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4.1 Fattori Predisponenti  
Per determinare i fattori responsabili dei disturbi alimentari sono state 
indagate varie aree, come i fattori organici (danno dell’ipofisi, malattia 
genetica), fattori psicologici e relazionali (personalità o struttura familiare) 
e/o fattori socioculturali. Oggi la comunità scientifica propone per i disturbi 
alimentari modelli multifattoriali che si rifanno ad un’ottica bio-psico-sociale 
ed è coeso nell’affermare che non esiste un’unica causa, ma una simultaneità 
di fattori che possono interagirsi tra loro nel favorirne la comparsa e il 
permanere. Ecco perché, bisogna tenere presente una serie di fattori ed eventi 
(Favaro, Caregaro, Tenconi, Bosello, Santonastaso, 2009). 
4.1.1 Fattori genetici 
Nel DSM 5 si evidenziano tra i fattori predisponenti i fattori genetici e 
fisiologici, presentando una conferma di un rischio maggiore di anoressia 
nervosa e bulimia nervosa tra parenti biologici di primo grado. Ecco perché è 
importante sottolineare che alcuni studi sulle famiglie e sui gemelli hanno 
individuato il contributo della genetica nella comparsa dei disturbi alimentari 
(APA, 2014). I ricercatori sono in disaccordo nel definire quali geni siano 
coinvolti in questo disturbo, essendo questi molteplici. Quello che 
sicuramente è evidente è che la componente genetica è notevole e sembra 
contribuire allo sviluppo dell’anoressia nervosa nel 50 – 75% dei casi 
(Paolacci et al., 2020). 
Questa percentuale è una media imprecisa di quanto riportato dai vari studi. 
In ricerche che hanno studiato l’ereditarietà e la familiarità dei disturbi del 
comportamento alimentari, è emerso che se uno dei genitori ha avuto nella 
sua storia clinica un disturbo del comportamento alimentare, vi è un rischio 
maggiore che la progenie sviluppi un disturbo simile o uguale a quello del 
genitore. Nello specifico, se uno dei due genitori ha avuto l’anoressia nervosa, 
il rischio che il figlio/a sviluppi a sua volta l’AN sarà di 10 – 11 volte 
superiore alla norma (Strober, et al., 2000).  
Si può evidenziare come il metodo familiare si basa sulle comparazioni fra 
individui tra loro imparentati come genitori, fratelli, fratelli-gemelli e cugini
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per riconoscere eventuali somiglianze: poiché genitori, figli, fratelli e gemelli 
dizigotici hanno tra di loro la metà del patrimonio genetico in comune e che i 
gemelli monozigotici hanno un patrimonio genetico identico, si può notare 
che se un comportamento ha basi genetiche, c’è da aspettarsi che tra i membri 
della stessa famiglia ci siano più somiglianze rispetto a persone che non sono 
unite da legami genetici e che la somiglianza sia massima (uguale a 1) tra 
gemelli monozigotici, intermedia tra genitori e figli o tra fratelli (uguale a 
0,5), più bassa tra fratelli e nonni (0,25) e tra cugini primi (0,125) e minima 
tra persone non apparentate (uguale o tendente a zero). Studi recenti si basano 
su approccio gemellare; infatti, alcuni studi sui familiari e sui gemelli hanno 
ipotizzato che la predisposizione allo sviluppo di un disturbo del 
comportamento alimentare sia geneticamente determinata.  
È emerso che i modelli familiari, che incoraggiano le diete, favoriscono 
l’insorgenza dei soggetti geneticamente incline a svilupparlo, che altresì 
rimarrebbe latente in un ambiente protettivo (Blanco, Reda, & Pilleri, 2006).  
