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unica per le aziende di credito. In essa venivano inoltre precisati i diversi ruoli 
delle autorità del paese ospitante e di quelli di origine, al fine di garantire efficaci 
sistemi di controllo sulla solidità gestionale. Nello stesso anno il quadro 
normativo si arricchisce della direttiva sulla solvibilità gli istituti creditizi vigilati 
( 89/67/EEC “on a solvency ratio for credit institution”).  
L’obiettivo della “stabilità” caratterizzava questi interventi nomativi anche se nei 
“considerando” della seconda direttiva banche si sottolinea come la stabilità sia 
condizione necessaria anche per assicurare eque condizioni concorrenziali ed 
adeguata protezione a risparmiatori ed investitori. 
Nel corso egli anni ottanta con l’indebolimento della connotazione fondamentale 
“bancocentrica” che aveva caratterizzato il mondo dell’intermediazione nel 
decennio precedente, prende gradualmente forma, e si rafforza, l’esigenza di avere 
regole funzionali a garantire “ stabilità”, “eque condizioni competitive” tra le 
diverse forme di intermediazione e “protezione degli investitori”, in uno spazio 
europeo sempre più aperto alla libera circolazione dei capitali e degli operatori sui 
mercati finanziari.  
Non a caso in questi anni viene emanata una delle prime direttive (85/611) che si 
occupa di intermediari attivi nel settore dell’intermediazione mobiliare, anche se 
l’ambito di applicazione è circoscritto agli “Organismi di Investimento Collettivo 
in Valori Mobiliari”(OICVM) che offrono quote di fondi aperti su valori quotati 
in borsa o sui mercati regolamentati. Questo intervento normativo rispondeva 
soprattutto alla necessità di rimuovere le notevoli divergenze riscontrabili nelle 
 3
legislazioni nazionali, così da ristabilire corrette condizioni concorrenziali tra gli 
OICVM attivi nei diversi stati membri e facilitarne la commercializzazione cross-
border abolendo le restrizioni alla libera circolazione delle quote. Il 
coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative era 
finalizzato a consentire ad un OICVM di operare in tutti gli stati membri sulla 
base di un autorizzazione unica concessa dal paese d’origine. 
In aggiunta veniva richiesto il rispetto di alcune “norme minime comuni” 
(relative,ad esempio,a processo autorizzativo, al controllo, alla struttura 
dell’attività, alle informazioni da pubblicare) a tutela della concorrenza e degli 
investitori. 
Per trovare una interpretazione più computa dei principi cui si sono ispirate le 
direttive passate in rassegna, occorre attendere fino al 993 con l’emanazione della 
“ Investmet  Services Directive” (ISD-93).   
 
 
1.1. Il Financial Services Action Plan 
 
Il Piano Comunitario di Azione per i Servizi Finanziari (Financial Services Action 
Plan-FSAP) è stato adottato l’11 maggio del 1999 dalla Commissione Europea , 
ed è diretto a creare , a livello europeo, un mercato finanziario integrato, 
indicando obiettivi generali e misure specifiche. 
Il FSAP indicava tre priorità: 
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A)integrazione dei mercati finanziari all’ingrosso; 
B) apertura dei mercati e servizi finanziari al dettaglio;  
C) armonizzazione e rafforzamento delle regole di vigilanza  
I principali campi d’intervento previsti dal FSAP furono i seguenti: 
- aggiornare la direttiva sui Servizi di Investimento, in modo da tenere conto dei 
problemi emersi nel corso degli anni, quali ad esempio: l’accesso a distanza di 
operatori di borsa (brokers e dealers)ai mercati regolamentati, eliminando 
qualsiasi barriera all’esercizio cross-border di queste attività; l’autorizzazione e la 
vigilanzaq sui “sistemi alternativi di negoziazione”(ATS); 
-facilitare la raccolta di capitali di rischio su base europea, attraverso: la 
semplificazione degli adempimenti per gli emittenti; la maggiore uniformità e 
trasparenza dei principi contabili applicati dalle società; 
-facilitare la libera circolazione dei capitali e la libertà di investimento, attraverso: 
una Direttiva sulle offerte pubbliche di acquisizione e la definizione di uno statuto 
di società europea; 
- facilitare gli investimenti cross-border dei piccoli risparmiatori, assicurando che 
essi dispongono di informazioni chiare ed affidabili, anche nel caso di vendita a 
distanza di prodotti finanziari e assicurativi; 
- ridurre i costi di transazione per gli investimenti al dettaglio cross-border, 
uniformando il costo e i tempi di esecuzione dei pagamenti (bonifici) 
transfrontalieri a quelli domestici; 
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-adeguare la regolamentazione prudenziale e l’esercizio della vigilanza alla realtà 
di mercati finanziari fortemente integrati e di intermediari che operano in diversi 
settori, attraverso: la revisione dei requisiti di solvibilità e delle procedure in caso 
di insolvenza degli intermediari; l’introduzione di specifiche regole relative ai 
“conglomerati finanziari “; un rafforzamento della cooperazione tra le autorità 
nazionali.  
Il FSAP è composto da oltre quaranta provvedimenti. Comprende, in 
particolare,quattro provvedimenti, destinati a influenzare, in modo estremamente 
significativo, l’operatività delle imprese bancarie: 
 ξ  la Direttiva sul Market Abuse; 
 ξ  la Direttiva in tema di prospetti Informativi; 
 ξ  la Direttiva sui mercati degli Strumenti Finanziari(MIFID- Markets in 
Financial Instruments Directive); 
 ξ  la Direttiva sull’Armonizzazione degli Obblighi di Informativa degli 
Emittenti Quotati(“Transparency”) 
 
