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INTRODUZIONE 
 
 
LA “B” DI BRIC: PERCHE’ IL BRASILE? 
 
La crisi finanziaria internazionale, che ha avuto inizio fondamentalmente a partire 
dalla seconda metà del 2006, scoppiata poi nel 2007, quando cominciò a gonfiarsi la 
bolla immobiliare nel mercato statunitense, è una crisi strutturale e sistemica.  
Una crisi che ha colpito le economie avanzate in maniera differente rispetto a quelle 
emergenti e trova le sue ragioni nella politica monetaria adottata dalla Federal 
Reserve, decisamente espansiva dopo la bolla-internet del 2000, e nell’incentivo a 
creare nuovi strumenti finanziari sulla base del modello “origina e distribuisci”, con 
“l’impacchettamento, la riqualifica e la distribuzione” di prestiti sul mercato, e nella 
riluttanza a frenare questo processo.  
Velo di opacità e sottostima del rischio, rating favorevoli e informazioni lacunose e 
farraginose, crisi di fiducia e mosse di politica monetaria non particolarmente 
efficaci, perché inizialmente volte all’aumento della liquidità piuttosto che al 
ripristino della fiducia, ne sono fondamentalmente la causa. 
Ma, proprio mentre la maggior parte dei paesi occidentali lottava per attutire gli 
effetti derivanti dalla crisi finanziaria globale e contenere gli esorbitanti deficit di 
bilancio, alcuni paesi emergenti, tra i quali soprattutto quelli del BRIC
1
, cercavano di 
controllare piuttosto l’ormai modesto ammontare di debito pubblico (anche se, 
tuttavia, l'India in parte ne è stata un’eccezione), protagonisti, in realtà, di una 
positiva performance macroeconomica, che ha sortito una serie di effetti, tra cui il 
più evidente è stato la crescita di un bene intangibile: la reputazione.  
Tra questi, il Brasile non ha certo evitato la recessione, da cui, però, è stato colpito 
soltanto a partire dal terzo trimestre del 2008, prima con la riduzione delle linee di 
                                                           
