1. LE  COLTURE  ERBACEE  DA  BIOMASSA  A  SCOPO 
ENERGETICO
Le principali caratteristiche della biomassa di natura vegetale, per una sua 
utilizzazione a fini energetici, sono:
-Il rapporto carbonio-azoto (C/N);
-L’umidità;
-La densità reale e apparente;
-Il potere calorifico superiore (Pcs), ovvero la quantità  di calore (in MJ) che 
l’unità  di  massa  (1  kg)  produce  bruciando  completamente  ad  anidride 
carbonica e ad acqua liquida;
-Il potere calorifico inferiore (Pci), ovvero il calore prodotto (in MJ) quando 
l’acqua  igroscopica  e  quella  di  combustione  si  sviluppano  allo  stato  di 
vapore;
-La composizione elementare.
I  processi  di  conversione  energetica  della  biomassa  possono  essere 
classificati  in  due  gruppi:  processi  termochimici  e  processi  biochimici. 
L’utilizzo di uno dei due sistemi dipende sostanzialmente dal contenuto di 
umidità del prodotto: i processi termochimici sono preferibili per i prodotti 
a basso contenuto di umidità, (≤ 30% di H2O), mentre per quelli biochimici 
per i prodotti a elevato contenuto di acqua (≥ 30% di H2O).
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I  prodotti  che possono essere  ottenuti  dalle colture  per  la  produzione di 
energia fanno riferimento alla biomassa secca e ai combustibili liquidi.
Nel  mondo  occidentale,  e  in  particolare  in  Europea,  il  problema  della 
disponibilità di risorse energetiche, a partire dagli anni ’70, è andato via via 
assumendo un’importanza strategica, per la quasi totale dipendenza da paesi 
terzi. Già da qualche anno l’UE ha iniziato a sostenere una serie di progetti  
di  ricerca  nell’ambito  di  specifici  programmi  (TIME,  BIOENERGIS,  
SWEET FUELS), per lo studio di possibili fonti di biomassa per energia e 
delle tecniche più adatte alla loro trasformazione.
La sollecitazione delle fonti di finanziamento ha determinato il fiorire di 
una serie di ricerche, condotte su molte colture soprattutto nell’ambito dei 
Paesi dell’UE, i cui risultati  sono stati riassunti in un’ampia letteratura e 
hanno costituito oggetto di numerosi convegni.
Dall’analisi delle colture da energia studiate nell’ambito dell’UE, e presenti 
in aree coltivate più o meno estese, emerge un panorama molto variegato 
(Venendaal et al., 1997).
1.1. Politica energetica ed agricola dell’Unione Europea
Le fonti di energia rinnovabile, come è noto, fanno riferimento all’energia 
solare, energia eolica, ed energia da biomasse.
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Allo stato attuale le biomasse nel mondo soddisfano il 15% circa degli usi 
energetici  primari  con  1.230  Mtep/anno  (Megatonnellate  equivalenti 
petrolio/anno). I Paesi in via di sviluppo: ricavano mediamente il 38% della 
propria  energia  dalle  biomasse,  1.074  Mtep/anno  (in  molti  di  essi  le 
biomasse coprono fino al 90% del fabbisogno energetico totale).
Nei Paesi industrializzati: le biomasse contribuiscono appena per il 3,5% 
agli usi energetici primari con 156 Mtep/anno.
In Europa il 5,3% dell’energia complessivamente utilizzata nell’UE, pari a 
44,8 Mtep proviene dalle fonti rinnovabili e il 3,5% dalle biomasse, con 
quote variabili tra i Paesi comunitari. Fra questi la Finlandia, la Svezia e 
l’Austria  contribuiscono  rispettivamente  per  il  23%,  18%  e  13%.  La 
biomassa  utilizzata  comprende  in  gran  parte  prodotti  legnosi,  residui 
agricoli e agroalimentari, letame.
L’Unione Europea, nel quadro dello sviluppo energetico con il “pacchetto 
20-20-20” proposto  dalla  Commissione  Europea  il  23  Gennaio  punta  a 
ridurre entro il  2020 del 20%  le emissioni di  CO2 (rispetto ai livelli  del 
1990) e rispondere agli  impegni assunti  dal  Consiglio  europeo di  marzo 
2007 (EU, COM 2008).