 
1.2.  Il Rapporto Lamfalussy 
La procedura Lamfalussy è stata ideata per agevolare e snellire le modalità di 
adozione della normativa comunitaria nel settore dei servizi e dei mercati 
finanziari, facilitandone l’adeguamento ai rapidi sviluppi delle prassi commerciali 
in questo ambito. 
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Tale approccio normativo fa parte delle misure previste dal piano di azione per i 
servizi finanziari approvato dalla Commissione Europea nel maggio 1999 allo 
scopo di rafforzare l’integrazione dei mercati finanziari e di innalzare il livello di 
armonizzazione della regolamentazione comunitaria in materia. Il piano d’azione 
per i servizi finanziari ha infatti evidenziato l’insufficienza del quadro giuridico 
comunitario in materia di strumenti e dei mercati finanziari, caratterizzato da 
un’eccessiva frammentarietà fra i vari Stati membri. 
Per rispondere a queste esigenze, il Consiglio dell’Unione Europea ha istituito, nel 
luglio 2000,un comitato di saggi (cd. Comitato Lamfalussy in onore del suo 
presidente, Alexandre Lamfalussy), i cui lavori si sono conclusi nel febbraio del 
2001 con la pubblicazione di una relazione sulla regolamentazione dei mercati dei 
valori mobiliari europei. 
Nella relazione, il Comitato Lamfalussy ha proposto l’introduzione di nuove 
tecniche legislative e regolamentari basate su un approccio a quattro livelli e 
l’istituzione di due comitati incaricati di assistere la Commissione Europea  nella 
formulazione delle proposte relative all’adozione degli atti normativi comunitari. 
I livelli in cui si articola l’approccio proposto dal comitato Lamfalussy intendono 
accrescere l’efficienza e la trasparenza del processo di regolamentazione 
comunitaria nel settore dei valori mobiliari. Essi sono i seguenti: 
- il livello 1: si prevede l’adozione da parte del Consiglio e del Parlamento 
Europeo, secondo la procedura di codecisione e su proposta della Commissione 
 7
Europea ,di direttive o regolamenti contenenti principi quadro che riflettono le 
direttrici essenziali dell’intervento normativo; 
- il livello 2: si prevede l’adozione da parte della Commissione Europea di misure 
tecniche di esecuzione dei principi quadro enunciati al livello 1, secondo la 
procedura di comitato; 
-il livello 3: si prevede il rafforzamento della cooperazione fra le autorità di 
vigilanza dei mercati finanziari operanti negli Stati membri  per assicurare 
un’omogenea ed efficace trasposizione e applicazione a livello nazionale degli atti 
normativi adottati al primo e al secondo livello; 
- il livello 4: si prevede la vigilanza da parte della Commissione Europea, che a 
tale scopo si avvale della collaborazione degli Stati membri, delle loro autorità di 
vigilanza nazionali sui mercati finanziari, nonché delle segnalazioni degli 
interessati, sulla corretta applicazione da parte degli Stati membri della disciplina 
comunitaria adottata secondo la procedura Lamfalussy e l’avvio, ove necessario, 
delle procedure di ifrazione del diritto comunitario.      
La finalità dell’approccio delineato nel Rapporto Lamfalussy è duplice: da un lato, 
rendere più agevole ed efficiente il processo decisionale in materia di 
regolamentazione finanziaria; dall’altro, realizzare un coinvolgimento degli agenti 
direttamente interessati, quali ad esempio gli intermediari (banche, assicurazioni, 
securities industry).  
