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CAPITOLO I
L’ENI E IL MERCATO
PETROLIFERO INTERNAZIONALE
1.1 - PETROLIO E POTERE_____________________
Come ha scritto il sociologo americano Robert Gilpin, “esistono tre fonti di potere nel
mondo moderno: le armi nucleari, le riserve monetarie e il petrolio”.
La guerra fredda richiese un’evoluzione strategica della politica estera americana che,
investendone l’intera struttura, segnò il cambiamento nella percezione politica del
problema petrolifero, per effetto del quale il petrolio – insieme alle armi nucleari e alle
riserve monetarie – divenne uno dei requisiti materiali per l’egemonia, consentendo
agli Stati Uniti di assumere dal punto di vista politico, economico e militare il ruolo
globale che li caratterizzò nell’era postbellica.
Prima della seconda guerra mondiale, gli USA producevano e consumavano quasi il
60% del petrolio disponibile nel mondo. Ad avere grande spazio vi era inoltre il carbone
che copriva quasi l’80% dei consumi di energia primaria, mentre il gas naturale veniva
in larga parte bruciato ai pozzi petroliferi come scarto della produzione di petrolio.
Il Medio Oriente, che dopo la scoperta di grandi giacimenti in Arabia Saudita e Kuwait
negli anni Trenta
1
emergeva già come l’area del mondo più ricca di riserve di greggio,
produceva soltanto 500.000 b/g
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ed era quindi un attore con molte prospettive ma
ancora marginale nel sistema petrolifero mondiale. Insomma, fino a quel momento il
petrolio era quasi esclusivamente un affare americano e britannico.
La svolta arrivò con la fine del secondo conflitto mondiale e la ricostruzione in Europa.
1
I giacimenti in Iran erano già conosciuti dall’inizio del secolo, quelli dell’Iraq dagli anni Venti.
2
L. MAUGERI, Petrolio, Milano, 2001, p. 28.
4
Tradizionalmente gli Stati Uniti avevano coperto l’80-90% dei consumi europei di
petrolio, ma continuare a garantire simili livelli in un panorama di forte crescita della
domanda degli alleati appariva problematico. Oltre ai costi ingenti, a preoccupare gli
americani era il fatto che dal 1947 gli Stati Uniti erano diventati importatori netti di
petrolio e questo suggeriva una certa cautela nell’assecondare i desideri europei.
Il Congresso degli Stati Uniti sentenziò che l’approvvigionamento di petrolio per
l’Europa sarebbe dovuto scaturire per la maggior parte da fonti esterne all’emisfero
o c c i d e n t a l e , i n m o d o d a g a r a n t i r e l a v i r tuale autosufficienza di ciascun emisfero e
preservare le risorse di quello occidentale
3
.
Fu in questi anni che il petrolio divenne così importante come nessun’altra materia
prima era stata precedentemente per le strategie e la politica estera di uno stato.
La tendenza degli Stati Uniti ad investire sul loro territorio piuttosto che all’estero era
stata in questo modo invertita. Lo sforzo per il sostegno degli alleati prospettò di colpo
esigenze di lungo periodo che scossero le certezze di una disponibilità illimitata di
energia, diffondendo al contrario il timore che le risorse petrolifere su cui gli Stati Uniti
avevano fondato la propria autosufficienza potessero risultare in breve tempo
inadeguate ai bisogni futuri.
Gli USA si videro così costretti ad individuare fonti alternative di approvvigionamento
petrolifero. Il Medio Oriente sembrò la scelta ideale, pur non priva di problemi e
incognite.
In primis, bisognava frenare le pressioni espansionistiche dell’Unione Sovietica su
alcuni paesi come l’Iran e sul Mediterraneo in generale. E poi, c’era un altro elemento
di incertezza: il nazionalismo arabo, che “poteva diventare un veicolo effettivo di
propaganda e destabilizzazione dei governi mediorientali mettendo in pericolo il
potenziale ruolo petrolifero della regione”
4
.
Tra il 1947 e il 1954, una serie di episodi – l’accordo fifty-fifty in Arabia Saudita, la
nazionalizzazione del petrolio iraniano, il Piano Marshall, la questione mediorientale e
infine il procedimento contro il cartello del petrolio – obbligarono il governo americano
a intervenire per risolvere in chiave politica le questioni petrolifere
5
.
Vi furono una serie di scelte dell’amministrazione Truman volte a garantire i
rifornimenti petroliferi necessari per gli Stati Uniti e i suoi alleati. Anzitutto, la
decisione di sollecitare quattro grandi compagnie petrolifere ad unirsi per operare
3
Ivi, p. 29.
4
Ivi, p. 31.
5
L. MAUGERI, L’arma del petrolio. Questione petrolifera globale, guerra fredda e politica italiana nella
vicenda di Enrico Mattei, Firenze, 1994, p. 22.
