6
In realtà, oggi la scuola altoatesina non affronta più soltanto 
la questione dell’insegnamento/apprendimento della seconda 
lingua, ma si misura anche con le difficoltà relative alla didattica 
di una terza lingua, l’inglese, esprimendo, perciò, la volontà e 
l’esigenza di inserirsi nella dimensione europea entro cui si muove 
l’intera nazione italiana. 
D’altra parte, la società di questa regione è talmente 
composita e variegata, come dimostra la crescente presenza di 
cittadini stranieri, da pretendere essa stessa un costante 
aggiornamento dell’offerta formativa, soprattutto nell’ambito di 
un’educazione plurilingue. 
Per favorire l’approccio al tema proposto, nel primo capitolo 
sono descritte, innanzi tutto, le caratteristiche linguistiche e socio-
culturali dell’Alto Adige–Südtirol, in modo tale da definire i punti 
cardinali della realtà, di cui in seguito si tratterà un aspetto 
specifico. 
Nel secondo capitolo, invece, il discorso si concentra sulla 
situazione scolastica altoatesina: in questa sezione lo spazio 
maggiore riguarda le iniziative promosse all’interno della scuola 
italiana per elevare il livello di bilinguismo degli studenti. 
Tuttavia, non sono stati trascurati alcuni aspetti fondamentali per 
comprendere la situazione di insegnamento ed apprendimento del 
tedesco, non solo nella scuola italiana, ma anche nella scuola 
tedesca: ho affrontato, perciò, il rapporto ambivalente tra la 
Hochsprache e il Südtiroler Deutsch, con il quale devono 
 7
misurarsi sia gli studenti di madrelingua tedesca, sia quelli di 
madrelingua italiana. Successivamente, l’analisi ha riguardato 
l’evoluzione della didattica nell’ambito dell’insegnamento del 
tedesco L2, con le relative sperimentazioni. Infine, sono stati 
presentati due modelli di effettivo plurilinguismo: l’ordinamento 
scolastico ladino e la Libera Università di Bolzano, entrambi 
orientati al trilinguismo, sebbene con lingue veicolari differenti 
(italiano, tedesco e ladino per le scuole delle località ladine e 
italiano, tedesco e inglese per la locale università). 
Nel terzo capitolo ho descritto la situazione del bilinguismo 
in Alto Adige–Südtirol prendendo in considerazione una 
questione, che ha riscosso un notevole interesse presso le varie 
componenti sociali: si tratta del bilinguismo precoce, di cui si 
ripercorrono gli studi linguistici e psicopedagogici più 
significativi, per poi approdare alle esperienze di educazione 
bilingue precoce, che si sono susseguite nella regione altoatesina 
dagli anni’70 ad oggi, conseguendo successi che hanno apreto un 
ulteriore varco alla diffusione del plurilinguismo. 
Il quarto e ultimo capitolo, invece, non poteva che essere 
dedicato ad un dibattito attuale che getta una luce sui futuri 
sviluppi dell’organizzazione scolastica nella Provincia Autonoma 
di Bolzano. Oggi, infatti, i riflettori sono puntati sulla creazione di 
una scuola plurilingue che sia anche il luogo ideale per una 
convivenza più serena tra i due gruppi linguistici italiano e 
tedesco.  
 8
Giacchè le discussioni sulla scuola plurilingue sono all’ordine 
del giorno, è stato difficile, ma appassionante, trovare il materiale 
più recente , di cui potermi servire per analizzare la situazione nel 
momento stesso del suo divenire. A tale scopo, mi sono rivolta, 
tramite e-mail, all’associazione studentesca “Il Ponte-Die Brücke” 
di Bolzano, che rappresenta un esempio reale di coesistenza 
costruttiva tra italiani e tedeschi; la responsabile alle pubbliche 
relazioni, Anna Chissalè, a cui va il mio grazie per l’enorme aiuto 
accordatomi, mi ha fornito una nutrita rassegna stampa, 
comprendente anche le copie dell’omonima rivista 
dell’associazione. Attraverso la lettura dei vari articoli ho potuto 
così tracciare le coordinate principali dell’evoluzione del tema 
della scuola plurilingue, dal momento in cui è stato riproposto, in 
occasione del convegno organizzato dagli stessi ragazzi de “Il 
Ponte-Die Brücke” nell’aprile 2002, fino ad oggi, ossia alla data 
del 9 febbraio 2003. 