In tale sede l’accordo del 20-20-20 era stato siglato per facilitare un accordo 
globale “Post-Kyoto” alla Conferenza di Bali dello scorso dicembre.
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Ci si aspettava che a Bali, fossero definiti  gli  obiettivi e le strategie per 
ridurre su scala globale le emissioni di anidride carbonica, coinvolgimento 
USA,  Cina,  India  e  gli  altri  paesi  che  fino  a  oggi  non  rientrano  nel 
Protocollo  di  Kyoto.  L’incremento  della  produzione  di  energia  dalle 
biomasse è previsto si realizzi secondo lo schema seguente:
-Totale quota aggiuntiva biomasse 90 Mtep
-Biogas (deiezioni animali, residui urbani) 15 Mtep
-Residui agricoli e forestali 30 Mtep 
-Colture energetiche 45 Mtep 
 di cui: da combustibili solidi 27 Mtep
 da combustibili liquidi 18 Mtep 
I carburanti liquidi ricavati dalle biomasse rappresentano allo stato attuale il 
prodotto commercialmente meno competitivo rispetto ai carburanti fossili. 
Tuttavia il prezzo di questi ultimi risulta fortemente variabile in funzione di 
molteplici  fattori  (politici,  commerciali,  strategici)  e  non è prevedibile a 
breve ed a medio termine. Inoltre, l’esigenza di carburanti liquidi tenderà, 
nel  futuro  ad  aumentare  con  prevedibili  conseguenze  sulle  emissioni  di 
CO2; risulta pertanto strategicamente necessario poter disporre di carburanti 
alternativi validi per i motori.
Per  quel  che  riguarda  il  contributo  potenziale  di  27  Mtep  da  biomasse 
solide, le alternative sono molteplici,  infatti,  il  materiale può derivare da 
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colture legnose a crescita veloce (S.R.F) o da colture perenni non legnose 
(Miscanthus, etc.) adatte sia alla combustione che alla gassificazione.
Per  ottenere  l’energia  prefissata  è  stato  calcolato  che  sia  necessario  un 
investimento di circa 6,3 milioni di ettari di terra (Commission of the UE, 
1998).
AGENDA 2000
Nonostante l’interesse strategico dell’U.E. per lo sviluppo delle biomasse a 
scopo energetico, la politica agricola comune, non prevede alcun sostegno 
specifico per le colture non alimentari in generale e per le colture per la 
produzione di biomassa per energia.
Nell’ambito di  Agenda 2000, per quanto sia esplicitamente riportato che 
non  esiste  una  proposta  politica  specifica  per  i  prodotti  agricoli  non 
alimentari, si fa diretto riferimento alle colture da energia a basso impatto 
ambientale e si propongono alcune possibili soluzioni per il loro sostegno 
nell’ambito delle colture arative e dello sviluppo rurale.
Infatti, così come riportato nel libro bianco “Fonti di energia rinnovabile”, 
schemi agroambientali “…laddove le colture da energia vengono prodotte 
mediante  ridotta  somministrazione  idrica  e  bassi  ‹‹input››,  utilizzando 
metodi  organici  o  di  raccolta  che  promuovano  la  biodiversità,  etc. 
potrebbero essere meritevoli di un sostegno”.
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La Comunità Europea potrebbe prevedere di sostenere le colture da energia 
rispettando il fatto che le priorità per i programmi continueranno a essere 
stabilite in base alle esigenze e potenzialità di ciascuna regione.
Viene suggerito allora, sia per le colture annuali che per quelle poliennali da 
destinare alla produzione di biomassa, lo schema di set-aside volontario che 
prevede un compenso per tonnellata prodotta.
Nel caso di colture poliennali, inoltre, gli stati membri sono stati autorizzati 
a fornire un aiuto nell’ambito del set-aside su base poliennale per 5 anni.
La  filosofia  dell’Agenda  2000  tende  a  dare  all’agricoltore  le  medesime 
opportunità  di  coltivare  cereali,  oleaginose e colture  non alimentari  e  di 
scegliere sulla base delle ricerche del  mercato o dei  vincoli  agronomici. 
