6
fino ad un massimo di 80-90 grammi contro i 60-70 grammi delle 
femmine) ed accumulano meno grasso addominale. L’uso delle 
lettiere permanenti pone l’interrogativo della sterilizzazione delle 
stesse, che avrebbe come causa, la mancata fermentazione delle 
deiezioni con forte sviluppo di ammoniaca ed altre sostanze 
volatili, sgradevoli all’olfatto e negative alla salute degli animali 
stessi. Solo a titolo indicativo si è calcolato che se fosse adottato 
il sistema free-range per allevare tutte le galline ovaiole esistenti 
in Romagna occorrerebbe una superficie superiore ai 10.000 
ettari, superficie pari circa al 50% dell’intera provincia di Forlì 
Cesena. Gli allevamenti in gabbia più indicati per la produzione 
di uova presentano notevoli vantaggi:  
.1) si evita qualsiasi forma di stress dovuta al trasferimento da 
terra a gabbia alla conclusione del ciclo di allevamento della 
pollastra; 
.2) tutte le operazioni di allevamento, pulizia e vaccinazioni 
risultano semplificate; in generale per la manutenzione in gabbia 
si ha una riduzione del 50-80% di manodopera, rispetto a quella 
richiesta per l’allevamento a terra;  
.3) risulta massima la densità di capi per metro quadro di 
capannone, infatti, si tratta di file che si sviluppano anche 
verticalmente; 
.4) il consumo di alimento è minore e diminuiscono le perdite 
dello stesso; 
.5) si ha un minor consumo di energia; 
.6) maggior uniformità per gli animali appartenenti ad uno stesso 
gruppo; 
.7) notevoli sono i vantaggi dal punto di vista igienico, il che 
comporta una riduzione dei rischi di patologie parassitarie 
(coccidiosi, verminosi), che implica una riduzione della mortalità 
rispetto all’allevamento a terra; 
.8) le uova prodotte in gabbia sono leggermente più pesanti e 
notevolmente più pulite di quelle prodotte da galline a terra; 
Gli svantaggi invece sono dovuti a: 
 7
.1) elevati costi riconducibili ad investimenti onerosi per le 
attrezzature; 
.2) si accresce il rischio di malattie respiratorie legate 
all’eccessiva densità della popolazione animale; 
.3) minor mineralizzazione dello scheletro per scarsa ginnastica 
funzionale. 
Le tecniche che possono essere utilizzate negli allevamenti 
intensivi di galline ovaiole possono essere così riassunte: 
allevamenti in batteria (per la maggior parte), allevamenti su 
lettiera (in numero limitato e solitamente con un numero ridotto 
di capi) allevamenti free-range. Evidentemente alle tre tecniche 
ricordate deve essere aggiunto l’allevamento “biologico”. 
Relativamente ai costi di produzione, ricordiamo che diventa 
particolarmente ambiguo nel caso degli allevamenti free-range e 
biologico per le marcate differenze tecnologiche introdotte e per 
le finalità che l’allevatore si pone quando aderisce alle suddette 
tecniche. In Italia il 99,25% delle galline ovaiole sono allevate in 
gabbia in Germania il 92%, in Francia il 91%, in Olanda l’88%, 
in Gran Bretagna l’84%, mentre la percentuale scende al 68% in 
Danimarca dove si ha il 16% su lettiera ed il rimanente 16% nella 
forma free-range o in allevamenti biologici. I principali 
produttori mondiali di uova sono la Cina con oltre 360 miliardi di 
pezzi, seguita dagli Stati Uniti con oltre 79 miliardi e dal 
Giappone con oltre 43 miliardi. L’Europa ha una produzione di 
oltre 68 miliardi di uova. 
 