La prima finalità viene perseguita limitando il coordinamento tra Commissione, 
consiglio e Parlamento europei alla definizione di principi generali (livello I): 
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questo evita che tali soggetti debbano raggiungere un consenso su tutti i dettagli 
tecnici della nuova regolamentazione; al contrario, questo primo stadio si 
dovrebbe limitare alla definizione di un accordo politico, che delinei le linee guida 
della regolamentazione e i criteri che dovranno ispirare la formulazione dei 
dettagli della stessa, che invece è rimandata al livello II . 
La seconda finalità viene realizzata grazie alla previsione di un processo di 
consultazione degli agenti economici interessati alla nuova regolamentazione: di 
ciò si deve fare carico il CESR, nella fase di definizione dei dettagli 
tecnici(Livello II). 
Il Rapporto Lamfalussy prevede la creazione di due nuovi organismi: ESC e 
CESR. Il primo (European Securities Committee) è composto da rappresentanti 
degli Stati membri, tipicamente provenienti dalle autorità e dagli enti nazionali 
competenti in materia economica e finanziaria (l’Italia è rappresentata da esperti 
del Ministero dell’Economia e delle Finanze)ed è presieduto da un rappresentante 
della commissione Europea. Quest’ultima è assistita dall’ESC nell’adozione finale 
delle misure attuative di secondo livello; in particolare, l’ESC agisce come 
comitato di regolamentazione ed esprime il proprio parere sulle proposte relative 
alle misure di esecuzione. A questo compito si aggiunge una più generale 
funzione consultiva che l’ESC svolge nel campo della regolamentazione dei servi 
e dei mercati finanziari. 
Il CESR è invece un comitato di natura prettamente tecnica ed è composto dai 
rappresentanti delle autorità di vigilanza competenti nel settore dei mercati 
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finanziari degli Stati membri. Il CESR, sulla base di apposito mandato conferito 
dalla Commissione Europea, svolge una consulenza tecnica per la preparazione 
delle misure esecutive di secondo livello. I lavori sono svolti da un gruppo interno 
di esperti e prevedono anche una consultazione pubblica. La consulenza tecnica 
così predisposta (il cd. technical advice)  viene trasmessa alla commissione 
europea nei termini da questa indicati nel mandato unitamente a un documento (il 
cd. Feedback statement)nel quale il CESR dà conto degli esiti della consultazione 
pubblica e delle motivazioni alla base delle valutazioni compiute. Oltre a questa 
funzione, il CESR ricopre un ruolo importante anche nell’ambito del terzo 
livello:allo scopo di garantire l’applicazione uniforme della normativa 
comunitaria negli Stati membri, il comitato formula standard che riflettono 
raccomandazioni o interpretazioni comuni della regolamentazione comunitaria. 
Tali standard , pur non avendo natura normativa, costituiscono regole che i 
membri del CESR si impegnano a recepire o a promuoverne il recepimento nei 
rispettivi ordinamenti di appartenenza. 
Il funzionamento della procedura Lamfalussy è sottoposto al controllo di un 
comitato interistituzionale (Inter-istitutional Monitoring Group), composto da 
rappresentanti nominati dalla Commissione Europea, dal Consiglio e dal 
Parlamento Europeo, con il compito di verificare i progressi compiuti 
nell’attuazione della procedura, evidenziando eventuali ostacoli e formulando 
proposte correttive.  
 