Da quest’ultimo capitolo, inoltre, emerge l’immagine odierna 
della società altoatesina, che è percorsa da dinamiche a volte 
divergenti, ma che altre volte si incontrano e si integrano, 
soprattutto quando sono mosse dagli studenti stessi, che chiedono 
un futuro migliore per la loro scuola: chiedono una scuola che sia 
il primo luogo di confronto delle due anime di questa multiforme 
società. 
A dire il vero, anche dai paragrafi dei precedenti capitoli 
affiora la delicata situazione linguistica e socio-culturale di questa 
 9
regione, che pur sempre appartiene a due mondi diversi, quello 
germanico e quello latino, e al tempo stesso li accoglie in sé, con le 
loro peculiari identità. 
Identità che convivono l’una accanto all’altra, a volte l’una in 
contrasto con l’altra, perché in parte ancora prive di una profonda 
conoscenza reciproca e, quindi, non ancora perfettamente 
integrate. 
La scuola è lo specchio di questa realtà, riflette nella sua 
stessa divisione fisica tra scuole monolingui, il senso di 
separazione avvertito all’interno dei due gruppi. Alla scuola, però, 
è stato demandato l’onere di trasmettere la lingua e la cultura 
dell’altro, quindi ha il compito di fornire gli strumenti per un 
confronto certamente inevitabile nella vita quotidiana. 
Per questa ragione, essa è al centro dell’attenzione e delle 
speranze delle famiglie, degli studenti, dei docenti e delle forze 
politiche: anche dalla scuola, infatti, può dipendere il futuro di una 
società, e quando si parla di società plurilingue, le aspettative dei 
soggetti direttamente coinvolti sono decisamente più elevate, 
perché ci sono in gioco non una, bensì due o più identità 
linguistiche e culturali, non uno, ma due o più mondi. 
Il rapporto dialettico, che poi si viene a creare tra i due gruppi 
linguistici più consistenti, pone questa regione di confine al centro 
tra due opposte forze: una forza centrifuga, che spinge il Südtirol 
verso quello spazio germanofono che gli è più affine, e una forza 
 10
centripeta, che spinge l’Alto Adige verso lo spazio nazionale 
italiano di cui si sente più partecipe. 
La scuola potrebbe allora rappresentare la sintesi di questa 
dialettica e fare dell’Alto Adige–Südtirol un modello di 
convivenza civile da prendere come esempio. 
Il mio percorso conoscitivo attraverso questa realtà tanto 
complessa, ma, proprio per tale caratteristica, assai intrigante, si 
conclude, in questa sede, con la testimonianza della Prof.ssa 
Brigitte Widmann, insegnante di tedesco seconda lingua presso il 
Liceo Ginnasio in lingua italiana “G. Carducci” di Bolzano. 
In occasione del mio soggiorno nel capoluogo altoatesino, 
dove ho svolto gran parte delle ricerche bibliografiche, ho avuto, 
infatti, la preziosa opportunità di incontrare e conoscere - grazie 
all’intermediazione della Prof.ssa Alessandra Braccili, insegnante 
di lettere presso lo stesso liceo - una protagonista ed intenditrice 
del mondo della scuola, che affronta quotidianamente le difficoltà 
connesse all’insegnamento/apprendimento del tedesco L2. Le Sue 
risposte di esperta della materia alle mie domande di neofita del 
tema, che mi apprestavo a trattare, racchiudono la concretezza, la 
tangibilità, l’immediatezza, l’attualità che caratterizzano il 
rapporto tra plurilinguismo e scuola. 
