4
Il profumo, inteso come prodotto di moda, instaura rapporti sinergici e intensi con la
pubblicità. Esso, da sempre oggetto misterioso e inafferrabile, rispecchia sensazioni e sentimenti
nella trama dei loro infiniti percorsi e destini emozionali. Massimo esempio di promozione e
produzione dell’immateriale, il profumo ci fa vivere l’altra faccia di noi stessi, quello che
vorremmo essere o avere, offrendoci non semplice funzionalità ma sensazioni e modi di essere.
Ci troviamo di fronte ad un iperinvestimento emotivo e irrazionale che ritroviamo in spot il cui
scopo è quello di proiettarci in dimensioni oniriche caratterizzate da atmosfere preziose e rarefatte
sinonimo di prestigio ed eleganza. Spot che ci rendono protagoniste romantiche e ci inducono
all’acquisto, perchè quel prodotto ci permetterà di acquisire quei valori che esso stesso comunica.
La Maison Chanel, per promuovere l’intramontabile profumo N. 5 e il celebre Coco Mademoiselle
ci propone da sempre pubblicità ricercate, fascinose, ricche d’allure e magia. Veri e propri “corti
d’autore”, ci aprono la via a mondi magici e sognanti, dove donne fascinose e magnetiche
invadono le nostre case e il nostro immaginario personale. Diretti da prestigiosi registi,
perfettamente in sintonia con la filosofia della Maison, questi spot lasciano nel consumatore un
ricordo indelebile e vivo che confluisce poi nelle scelte di quest’ultimo. Non possiamo dimenticare
lo spot diretto da Baz Luhrmann per Chanel N.5 oppure il più recente filmato “l’appartamento”
diretto da Joe Wrigtht per sponsorizzare il celebre Coco Mademoiselle.
Dopo Carole Bouquet, Vanessa Paradis e Inès de la Fressange salgono al trono, vincenti e
fiere, Nicole Kidman e Keyra Knightely in tutto il loro splendore. Degne eredi di rappresentare la
donna Chanel passionale e al contempo libera e indipendente.
Chanel, custode di una potenza evocatrice e simbolica costruisce attorno al prodotto,
attraverso la comunicazione pubblicitaria, un mondo di marca totalmente immateriale, seducente e
intrigante dove la pubblicità, attraverso la messa in scena dell’universo simbolico del brand,
conferisce agli oggetti un valore che sfocia nella dimensione identitaria, onirica, portatrice di uno
stile di vita. Sobrietà, classicità, stile senza tempo sono solo alcuni degli ingredienti vincenti della
maison. Questi uniti ad elementi d’identificazione istantanea quali le perle e gioielli vari, il fiocco,
la camelia, il tubino nero, la borsa a tracolla, il bottone dorato con le due C incrociate,
costituiscono il patrimonio spirituale della Maison. Come brand Chanel, ha sviluppato e mantenuto
nel tempo un efficace livello relazionale con l’acquirente instaurando una relazione emozionale e
sensoriale e offrendo a quest’ultimo esperienze simboliche, sensazioni, passioni e ricorrendo ad un
linguaggio intriso di suoni, atmosfere e immagini evocative.
5
La forma pubblicità tende dunque ad inglobare la forma moda. La moda a sua volta è
variazione continua soprattutto perché la sua natura mondana la porta ad inscriversi all’interno
della sfera della comunicazione e in tale sfera ogni flusso comunicativo ha un’assoluta necessità
d’innovarsi se vuole evitare l’usura semantica. Il rapporto fra le due è inscindibile.
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La felicità non è altro che il profumo del nostro animo.
Coco Chanel
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Parte Prima
1. LE CARATTERISTICHE E IL POTERE DELLA MODA
La moda postula un’ucronia, un tempo che non esiste;
in essa il passato è vergognoso e il presente incessantemente “mangiato” dalla moda che si
annuncia.
Roland Barthes
1. Il campo della moda
La parola moda
1
viene dal latino modus, cioè modo, foggia, ma anche giusta misura, e, infatti, è
sempre stato considerato moda ciò che viene percepito come adeguato, giusto e opportuno in un
determinato momento e in un certo luogo, in situazioni e in epoche differenti. L’accostamento del
termine ‘moda’alla parola ‘moderno’nel suo significato di legato all’oggi, al tempo presente ci
permette di intuire quanto, nella dinamica della moda, sia fondamentale il saper individuare ciò che
è giusto e adeguato nel momento presente.