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1.3.  Investiment Services Directive 
L’emanazione dell’”Investment Services Directive” ( ISD-93), avvenuta nel 1993 
ha contribuito in modo significativo alla modernizzazione dei mercati finanziari. 
Con questo direttiva ci si poneva innanzitutto l’obiettivo di eliminare le 
divergenze esistenti tra i regimi autorizzativi in vigore nei paesi europei per le 
diverse imprese di investimento, con riferimento alla prestazione di servizi e allo 
stabilimento di succursali. A tal fine si auspicava che venisse definita una 
regolamentazione “essenziale,necessaria e sufficiente” a consentire il reciproco 
riconoscimento, con la Vigilanza affidata allo stato membro d’origine, sia per le 
banche che per le imprese di investimento non bancarie. 
L’armonizzazione riguardava non solo la definizione dei requisiti per ottenere 
l’autorizzazione iniziale, ma venivano stabiliti anche quelli relativi all’esercizio 
dell’attività e alcune norme di comportamento (ad esempio sistemi di controllo 
interno), al fine di garantire uguali condizioni concorrenziali a tutti gli operatori 
del settore e tutelare gli interessi degli investitori. 
Successivamente all’entrata in vigore della ISD-93, ma più in particolare 
nell’ultimo decennio, abbiamo assistito ad una accelerazione del processo di 
trasformazione del mercato europeo dei capitali. 
Alcuni dati possono essere utili per cogliere la portata delle dinamiche in gioco. In 
dieci anni il mercato dei bond è raddoppiato, la capitalizzazione del mercato 
azionario è triplicata, il turnover del mercato azionario ed il numero dei contratti 
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derivati sono aumentati di sei volte, la crescita dei bond ha superato quella degli 
asset bancari.  
Parallelamente è notevolmente cresciuto il numero degli investitori attivi sui 
mercati, si è ampliata la gamma e la complessità dei servizi e degli strumenti 
offerti accanto a quelli tradizionali ( derivati finanziari, derivati su merci e 
variabili climatiche; fondi, hedge founds ed indici/fondi/derivati ad essi collegati; 
prodotti assicurativi con contenuto finanziario, unit linked, ecc.). Con il 
diffondersi delle raccomandazioni personalizzate e dei servizi di consulenza, sono 
mutate le modalità di prestazione dei servizi di investimento. Si sono sviluppati 
nuovi sistemi organizzati di negoziazione (MTF) accanto ai mercati 
regolamentati.  
L’EMU ha indubbiamente contribuito in modo significativo a favorire le 
trasformazioni descritte; al riguardo basta segnalare il peso assunto dall’euro 
come moneta di riferimento nelle emissioni internazionali. Con la creazione di 
una zona valutaria più ampia, liquida e stabile si sono, infatti, create condizioni di 
mercato più favorevoli per l’operatività degli emittenti degli asset manager e per 
una maggiore competizione tra gli intermediari. 
C’è chi sostiene che questa crescita sia stata frutto di uno sviluppo spontaneo dei 
mercati, reso però possibile, non solo da condizioni macroeconomiche 
indubbiamente favorevoli a livello globale, ma anche dal disallineamento tra i 
diversi contesti regolamentari. 
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Sta di fatto che nello spazio unico europeo si è progressivamente creata in quegli 
anni una molteplicità di mercati finanziari “ più o meno” organizzati e 
regolamentati; spesso solo diversamente regolamentati. Questa diversità nella 
complessità ha certamente veicolato sul mercato interno stimoli concorrenziali, 
ma ha anche creato spazi per arbitraggi regolamentari. 
Tale situazione ha fatto emergere a livello comunitario la necessità di affrontare le 
nuove problematiche sorte nel mondo dei servizi finanziari in modo sistematico e 
strutturato. La risposta è venuta nel 1999 con il varo da parte della Commissione 
del “ Financial Services Action Plan” (FSAP) che si è successivamente 
concretizzato in 42 direttive finalizzate a dare stabilità e competitività ai mercati 
finanziari in Europa. La Mifid  è una di queste che ha sostituito ISD-93.    
 