L’intervista - termine peraltro inappropriato a descrivere la 
disponibilità e la gentilezza con cui le Prof.sse Braccili e 
Widmann mi hanno offerto il loro aiuto, per il quale Le ringrazio 
entrambe - vuole essere anche una sintesi degli argomenti salienti 
 11
esposti nei precedenti capitoli, senza però mettere il punto finale, 
oltre il quale rimane solo lo spazio bianco della pagina. 
In realtà, nell’analisi del plurilinguismo altoatesino secondo 
la prospettiva della didattica, si può solo chiudere il discorso con 
un punto. 
E andare a capo… 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 12
CAPITOLO 1 
ASPETTI STORICI E LINGUISTICI DELL’ALTO 
ADIGE–SÜDTIROL 
 
 
1.1 Il panorama storico. 
 
La storia dell’Alto Adige-Südtirol è costellata di alterne 
vicende, che hanno visto questo territorio perennemente in bilico 
tra il mondo germanico e il mondo latino, come un ponte conteso 
nei secoli, ma che ha caparbiamente conservato la propria 
autonomia. La stessa collocazione geografica di questa regione di 
confine chiarisce i perché degli avvenimenti che l’hanno coinvolta. 
L’Alto Adige–Südtirol, infatti, comprende l’alto bacino 
dell’Adige fino al crinale alpino. Il territorio, che si estende su una 
superficie di 7.400 kmq, è percorso da due valli principali: la Val 
d’Adige e la Val d’Isarco che collegano la regione alla Svizzera, 
sul versante nord-occidentale, e all’Austria, sul versante nord-
orientale. 
Queste due valli già all’epoca del dominio romano furono 
denominate la “Via degli imperatori”, a dimostrazione 
dell’importanza strategica che esse avevano dal punto di vista 
politico e militare. 
 
 13
1.1.1 Dai primi insediamenti fino all’età contemporanea. 
 
I primi uomini ad insediarsi in questi territori furono nomadi 
dell’epoca neolitica (4000 a.C.) a cui si aggiunsero tribù di Liguri, 
Celti ed Etruschi. Nuove popolazioni giungevano ripetutamente 
prima di ogni cambio d’epoca, fino a quando il territorio non fu 
conquistato dai Romani nel 15 a.C., creando la provincia Raetia. 
I popoli indigeni, con i loro diversi dialetti, adottarono come 
lingua comune il retoromano, che si parlava probabilmente a quel 
tempo dal Piemonte al Friuli e dal limite meridionale delle Alpi 
fino alla Baviera. L’eredità più significativa sopravvissuta al 
periodo del dominio romano è certamente la minoranza linguistica 
ladina, che oggi è stanziata intorno a Marebbe e alla Val Badia, 
alla Val di Fassa, alla Val di Fiemme e alla Valle d’Ampezzo. 
Alla fine dell’Impero romano, nel 476 d.C., seguì il periodo 
della colonizzazione germanica: l’invasione degli Ostrogoti, la 
successiva presenza dei Longobardi nel ducato di Trento, l’arrivo 
dei Baiuvari e la sottomissione del regno longobardo e della stirpe 
ducale bavarese per opera dei Franchi di Carlo Magno, sono 
episodi salienti che hanno ulteriormente impresso il carattere 
germanico di questi territori. 
In epoca cristiana si costituirono i principati ecclesiastici per 
cui la regione venne divisa in precise aree diocesane e nell’ambito 
delle contee del vescovo di Trento divennero particolarmente 
 14
importanti i Conti di Venosta, che poi assunsero il nome di “Conti 
del Tirolo”, dal nome del loro castello sopra Merano. 
Nel 1363, dopo l’estinzione della dinastia dei Conti del 
Tirolo, i loro possedimenti passarono agli Asburgo e, infine, nel 
1665 all’imperatore di Vienna. 