4.1.2 Fattori socioculturali 
Gli aspetti socioculturali sono fattori di fondamentale rilevanza 
nell’accrescimento dei disturbi del comportamento alimentare, che non a caso 
sono stati definiti una “sindrome culturale”. Spesso si sente parlare 
dell’influenza di alcuni fenomeni sociali che hanno influenzato l’insorgenza 
dei canoni socioculturali di bellezza femminile in relazione all’esordio 
di anoressia, bulimia e disturbi alimentari. A partire dagli anni Novanta, si 
assiste ad una conferma della magrezza come ideale estetico, in quanto il 
ruolo sociale della donna cambia: da madre e moglie inizia ad impegnarsi 
nella carriera professionale alla ricerca del potere e del successo (Cotrufo, 
2005). Questa concordanza tra magrezza e riscatto sociale femminile si 
afferma sempre di più nel terzo millennio in cui, nella società globalizzata di 
oggi, i mass-media diffondono per molto tempo il concetto di bellezza come 
equivalente di magrezza.  Un ideale estetico che diventa predominio in diversi 
contesti quali sociali, economici e culturali, imponendo l’immagine del 
"corpo magro".  A questo concetto si affianca lo stigma dell’obesità, che dal
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problema di salute finisce per divenire una condizione da condannare, da cui 
vergognarsi, rappresentazione di un fallimento personale. Per questo si 
potrebbe attribuire come ulteriore fattore colpevole anche i media, che 
enfatizzano la magrezza con la diffusione di immagini e pubblicità di corpi 
sottili, attraenti e desiderabili, incoraggiando l’utilizzo di strategie per 
perseguire l’ideale di bellezza (Luxardi, & Pozzi, 2015).  
L’anoressia e la bulimia sono diffuse principalmente nei paesi industrializzati 
e in quelli in via di sviluppo; questo fa pensare che i disturbi alimentare 
abbiano una netta determinante socioculturale (Gordon, 1990). L’ideale della 
magrezza è celebrato da tutti i mezzi di comunicazione: l’aumento dei casi di 
anoressia e bulimia negli ultimi anni va di pari passo con la diffusione di 
articoli relativi alle diete e di prodotti per dimagrire. Le immagini fornite dai 
mass media suggerisce che l’apparenza esterna abbia più valore dell’identità 
interna; per questo la valutazione delle persone si concentra solo sul peso e 
sull’aspetto fisico. Dunque, questa donna competitiva e desiderosa di 
emancipazione sociale presenta anche un nuovo modello estetico: le sue 
forme fisiche non devono più rimandare all’idea della brava moglie e buona 
madre ma ad un’idea di forza, potere e competitività. Basti pensare alle 
copertine delle riviste e le passerelle in cui sfilano ragazze scheletriche e 
dall’aspetto emaciato: è intuibile quanto questi modelli culturali possano 
avere un ruolo decisivo su persone vulnerabili alle influenze esterne come, 
per esempio, gli adolescenti o soggetti con tendenza al perfezionismo e con 
bassa autostima. Nella società odierna la donna magra rappresenta l’ideale di 
donna potente, ricca, di successo, sessualmente attraente e vincente 
(Neumark-Sztainer, et al., 2007). Nella società occidentale un altro fattore da 
tenere in considerazione sono i fattori psicologici, in quanto è opportuno 
sottolineare l’idealizzazione della magrezza interiorizzata, tramandata e 
rinforzata dai messaggi dei mass- media. 
4.1.3 Fattori Psicologici individuali e di personalità 
Per una totale comprensione dei disturbi alimentari, oltre ai fattori biologici, 
familiari e socioculturali, è bene evidenziare l'importanza dei fattori
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psicologici, individuali e di personalità (Balbo, 2015). Tra i soggetti con 
disturbi alimentari sono state individuate delle similitudini in termini di 
temperamento e attitudini. Per avere una maggiore comprensione delle 
dinamiche interne è opportuno mirare il trattamento e di adattarlo ad ogni 
persona. Si può osservare come nella fase prodromica
1
, la preoccupazione 
riguardo al cibo e al peso si manifesta in maniera tardiva, rappresentativo di 
un disturbo del concetto di sé; successivamente, solo quanto la 
compromissione fisica ha instaurato il circolo vizioso, il disturbo del 
comportamento alimentare diviene una entità clinica a sé stante. Dunque, a 
causa di un feedback negativo, gli effetti del digiuno e della perdita di peso 
costituiscono dei fattori perpetuanti della sindrome: pertanto vanno ad 
accentuare la concentrazione sul cibo e sul corpo, accrescono o specificano le 
distorsioni nella percezione dell’immagine corporea e dei segnali interni, 
provocano crisi che a loro volta accrescono l’ansia e la paura di perdere il 
controllo. Pertanto, le caratteristiche psicologiche rappresentano un problema 
che condiziona molto la vita di queste pazienti, indipendentemente dalla 
risoluzione o meno del problema nutrizionale (Russo, 2001). 