1
 Fu nel 2003 che Jim O’Neill, della banca d’affari Goldman Sachs, coniando il termine BRIC, cominciò 
a parlare del Brasile, insieme a Russia, India e Cina, come uno di quei quattro paesi che sarebbe stato 
in grado di contendersi il dominio dello scenario economico mondiale futuro.
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credito, fattore che ha influenzato il settore produttivo e il consumo delle famiglie, 
e successivamente, con la caduta della domanda e dei prezzi delle esportazioni 
brasiliane, smentendo, difatti, la teoria che stesse vivendo una sorta di decoupling 
(letteralmente disaccoppiamento), idea sostenuta sino a quel momento sulla base 
del buon andamento di alcuni fondamentali macroeconomici dei paesi emergenti. 
Vi sono stati, però, dei fattori che ne hanno attutito l’impatto, gli stessi elementi 
chiave che differenziano il Brasile dagli altri emergenti, le stesse caratteristiche che, 
sin dal momento in cui il termine BRIC fu coniato, fecero ritenere che questo paese 
avesse tutte le possibilità per diventare la quinta più grande economia al mondo, 
superando Gran Bretagna e Francia e che, a detta di PriceWaterhouseCoopers, São 
Paulo potesse diventare la quinta città più ricca al mondo.  
A differenza della Cina, il Brasile è una democrazia, che, quando comincia a trattare 
di politica sociale in maniera concreta ed efficiente e favorisce il consumo 
domestico, ha da insegnare molto più di quanto possa riuscire a fare la stessa 
Repubblica Popolare Cinese; a differenza dell’India, non ha conflitti insurrezionali, 
etnici e religiosi nonché vicini ostili; a differenza della Russia, infine, esporta molto 
più che petrolio e armi e tratta con rispetto i propri investitori stranieri.  
È un paese “moderno”, che si è sviluppato solo nel corso degli ultimi ottanta anni, 
tanto che le basi dell’attuale struttura industriale e del moderno sviluppo 
economico sono state poste soltanto a partire dagli anni trenta con Getúlio Vargas, 
Juscelino Kubitschek e la dittatura militare.  
È un paese che nel XX secolo è cresciuto molto più rapidamente degli altri paesi 
della regione, anche se ad un tasso certamente al di sotto della media del BRIC (lì 
dove Cina e India sono state interessate da un dinamismo certamente superiore).  
Infine, è il Brasile in cui continuano a persistere, difatti, i grandi problemi strutturali 
e questioni legate al settore delle infrastrutture, della logistica, dell’educazione e 
della politica sociale, ma che fa parlare di sé per essere tuttavia una democrazia 
consolidata, caratterizzata da istituzioni di matrice repubblicana, con un mercato 
interno rafforzato da politiche pubbliche di distribuzione del reddito, inclusione 
sociale e  maggiore accesso alle linee di credito.
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È un’economia che fa affidamento su un forte e sviluppato sistema finanziario, 
caratterizzato da flessibilità ed efficienza, tecnologia avanzata a supporto dei servizi 
offerti, intensa regolamentazione e solido framework di regole prudenziali. 
Lo scetticismo nei confronti di questo paese, con un passato caratterizzato dalla 
cronica instabilità politica nonché economica e dalla capacità di mettere in risalto il 
proprio potenziale ormai ovvio quanto il talento nel football e il carnevale, sembra 
aver lasciato il posto ad una nuova maggiore fiducia nazionale ed internazionale, 
tanto da renderlo nel 2009, dopo la Cina, il secondo destinatario di investimenti 
diretti esteri, con circa 21 miliardi di soli dollari Usa;  tanto da avergli fatto 
aggiudicare due mega events come le Olimpiadi del 2016 e i Mondiali di calcio del 
2014; tanto da fargli guadagnare nel 2008, in piena crisi globale, per indicazione di 
Standard&Poor Rating Services e nel 2009 di  Moody’s Investors Service, un rating 
“investment grade”, passando da BB+ a BBB- (divenuto  a fine 2010 BBB+).  
Il paese aveva già vissuto in passato fasi di crisi ed incertezza, sia nella decade degli 
anni 80, con la crisi savings and loans , sia in quella degli anni 90, con la crisi 
cambiaria e la crisi del Nasdaq (irrational exuberance), e prima ancora dell’ultima 
crisi dei subprime, con un’altra crisi cambiaria che toccò anche Turchia e Argentina.  
E sebbene vi siano, per certi versi,  dei caratteri comuni a tutte queste crisi, come la 
deregolamentazione dei mercati finanziari, l’innovazione finanziaria, la libera 
mobilità di capitali e la volatilità dei prezzi delle attività, tutto sommato l’ultima crisi 
finanziaria ha avuto una ripercussione diversa rispetto alle precedenti sull’economia 
brasiliana. 
È una crisi che ha sfruttato principalmente canali esterni piuttosto che interni, 
andando ad incidere sul saldo della bilancia commerciale, sul mercato del lavoro e 
sul tasso di disoccupazione, sul credito, sia esterno che domestico, sulla fiducia dei 
consumatori e degli imprenditori. 
Il governo ha risposto adottando misure che consentissero la riapertura del credito 
da parte delle banche, del capitale di esercizio delle società e degli agricoltori, che 
stimolassero la capacità di consumo delle famiglie e l’investimento nell’edilizia 
civile; ma la rapida ripresa dell’economia e l’efficacia delle risposte non possono
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non ritenersi frutto delle politiche sia fiscali che monetarie adottate già in passato, 
soprattutto a partire dalla ristrutturazione del sistema finanziario e politico e dal 
1994, anno in cui è stato lanciato il Piano Real e data che funge spesso da 
benchmark di riferimento per la valutazione delle politiche pubbliche. 
Questo lavoro nasce, dunque, dall’intenzione di studiare e analizzare i motivi per cui 
l’economia brasiliana è riuscita a superare le turbolenze legate alla crisi finanziaria 
internazionale e a riprendere, già nel corso del 2009, il suo trend positivo. 
Nasce dalla curiosità di capire come le politiche adottate dal governo e dalla banca 
centrale siano riuscite a creare una corazza economica al sistema e quali strumenti 
siano semplicemente frutto delle misure applicate nel corso degli anni e, 
soprattutto, a partire dal 1994 in poi.  
Nel primo capitolo ripercorro le principali vicende storiche a partire dagli anni 30 in 
poi, focalizzando l’attenzione soprattutto su quelle vicende che hanno segnato il 
profilo economico del paese, protagonista di crisi bancarie e iperinflazione degli 
anni Ottanta, di scelte politiche sbagliate e corruzione, di crisi di sistema e sogni di 
recupero e stabilità, esperienze che ne hanno forgiato armatura e scudo per far 
fronte allo shock del 2008. 
Nel secondo capitolo, focalizzandomi in primis sul settore bancario, sul settore 
immobiliare e sul mercato dei capitali, ne metto in evidenza evoluzione, 
caratteristiche e fattori che giustificano il grado di efficienza e protezione del 
sistema finanziario nazionale, la struttura portante fatta di regole prudenziali e la 
partecipazione effettiva del settore al “festival dei derivati”.  
Nel terzo capitolo, infine, entro nel cuore dell’analisi macroeconomica, andando ad 
ispezionare le vie del contagio della crisi finanziaria, gli effetti sortiti e le misure 
adottate sia dal governo che dalla banca centrale e rispettivamente le risposte 
anticicliche sia in ambito fiscale che monetario.
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INTRODUÇÃO 
 