Viene sottolineato, inoltre, che andrebbe tenuto in debito conto il beneficio 
prodotto dalle colture non alimentari nei confronti del ciclo del carbonio e il 
concetto  di  bioenergia  dovrebbe  essere  collegato  inseparabilmente  agli 
aspetti ambientali.
I cambiamenti climatici, l'aumento del prezzo del petrolio e i timori per le 
forniture  future  hanno  incentrato  sempre  di  più  l'attenzione  sulle 
potenzialità  offerte  dall’impiego  delle  biomasse  per  la  produzione  di 
energia. 
Nel dicembre 2005 la Commissione europea ha adottato un Piano d'azione 
(Biomass  Action  Plan)  finalizzato  ad  aumentare  l'impiego  di  fonti 
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energetiche  ottenute  da  materiale  forestale,  agricolo  e  di  scarto.  In 
particolare,  i  biocarburanti,  ricavati  dalla  biomassa,  rappresentano  un 
sostituto diretto dei  carburanti  tradizionali  (benzina e gasolio) e possono 
essere integrati rapidamente nei sistemi di distribuzione.
Nonostante il  costo di produzione e quello al consumo dei biocarburanti 
siano, in generale, ancora più elevati di quelli dei combustibili fossili, il loro 
utilizzo è in aumento in tutto il mondo grazie alla spinta di misure politiche 
strategiche.
La produzione mondiale di biocarburanti è oggi stimata a oltre 35 miliardi 
di litri.
La  direttiva  sui  biocarburanti  del  2003  sulla  promozione  dell'uso  dei 
biocarburanti  o  di  altri  carburanti  rinnovabili  nei  trasporti  ha  stabilito 
obiettivi indicativi per gli Stati membri. 
Per contribuire a realizzare l'obiettivo fissato cioè il raggiungimento di una 
quota  di  mercato  più  elevata  di  biocarburanti  rispetto 
all’approvvigionamento complessivo di carburanti del settore dei trasporti, 
la Commissione europea ha adottato una strategia per i biocarburanti che si 
sviluppa attorno a sette direttrici politiche:
• incentivare la domanda di biocarburanti;
• sfruttare i vantaggi ambientali;
• sviluppare la produzione e la distribuzione di biocarburanti;
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• ampliare le forniture di materie prime;
• potenziare le opportunità commerciali;
• sostenere i paesi in via di sviluppo;
• sostenere la ricerca e lo sviluppo.
Tra  le  altre  attività  del  2006  figurano  il  riesame  della  direttiva  sui 
biocarburanti  e  un'eventuale revisione del  testo,  una proposta di  riesame 
della direttiva sulla qualità del carburante e, in particolare, per quanto ci 
riguarda direttamente, il riesame dell'attuazione del premio per le colture 
energetiche introdotto dalla Riforma della PAC del 2003.
Il  22 settembre 2006 la  Commissione ha adottato una proposta  intesa  a 
promuovere il ricorso a questo regime di aiuti per le colture energetiche e in 
particolare a estenderlo ai nuovi Stati membri.
Per quanto riguarda la situazione italiana, nonostante gli intenti dichiarati, 
le disposizioni attese per incentivare la produzione di biocarburanti sono 
quantomeno contraddittorie. 
La  Finanziaria  2007,  infatti,  prevede  lo  slittamento  dell’obbligo  per  i 
produttori di carburanti di immettere in consumo una percentuale minima di 
biocarburanti  a  partire  dal  1°  gennaio  2008  e  si  avrà  tempo fino  al  31 
dicembre 2008 per rientrare completamente nei parametri della legge.
Tuttavia, la quota minima di partenza da immettere sul mercato viene alzata 
dall’1%,  previsto  dal  vecchio  quadro  normativo,  al  2,5%  di  tutto  il 
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carburante (benzina e gasolio) immesso in consumo nell’anno precedente. 
Inoltre, dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2010, il biodiesel, destinato alla 
miscelazione  per  autotrazione,  viene  nuovamente  sottoposto  ad  accisa, 
seppur  ad  aliquota  ridotta,  determinata  come  percentuale  dell’accisa  sul 
gasolio per autotrazione.
Va ricordato, peraltro, che, secondo quanto stabilito dalla Legge 266/2005, 
la  produzione  e  cessione  di  energia  effettuate  da  imprenditori  agricoli 
rientra pienamente nella definizione di “attività connesse” e sono, pertanto, 
tassate in base al reddito agrario.