 8
Tabella 1 - Allevamenti posti a confronto e propri elementi 
caratterizzanti. 
 
Parametri  Unità di misura All. in batteria All. a terra 
Capacità produttiva        Capi     18.000 18.000 
Densità Capi/mq coperti     17,5 9,0 
Capitale investito    ∈/posto capo     21,05 41,65 
Produzione uova   Per giorno %     85,4 79,4 
Indice conversione 
 Mangime /uova     2,44 2,65 
Durata ciclo       Giorni     530 530 
Rifiuto prodotto  Pollina Lettiera 
 
L’analisi riportata in tabella 1 si riferisce ad un allevamento 
“tradizionale” con animali allevati in batterie costituite da gabbie 
in metallo disposte su quattro/cinque livelli con piano inclinato e 
raccolta meccanizzata delle uova. La pollina è raccolta mediante 
raschiatoi e parzialmente essiccata attraverso un sistema di 
ventilazione, ed il fabbricato è munito di sistemi di 
condizionamento ambientale. Per quanto riguarda l’ipotesi 
dell’allevamento a terra, questo consta sostanzialmente di un 
capannone in muratura, il cui piano è ricoperto per due terzi da 
lettiera in truciolo di legno bianco, con presenza di nidi nel 
rispetto della direttiva dell’Unione Europea.  
Questo lavoro di tesi ha come scopo lo studio dei vari processi di 
trattamento e maturazione dei rifiuti avicoli ai fini del loro 
impiego. L’interesse per questa tematica nasce da un lato, 
dall’importanza che il comparto avicolo riveste all’interno 
dell’industria zootecnica nella regione Emilia Romagna e 
dall’altro dall’adeguamento delle forme di allevamento. L’analisi 
è stata svolta in termini di smaltimento dei rifiuti ed in relazione 
a normative comunitarie che tendono, sostanzialmente, a ridurre 
l’impatto ambientale, in modo così detto “globale”, ossia la 
 9
Direttiva 96/61/CE nota come “IPPC”, che stabilisce per il futuro 
un’unica autorizzazione comprendente tutte le forme di scarico 
congiuntamente (atmosfera, acque e suolo, nei siti di raccolta dei 
rifiuti solidi prodotti). Il presente lavoro ha come oggetto di 
studio la pollina (una delle tre forme di rifiuto nella produzione 
avicola; le altre due sono rispettivamente la lettiera ed i soggetti 
morti) che non è altro che il rifiuto derivante da ovaiole stabulate 
in gabbia. La pollina è costituita dalle deiezioni liquide e solide 
del pollame che vengono espulse dagli animali congiuntamente, 
unite a residui di cibo, di uova e piume che cadono sotto le 
gabbie. Tale pollina rappresenta un rifiuto di difficile gestione, 
poiché all’atto della produzione è di consistenza non palabile e 
neanche completamente liquida; inoltre, è accompagnata da 
emissioni di ammoniaca e di sostanze organiche maleodoranti. Il 
suo uso primario è come fertilizzante tramite lo smaltimento su 
terreni come liquame o come pollina essiccata (palabile). Le 
tecnologie di trattamento della pollina più diffuse in Italia sono: 
lo stoccaggio ed il compostaggio. La disidratazione è il metodo 
che comporta sia la riduzione della massa, sia la riduzione delle 
emissioni volatili, sia un miglioramento della maneggiabilità 
della pollina perché la rende palabile; inoltre arresta 
transitoriamente i fenomeni di fermentazione. Lo studio ed il 
confronto delle differenti tecnologie disponibili, in funzione di 
più parametri, consente di individuare quelle che sono le 
soluzioni realizzabili. Lo stoccaggio, invece, rappresenta una 
tecnologia a basso consumo energetico e con bassi costi di 
impianto, pertanto applicabile ad ogni singola azienda di 
allevamento. Inoltre permette di contenere le perdite di carbonio 
(C) e di azoto (N) durante il processo di maturazione, 
conseguentemente si riduce l’impatto ambientale dovuto al 
rilascio nell’ambiente di gas come CO
2
 e NH
3
 (ammoniaca), però 
tale trattamento non garantisce il raggiungimento della 
maturazione al momento dello spandimento. Il processo di 
compostaggio permette di ottenere un prodotto “maturo”, stabile 
 10
ed igienicamente sicuro. La sua applicazione ha però dei limiti 
legati essenzialmente a costi di impianto e di gestione elevati, 
difficoltà di gestione nonché aumento della quantità di rifiuti da 
smaltire, poiché si rende necessario l’impiego di coformulanti. Il 
compostaggio è una tecnologia non sempre applicabile 
direttamente in azienda di allevamento e trova una collocazione 
più adatta in impianti consortili legati poi alla 
commercializzazione del compost.    
 