 
A crise financeira internacional é uma crise estrutural e sistêmica, que teve início no 
segundo semestre de 2006 e explodiu em 2007, quando começou a inflar a bolha 
imobiliária no mercado dos EUA,.  
Esta crise afetou as economias avançadas de uma maneira diferente dos 
emergentes e encontrou sua justificativa em três fatores principais .  
Primeiro, na política monetária, amplamente expansiva adotada pela Federal 
Reserve após-bolha da internet em 2000.  
Segundo, nos incentivos para criar novos instrumentos financeiros com base 
no modelo de "originar para distribuir", com "embalagem, remodelação e 
distribuição" de empréstimos no mercado.  
E por último, na relutância em fazer cessar este processo.  
Os fatores responsáveis pelo seu acontecimento estão relacionados basicamente 
com pouca clareza e subavaliação do risco, rating favoráveis, informações 
incompletas e heterogêneas, crise de confiança e ações de política monetária não 
particularmente eficazes, a qual visava aumentar a liquidez ao invés de restabelecer 
a confiança. 
Mas enquanto a maioria dos países ocidentais estavam lutando para amortecer o 
impacto da crise financeira global e conter o déficit orçamentário excessivo, alguns 
países emergentes, especialmente os BRICs, estavam tentando controlar a modesta 
quantidade de dívida pública (embora a Índia tenha sido, em partes, uma exceção). 
Assim, os países emergentes foram protagonistas, de fato, de um desempenho 
macroeconômico positivo que teve uma série de efeitos, e entre eles, o mais óbvio, 
tem sido o crescimento da um ativo intangível: a reputação.   
O Brasil, um dos países que compõem este grupo, tamb ém foi atingido pela 
recessão, sofrendo com seus efeitos, a partir do terceiro trimestre de 2008. 
Inicialmente no Brasil ocorreu uma redução das linhas de crédito, fator que
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influenciou o setor de produção e consumo das famílias e, em seguida houve uma 
queda na demanda e nos preços das exportações brasileiras, contrariando a teoria 
de que ele estava vivendo uma espécie de decoupling (dissociação)
2
.  
Houve, no entanto, fatores que amorteceram o impacto, os mesmos elementos que 
diferem o Brasil de outros emergentes e as mesmas características que a partir do 
momento em que o termo BRIC foi cunhado, fizeram acreditar que este país 
tem todas as chances de se tornar a quinta maior economia do mundo, 
ultrapassando o Reino Unido e a França.  
De fato, a partir do momento em que o Brasil começa a lidar com a política social de 
forma concreta e eficaz e promover o consumo interno, tem muito mais a revelar 
ao mundo do que a China.  
Diferentemente da Índia, não tem conflitos insurgentes, étnicos e religiosos ou 
vizinhos hostis.  
Por fim, distancia-se da Rússia por exportar muito além de petróleo e armas e por 
ter o respeito de investidores estrangeiros.  
É um país "moderno", que se desenvolveu apenas a partir dos anos Oitenta, uma 
vez que as bases da moderna estrutura industrial e do desenvolvimento econômico 
foram feitas apenas a partir dos anos Trinta por Getúlio Vargas, Juscelino 
Kubitschek e a ditadura militar.  
É um país que no século XX tem crescido expressivamente mais rápido que outros 
países da região, embora certamente a uma taxa abaixo da média dos BRIC (China e 
Índia apresentam um dinamismo certamente maior). 
Infelizmente continuam a persistir grandes problemas estruturais e as questões de 
infra-estrutura, logística, educação e política social, mas o país é uma democracia 
consolidada que se caracteriza por instituições de matriz republicana, com um 
mercado interno fortalecido pelas políticas públicas de distribuição de renda, 
inclusão social e maior acesso a linhas de crédito.  
                                                           