L’inizio del XVII secolo fu segnato dalla guerra di 
successione spagnola e dall’invasione delle truppe bavaresi, 
arginata dalle truppe territoriali locali, gli Schützen. Altri scontri si 
ebbero in seguito alla minaccia napoleonica contro la quale 
l’Austria non poté far altro che accettare la “Pace di Presburgo”, 
nel 1805, con cui perse le province del sud e il Tirolo, ora 
aggregati alla Baviera. I Tirolesi si sollevarono in rivolta per 
sottrarsi al dominio bavarese, auspicando un ritorno all’Austria, 
ma anche questa battaglia, portata avanti da Andreas Hofer, finì 
con un’ulteriore suddivisione del Tirolo. In quest’occasione la 
Bassa Atesina con Bolzano e la maggior parte del territorio 
dolomitico finirono al Regno d’Italia. Quando cadde Napoleone, il 
Tirolo del sud tornò all’Austria nel 1813 ed entrò a far parte della 
monarchia austro-ungarica.  
Dopo le guerre d’indipendenza combattute dall’Italia contro 
l’Austria, la situazione restò immutata, poiché in cambio della 
liberazione della Lombardia e del Veneto, i ribelli italiani 
dovettero rinunciare alle pretese di annessione del Tirolo 
meridionale e di altri territori non ancora liberati (il Trentino e 
l’Istria). 
 15
1.1.2 Le guerre mondiali e loro conseguenze. 
  
Allo scoppio della prima guerra mondiale l’Italia inizialmente 
si dichiarò neutrale, ma nel 1915 stipulò segretamente con gli 
alleati il patto di Londra, che stabiliva i confini al Brennero. Al 
termine della guerra, nel settembre 1919, il Südtirol passò all’Italia 
con il trattato di Saint Germain, non rispettando le disposizioni del 
programma del presidente americano Wilson, che aveva tracciato i 
confini italiani secondo i principi etnici. 
Nel primo dopoguerra i politici locali si opposero a lungo al 
governo di Roma, ma nel frattempo si diffondeva anche in Alto 
Adige la nuova politica fascista, che procedette all’italianizzazione 
del territorio fino a coprire tutti i settori della vita pubblica, 
economica, relazionale e culturale. Molti italiani furono spinti ad 
emigrare nell’emergente polo industriale intorno a Bolzano e il 
volto del popolo sudtirolese mutò più profondamente in seguito 
all’accordo stipulato tra Hitler e Mussolini nel 1939. 
Nonostante l’anno precedente Hitler avesse annesso l’Austria 
al suo Reich, per cui molti altoatesini sperarono che anche la loro 
terra venisse inclusa tra i domini del Führer, in realtà egli garantì 
l’intoccabilità del confine del Brennero e con l’accordo del ’39 si 
chiese ai cittadini dell’Alto Adige-Südtirol di compiere una scelta. 
A loro si diede la possibilità di conservare la cittadinanza italiana 
oppure di acquisire la cittadinanza tedesca, emigrando in 
Germania: si tratta della cosiddetta “Option”, che rappresenta il 
 16
culmine della massiccia politica repressiva adottata nel periodo 
fascista, la quale si concretizzava nel proibire l’uso della lingua 
tedesca, nella chiusura delle scuole tedesche, nell’abolizione della 
toponomastica in tedesco e anche nello scioglimento di qualsiasi 
forma associativa tedesca. 
Si formarono, così, il gruppo degli “optanti” e dei 
“Dableiber”, ossia coloro che intendevano restare. La maggior 
parte degli altoatesini, tuttavia, decise per l’opzione, quindi per 
l’acquisizione della cittadinanza tedesca, e dopo la guerra, che per 
l’Alto Adige terminò con l’arrivo degli alleati, la decisione sul 
destino di questa regione venne presa nella conferenza di pace che 
si tenne a Parigi nel settembre 1945. I protagonisti della soluzione 
per l’Alto Adige furono i Ministri degli Esteri italiano e austriaco 
De Gasperi e Gruber, che firmarono il 5 settembre 1946 un 
accordo di massima su una forma di amministrazione autonoma 
per il Südtirol, allegandolo all’“Accordo di Parigi” e trasferendo 
così la questione sul piano internazionale. L’Accordo De Gasperi-
Gruber è di capitale importanza per l’Alto Adige, perché segna 
l’inizio del pieno riconoscimento dei diritti della minoranza 
linguistica tedesca. 