  
 
 
1.2 Le uova da consumo 
 
Nel 2000 sono state prodotte in Italia 10 miliardi e 890 milioni di 
uova contro i 12 miliardi dell’anno precedente, nel corso 
dell’anno 2000 sono state introdotte in Italia un miliardo e 200 
milioni di pezzi il cui acquisto è stato necessario per sopperire al 
calo di produzione interna. Il consumo totale, a livello nazionale, 
si è attestato di conseguenza a valori prossimi ai dodici miliardi e 
mezzo di uova. 
 
 
Tabella 2 – Quantità di uova consumate in Italia  
 
Anno 1998 1998 1999 1999 2000 2000 
--------- Pezzi Ton. Pezzi Ton. Pezzi Ton. 
Uova 
italiane 
12.miliardi 
433 milioni 
  783.300 12.miliardi 
660 milioni
  797.600 10.miliardi 
890 milioni 
  686.100 
Saldo 
imp/exp 
270 milioni   17.000 140 milioni    8.800 1 miliardo 
680 milioni 
  105.800 
Totale 
uova 
12 miliardi 
703 milioni 
800.300 12 miliardi 
800 milioni
806.400 12 miliardi 
570 milioni 
791.900 
 
 
 11
1.3 Produzione carne avicola nell’Unione Europea 
 
Nell’anno 2000 la produzione europea di carne di pollo è 
diminuita dell’1,3% (- 83.000 t) rispetto l’anno precedente, dopo 
un periodo di crescita ininterrotta registrato negli anni novanta. 
La contrazione ha interessato tutti i principali produttori europei, 
ed è risultata più consistente in Italia (- 6,2%) per gli 
abbattimenti conseguenti all’epidemia dell’influenza aviaria, a 
partire dalla fine del 1999. Spagna e Francia hanno ridotto la 
produzione del 4,3%, mentre cali più contenuti si sono verificati 
in Olanda (- 1,1%) e Gran Bretagna (- 1,5%). Unico paese, in 
forte controtendenza, è la Germania, che nel 2000 ha 
incrementato la sua produzione del 14,2%, mentre il Belgio, 
dopo “il caso diossina”, si è riportato ai livelli precedenti. In 
forza della sensibile contrazione della produzione francese, la 
Gran Bretagna nel 2000 si è attestata al primo posto tra i 
produttori comunitari.                       
 
 
Tabella 3 Produzione comunitaria di carne avicola anni 1999 e 
2000 
 
Paesi U.E. 1999 1999 2000 2000 
 .000 t  % .000 t % 
Francia 1.158,9 18,6 1.109,1 18,0 
G. B. 1.139,0 18,3 1.122,0 18,2 
Spagna 1.053,0 16,9 1.006,0 16,4 
Italia 671,0 10,8 630,0 10,2 
Olanda 620,0 9,9 613,0 10,0 
Germania 438,0 7,0 500,0 8,1 
Belgio 280,0 4,5 290,0 4,7 
Portogallo 226,0 3,6 227,0 3,7 
Grecia 152,0 2,4 155,4 2,5 
 12
Danimarca 181,2 2,9 181,0 2,9 
Austria 79,5 1,3 79,0 1,3 
Svezia 82,0 1,3 85,0 1,4 
Irlanda 93,5 1,5 93,5 1,5 
Finlandia 61,0 1,0 61,0 1,0 
Totale UE 6.235,1 100,0 6.152,0 100,0 
Fonte: OFIVAL –Office National Interprofessionnel des Viandes, de l’Elevage et de l’Avicolture   
 