2
 Esta ideia vinha sendo defendida até aquele momento devido ao bom andamento de certos fatores 
fundamentais macroeconômicos dos países emergentes.
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É uma economia que se baseia em um sistema financeiro forte e desenvolvido, 
caracterizado pela sua flexibilidade e eficiência, tecnologia avançada em apoio aos 
serviços oferecidos, intensa regulamentação e sólido framework de regras 
prudenciais. 
Este país tem um passado marcado pela crônica instabilidade política e econômica, 
porém a sua exímia capacidade em destacar seu potencial, não apenas no que diz 
respeito ao futebol e ao carnaval, trouxe uma nova confiança nacional e 
internacional.  
Devido a isso, o país se tornou em 2009 o segundo receptor de investimentos 
estrangeiros diretos, logo depois da China, com cerca de 21 bilhões de dólares dos 
EUA; e lhe foram conferidos dois mega eventos como as Olimpíadas de 2016 e a 
Copa do Mundo em 2014.  
Além disso, o país ganhou em 2008, no meio da crise global, através da indicação de 
Standard & Poor's e, em 2009, da Moody's Investors Service, uma classificação 
investiment grade , passando de BB + para BBB- (e agora ao final de 2010, BBB+). 
O país já havia experimentado períodos anteriores de crise e incerteza, tanto na 
década de 80, com a crise de savings and loans , quanto na década de 90, com a 
crise cambial e a crise do Nasdaq ( irrational exuberance ), e antes ainda da última 
crise de sub-prime, com outra crise cambial, que afetou a Argentina e Turquia 
também.  
Embora haja, em alguns aspectos, características comuns a todas essas crises, como 
a desregulamentação dos mercados financeiros, a inovação financeira, a livre 
mobilidade de capitais e a volatilidade dos preços dos ativos, a última crise 
financeira teve um efeito diferente em relação à economia brasileira.  
Foi uma crise que se espalhou principalmente por vias externas, afetando o 
equilíbrio da balança comercial, o mercado de trabalho e a taxa de desemprego, o 
crédito, doméstico ou externo, a confiança dos consumidores e das empresas.  
O governo reagiu adotando medidas que permitiram a reabertura de crédito pelos 
bancos, para estimular a capacidade de consumo das famílias e o investimento na 
costrução civil; mas a rápida recuperação econômica e a eficácia das respostas não
15 
 