 
1.3.1 I motivi per la riforma della Direttiva ISDN 
 
La comunicazione della Commissione Europea al Parlamento e al Consiglio del 
novembre del 2000 aveva messo in luce la necessità di modernizzare la Direttiva 
ISD, ormai non più in grado di rispondere alle richieste delle forze di mercato che 
spingevano verso una sempre più effettiva ed ampia integrazione dei mercati 
finanziari. 
Fra gli obiettivi fondamentali da perseguire nella riforma della disciplina dei 
mercati finanziari, la comunicazione della Commissione Europea si concentrava 
 13
in particolare sulla necessità di assicurare: 1. un regime effettivo di passaporto per 
le imprese di investimento;2. l’effettiva competizione dei mercati e altre 
piattaforme di trading;3. l’effettiva armonizzazione delle regole di condotta e 4. la 
rimozione degli ostacoli al clearing & settlement su base trasfrontaliera. 
Tali obiettivi, unitamente alla necessità di perseguire gli stessi attraverso uno 
strumento legislativo che fosse al passo con i tempi di un mercato che si stava 
sempre più rapidamente evolvendo, sono stati ribaditi dalla Commissione Europea 
nella proposta finale di direttiva del 2002. 
Con riferimento al principio del passaporto europeo per le imprese di 
investimento, a suo tempo già stabilito dalla Direttiva ISD, si rilevava che esso era 
stato notevolmente affievolito dal fatto che in diversi casi era consentito 
l’intervento dello Stato membro ospitante. 
I progressi intervenuti nel settore tecnologico avevano poi consentito l’ingresso di 
nuovi soggetti nel trading degli strumenti finanziari e ciò aveva posto in dubbio 
l’appropriatezza e l’efficacia della regola della concentrazione , pervenendosi alla 
conclusione che l’effettiva tutela degli investitori si potesse meglio realizzare 
attraverso l’imposizione della regola della best execution (che obbliga le imprese 
di investimento a eseguire gli ordini alle condizioni migliori) piuttosto che 
attraverso l’obbligo di concentrazione. 
La Commissione Europea aveva inoltre riconosciuto che la facoltà lasciata agli 
Stati membri di chiedere che le transazioni fossero eseguite su un mercato 
regolamentato aveva finito per creare una situazione estremamente variegata 
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all’interno dell’unione Europea: alcuni stati membri , fra cui l’Italia, avevano 
infatti optato per tale soluzione, mentre altri avevano lasciato alle imprese di 
investimento la responsabilità di determinare se la singola transazione 
soddisfacesse o meno la regola della best execution. Tali disparità avevano 
contribuito a frammentare la liquidità e a costituire ostacoli alle transazioni cross 
border. Anche le regole di condotta avevano mostrato la necessità di una profonda 
e completa rivisitazione, sia perché le stesse si erano rivelate eccessivamente 
vaghe sia perché lo spazio di discrezionalità lasciato agli Stati membri era 
risultato nel corso del tempo troppo ampio.  
Infine, nel settore del clearing & settlement erano emerse lacune dovute 
soprattutto al fatto che l’accesso indiretto ai sistemi di compensazione e di 
regolamento aveva dato luogo a un incremento dei costi e interferenze 
nell’effettiva esecuzione delle operazioni. 
 
 
1.4. La “Market in Financial Instruments Directive” 
( MIFID) 
La “Market in Financial Instruments Directive” ( MIFID- 2004/39/CE) è nata per 
rispondere all’esigenza di realizzare il level playing field tra tutte le trading  
venues e per continuare ad assicurare, anche nel nuovo contesto,protezione agli 
investitori e libertà di servizi in tutta la comunità  sulla base di principi di 
vigilanza armonizzati. 
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Originariamente la Commissione era orientata per una revisione parziale della  
ISD-93, ma poi si è optato per una sua riscrittura. 
Con qualche semplificazione si può dire che la nuova impostazione sia frutto di 
una riflessione critica su quanto fatto con i passaggi regolamentari precedenti e 
sulla loro difficoltà ad accompagnare tempestivamente le innovazioni del mercato.   
 
 
1.4.1 Obiettivi, principi ed ambito di applicazione della MiFID 
 
Gli scopi perseguiti dalla direttiva MiFID sono, allora, la creazione di un mercato 
unico europeo dei servizi finanziari, il rafforzamento del sistema di tutela  per gli 
investitori , l’innalzamento del livello di competine tra le imprese di investimento 
nonché tra i mercati regolamentati, i sistemi multilaterali di negoziazione e gli 
internalizzatori sistematici.  
Tra i principi quadro della direttiva si rinviene in primo luogo quello del mutuo 
riconoscimento, per il quale l’autorizzazione a prestare i servizi di investimento è 
rilasciata dallo Stato membro di origine, cosicché con la stessa l’impresa di 
investimento può operare in regime di libertà di stabilimento o di libertà di 
prestazione dei servizi in tutta la Comunità, senza dover richiedere un’ulteriore 
autorizzazione al paese ospitante.