5
insieme allo sviluppo delle riserve saudite
6
. Nacque così (1947) l’Arabian American Oil
Company (ARAMCO), costituita dalla Standard Oil New Jersey, la Socony Vacuum, la
Standard Oil of California e la Texas Oil Company.
Per far arrivare il petrolio del Golfo Persico in Europa, il Dipartimento di Stato
americano spinse queste stesse società a costruire un grande oleodotto (la Tapline,
Trans Arabian Pipeline), che collegò l’Arabia Saudita al mar Mediterraneo passando
per l’Iraq, la Siria e il Libano.
Inoltre, i soci dell’ARAMCO (sempre spinti dal Dipartimento di Stato), cedettero alle
rivendicazioni saudite per una più equa ripartizione dei profitti derivanti dall’attività
petrolifera. Nel 1950 si arrivò così ad un accordo tra ARAMCO e Arabia Saudita, in base
al quale la ripartizione degli utili per barile di greggio prodotto sarebbe avvenuta su
base paritaria: ai paesi produttori sarebbe spettato il 50% dei profitti in modo analogo a
quelli delle società petrolifere. Per questa ragione l'accordo, già sperimentato in
Venezuela nel 1943, prese il nome di "accordo fifty-fifty".
Esso garantiva costantemente degli ottimi guadagni per i paesi produttori anche in
presenza di un calo della domanda o di un abbassamento del prezzo reale di vendita.
Questo sistema si basava infatti sui cosiddetti “prezzi teorici” o “prezzi di listino”
(posted price
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), fissati dalle compagnie stesse, che non corrispondevano al prezzo reale
di vendita del petrolio. In questo modo i paesi produttori non risentivano degli
eventuali mutamenti nel prezzo reale del greggio.
La politica petrolifera americana riuscì così a salvaguardare i rapporti politici con i
paesi produttori e a consolidare la presenza delle proprie compagnie petrolifere in
Medio Oriente. Il petrolio aveva perso la sua natura di bene commerciale privato per
entrare in quella più delicata di bene strategico e geopolitico.
6
L. MAUGERI, Petrolio, op. cit., p. 31.
7
Cfr. par. 1.2
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1.2 - LE “SETTE SORELLE” DEL PETROLIO__________
Le “Sette Sorelle”, come vennero soprannominate (secondo alcune fonti dallo stesso
Enrico Mattei), erano le sette più grandi compagnie petrolifere del mondo, la maggior
parte delle quali statunitensi:
• STANDARD OIL NEW JERSEY (marchio ESSO, divenuto poi EXXON) – USA
• ROYAL DUTCH SHELL OIL COMPANY (poi SHELL) – Gran Bretagna e
Olanda
• ANGLO-IRANIAN OIL COMPANY (poi BRITISH PETROLEUM – BP) – Gran
Bretagna
• GULF OIL COMPANY (poi GULF) – USA
• TEXAS OIL COMPANY (poi TEXACO) – USA
• STANDARD OIL OF CALIFORNIA – SOCAL (poi CHEVRON) – USA
• SOCONY VACUUM OIL COMPANY (poi MOBIL) – USA
Giunte all’apice del loro successo con la costituzione dell’ARAMCO, queste società
anglo-americane condizionavano la politica dei paesi produttori di petrolio
sfruttandone le risorse e lasciando loro poca libertà di decidere la propria sorte.
La fama delle “Seven Sisters” nacque in seguito a un’indagine della Federal Trade
Commission degli Stati Uniti avviata nel dicembre 1949 contro le principali compagnie
petrolifere statunitensi per sospetti comportamenti oligopolistici.
L ’ e s i s t e n z a d i u n c a r t e l l o p e t r o l i f e r o , s e d i m o s t r a t a , a v r e b b e a t t i v a t o l a s e v e r a
legislazione antitrust in vigore negli Stati Uniti.
Attraverso una serie di intrecci societari e avendo interessi comuni in tutto il mondo, le
compagnie petrolifere anglo-americane sembravano aver stabilito comunque un regime
di vero e proprio monopolio internazionale in grado di vanificare la concorrenza e
imporre prezzi artificiosi al mercato.
L’inchiesta, ultimata alla fine del 1951, rilevava infatti:
(…) il commercio estero degli Stati Uniti è stato limitato e artificialmente regolato in
quanto ai prezzi, la produzione degli Stati Uniti e di tutte le più importanti aree
petrolifere mondiali è stata limitata, i territori produttivi e i mercati sono stati ripartiti, i
prezzi sono stati concordati e fissati in modo tale da eliminare la concorrenza,
escludendo le compagnie rimaste fuori dagli accordi delle attività di produzione e di
raffinazione al di fuori degli Stati Uniti (…)
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.
8
Rapporto su The International Petroleum Cartel, presentato alla Federal Trade Commission del Senato
degli Stati Uniti, 82° Congresso, II Sessione, Washigton (DC), Government Printing Office, 1952. Cit. da
L. MAUGERI, L’arma del petrolio, op. cit., p. 39.