Fra i fattori di mantenimento specifici vi sono: tratti ossessivi di personalità, 
aspettative esasperate, perfezionismo patologico che non viene mai 
soddisfatto.  Questo perfezionismo è un particolare tipo di pensiero, definito 
pensiero “tutto o niente” o pensiero “dicotomico”, caratterizzato dall’assenza 
del ragionare: tutto è visto bianco o nero, i risultati ottenuti sono 
assolutamente positivi o irrimediabilmente negativi, qualunque cosa è 
inaccettabile se non si raggiunge il massimo. 
Sono state identificate anche grandi difficoltà nel processo di separazione-
individuazione, rifiuto del corpo adulto e sessuato, l’ossessività, l’alta 
sensibilità alle ricompense, la tendenza al dimagrimento, che rendono più 
                                                             
1
Che ha valore di prodròmo, che preannuncia qualche cosa: segni 
prodromici. In partic., in medicina: sintomo p., manifestazione morbosa, 
senza carattere specifico, che precede l’insorgenza dei sintomi caratteristici 
di una malattia. (Treccani).
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vulnerabili questi disturbi (Thornton, et al., 2010). Nella pratica clinica ci 
troviamo di fronte a delle interpretazioni individuali, messe in scena 
attraverso il cibo, provocando una lotta per l’affermazione della propria 
identità. Dunque, in relazione ai vari casi possiamo trovarci dinanzi a vari 
segnali da affrontare. Infatti, se ci troviamo in casi meno gravi è possibile 
trovarci di fronte ad una crisi adolescenziale legata all’identità sessuale, 
mentre, nei casi più gravi, la minaccia non interessa solamente la sessualità, 
ma anche l’identità stessa. Quando le pazienti intraprendo il regime 
alimentare inizialmente teso a raggiungere un peso ed una forma ideali può 
rappresentare anche la prima e ultima soluzione per nascondere la vergogna 
di un corpo che, arrotondandosi, svela l’inizio della sessualità (Russo, 2001). 
Infatti, la bassa autostima e la visione negativa di sé, in coincidenza con la 
cultura della magrezza, inducono sistemi di pensiero secondo cui la 
valutazione di sé è fortemente associata alla fisicità, con la conseguente 
relazione tra magrezza-felicità (Balbo, 2015). Quindi, l’attenzione per i 
dettagli, la preoccupazione per le conseguenze e la spinta al successo, non 
sono qualità negative in sé: molto spesso i soggetti con anoressia sono 
descritti come studenti eccellenti, figli impeccabili. Per questa ragione è 
possibile ipotizzare che le difficoltà alimentari si associno al destino di un 
corpo sessuato che, non potendo essere esperito nella pienezza e nel piacere, 
deve essere assottigliato e deprivato. Lo scopo dell’anoressica è quello di 
essere magra per essere bella, «vuole essere magra per non essere fisicamente 
nel mondo; non vuole essere riconosciuta come una donna bella e 
desiderabile, eccitante, ma vuole sentirsi una persona con una ferrea forza di 
volontà» (Cotrufo, 2005, p. 66) per intraprendere dei sacrifici che le altre 
persone faticano a realizzare (Cotrufo, 2005). 
Il conflitto può essere collegato al desiderio di ricostruire una relazione 
simbiotica con la madre, negando la separazione, nella fase complessa avviata 
nell’adolescenza. Pertanto, la preoccupazione di ingrassare e la distorsione 
dell’immagine corporea sono strettamente collegati alla paura di emozioni e 
sentimenti vissuti come intollerabili e insopportabili; sia nelle pazienti