 
1.4 Dimensione del mercato avicolo a livello nazionale  
 
Il 2000 è stato un anno difficile ma, nonostante le gravissime 
vicissitudini che l’hanno colpito dalla metà di dicembre del 1999 
fino ad aprile 2000, il settore avicolo italiano è riuscito a tenere il 
passo ed a mantenere la propria posizione pur senza poter 
beneficiare di quei supporti economici – nazionali e comunitari – 
che ad altri comparti zootecnici sono stati sempre concessi, ed 
all’avicoltura sempre negati.  
Dall’analisi dei principali risultati macroeconomici conseguiti 
dall’avicoltura nel corso dell’anno 2000, si evidenzia che: 
• La PLV del settore a valori correnti, è cresciuta 
dell’11% rispetto al 1999 raggiungendo i 5.750 miliardi 
di lire e rappresentando il 20,9% dell’intero settore 
zootecnico ed il 7,2% dell’agricoltura nazionale. 
• Il fatturato del settore si è collocato a 8.800 miliardi di 
lire (+ 7,3% rispetto l’anno precedente) di cui 6.500 
miliardi attribuibili al comparto carni e 2.300 miliardi al 
comparto uova. 
Sul fronte dei prezzi l’anno si è concluso, infatti, positivamente a 
causa della scarsità dell’offerta verificatasi nella prima parte 
dell’anno, le quotazioni hanno registrato forti aumenti, specie in 
rapporto ai minimi storici toccati nel 1999 a causa della crisi 
provocata dalla vicenda belga della diossina.  
 13
Per le carni avicole la produzione nazionale di carni di pollame 
nell’anno 2000 è risultato pari a 1.048.000 tonnellate (- 11% 
rispetto al 1999); il consumo totale si è collocato a 1.060.000 
tonnellate (- 2,3% rispetto al 1999), pari a 18,48 kg per abitante. 
 
Anno Prod. (t) Saldo imp./exp. Consumo(t) Consumo p.c. 
1970 648.780 7.540 656.300 12.06 
1971 715.200 8.670 723.690 13.16 
1972 822.270 11.580 833.850 15.33 
1973 835.940 13.190 867.130 15.82 
1974 838.180 16.400 854.580 15.50 
1975 848.320 21.400 869.720 15.68 
1976 851.090 23.500 874.590 15.70 
1977 864.310 18.100 882.410 15.77 
1978 896.770 19.500 916.270 16.32 
1979 908.440 12.800 921.240 16.36 
1980 952.940 14.000 966.940 17.13 
1981 946.950 11.000 957.950 16.92 
1982 975.940 12.500 988.440 17.40 
1983 973.860 15.400 989.260 17.42 
1984 950.230 21.300 971.530 17.04 
1985 929.140 25.600 954.740 16.72 
1986 939.900 22.500 962.400 16.85 
1987 982.300 13.200 995.500 17.37 
1988 969.600 16.800 1.013.400 17.65 
1989 1.024.800 24.000 1.048.800 18.24 
1990 1.069.000 14.000 1.083.100 18.81 
1991 1.051.600 16.800 1.068.400 18.82 
1992 1.057.100 18.200 1.075.300 18.91 
1993 1.061.200 5.100 1.066.300 18.72 
1994 1.083.800 -13.200 1.070.800 18.78 
1995 1.122.700 -48.800 1.074.700 18,83
1996 1.150.500 -51.000 1.099.500 19.26 
 14
 
Tabella 4 Le produzioni avicole ed i consumi di carni 
 con ultimo riferimento all’anno 2000. (fonte U.N.A.) 
 