Per comprendere il fenomeno della moda conviene soprattutto osservarne il contenuto
simbolico. Edward Sapir
2
ha messo in evidenza il contrasto tra l’inconsistenza pratica e funzionale
della moda e la sua grande capacità d’espressione simbolica. Sono oggetto della moda, soprattutto
in ragione della loro carica simbolica, gli abiti, e più in generale tutto ciò che attiene agli aspetti
esteriori del corpo umano, ma anche una corrente intellettuale, l’arte, la morale possono essere
l’equivalente psicologico o il corrispondente di un capo di moda.
Anche W.G.Sumner
3
aveva messo in luce il ruolo dominante della moda nella società moderna,
mentre Sapir
4
sottolinea il fatto che la moda si realizza attraverso le scelte dei singoli individui,
Sumner pone l’accento sull’aspetto quasi coercitivo del fenomeno, notando come chi si trova ad
operare le proprie scelte non abbia, di fatto, gli strumenti per contrastare la moda dominante e
come, in determinati casi il sottrarsi ad essa possa portare anche a forme, sia pur marginali, di
condanna sociale.
1
Ann-Mari Sellerberg, Moda, in Enciclopedia delle Scienze sociali, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma, 1994,
vol.V, pp. 739-746.
2
Famoso etnologo e linguista statunitense, fu grande luminare della linguistica strutturale.
3
Sumner, W.G. Folkways, Boston, 1906 (tr.it. Costumi di gruppo, Milano 1962).
4
Sapir, E., Fashion, in Enciclopedia of the social sciences, vol. VI, London, 1931, pp.139-144.
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La dinamica della moda ha un’importanza fondamentale a livello sociale ed è stata oggetto di
diverse interpretazioni. René König
5
, considerando soprattutto il settore dell’abbigliamento, fa
notare quattro fattori che permettono di spiegare e interpretare la presenza della dinamica della
moda nella società: 1) la tendenza dell’uomo ad esibire il proprio corpo ornato e decorato; 2) la
curiosità e il desiderio di esplorare; 3) il bisogno di farsi notare; 4) la ricerca di una conferma e
dell’approvazione da parte del proprio contesto sociale. Queste necessità sociopsicologiche si
esprimono diversamente in base al contesto culturale. König associa tre tipi di società con tre tipi di
moda. Il primo è rappresentato da una società in cui esistono classi sociali delineate e
gerarchicamente ordinate. In questo primo stadio il fenomeno della moda emerge nella cerchia
ristretta della nobiltà. Nel secondo stadio le rigide differenze fra la classe dominante e le altre classi
si attenuano, la moda elitaria della classe superiore diventa un modello da seguire per le altre classi
sociali e quindi l’elite è costretta a adottare una strategia di cambiamento continuo delle mode per
mantenere un proprio status rispetto alle classi inferiori. Il terzo è quello delle società democratiche
egualitarie in cui si sono sviluppate le tecnologie industriali. In quest’ultimo tipo di società la moda
si diffonde in tempi rapidi raggiungendo i diversi settori sociali sotto forma di prodotti di massa e
invadendo man mano tutti i campi della vita quotidiana; professioni, atteggiamenti, idee e interessi,
sono tutti soggetti alla dinamica della moda.
2. Le origini della moda e il suo diffondersi nelle diverse società
Il pittore Salvador Dalì ha detto una volta che “la moda è quello che passa di moda”, ciò che
non può fare a meno di mutare costantemente. La legge della variabilità costituisce l’essenza
fondamentale della moda, la quale vive sull’innovazione e, sin dal primo apparire sulla scena
sociale, si è caratterizzata per la sua rapida successione di cicli. La moda non è stata presente in
tutte le epoche storiche, né in tutte le forme di civiltà, perché è apparsa soltanto nella cultura
occidentale a partire dalla fine del Medio Evo.
Molti studiosi hanno sostenuto che il bisogno di vestirsi, è universale, perché, determinato da
esigenze funzionali, come la necessità di proteggersi dal freddo. Se pensiamo al ridotto vestiario
degli aborigeni della terra del fuoco, il cui clima è certamente rigidissimo, quest’ipotesi svanisce. Il
bisogno di vestirsi è strettamente collegato a fattori di natura culturale. Ci si veste perché si vuole
esprimere una precisa identità sociale e per non provare vergogna della propria nudità. Al riguardo,
la morale sociale e quella religiosa, hanno esercitato un’influenza notevole. Non è un caso, che per
5
König, René, Il potere della moda, Liguori, Napoli, 1992, p. 175.
9
quanto riguarda la cultura cristiana, la Bibbia abbia fatto coincidere la nascita dell’esistenza umana
con lo svilupparsi del sentimento di pudore nei confronti del corpo al momento della cacciata dal
Paradiso terrestre. Adamo ed Eva si sentivano in colpa per il peccato commesso e per la prima volta
per la nudità del loro corpo.