podem não ser consideradas o resultado das políticas fiscais e monetárias adotadas 
no passado, aplicadas especialmente por causa da reestruturação do sistema 
financeiro e político e desde 1994, quando o Plano Real foi lançado (data que 
muitas vezes é considerada uma referência para a avaliação das políticas públicas).   
Este trabalho nasce, portanto, da intenção de estudar e analisar as razões pelas 
quais a economia brasileira tem superado a crise financeira internacional e 
retomado, já a partir de 2009, a sua tendência positiva.  
Ele decorre da curiosidade de entender como as políticas adotadas pelo governo e o 
Banco Central têm conseguido criar um escudo para o sistema econômico e quais 
ferramentas são simplesmente o resultado das medidas implementadas ao longo 
dos anos e, especialmente, a partir de 1994.  
No primeiro capítulo, reviso os principais acontecimentos históricos dos anos 30 em 
diante, destacando principalmente os acontecimentos que marcaram o perfil 
econômico do país, protagonista de crises bancárias e hiperinflação dos anos 
Oitenta, de escolhas políticas erradas e corrupção, de crise sistêmica e sonhos de 
recuperação e estabilidade, experiências que forjaram a armadura e o escudo para 
lidar com o choque de 2008.  
No segundo capítulo, focalizando principalmente sobre o setor bancário e o 
mercado imobiliário e de capital, reviso evolução, características e fatores que 
explicam o grau de eficácia e segurança do sistema financeiro do país, a estrutura 
de suporte feito de regras prudenciais e a participação efetiva no "festival de 
derivativos."  
No terceiro capítulo, por fim, entro no coração da análise macroeconômica, 
inspecionando as vias de contágio da crise financeira, os efeitos decorrentes e as 
medidas tomadas pelo governo e pelo banco central, respectivamente com uma 
resposta anticíclica fiscal e monetária.
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CAPITOLO I 
 
L’ECONOMIA BRASILIANA E LE LEZIONI DEL PASSATO 
 
1.1 - LO SVILUPPO ECONOMICO DEL BRASILE  
 
I 300 anni di colonizzazione, il depauperamento di buona parte delle materie prime 
connesso alle politiche di espansione degli Stati europei, i 60 anni di monarchia e i 
40 di dominio dei latifondisti, nonché i cicli di esportazione, a partire da quello dello 
zucchero e poi soprattutto quello del caffè 3
, hanno segnato lo sviluppo economico 
del Brasile, che solo con l’indipendenza (1822), raggiunse una propria dimensione 
nel mercato internazionale e, con gli anni ’30, l’avvio del processo di 
modernizzazione industriale e di centralizzazione decisionale. 
Fu la grande depressione del 1929 a segnare un importante momento per 
l’economia brasiliana: diminuita la dipendenza dalla monocoltura del caffè e 
gettate le basi del moderno sviluppo economico con Getúlio Vargas (eletto 
presidente dal 1930 al 1945 e dal 1951 al 1954), l’impulso maggiore venne dato al 
processo di diversificazione del commercio estero
4
, in un periodo di forte sviluppo 
industriale, che vide la nascita di alcune tra le attuali più grandi società quotate 
brasiliane, la Companhia Siderùrgica Nacional, la Companhia Vale do Rio Doce e la 
Petrobras, che conquistò il monopolio statale del petrolio e oggi annoverata tra le 
prime 15 compagnie petrolifere più grandi al mondo. 
                                                           
3
 All’inizio della colonizzazione, il Brasile aveva un’economia prettamente concentrata nella 
produzione di pau-brasil (legno); più tardi, tra il XVI e il XVII secolo, nella produzione di canna da 
zucchero; e tra il XVII e il XIX secolo nell’estrazione dell’oro. A partire dalla seconda metà del XIX 
secolo, invece, il paese diventò uno dei maggiori produttori di caffè del mondo. 
4
 Prima di questo periodo, la produzione industriale aveva l’esclusivo fine di soddisfare le nuove 
crescenti necessità piuttosto che crescere per sostituire alimenti in precedenza importati. Fu negli 
anni a seguire che il Brasile diede all’industrializzazione la prioritaria preoccupazione della 
Sostituzione delle Importazioni (ISI- Import Substitution Industrialization) tale da forgiare a questo 
proposito le politiche economiche esterne.