Infatti esso sancisce che: 
 
 art. 1 – Gli abitanti di lingua tedesca della provincia di 
Bolzano e quelli dei vicini comuni bilingui della provincia di 
Trento, godranno di completa uguaglianza di diritti rispetto agli 
 17
abitanti di lingua italiana, nel quadro delle disposizioni speciali 
destinate a salvaguardare il carattere etnico e lo sviluppo 
culturale ed economico del gruppo di lingua tedesca[…]
1
. 
 
Sulla base di questo articolo, si concedeva ai cittadini di 
lingua tedesca l’insegnamento primario e secondario nella loro 
lingua madre, l’uso paritario della lingua tedesca e italiana nella 
pubblica amministrazione e nella nomenclatura topografica, 
l’eguaglianza di diritti per l’ammissione ai pubblici uffici. 
Il successivo articolo decretava, inoltre, l’esercizio di un 
potere legislativo ed esecutivo autonomo, che venne ratificato con 
il varo dello Statuto di Autonomia approvato il 31 gennaio 1948.  
Con tale Statuto, nonostante l’opposizione dei politici 
altoatesini, si estendeva l’autonomia anche al Trentino, con la 
creazione della Regione Trentino-Alto Adige: la nuova regione 
tuttavia fu dotata di diritti ben più ampi rispetto a quelli riservati 
alla sola Provincia di Bolzano. 
Questa decisione unita al fatto che anche i modesti diritti di 
autonomia accordati nel 1946 non trovarono corrispondenti norme 
di attuazione, rinfocolarono il clima di tensione già esistente fino a 
sfociare negli anni’50 e ’60 in una serie di attentati dinamitardi, 
che provocarono anche delle vittime. 
                                                 
1
 Testo in: Il nuovo Statuto di Autonomia, Provincia Autonoma di Bolzano-Alto Adige, 1996, 
op. cit. in Egger Kurt, L’Alto Adige-Südtirol e le sue lingue. Una regione sulla strada del 
plurilinguismo, Alpha&Beta, Merano, 2001. 
 18
In seguito a questi episodi, il Ministro degli Esteri austriaco 
Bruno Kreisky sollevò la questione altoatesina per la prima volta 
davanti all’ONU a New York. Le successive trattative portarono ai 
primi esiti concreti per la risoluzione della questione, poiché venne 
concordato un “Pacchetto” di misure per l’attuazione 
dell’autonomia, che fu approvato nel 1969 dal congresso 
provinciale della SVP e dai Governi italiano ed austriaco. 
La parte più importante del Pacchetto, che prevedeva 137 
misure, riguardava la modifica dello Statuto allora vigente, vale a 
dire l’approvazione di un nuovo Statuto, avvenuta con il varo della 
Legge costituzionale n.1 del 10 novembre 1971, alla quale seguì la 
pubblicazione di un testo unico: questo testo comprende le norme 
tuttora vigenti dello Statuto precedente e quelle del nuovo Statuto. 
Il secondo Statuto entrò in vigore il 20 gennaio 1972 e con 
esso alle due Province di Trento e Bolzano è riconosciuta una 
maggiore autonomia rispetto al passato; anzi, la Provincia di 
Bolzano gode di norme speciali in materia di scuola, uso della 
madrelingua , bilinguismo e proporzionale etnica. 
A partire dal 1993 l’autonomia è stata ulteriormente 
potenziata con l’assegnazione di altre competenze alla provincia.  
Un consolidamento delle nuove conquiste è stato reso 
possibile da una legge costituzionale entrata in vigore nel 2001, 
con cui si valorizza il ruolo delle due Province di Trento e 
Bolzano; infine, si è approdati al terzo Statuto di Autonomia.