La moda è stato un fenomeno sconosciuto per molte società (antico Egitto, Cina e Giappone)
almeno sino al diciottesimo secolo. Società statiche, pietrificate economicamente e divise
rigidamente in caste non possono essere contagiate dal desiderio di mutamento, da tentazioni
d’uguaglianza sociale o differenziazione individuale. Tutte le società chiuse, infatti, a differenza
delle società aperte sono immuni dal fenomeno moda, i loro membri indossano per secoli vestiti
della stessa foggia e si acconciano i capelli allo stesso modo.
In Occidente la moda cominciò a manifestarsi intorno alla metà del quattordicesimo secolo. In
questo periodo, si verificò il primo grande e scandaloso cambiamento vestimentario. Gli abiti si
fecero corti, cominciarono a disegnare le forme e si aprirono in immense scollature. Si desiderava
differenziarsi mettendo in evidenza il corpo e accentuando le differenze sessuali. Prima l’abito era
un costume, la società era statica e il passato rappresentava il valore supremo degli individui. Con la
fine del Medioevo e lo sviluppo del Rinascimento, il mutamento diviene un valore socialmente
ambito, non più passato e staticità ma movimento e futuro. L’individuo poteva modificare le
strutture sociali ed effettuare delle scelte personali nel campo dell’estetica. Poco a poco la moda
passò a governare non solo gli abiti e le acconciature, ma anche l’arredamento, l’arte e tanti altri
settori della vita quotidiana. Oggi la moda permea tutto ciò che la circonda, tutto è moda.
La moda può manifestarsi in maniere differenti in società diverse e in corrispondenza di
specifiche fasi storiche. Abbiamo già osservato come nelle società contemporanee essa ha sembra
aver acquisito un’importanza sempre maggiore: una delle ragioni di questo fenomeno è la spinta
alla differenziazione dei modi di vita dei diversi gruppi sociali, accompagnata da una struttura
sociale in continuo mutamento in cui emergono nuovi raggruppamenti. L’aumento delle offerte sul
mercato e tale processo di differenziazione, innesta la possibilità per l’individuo di mostrare la sua
particolarità o quella del gruppo d’appartenenza. La motivazione che spinge a seguire la moda, va
individuata nel bisogno di distinguersi, bisogno non presente in tutte le società. Nella dinamica della
moda si possono evidenziare due grandi funzioni interdipendenti: da una parte la moda rivela le
differenze fra attori sociali appartenenti a gruppi diversi, dall’altra contribuisce ad esprimere la
coesione sociale dei membri di un determinato gruppo. In molte società preindustriali il bisogno di
rappresentare la coesione sociale è un fattore dominante, mentre appare meno urgente la necessità
10
di materializzare nell’abbigliamento le differenze sociali. La moda diventa rilevante solo, quando
avviene una situazione sociale in cui è forte il rischio che un determinato gruppo si mescoli con un
altro. Essa interviene allora per segnalare e materializzare le differenze sociali tramite i particolari
dell’abbigliamento. Al riguardo Simmel ha osservato come la moda non aveva ruolo nel settore
dell’abbigliamento maschile nella Firenze del XIV secolo; ognuno vestiva secondo il proprio gusto
visto che in tale società non si sentiva il bisogno di esprimere l’appartenenza ad un determinato
gruppo o di affermare la propria particolarità rispetto agli altri tramite la moda. Potremmo citare
anche l’esempio di Venezia, dove nella stessa epoca, i membri degli stati sociali superiori evitavano
di seguire i cambiamenti della moda vestendo di nero, l’ostentazione, infatti, non era gradita.
Simmel osserva come ci sono anche società dove esistono le condizioni ottimali per uno sviluppo
estremo della moda. Un esempio evidente fu la Germania del Trecento Quattrocento dove
l’evoluzione sociale creò condizioni favorevoli all’iniziativa imprenditoriale riservata però alla sola
componente maschile. Tale sviluppo portò ad una vera esplosione della moda femminile,
probabilmente dovuta ad una reazione di minor potere sociale delle donne.
3. Le principali teorie sulla moda
Quali sono le motivazioni che spingono a seguire una moda? Quali le ragioni delle continue
variazioni, dell’incessante mutamento di tale fenomeno sociale? Alcuni ritengono che alla base del
cambiamento della moda ci sia la noia, altri pensano si tratti del desiderio di affermare il proprio
status sociale, la propria identità, il proprio ego, altri ancora pongono l’accento sull’attrazione
sessuale facendo riferimento alla teoria delle zone erogene mutevoli
6
; C’è chi prende spunto dagli
interessi di mercato alludendo velatamente a teorie basate su cospirazioni economiche e infine chi
pone l’attenzione a teorie basate sullo Zeitgeist
7
.