Allo stato attuale, l’Italia si trova in una situazione di forte ritardo rispetto 
agli obiettivi fissati dall’UE. Il problema maggiore per la diffusione delle 
agro-energie  risiede  nella  scarsa  competitività  nei  confronti  delle 
tradizionali fonti di energia.
Al fine di rendere possibile l’avvio delle diverse filiere agro-energetiche è 
certamente necessario l’intervento delle Istituzioni attraverso agevolazioni e 
incentivi. Tuttavia, i sostegni previsti al momento sono insufficienti se non 
affiancati  da  un  progressivo  incremento  della  competitività  reale  del 
comparto. I 45 €/ha previsti dalla PAC, non sono stati un reale incentivo per 
l’impianto di colture energetiche in Italia.
L’efficienza  del  processo  produttivo  è  raggiungibile  solo  attraverso  un 
continuo e organico coinvolgimento dei diversi attori della filiera, nessuno 
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escluso, e mediante un utilizzo razionale dei mezzi di produzione, al fine di 
ridurre al minimo i costi.
Dall’esempio di altri paesi all’avanguardia nel settore (Brasile, Argentina) 
possiamo notare come sia essenziale un’attenta gestione del lavoro e delle 
macchine insieme ad un piano razionale degli investimenti.
1.2.  Interesse  della  coltura  da  biomassa  ai  fini  della  salvaguardia 
dell’ambiente
La  possibile  introduzione  delle  colture  da  biomassa  negli  ordinamenti 
produttivi tradizionali è stato invocato anche in relazione ai possibili risvolti 
positivi  che  queste  potrebbero  rappresentare  nei  confronti  della 
salvaguardia dell’ambiente. E’ indubbio che colture che siano dirette alla 
produzione di energia risultino direttamente competitive con l’utilizzo dei 
combustibili fossili nei confronti delle emissioni di gas-serra in generale e 
di  anidride  carbonica  in  particolare,  e  che  quindi  possano  concorrere  al 
miglioramento  della  qualità  dell’aria  e  alla  riduzione  delle  deposizioni 
acide.
I benefici ambientali  ottenuti dalla coltivazione di  colture da biomassa e 
dall’utilizzo  di  bio-combustibili  sono  dovuti  principalmente  alle  ridotte 
emissioni di gas, quali CO2, SO2, NH4,  NO2 e altri, responsabili dell’effetto 
serra.
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Per quanto riguarda l’emissione di CO2,  il concetto di colture industriali ed 
energetiche potrebbe avere un ruolo di rilevante importanza nell’ambito di 
uno schema, che prevede oltre alla riduzione delle emissioni carboniche, un 
maggiore assorbimento di CO2 attraverso il processo di fotosintesi.
Durante il  processo di  combustione dei  bio-combustibili,  viene rilasciata 
CO2 ed il ciclo si chiude con la fissazione di  CO2  da parte delle piante, il 
risultato  globale  di  questo  processo  non  porta  ad  un  incremento  del 
contenuto di CO2 nell’atmosfera.
Le emissioni di anidride solforosa dovute alla combustione di biomasse e 
bio-combustibili sono molto basse se paragonate a quelli dei combustibili 
fossili  (meno  dello  0,01%  nei  bio-combustibili).  Questo  inoltre 
permetterebbe  di  non utilizzare  il  complesso di  desolforizzazione che si 
rende invece necessario per i combustibili fossili nelle centrali elettriche. La 
diminuzione delle emissioni di SO2 porterebbe anche a un decremento nel 
livello  delle  emissioni  delle  altre  sostanze  inquinanti  emanate  dagli 
autoveicoli.
Le ricerche condotte sull’argomento hanno accertato, tuttavia, che le colture 
da energia comportano sia impatti  positivi  che negativi  verso l’ambiente 
come è  stato riportato da  numerose organizzazioni  nazionali  ed europee 
(Taschner,  1993). La valutazione dell’impatto di queste colture è oggetto 
pertanto di  studi e  ricerche che cercano di  mettere  a punto metodologie 
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analitiche come l’analisi del ciclo della vita (“life cycle analysis”) ai fini di 
una valutazione completa dell’impatto ambientale  di  una coltura  (Gosse, 
1993;  Kaltschmitt  e  Reinhardt,  1996;  Scharmr,  1995;  Oegema e  Posma, 
1994; Biewina e der Bijl, 1996).