1.5 Dimensione mercato avicolo nella provincia Forlì Cesena 
 
La provincia di Forlì Cesena rappresenta il 30 % dell’avicoltura 
nazionale. Sono impiegati nel settore circa 5000 addetti e altri 
5000 nell’intera filiera (mangimistica, trasporti, servizi) e 
nell’indotto è impegnato il 6,4 % della forza lavoro della 
provincia. Complessivamente il settore avicolo contribuisce così 
ad oltre il 50 % del valore aggiunto (V.A.) del sistema agro- 
alimentare provinciale. L’avicoltura romagnola sviluppa un 
fatturato complessivo di 1.200 miliardi attraverso i suoi 243 
allevamenti, organizzati in strutture cooperative con un totale di 
563 soci, e con presenza di soli polli da carne superiore a 66 
milioni di capi. Il cosiddetto indotto socioeconomico si estende 
sempre più ai vari settori dell’economia provinciale ed in misura 
crescente rispetto all’agricoltura stessa. In tal senso, quindi 
l’indotto dell’avicoltura riguarda sempre più l’intero sistema 
economico territoriale e non solo il settore agro-alimentare. 
Questo processo avviene anche grazie all’organizzazione 
cooperativa delle imprese, la quale permette lo sviluppo di 
imprenditoria diffusa sul territorio. Sono presenti in Romagna 
alcuni dei maggiori protagonisti dell’avicoltura nazionale: 
Amadori, Del Campo, Chirichì, Cafar, Copra e Copua queste 
1997 1.177.200 -63.500 1.113.700 19.51 
1998 1.195.500 -93.300 1.102.200 19.30 
1999 1.176.900 -74.100 1.085.500 18.99 
2000 1.048.00 9.000 1.060.000 18.48 
Anno Prod. (t) Saldo imp./exp. Consumo(t) Consumo p.c. 
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
UOVA
POLLAME
 
 15
ultime due nel solo settore delle uova . Il primato avicunicolo 
romagnolo si legge nelle cifre di produzione, ma anche nella 
realtà industriale, fatta di grandi aziende di portata internazionale, 
impegnate nell’intero ciclo di produzione e di centinaia di piccole 
realtà aziendali solide e ben collocate sul mercato. La zona ha un 
ruolo leader non solo, sul fronte della produzione, ma anche in 
quello della macellazione, della trasformazione ( in particolare 
precotti, impanati, würstel ) e della commercializzazione di capi 
prodotti altrove. Cresciuti collateralmente agli allevamenti, due 
altri importanti comparti hanno conquistato il mercato: quello 
della produzione di uova e quello legato alla mangimistica. Le 
ovaiole presenti coprono il 10% dell’intera produzione nazionale 
di uova, mentre le aziende mangimistiche fanno della zona uno 
dei più importanti centri italiani di produzione.  
Nell’indotto forlivese e cesenate dell’avicunicolo, si muovono 
aziende di trasporti, di packaging, di prodotti farmaceutici ed 
attività operanti nell’ambito della tecnica degli impianti, 
dell’automazione e della depurazione.        
Per ciò che concerne la trasformazione della carne avicola si 
riportano di seguito le cinque tipologie classiche di lavorazione:  
         
1
a
lavorazione: carcasse intere (busti e polli tradizionali ); 
 
2
a
lavorazione:  carcasse  porzionate (petto, cosce, ali); 
 
3
a
lavorazione: preparazione di carne cruda (spiedini, hamburger); 
 
4
a
lavorazione: prodotti cotti a base di carne (panati, farciti                                             
precotti, pronti al consumo); 
 
5
a
lavorazione: prodotti  cotti a base di carne (arrosti, würstel).  
     
 
 16
1.6 Caratteristiche dei prodotti del settore avicolo 
 
In tabella 5 vengono riportate le categorie commerciali di peso in 
funzione del sesso e le età a cui gli animali sono normalmente 
macellati, che costituiscono gli obiettivi di marketing per le 
aziende del settore.  
 
 
Tabella 5 Obiettivi di marketing delle aziende avicole 
 
                                                                    ( KG )              (d)              
 
MASCHI      3.3   55 
 
FEMMINE leggere    1.7  38/40 
FEMMINE medie    2.5  52/55 
____________________________________________________ 
 
 
1.7 La filiera avicola 
 
La maggior parte delle carni avicole proviene da sistemi di 
produzione integrati, così definiti perché i vari momenti 
produttivi (allevamento riproduttori, incubazione, allevamento da 
carne, alimentazione ecc..) sono tra loro collegati da un rapporto 
economico. Si calcola che circa il 95% delle carni di pollo, 
tacchino e faraona sia prodotto con sistema integrato orizzontale 
o verticale. Le aziende sono in grado di espletare tutto il ciclo 
produttivo, compresa la commercializzazione, che viene 
contraddistinta da e valorizzata da marchi di qualità.