Dalla fine del secolo scorso ad oggi, la più importante teoria sociologica della moda è stata
quella del Trickle-down
8
(gocciolamento verso il basso). Secondo questa teoria la moda nasce dalla
classe agiata e poi da questa cala progressivamente verso le classi più basse. La causa della sua
6
Tra le interpretazioni della moda che la fanno risalire ad un desiderio di accentuare l’attrazione sessuale, la più
conosciuta è la teoria della zona erogena mutevole. La teoria è rintracciabile nel libro Psicologia dell’abbigliamento
dello psicoanalista J.C.Flugel (1930), lo studioso riconosceva nell’ambivalenza generata dal conflitto psichico di
modestia e ostentazione, il motore dei cambiamenti della moda. La moda nei suoi momenti d’esuberanza non si
accontenta della silhouette naturale, ma sottolinea singole parti del corpo, che vengono poi enfatizzate come centri
speciali di fascino erotico.
7
Lo spirito del tempo, influisce notevolmente sulla moda Basti pensare agli abiti maschili del Rinascimento colorati e
aderenti che mettevano in risalto la forza e lo sviluppo muscolare riflettendo quel grande flusso d’energia che animava
tale periodo o ancora l’artificiosità e raffinatezza degli abiti in voga nel Diciottesimo secolo.
8
Meccanismo di diffusione della moda conosciuto anche come ‘modello della caccia e della fuga’.
11
evoluzione è legata alla competizione sociale e si fonda su un processo d’imitazione e
differenziazione. Simmel
9
afferma che le mode sono sempre mode di classe, che quelle della classe
più elevata si distinguono da quelle della classe inferiore e vengono abbandonate nel momento in
cui quest’ultima comincia a farle proprie. La moda nuova appartiene soltanto alle classi sociali
superiori, infatti, non appena le classi inferiori cominciano ad appropriarsene, superando i confini
imposti dalle classi superiori e spezzando l’unità della loro reciproca appartenenza cosi
simbolizzata, le classi superiori si dirigono verso un’altra moda con la quale si differenziano
nuovamente dalle grandi masse e il gioco può ricominciare. L’individuo si sente rassicurato dal
fatto di appartenere, grazie alla moda, ad una collettività sociale che si comporta nello stesso modo
e condivide gli stessi obbiettivi ed ideali. Allo stesso tempo, egli è anche gratificato quando riesce a
sperimentare l’originalità della moda ed a differenziarsi.
Ma la moda è solo moda di classe? Un così vasto fenomeno può essere ridotto semplicemente
ad un mero desiderio di simboleggiare lo status sociale? Thorstein Veblen
10
ci dice di si. Lo
studioso ha mostrato, attraverso due principi fondamentali da lui enunciati, sciupo vistoso e
agiatezza vistosa,
11
come la spesa eccessiva nell’abbigliamento ed in altri oggetti superflui, servisse
per istituzionalizzare le appariscenti pratiche di consumo, spreco e divertimento tipiche della
ricchezza. Con tali pratiche, si poteva dimostrare agli altri la propria capacità di spendere senza
produrre, stabilendo la propria superiorità su persone con meno mezzi a disposizione.
Da qui, parte la critica di Fred Davis
12
alla teoria del Trickle-down strettamente connessa alla
teoria di Veblen. Davis sostiene l’impossibilità della suddetta teoria di spiegare il pluralismo e il
policentrismo che caratterizzano l’abbigliamento contemporaneo. Riducendo tutto ad una questione
di status, la suddetta teoria propone una visione angusta e costrittiva della moda. Nei vestiti, entrano
in gioco caratteristiche individuali quali sesso, sessualità, fasce d’età, identificazioni etniche e
religiose, tendenze politiche ed ideologiche e molto altro ancora. Estrapolare da tutto ciò, un solo,
anche se importante elemento vuol dire fare violenza al fenomeno stesso.
9
Simmel, G., Die Mode, in Philosophische Kultur, Berlin, 1986 (tr. it.: La moda, in La moda e altri saggi di cultura
filosofica, Milano 1985, pp. 29-52).
10
Veblen, T., The theory of the leisure class, New York, 1899 (tr. it.: La teoria della classe agiata, Torino, 1949).
11
Attraverso lo sciupio vistoso si ostenta il proprio successo finanziario e la dignità sociale.
Con il secondo principio colui che si veste annuncia a tutto il mondo che non deve occuparsi di lavori produttivi, può
consumare liberamente senza fare economie. Tale messaggio viene comunicato indossando abiti scomodi e costrittivi (il
busto o il tacco alla francese sono esempi lampanti).
12
Fred Davis, Moda, cultura, identità, linguaggio, tr. It. Di Fabrizio Macchia, Baskerville, Bologna, 1993, pp. 104-116.