Uno studio condotto in Europa su dieci possibili colture da biomassa per 
energia ha posto in evidenza che i risultati  non sempre sono concordanti 
con le aspettative e sono comunque differenziati in funzione del ciclo della 
coltura (annuale o poliennale), del tipo di prodotto ottenuto (biomassa secca 
o combustibile liquido) (Hanegraaf et al., 1998).
Uno sviluppo bioenergetico non appropriato potrebbe comportare rilevanti 
problemi  ambientali.  In  particolare,  essendo  assai  vasta  la  superficie 
richiesta per la produzione di biomassa per energia l’introduzione di queste 
colture  potrebbe  comportare  modificazioni  nell’uso  del  suolo  le  cui 
ripercussioni di carattere ambientali richiedono di essere valutate.
Da quanto premesso s'intuisce la necessità di approfondire la conoscenza 
sui  fattori  del  clima  e  sulle  relazioni  tra  questi,  l'accrescimento  e  la 
produzione  delle  colture  oltre  che  sulle  caratteristiche  pedologiche 
dell'ambiente Mediterraneo.
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1.3. Il programma nazionale per la valorizzazione delle biomasse agricole e 
forestali
Per rispettare gli impieghi presi dall’Italia nell’ambito della riduzione delle 
emissioni di gas-serra, è necessario affiancare ad un aumento dell’efficienza 
dell’uso dell’energia un deciso incremento della quota energia derivante da 
fonti rinnovabili.
La combustione delle tradizionali fonti di energia (petrolio, carbone, gas) 
comporta il rilascio nell’atmosfera di quella CO2 fissata e sotterrata durante 
milioni di anni.
Le biomasse per  energia hanno pertanto un duplice ruolo:  da un lato di 
incrementare la capacità di assorbimento di CO2 dall’atmosfera e dall’altro 
di sostituire, l’impiego di fonti di energia fossili e di limitare le emissioni di 
CO2. 
L’obiettivo del programma è quello di aumentare il contributo delle fonti 
rinnovabili  e  quello  delle  biomasse  attraverso  gli  impegni  internazionali 
assunti a livello governativo con programmi finalizzati a:
-coltivazioni destinate totalmente o parzialmente alla produzione di energia;
-recupero  di  residui  e  sottoprodotti  agricoli,  forestali,  zootecnici  ed 
agroindustriali per la produzione di energia;
-produzione di biocombustibili e biocarburanti;
-produzione di energia termica e/o da biomasse;
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-impiego  di  energia  da  biomasse  nei  settori  dei  trasporti  e  del 
riscaldamento;
-applicazione di compensazioni, agevolazioni e incentivi per le produzioni 
agricole  non  alimentari  e  per  la  produzione  di  biocarburanti  e 
biocombustibili;
-assorbimento di carbonio dalle biomasse forestali;
-accordi  volontari  tra  le  amministrazioni  e  gli  operatori  economici  del 
settore  agricolo  ed  agro-industriale  per  il  raggiungimento  degli  obiettivi 
individuali delle linee guida.
Anche in tema di biomasse di energia rinnovabile, così come avviene per le 
coltivazioni di prodotti da utilizzare per l’alimentazione umana e animale, il 
raggruppamento delle  diverse  fonti  in  filiere  caratterizzato  da  specifiche 
problematiche  corrisponde  alle  esigenze  di  ottimizzare  gli  interventi, 
individuando  nelle  diverse  fasi  del  processo  eventuali  inefficienze  da 
rimuovere o diseconomie da compensare.
In  tal  senso,  nel  consolidato  linguaggio  comune,  sono  state  individuate 
quattro filiere: biodiesel, bioetanolo, termica e digestione anaerobica.
In  particolare  il  bioetanolo  utilizzato  nel  mercato  energetico,  offre 
prospettive  aperte.  Il  bioetanolo  deriva  dalle  distillazioni  obbligatorie  di 
vino e altri  prodotti  ortofrutticoli eccedenti  nonché dalla distillazione dei 
residui e sottoprodotti agroindustriali.
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