se l’individuo ne avrà
elaborato prima le conseguenze (Krieghoff et al., 2011). Queste azioni, dunque, vengono
considerate come indipendenti dagli stimoli esterni (esogeni), perché sono prodotte in
risposta a delle elaborazioni interne al soggetto (endogene, Brass and Haggard, 2008). La
loro preparazione richiede una focalizzazione dell’attenzione e rappresenta una scelta tra
possibili alternative (Jahanshahi, 1998). Le azioni volontarie, inoltre, possono essere
inibite, ovvero al termine della loro pianificazione non devono necessariamente essere
espletate, ma possono anche essere cancellate (Krieghoff et al., 2011). Le azioni riflesse,
invece, vengono innescate esclusivamente in risposta ad uno stimolo esterno e scatenano
delle risposte motorie tipicamente stereotipate. Queste azioni non richiedono la
partecipazione dell’attenzione ed una volta innescate non potranno più essere fermate od
inibite (Haggard, 2008).
Questa separazione netta tra le azioni volontarie e quelle riflesse è utile per considerazioni
teoriche, ma risulta lontana dall’esperienza quotidiana del comportamento umano. Una
descrizione scientifica più soddisfacente, infatti, rappresenta le azioni come un continuum
tra due estremi, dove da un lato troviamo i riflessi semplici, mentre dall’altro si trovano le
azioni puramente volontarie (Haggard, 2008). Secondo questo modello, le azioni non sono
determinate esclusivamente da stimoli esterni od interni, ma piuttosto dalla sinergia di
entrambe le componenti (Krieghoff et al., 2011).
Questo significa che la pianificazione di ogni movimento coinvolgerà sia dei processi
autonomi (periferici o bottom-up), innescati dagli stimoli esogeni, che dei processi cognitivi
(centralizzati o top-down), innescati dalle elaborazioni endogene (Scott, 2016).
Le azioni che vengono compiute più di frequente nella vita quotidiana sono essenzialmente
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automatizzate, ovvero presentano una minore partecipazione dei processi top-down ed
una maggiore componente bottom-up (Scott, 2016). I movimenti più abituali, infatti, non
richiedono una partecipazione cosciente, anche se questa può essere rapidamente
recuperato, ad esempio quando si verificano delle situazioni inattese (Scott, 2016). Queste
azioni volontarie, ma in gran parte automatizzate, vengono comunemente definite azioni
goal-directed, ossia orientate verso uno scopo, e coinvolgono i processi top-down
prevalentemente all’inizio della pianificazione motoria, ovvero quando viene definito
l’obiettivo (goal) del movimento (Scott, 2016).
Un esempio comune sono le dinamiche che si mettono in pratica durante la guida di una
bicicletta o di un’automobile. Nei primi approcci alla guida, infatti, i movimenti richiedono
una grande quantità di attenzione e risultano tipicamente lenti o rigidi. Attraverso la
pratica, però, gli stessi movimenti vengono automatizzati, richiedendo una minore
partecipazione del controllo cosciente e risultando più fluidi (Scott, 2016). In questo
esempio, i primi approcci alla guida coinvolgono le azioni più strettamente volontarie,
mentre i movimenti eseguiti con maggiore esperienza corrispondono alle azioni goal-
directed, dunque sempre volontarie, ma eseguite principalmente in modo automatico
(Scott, 2016).
Da un punto di vista anatomico-funzionale, invece, possono essere distinti due circuiti che
partecipano alla genesi delle azioni volontarie (Fig. 1, Brass and Haggard, 2008). Entrambi
terminano neIla corteccia motoria primaria (M1), che esegue i comandi motori inviando il
segnale al midollo spinale ed infine ai muscoli (Passingham, 1987).
Figura 1: Schema dei circuiti coinvolti nella pianificazione delle azioni volontarie
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a) Circuito innescato dagli stimoli esogeni, costituito da: corteccia somatosensoriale (S1), corteccia
parietale posteriore, corteccia premotoria (PMC), ed infine corteccia motoria primar ia (M1). b) Circuito
innescato dagli stimoli endogeni, costituito da: gangli della base, corteccia prefrontale (PFC), area pre -
supplementare motoria (pre-SMA), area supplementare motoria (SMA), ed infine corteccia motoria primaria
(M1). Adattata da Haggard (2008).
Il primo circuito (Fig. 1a) viene innescato dagli stimoli esogeni che generalmente sono visivi
e che giungono alla corteccia parietale posteriore. Qui convergono vari tipi di segnali
sensoriali compresi quelli somatosensoriali a feed-back provenienti dalla corteccia
somatosensoriale. La convergenza di tali segnali permette di sviluppare una
rappresentazione del contesto circostante e di pianificare il movimento verso gli oggetti in
esso contenuti (Haggard, 2008). Il prodotto di questa elaborazione viene successivamente
trasmesso alla corteccia premotoria (PMC), dove avviene la selezione del movimento da
eseguire. Al termine di questo processo, la PMC interagirà con la vicina corteccia motoria
primaria (M1), partecipando nella preparazione del comando motorio che verrà poi inviato
al midollo spinale ed infine ai muscoli (Fig. 1, Haggard, 2008).
Questo circuito non deve essere considerato come un semplice generatore di movimenti,
in quanto esercita un ruolo fondamentale anche nelle funzioni cognitive: nella regione
parietale, ad esempio, le stesse aree che organizzano i movimenti sono anche in grado di
decodificare le azioni degli altri individui (Rizzolatti et al., 2014). Evidenze sperimentali,
infatti, hanno dimostrato che il lobo parietale esegue una cosiddetta trasformazione visuo-
motoria degli stimoli, in grado di guidare i movimenti di prensione; allo stesso tempo, però,
questa regione risulta coinvolta anche nei meccanismi dei neuroni specchio, che
permettono di comprendere le azioni degli altri conspecifici (Rizzolatti et al., 2014).
Nonostante la presenza dei neuroni specchio sia stata confermata solo nei primati, le
ipotesi attuali associano questo meccanismo a delle funzioni superiori presenti anche negli
esseri umani.
Una delle caratteristiche che contraddistinguono questo circuito, inoltre, è la sua stretta
relazione con l’apporto di informazioni sensoriali. È stato osservato, infatti, che la PMC e
la M1 computano la selezione dell’azione solamente quando l’input sensoriale è disponibile
in tempo reale, mentre anche dei brevi ritardi, tra la presentazione dello stimolo e la
risposta motoria, comportano il coinvolgimento di circuiti alternativi (Prabhu et al., 2007).
Ritornando all’esempio della guida di un’automobile, questo circuito processa gli stimoli
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percepiti dal guidatore, come ad esempio i semafori, i pedoni o le altre autovetture. La
computazione di questi input sarà associata in tempo reale alla preparazione delle risposte
motorie, ad esempio la visione di un semaforo rosso comporterà una rapida attivazione
degli schemi motori che sono abbinati all’utilizzo del freno.
Esiste però un secondo circuito (Fig. 1b) che pianifica le azioni in accordo agli stimoli
endogeni. In questo caso, il primo input viene generato dall’interazione tra i gangli della
base e dalla corteccia prefrontale (PFC), ed è basato su motivazioni “interne” ad agire
(Picard and Strick, 1996). Il prodotto di queste elaborazioni viene poi trasmesso all’area
pre-supplementare motoria (pre-SMA), che coordina la progettazione dei movimenti in
funzione delle informazioni relative al contesto e alle conoscenze del soggetto (Haggard,
2008). Successivamente, queste informazioni vengono inviate all’area motoria
supplementare (SMA), che pianifica il movimento e, per concludere, alla M1, che esegue il
comando motorio (Prabhu et al., 2007).
Riferendoci nuovamente all’esempio dell’automobile, questo circuito potrebbe essere
innescato dal ricordo di dover fare degli acquisti prima di ritornare a casa. In risposta a
questo stimolo endogeno, quindi, il guidatore pianificherà delle manovre di guida, che lo
indirizzeranno verso il negozio di sua scelta.
In realtà entrambi i circuiti cooperano in maniera sinergica e sono costantemente in
comunicazione tra di loro, trasmettendo informazioni complementari, allo scopo di
generare il movimento più adatto al contesto (Hughes et al., 2011). Inoltre, numerosi
esperimenti hanno confermato l’esistenza di meccanismi centralizzati comuni ad entrambi
i circuiti, supportando le ipotesi di una loro costante interazione (Hughes et al., 2011).
Durante la genesi dell’azione volontaria, un passaggio chiave riguarda le computazioni
cognitive coinvolte nella selezione di uno specifico corso d’azioni tra varie alternative
possibili. Questo processo decisionale, conosciuto in letteratura come processo di d ecision-
making, o semplicemente decision-making, genera sempre una scelta, che può innescare
un’azione motoria.